Capitolo 10
PARABOLA DELLE NOZZE E DEL GRAN CONVITO
Gesù ricominciò a parlare loro in parabole, dicendo:
«Il regno dei cieli è simile ad un re, il quale fece le nozze di suo figlio.
Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze; ma questi non vollero venire.
Mandò una seconda volta altri servi, dicendo: “Dite agli invitati: io ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono ammazzati; tutto è pronto; venite alle nozze”.
Ma quelli, non curandosene, se ne andarono, chi al suo campo, chi al suo commercio;
altri poi, presero i suoi servi, li maltrattarono e li uccisero.
Allora il re si adirò, mandò le sue truppe a sterminare quegli omicidi e a bruciare la loro città.
Quindi disse ai suoi servi: “Le nozze sono pronte, ma gli invitati non ne erano degni.
Andate dunque ai crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete”.
E quei servi, usciti per le strade, radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni; e la sala delle nozze fu piena di commensali.
Ora il re entrò per vedere quelli che erano a tavola e notò un uomo che non aveva l’abito di nozze.
E gli disse: “Amico, come sei entrato qui senza avere un abito di nozze?” E costui rimase con la bocca chiusa.
Allora il re disse ai servitori: “Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti”.
Poiché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti» (Matteo 22:1-14).
Tenuto conto che la parabola delle nozze, riportata da Matteo, e quella del gran convito, riferita da Luca (e anche dal Vangelo di Tommaso, n° 64) [A. Kemmer,
Le parabole di Gesù, pagg. 106-107; J. Jeremias,
Le parabole di Gesù, pag. 80], sono diverse l’una dall’altra non tanto nella forma, quanto nel contenuto, non crediamo che si possa parlare della medesima parabola presentata in due versioni differenti.
Di solito si afferma che la differenza che esiste tra le due parabole rappresenta il risultato dell’adattamento che i due evangelisti hanno compiuto nel riportarle. Siccome non condividiamo questa tesi, restiamo quindi fermi nella convinzione che non si tratti di una sola parabola, ma di due. Di conseguenza, le esporremo separatamente. Inoltre, abbiamo vari motivi per sostenere che Gesù propose due parabole distinte: Matteo presenta quella delle nozze, mentre Luca parla del
gran convito.
Quali sono i motivi che c’inducono a credere che la parabola
delle nozze non coincida con quella del
gran convito e viceversa? Eccoli qui di seguito.
1°) Le due parabole furono raccontate in diversi luoghi e tempi: quella di Luca in una casa privata, in Galilea; quella di Matteo nel tempio, in Gerusalemme. Da Luca 14:1,12 risulta chiaro che Gesù si trovasse in casa di uno dei principali farisei che lo aveva invitato a prendere cibo. Proprio in quella casa, Gesù diede un consiglio a chi lo aveva invitato:
Quando fai un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i vicini ricchi; perché essi potrebbero a loro volta chiamare te, e così ti sarebbe reso il contraccambio;
ma quando fai un convito, chiama poveri, storpi, zoppi, ciechi;
e sarai beato, perché non hanno modo di contraccambiare; infatti, il contraccambio ti sarà reso alla risurrezione dei giusti (Luca 14:1,12-14).
Gesù proseguì subito con la parabola del
gran convito.
In Matteo 21:23 si narra che Gesù si trovava nel tempio, a Gerusalemme, nella settimana della passione. Fu in quella circostanza che
i capi sacerdoti e gli anziani del popolo si accostarono a lui, mentre egli insegnava, e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato quest'autorità?
In quell’occasione, Gesù, oltre a rispondere alle due domande che Gli vennero rivolte, propose anche le parabole dei due figli, dei malvagi vignaiuoli e delle nozze.
2°) In Luca si tratta di una cena preparata da
un uomo, di cui non si dice la condizione sociale, mentre in Matteo di un convito dato da
un re in occasione del matrimonio di suo figlio.
3°) In Luca trattasi di un
deipnon (cena, ossia pasto della sera) e in Matteo di un
ariston (pranzo, ossia pasto del mezzodì).
4°) Nella parabola riferita da Luca, le parole di Gesù suonano meno severe che in Matteo, perché, quando Egli le pronunciò, l’inimicizia dei Farisei non era ancora giunta al colmo, non avendo essi ancora deciso di farLo morire.
5°) In Luca, gli invitati rispondono con rifiuto cortese; in Matteo, essi mostrano un disprezzo tale da non mandare risposta alcuna, anzi da uccidere alcuni dei messaggeri.
6°) Lì il solo castigo è l’esclusione, mentre altri (pubblicani e meretrici) subentrano ai primi; qui la città degli invitati è distrutta e altri sono chiamati dal di fuori (Gentili) a riempire la sala del convito.
Per quanto riguarda l’esegesi che fornisce Crisostomo sulla parabola
delle nozze, la troviamo coerente con il pensiero di Gesù, cioè con quello a cui Egli voleva effettivamente riferirsi, tranne che per il riferimento che egli fa agli
eremiti e ai
monaci, ai quali applica il significato della
veste di nozze [Cfr. S. Giovanni Crisostomo,
Commento al vangelo di Matteo, pagg. 142-153].
Infine, è giusto — esegeticamente parlando — il suggerimento di Crisostomo, secondo cui la parabola
delle nozze va letta e considerata tenendo presente quella dei
malvagi vignaiuoli, poiché in essa ci sono diversi elementi simili.
Ha ragione Gnilka a suggerire quanto segue:
«Occorre rinunciare sin dall’inizio a qualsiasi tentativo di interpretare il racconto come una breve vicenda tratta dalla vita. Il titolo “parabola del banchetto di nozze imbandito da un re” non è trasferibile al brano di Luca e già da ciò si comprende la gran differenza che esiste tra le due parabole». Poi aggiunge: «La maggioranza degli interpreti ipotizza una fonte letteraria comune. Nei dettagli, la storia della tradizione viene giudicata in maniera disparata. C’è chi parla di due varianti della medesima parabola; chi ritiene che nessuna delle due versioni sia derivabile dall’altra; chi dice semplicemente di una fonte comune; in genere, si attribuisce alla versione lucana una maggiore originalità.
La struttura narrativa della versione lucana, di quella matteana (e del Vangelo di Tommaso) è sostanzialmente identica, se si prescindesse dall’epilogo matteano sull’ospite senza abito nuziale: un uomo invita ad un banchetto gli invitati si rifiutano vengono chiamati ospiti sostitutivi costoro accettano e intervengono. Nel dettaglio però sussistono differenze notevoli» [J. Gnilka,
Il vangelo di Matteo, parte seconda, pag. 348].
La parabola è fortemente impregnata di allegorizzazioni, e di conseguenza non si possono spiegare i diversi elementi che la compongono senza tenerne conto.
Si comincia a riferire che
il regno dei cieli è simile ad un re, il quale fece le nozze di suo figlio. Che questo re e suo figlio rappresentino Dio e Gesù Cristo è il primo importante elemento che va messo in risalto e che non si può spiegare diversamente. Se a questi due personaggi si dovesse dare un senso diverso, la parabola perderebbe la sua importanza e si troverebbe fuori dell’orbita in cui Gesù l’ha voluta collocare. Se poi si tiene in debito conto che la parabola in questione fu proclamata nel tempio di Gerusalemme davanti ai gerarchi giudaici, subito dopo quella dei malvagi vignaiuoli, diventa impossibile pensare che il re e il figlio, di cui parla chiaramente la parabola, non siano Dio e Gesù Cristo.
Si continuerà il prossimo giorno...