Capitolo 11
PARABOLA DEL SERVO FIDATO
[Non tutti i commentatori hanno dato lo stesso titolo a questa parabola: Gnilka la intitola
parabola dell’amministratore; Jeremias,
parabola del servo incaricato della sovrintendenza; Schulz,
dello schiavo fedele e di quello malvagio; Schweizer,
del servo buono e cattivo; Agbanou,
del servitore alla venuta del suo padrone; Kemmer,
il servo con l’incarico di controllare (cfr. J. Gnilka,
Il vangelo di Matteo, parte seconda, pag. 500, nota 2 ; A. Kemmer,
Le parabole di Gesù, pag. 90)]
«Qual è mai il servo fedele e prudente che il padrone ha costituito sui domestici per dare loro il vitto a suo tempo?
Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà così occupato!
Io vi dico in verità che lo costituirà su tutti i suoi beni.
Ma, se egli è un servo malvagio che dice in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire;
il padrone di quel servo verrà nel giorno che non se l’aspetta, nell’ora che non sa,
e lo farà punire a colpi di flagello e gli assegnerà la sorte degli ipocriti. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti (Matteo 24:45-51).
Beato quel servo che il padrone, al suo arrivo, troverà intento a far così.
In verità vi dico che lo costituirà su tutti i suoi beni.
Ma se quel servo dice in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire; e comincia a battere i servi e le serve, a mangiare, bere e ubriacarsi,
Quel servo che ha conosciuto la volontà del suo padrone e non ha preparato né fatto nulla per compiere la sua volontà, riceverà molte percosse;
ma colui che non l’ha conosciuta e ha fatto cose degne di castigo, ne riceverà poche. A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà (Luca 12:42-48).
Tra Matteo e Luca, la parabola in questione presenta alcune differenze, che però non intaccano la verità che essa illustra. Matteo parla di un
servo-schiavo, mentre Luca di un
amministratore. Matteo dà del
malvagio a quel servo, mentre in Luca questa caratteristica viene cambiata con
infedele. Matteo riferisce che la sorte del servo malvagio sarà quella dell’
ipocrita, mentre per Luca sarà quella dell’
infedele. È un’interpretazione errata parlare di due servi, uno fedele e l’altro infedele; si tratta, invece, della stessa persona presentata con due aspetti differenti: uno rispecchia la sua fedeltà nell’adempiere il mandato ricevuto, cioè nel dare il cibo agli altri servi, e l’altro indica la sua infedeltà nel maltrattare gli altri servi, anziché dar loro il nutrimento previsto dall’incarico ricevuto. Anche per ciò che riguarda il contesto, c’è differenza tra i due evangelisti. Matteo dice:
«Ma quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo.
Infatti, come nei giorni prima del diluvio si mangiava e si beveva, si prendeva moglie e s’andava a marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca,
e la gente non si accorse di nulla, finché venne il diluvio che portò via tutti quanti, così avverrà alla venuta del Figlio dell’uomo.
Allora due saranno nel campo; l’uno sarà preso e l’altro lasciato;
due donne macineranno al mulino: l’una sarà presa e l’altra lasciata.
Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà.
Ma sappiate questo, che se il padrone di casa sapeva a quale ora della notte il ladro deve venire, veglierebbe e non lascerebbe scassinare la sua casa.
Perciò, anche voi siate pronti; perché, nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà (Matteo 24:36-44).
«I vostri fianchi siano cinti, e le vostre lampade accese;
siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando tornerà dalle nozze, per aprirgli appena giungerà e busserà.
Se giungerà alla seconda o alla terza vigilia e li troverà così, beati loro!
Sappiate questo, che se il padrone di casa conoscesse a che ora verrà il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.
Anche voi siate pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate» (Luca 12:35-40).
A enfatizzare maggiormente la differenza è senza dubbio la domanda che pose Pietro:
«Signore, questa parabola la dici per noi, o anche per tutti?» (Luca 12:41). A motivo di questa domanda, Gesù fece seguire la nostra parabola, che è la risposta che Egli diede alla domanda di Pietro. Sulla base di quello che riferì Luca, l’esortazione alla vigilanza fu rivolta ai discepoli di Gesù, perché la parabola del servo incaricato dell’amministrazione riguardava anche loro.
Per capire meglio la parabola e valutarla sul piano pratico, è utile accettare il consiglio di Gnilka, che la divide in due parti: la prima illustra la fedeltà dell’amministratore e la seconda parla del suo comportamento sleale nel maltrattare i servi.
Il servo che il padrone costituisce sui domestici della casa è senza dubbio una persona di sua fiducia, dal momento che, durante il periodo della sua assenza, dovrà svolgerne le funzioni. Se la parabola in questione era diretta ai discepoli di Gesù (come lasciano supporre la domanda di Pietro e la risposta di Gesù), non ha senso pensare agli scribi, ai farisei e ai sacerdoti, come ha ventilato qualcuno. La parabola del servo incaricato illustra la verità riguardante la responsabilità di una carica amministrativa. Infatti, il servo incaricato dovrà dare il vitto a suo tempo a tutto il personale che si trova nella casa del padrone. Visto che l’incarico conferito è chiaramente specificato, egli non dovrà né pensare ad altre attività né rispondere ad altri bisogni; sarà vincolato solamente ad impegnarsi a fornire il cibo a tutto il personale di servizio che si trova nella casa del suo padrone.
Se il padrone, al suo ritorno, troverà quel servo occupato a svolgere l’incarico affidatogli, cioè sarà fedele al suo lavoro, oltre a dichiararlo beato, lo costituirà su tutti i suoi beni, cioè ne allargherà la sfera d’azione e, allo stesso tempo, ne aumenterà il prestigio e la responsabilità. Questo c’insegna praticamente che, quando una persona saprà impegnarsi nella carica inerente alla sua responsabilità, il suo lavoro sarà senza dubbio premiato con una promozione. Infatti, tutte le promozioni di una qualsiasi carriera si basano, di solito (salvo eccezioni), sull’impegno del lavoratore e sulla sua fedeltà.
Se questo è vero per ciò che riguarda la sfera umana e terrena, è altrettanto vero per ciò che concerne le varie attività spirituali. Anche se la parabola in questione parla solamente di un’attività riguardante la vita materiale, non si può escludere che possa essere applicata anche a tutte le attività spirituali concernenti il regno di Dio. Per approfondire l’aspetto di questa verità, ci serviamo di quello che lasciò scritto l’apostolo Paolo.
Nella prima epistola ai Corinzi, Paolo menziona l’attività che egli svolge nel
piantare e quella di Apollo nell’
annaffiare. Poiché l’apostolo non precisa quale delle due attività sia più importante, per dare maggior credito al suo discorso gli preme far comprendere alla comunità che sia lui che Apollo sono semplicemente dei
servitori, e che ognuno di loro svolge il proprio lavoro secondo l’incarico che ha ricevuto dal Signore. Anche per quanto riguarda la premiazione che riceveranno dal Signore, ciò avverrà secondo
la propria fatica (1Corinzi 3:4-8).
Per evitare che qualcuno sia portato a vantarsi, egli precisa:
Nessuno dunque si vanti degli uomini, perché tutto vi appartiene.
Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, le cose presenti, le cose future, tutto è vostro!
E voi siete di Cristo; e Cristo è di Dio (1Corinzi 3:21-23).
Così, ognuno ci consideri servitori di Cristo e amministratori dei misteri di Dio.
Infatti, non ho coscienza di alcuna colpa; non per questo però sono giustificato; colui che mi giudica è il Signore.
Si continuerà il prossimo giorno...