Domenico34 - La Fede - I. Il valore della fede

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Domenico34
00martedì 16 novembre 2010 21:20
PRIMA PARTE



UOMINI DI FEDE: DA ABELE A NOÈ



Capitolo 1




IL VALORE DELLA FEDE



Definiamo “Eroi della fede”, non nel senso di: “Essere sovrumano, semidivino, dotato di particolari prerogative e virtù”, ma nel senso di:

Chi, in un’azione guerresca, dimostra valore, coraggio, ardimento; guerriero valoroso, che si è distinto per le sue gesta straordinarie; chi lotta per affermare un ideale sacrificando gli interessi personali, chi prende su di sé la difesa di una nobile causa; strenuo sostenitore, patrocinatore, campione, martire. Anche: chi, nella lotta e nella sofferenza, ha acquistato profonda saggezza, nobiltà e fortezza d’animo.

Il capitolo 11 della lettera agli Ebrei è il passo della Scrittura che maggiormente parla della fede e degli uomini di fede, usando un tipo di parlare tutto particolare il cui significato è ricco per la vita religiosa e sprone per chi vuole seguire, nella loro esistenza pratica, l’esempio delle persone, le cui azioni vengono descritte in questa parte della Scrittura. In questo capitolo 11 della lettera agli Ebrei, il termine “fede” è menzionato 20 volte; 19 volte la frase: “Per fede”. Sono menzionati 16 personaggi dei quali è detto: “per fede” e due località:

Il Mare Rosso e Gerico. Per ognuno di questi personaggi, (non contando tutti gli altri i cui nomi non risultano elencati in questo capitolo), c’è tanto da imparare. Essi possono immetterci su quel sentiero di fede in cui è possibile anche ai giorni nostri, vedere ed esperimentare la grandezza e la fedeltà di Dio. Attraverso i secoli, l’argomento della fede, è stato oggetto di svariate ed approfondite meditazioni.
È stata illustrata con tanti esempi e tanti personaggi, che la Bibbia stessa presenta, con lo scopo di farci realizzare le promesse di Dio contenute nella Bibbia. Anche se la fede sia stata interpretata come qualcosa che ci proietta nel futuro e di cui abbiamo assoluto bisogno, tuttavia, non possiamo escludere che abbia a che fare con la vita presente. Anzi, se vogliamo essere più precisi, non si può parlare della prospettiva di un futuro, se nella vita presente venisse a mancare la fede, che fa di ponte, tra l’esistenza presente e quella oltre la tomba.

Tutti gli uomini di fede che la Bibbia ci presenta e tutti quelli che la storia del cristianesimo può annoverare nelle sue file, ci vengono additati com’esempi da imitare. Non è quindi fuori posto se anche noi parliamo di fede e di uomini di fede, senza dei quali, la costellazione della vita cristiana, si troverebbe a mancare di quella vivida luce che risplende nella notte tenebrosa.
Se ne parliamo, non lo facciamo perché non è stato parlato sufficientemente, ma per cercare di capire, nella giusta dimensione, tutti quei fattori, interni ed esterni che ebbero un punto fermo nel compimento di tutte quelle promesse di benedizioni che si compirono nella loro vita. Anche se per alcuni di loro, non tutto si realizzò nella loro vita terrena, rimane sempre valido il fatto che, per avere un’esistenza ricca della benedizione di Dio, è necessaria la fede. In Ebrei 11:6 è scritto:

Ora senza fede è impossibile piacergli, perché chi si ascosta a Dio deve credere che egli è, e che egli è il rimuneratore di quelli che lo cercano.

Questo testo nella sua struttura presenta da una parte l’uomo che si accosta a Dio e dall’altra parte Dio che esprime la sua soddisfazione nei confronti dell’essere umano. Appaiono, quindi, chiari i due aspetti che la fede ha nella sua manifestazione: una che riguarda l’uomo e l’altra che riguarda Dio. Per meglio comprendere questa verità, faremo del nostro meglio seguendo un certo ordine, nella trattazione, e, metteremo in risalto tutti quegli elementi che riguardano l’uomo con Dio e Dio con l’uomo.

1. LA fede, LA PARTE CHE RIGUARDA L’UOMO

La fede da un punto di vista pratico

Da un punto di vista pratico, vorremmo chiedere: “Che cos’è la fede?” Sembrerebbe fuori posto una simile domanda senza prima di spiegare che cos’è la fede dal punto di vista della sua definizione. Se poniamo questa domanda, non lo facciamo perché vogliamo ignorare il valore della definizione della fede, così come l’Epistola agli Ebrei ce la presenta, (sulla precisazione ritorneremo in appresso), ma perché vogliamo capire il valore e l’importanza che la fede ha, da un punto di vista pratico. Alla nostra domanda si potrebbe rispondere:

La fede è l’elemento fondamentale ed indispensabile per la vita cristiana.

Credo che non sarà mai superfluo affermare che c’è differenza tra l’utile e l’indispensabile. Ci sono tantissime cose nella vita che sono utili, ma non tutte sono indispensabili.

1) Posso fare a meno della cultura, anche se è tanto necessaria, ma non posso fare a meno della fede, perché appunto la fede è una delle cose indispensabili. Romani 1:17 dice: Il giusto vivrà per fede. Allora, la fede è più della cultura e vale più di lei.

2) Posso fare a meno degli amici e dei conoscenti, anche se possono risultare determinanti per la vita sociale, ma non posso fare a meno della fede. Senza gli amici e i conoscenti posso andare avanti nel cammino della vita, anche se in certe situazioni, l’amico è meglio di un fratello (Proverbi 18:24); ma senza la fede non posso né camminare e tanto meno reggermi in piedi. La fede quindi è più degli amici e dei conoscenti.

3) Posso fare a meno di possedere proprietà di ogni genere, anche se le possessioni mi fanno apparire davanti agli uomini come qualcuno, ma non posso fare a meno della fede. Quindi, la fede, è più che possedere proprietà di ogni genere.

4) Posso fare a meno della famiglia, anche se è fonte di calore, affetto, premura ed amore; ma non posso fare a meno della fede. Se mi devo trovare lontano dalla mia famiglia, senza quel calore e senza quella premura di cui sono abituato e circondato, potrei soffrire, potrei sentirne la mancanza, ma non per questo verrei meno nel cammino della vita. La fede, quindi, è più della famiglia.

È il pilastro portante

La fede è il pilastro portante della nostra vita cristiana. Ci sono tanti pilastri in una casa, ma non tutti sono chiamati “colonne quadre portanti”. Anche se i pilastri servono per unire mattoni di una parete e fanno d’incastro ad un pilone portante, è sempre questo che sopporta l’intero peso della casa. La nostra vita si può paragonare molto bene ad una casa.
Se questa viene costruita su senza un solido fondamento, sarà destinata a crollare, quando su di lei si abbatteranno i venti e le fiumane. Ma se quella casa ha una solida fondazione, soffiano pure i venti, si abbattino pure le fiumane, quella casa non crollerà (Matteo 7:24-27).
La fede, essendo un pilastro portante della nostra vita cristiana, è la sola che ci permetterà di sopportare tutto il peso delle varie tempeste della vita e di tutti gli uragani che si scateneranno con la loro violenza. Anche se fossimo privati di tutti i conforti terreni ed umani e ci trovassimo ad affrontare i mille problemi della vita in condizioni quasi disperate e dovessimo attraversare da soli la “valle dell’ombra della morte”, troveremmo la forza di gridare: Io non temerei male alcuno, perché tu sei meco (Salmo 23:4). Questa è fede e questa fede è un pilastro portante della vita cristiana.

È la cosa che mi rende grato a Dio

Dal momento che Ebrei 11:6 afferma che senza fede è impossibile piacere a Dio, va da sé che la fede è la sola cosa che mi rende grato a Dio. Graditi da Dio, non significa soltanto che siamo accettati con intima soddisfazione, apprezzati, approvati, ma significa anche: Allietare qualcuno, renderlo contento e soddisfatto. Questo è l’aspetto della fede che riguarda Dio con l’uomo, del quale non solo ci occupiamo subito, ma cerchiamo essenzialmente di metterlo in risalto, per meglio comprendere quest’aspetto della fede.

2. LA FEDE, LA PARTE CHE RIGUARDA DIO

È la cosa che rallegra Dio

Dal testo di Ebrei 11:6 appare chiaro, non solamente la parte che riguarda l’uomo, ma viene messo in evidenza anche la parte che riguarda Dio. Forse non abbiamo mai sentito parlare che nella fede c’è qualcosa che ha da fare con Dio. Non vi nascondo che per molti anni non avevo mai visto questo aspetto della fede. Ma, meditando sul termine “piacergli”, mi sono reso conto di questa importante verità.
La parola greca usata in Ebrei 11:6 è: “euarestesai”, da “euaresteo” che significa:

1) Piacere, esser gradito
2) Esser contento, dilettarsi.
A sua volta, il termine gradire, dal punto di vista della lingua italiana significa:
“Accettare con intima soddisfazione. Apprezzare, approvare, allietare qualcuno, renderlo contento e soddisfatto”.

Secondo questa definizione linguistica (che poi si trova in perfetta coerenza col significato del termine greco), la fede è qualcosa che rallegra Dio; qualcosa che lo soddisfa, che lo rende contento. Allora, con la mia fede posso rendere contento il mio Dio, lo posso soddisfare, lo posso dilettare. Forse queste precise affermazioni, a prima vista, potranno sembrare assurde, eccessive e quasi cariche di fanatismo. Ma se consideriamo attentamente la Scrittura, ci rendiamo conto che Dio vuole essere rallegrato.

Come Dio sì “addolora” per il male che l’uomo fa, così si rallegra, non soltanto per il bene che viene fatto, ma soprattutto per la fede che l’essere umano ha. Dal momento che la mia fede rallegra Dio, come credente mi devo preoccupare perché il mio Signore sia rallegrato di una gioia che io gli procuro. Dal mondo incredulo e perverso, Dio non può aspettarsi un qualcosa che lo possa soddisfare.
Il mondo, inteso come umanità che vive lontano da Dio, è stato sempre e sempre sarà, motivo di dolore per Dio e non c’è nessuna soddisfazione per Lui, in quello che il mondo fa. Gli unici che possono rendere contento Dio, sono tutti quelli che hanno la fede, perché appunto la fede lo rallegra e lo soddisfa. Per meglio valutare e capire quanto l’affermazione di sopra, si tenga presente quanto segue:

1) Posso rallegrare me stesso e non rallegrare Dio

Questo vuol affermare che non sempre quello che procura gioia a me stesso, la faccia a Dio. Quante volte siamo oltremodo contenti e soddisfatti di quello che facciamo, delle nostre imprese che portiamo a compimento, e, forse siamo fieri del nostro successo, del buon andamento delle cose e siamo persuasi che sol perché noi siamo contenti e soddisfatti, lo debba essere anche il nostro Dio. Non sempre quello che noi facciamo è in accordo col volere di Dio, e non tutto quello che l’uomo compie, lo fa sulla base della fede. Se senza fede non posso soddisfare e rendere contento Dio, è chiaro che tutto quello in cui la mia fede non trova il suo posto, non può essere mai motivo di allegrezza per Dio.

2) Posso rallegrare amici e parenti e non rallegrare Dio

Pensiamo per esempio a tutti quegli attori comici che fanno impazzire di gioia quelli che assistono ai loro spettacoli e tante volte loro stessi rimangono al di fuori di quello stato di contentezza e di soddisfazione.

È la cosa che diletta Dio

È interessante ed anche importante nello steso tempo, considerare il significato linguistico del termine dilettare.

Rendere felice, divertire, provare gioia, sentirsi appagato, soddisfatto.

Con la mia fede posso rendere felice il mio Dio, soddisfare il mio Signore, fargli sentire gioia, renderlo appagato. È possibile pensare a questi termini quando applichiamo a Dio questi concetti? Forse noi siamo portati a pensare sempre a noi e non viene l’idea di appagare una legittima aspirazione di Dio. O forse pensiamo che noi abbiamo bisogno della felicità, del divertimento, di provare gioia, di sentirci appagati e soddisfatti. Questi sono beni che vengono dall’alto, ed è Dio che dà all’uomo, felicità, godimento, gioia e soddisfazione.

Com’è possibile che io possa dilettare il mio Dio, come se Egli avesse le stesse mie necessità ed aspirazioni? Se guardiamo attentamente le Scritture, il velo che avvolge i nostri occhi sarà rimosso e potremo vedere in faccia la realtà.
Ci sono tanti passi nella Bibbia che parlano del dilettarsi dell’uomo, come per esempio: Salmo 111:2; 112:2; 119:16,35,47,70; Romani 7:22; ma non ce ne sono tanti che parlano del dilettarsi di Dio. Quei pochi che ci sono, bastano però per provare che anche Dio ha il suo diletto. Attraverso l’esame di questi testi, possiamo meglio spiegare quanto sopra affermato. Crediamo che Giobbe 22:3, possa essere citato come primo testo. Questo passo ci fornisce un elemento importante da tenere in somma considerazione nel corso della nostra meditazione. Questo testo dice:

Se sei giusto, ne viene forse qualche diletto all’onnipotente? Se sei integro nella tua condotta, ne ritrae egli guadagno?

Questo testo è abbastanza chiaro da farci capire, (anche se viene presentato in forma di domanda), che Dio, non ricava nessun diletto dalla giustizia dell’uomo. Ciò vuol affermare che tutto quello che l’uomo fa, meritandosi l’attributo di giusto, non procura nessun diletto all’Onnipotente. Tenendo presente questa verità, esaminiamo quei testi che parlano di Dio come chi si diletta. Un primo riferimento si trova in Isaia 62:4 in cui si dice:

Non ti si dirà più ‘Abbandonata’, la tua terra non sarà più detta ‘Desolazione’, ma tu sarai chiamata: ‘La mia delizia è in lei’, e la tua terra ‘Maritata’; poiché l’Eterno riporrà in te il suo diletto, e la sua terra avrà uno sposo (Luzzi).

Il riferimento è a Sion e in lei l’Eterno riporrà il suo diletto. In due diverse occasioni Gesù viene dichiarato dal Padre: “Il suo diletto Figliolo”, al fiume Giordano (Matteo 3:17; Marco 1:11; Luca 3:22) e sul monte della trasfigurazione (Matteo 17:5; Marco 9:7; 2 Pietro 1:17). Una sola volta viene applicato a Gesù il detto di Isaia 42:1 (cfr. Matteo 12:18) e due volte viene presentato come il “Figliolo diletto” in due parabole (Marco 12:6 e Luca 20:13).

Questi sono gli unici testi che si possono citare come conferma che Dio prova il suo diletto e che la maggior parte della sua soddisfazione si trova nel suo Figliolo. È interessante a questo punto, evidenziare il significato del termine “diletto”.

1) “Caro, amato, legato da affettuosa tenerezza (e suppone quel reciproco rapporto di autentica benevolenza quindi, il bene dell’uno s’identifica col bene dell’altro), come avviene, per esempio, nei rapporti fra sposi, nell’intimità della famiglia e dell’amicizia.
2) Che è amato con un senso di tenera e protettiva solidarietà e munificenza (come nell’amore che discende da Dio alle creature, dai genitori ai figli, dai superiori agli inferiori).
3) Che è amato con sentimenti di riconoscenza, venerazione, stima, rispetto (come nell’amore che sale dalle creature al Creatore, dal figlio al padre, dal protetto al benefattore).
4) In senso concreto: ciò che è occasione o causa di piacere, gioia, sollievo, conforto.
5) Svago piacevole, divertimento che prova chi si occupa di un’arte, di una scienza (ma senza un impegno profondo, una dedizione totale delle proprie forze intellettuali), o l’amatore che raccoglie opere d’arte, colleziona medaglie antiche, oggetti rari e preziosi”.

Dal momento che Gesù viene presentato come il “diletto”, vale a dire, come Colui che procura e causa piacere, gioia e soddisfazione al Padre, si può prendere Lui come modello, per capire meglio l’affermazione di Ebrei 12:2: Riguardando a Gesù duce e perfetto esempio di fede (Luzzi). Personalmente non sono disposto ad accettare questa traduzione, per i seguenti motivi. Ci sono due parole nel testo greco di Ebrei 12:2 che devono essere tenute in debito conto.

1) Il termine arkegos significa: “Causa principale, il principio, iniziatore, fondatore, autore, capo, sovrano, duce.
2) Il termine teleiotes significa: chi completa, perfezione, completamento”.
3) Gesù viene presentato con riferimento alla fede e non la fede con allusione a Gesù. Allora, è più esatto tradurre:

Tenendo gli occhi su Gesù, autore e compitore della nostra fede, il quale, per la gioia che gli era posta davanti, soffrì la croce disprezzando il vituperio e si è posto a sedere alla destra del trono di Dio.

Se la fede ha la sua origine in Gesù, perché è Lui che la porta all’esistenza, va da sé, dato che la fede ha un corso di sviluppo da seguire, che lo stesso Gesù che l’ha originata, sia anche Chi la porta al suo compimento o alla sua perfezione. Se con la fede si piace a Dio, e Dio in virtù della stessa viene rallegrato e soddisfatto; e se Gesù viene specificatamente presentato come il diletto del Padre, e tenuto conto che Lui è l’autore della fede, va da sé che Gesù causa gioia e soddisfazione al Padre. Nello stesso modo, tutti quelli che hanno fede, rendono contento, appagato e soddisfatto lo stesso Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

UNA NORMA PER CHI SÌ ACCOSTA A DIO

Ora senza fede è impossibile piacergli, perché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che egli è il rimuneratore di quelli che lo cercano (Eb 11:6).

La parte centrale di questo testo ci presenta una norma per chi si accosta a Dio. Che cos’è una norma? Ciò che serve di regola, di guida, di misura, d’esempio. L’uomo, in tutte le sue sfere d’azioni, ha delle norme che regolano le svariate manifestazioni: sia che si tratti della vita privata e sia per ciò che concerne il modo di vivere associata.

Prendiamo per esempio una famosa Università che tiene al suo prestigio e allo svolgimento dei suoi corsi specializzati. Di solito, ci sono delle severe norme che regolano l’andamento di quell’Università, e tutti chi vorrà frequentarla, dovranno sottostare a quelle regole. Se un aspirante vuole fare domanda d’iscrizione, supponiamo con una media di punteggio del 70%, si vedrebbe respinto, perché quella scuola ha una norma che stabilisce che tutti gli aspiranti, dovranno dimostrare una votazione media, come minimo del 80%.
In ogni attività professionale o per ogni concorso ad un certo posto di lavoro, ci sono delle norme che stabiliscono: titolo di studio, esperienza, capacità, ecc, Anche Dio ha le sue regole per tutti gli uomini di ogni epoca, modelli che Egli si interessa di farci sapere, in modo che, conoscendole, possiamo conformarci al Suo Divino volere.

1- LA NORMA DI EBREI 11:6

La norma di Ebrei 11:6 riguarda l’uomo che si accosta a Dio. Diciamo subito che questa regola non seleziona gli uomini per dire loro: Tu, tal dei tali, ti puoi accostare a Dio, mentre tu non puoi. Dio non ha stabilito un criterio di discriminazione per quanto riguarda gli uomini, non ci sono preferenze e riguardi personali. Tutti gli uomini, grandi e piccoli, uomini e donne, colti o ignoranti, bianchi o negri, sani (di salute) o ammalati; tutti possono accostarsi, e non c’è nessuno per il quale venga messo un veto da parte di Dio. Gli uomini dell’AT conoscevano la beatitudine di colui che si accostava a Dio

Beato colui che tu eleggi e fai accostare a te - perché abiti nei tuoi cortili (Salmo 65:4) (Luzzi).

Anche se le parole di questo testo sembrano voler mettere enfasi sul fatto che è Dio che concede questo privilegio all’uomo, tuttavia, rimane sempre vero la constatazione che nessuno che si avvicina al Signore, sarà respinto.
Chi viene a me (Gesù), io non lo caccerò fuori ( Giovanni 6:37).
A volte alcuni testimoniavano quanto era bene per loro d’accostarsi a Dio.

Ma quanto a me, il mio bene è d’accostarmi a Dio; - io ho fatto del Signore, dell’Eterno, il mio rifugio, - per raccontare, o Dio, tutte le opere tue (Salmo 73:28) (Luzzi).

Spesse volte chi legga gli Scritti dell’AT è portato a pensare che non tutti gli uomini abbiano libero accesso a Dio; solo un piccolo numero o un piccolo popolo gode di questo particolare privilegio. Con la venuta del Signor Gesù Cristo in mezzo agli uomini, le cose sono cambiate per tutti. Tutti gli uomini sono stati messi in una posizione di privilegio. Il seguente testo ci conferma ciò.

Nel quale (il Signor Gesù Cristo) abbiamo la libertà d’accostarci a Dio, con piena fiducia, mediante la fede in Lui (Efesini 3:12).

Se esisteva una certa difficoltà per l’uomo d’accostarsi a Dio prima della venuta di Gesù Cristo, questa è stata tolta appunto da Cristo, in virtù del qual è stato procurato all’uomo, la libertà d’accostarsi a Dio. Ora, la via che conduce a Dio è libera, perché Cristo l’ha resa tale, a causa di questo l’uomo, a qualsiasi condizione sociale appartenga, può benissimo, se lo vuole, accostarsi a Dio, mediante la fede in Cristo, con piena fiducia.
Infatti, non solo Cristo ha reso possibile l’accesso a Dio, ma addirittura, per chi pone fede in Lui, Egli stesso farà da presentatore al Padre. Non c’è quindi preoccupazione e nessun problema che l’uomo non può arrivare a Dio.

2 - LE DUE COSE RICHIESTE DA DIO

A chi si accosta a Dio

Questa parola “accostarsi”, ha un suo particolare significato, in quanto ci parla del fatto di “avvicinarci” a Dio. Qui non si tratta di avvicinarsi ad un uomo, ad un’organizzazione religiosa, o ad una chiesa locale, si tratta di avvicinarsi a Dio. Oggi, come sempre, da quando Adamo peccò, facendo il contrario di quello che Dio aveva ordinato, l’uomo si è sempre di più allontanato dal Signore, fino al punto di erigersi una muraglia tra lui e il suo Dio. Se Ebrei 11:6 contiene la parola “accostarsi”, è perché Dio vuole insegnarci che Egli desidera che l’uomo non rimanga eternamente lontano da Lui.
Il fatto stesso che Gesù Cristo venne in mezzo agli uomini, soffrì e morì per loro, è una prova schiacciante di quest’immensa possibilità che Dio offre agli esseri umani, per quanto riguarda l’accostarsi a Lui, mediante la fede in Cristo Gesù. Dio non prende mai a forza gli uomini e non agisce mai contro la loro volontà. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati (1 Timoteo 2:4).
Solo quando l’uomo lo vorrà, si realizzerà in lui ciò che Dio ha fatto per la sua salvezza. La strada d’accesso a Dio è libera; tutti possono andare, senza nessuna discriminazione di sorta, e tutti coloro che faranno la decisione di accostarsi a Dio, faranno una buona scelta, per la vita e per l’eternità.

Deve credere che Egli è

A differenza della libera scelta che l’uomo compie quando decide d’accostarsi a Dio, una volta che questa viene presa, si deve sapere quello che Dio vuole, e qual è la giusta maniera che l’uomo deve assumere davanti a Lui. “Deve credere che Egli è”. Notate che non è un consiglio, e tanto meno un suggerimento. Consigli e suggerimenti si possono accettare o respingere. Gli viene ordinato, tassativo e fermo: deve. Questa non è una condizione che Dio pone ad una persona indecisa; essa viene data a chi già ha deciso d’accostarsi a Dio. Deve credere che Egli sia. In che senso deve essere intesa questa frase?

Anche se la spieghiamo nel senso dell’esistenza di Dio, come fanno del resto alcuni commentatori, crediamo che il significato vada oltre al semplice concetto della realtà. Il fatto stesso che la persona si accosta a Dio, già di per sé, è implicita la convinzione della sua esistenza, altrimenti l’accostarsi, non avrebbe nessun senso. Dio è, e chi si accosta a Lui deve credere che Egli sia. Non si tratta quindi di un Dio del passato e neanche di un Dio del futuro, ma dell’Iddio del presente.
La fede in Dio non deve essere professata in ciò che concerne un passato e neanche deve essere collocata nel futuro: deve essere al presente. Oggi Dio mi ascolta; Egli mi viene in aiuto. Oggi Dio mi salva; mi libera, mi sana e mi colma d’ogni bene.

Questa verità è sconosciuta da una moltitudine di credenti. Sanno ben parlare di quello che Dio ha fatto nei tempi passati; sanno anche parlare, con una certa fermezza, di quello che Egli farà nel futuro. Ma è al presente che Dio ci vuole portare; è al tempo attuale che Egli vuole farci pensare, perché la fede deve trovare il suo modo di esistere e di esprimersi al presente, perché è al tempo attuale che deve esperimentare la fedeltà di Dio, per ciò che Egli ha detto o ha promesso. A che giova ricordare quello che i nostri padri videro e ci hanno raccontato (Salmo 44:1) e quello che i figli di Dio avranno nella gloria dell’eternità, quando il nostro presente è vuoto e scialbo?

2. PREMIATORE DI COLORO CHE LO CERCANO

Se chi si accosta a Dio dovrà credere che Egli è, vuol dire al presente, non sarà una cosa assurda credere che lo stesso Dio del tempo attuale, sia il premiatore per chi lo cerca. Di solito quando si pensa e si parla del premio, generalmente si pensa al futuro, quando Dio darà la ricompensa a ciascuno secondo che sarà l’opera sua.
Non possiamo negare le tante affermazioni che la Bibbia fa per il futuro. Però, il premio di cui Ebrei 11:6 è per il presente. Ciò significa che la fede, non avrà la sua ricompensa solamente oltre la tomba, l’avrà mentre si svolge la vita presente. Vivere la vita cristiana con la prospettiva e la certezza che la nostra fede viene premiata al presente, significa in ultima analisi, vivere con la consapevolezza della ricchezza Divina.

La fede non porta la persona a vivere la sua vita presente nella miseria, come se non avesse nient’altro che delle parole. Gesù è venuto a darci vita, ed esistenza ad esuberanza ( Giovanni 10: 10). Se durante la vita presente viviamo nell’aridità e nella miseria, questa non è l’esistenza che ci ha dato Gesù. La fede fa sue le ricchezze Divine, e quando uno si accosta a Dio, non si accosta soltanto per confessare la sua fede in Lui, credere che Egli sia, l’Iddio del presente, ma si accosta anche per ricevere la risposta alla sua preghiera. Se lo cerca con l’ardente desiderio come quello di Davide:

O Dio, tu sei l’Iddio mio, io ti cerco dall’alba; l’anima mia è assetata di te, la mia carne ti brama in una terra arida, che langue, senz’acqua (Salmo 63:1) (Luzzi);

se si mantiene il fermo proposito:

E tu, Salomone, figliolo mio, riconosci l’Iddio di tuo padre, e servilo con cuore integro e con animo volenteroso; poiché l’Eterno scruta tutti i cuori e penetra tutti i disegni e tutti i pensieri. Se tu lo cerchi, egli si lascerà trovare da te (1 Cronache 28:9) (Luzzi);

e se si presta attenzione:

Asa, e voi tutto Giuda e Beniamino, ascoltatemi! L’Eterno è con voi, quando voi siete con lui; se lo cercate, egli si farà trovare da voi (2 Cronache 15:2) (Luzzi);

se lo si cerca con tutto il cuore (Salmo 119:2) e se soprattutto si crede alla parola di Gesù: Chiedete e vi sarà dato (Matteo 7:7), allora la fede sarà premiata e la persona potrà testimoniare della veracità e della fedeltà della Parola di Dio e delle Sue promesse, per la vita presente e per l’eternità (Salmo 34:4). Assumiamo degli impegni con Dio, siamogli fedeli, ed Egli farà ciò che ha promesso.

PS: Se al termine della lettura hai delle domande da fare, o di chiedere dei chiarimenti, sentiti libero di farlo; sarà nostro piacere risponderti.

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