Domenico34 – Giuseppe... L’uomo denomonata Safnat-Paneac – Capitolo 2. GIUSEPPE ALL’ETÀ DI DICIASSETTE ANNI

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Domenico34
00giovedì 19 maggio 2011 00:15

Capitolo 2




GIUSEPPE ALL’ETÀ DI DICIASSETTE ANNI




Dalla nascita fino all’età di diciassette anni abbiamo poche notizie di Giuseppe, soprattutto perché il libro della Genesi, il principale documento che parla di lui, lo menziona tre volte senza specificare niente del suo carattere.

Una prima volta si parla di Giuseppe nell’episodio in cui Giacobbe chiede a Labano di ritornare in Canaan dai suoi genitori. Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Labano: «Lasciami partire, perché io vada a casa mia, nel mio paese (Genesi 30:25).

Il secondo riferimento riguarda la riconciliazione tra Giacobbe e suo fratello Esaù. Si avvicinarono anche Lea e i suoi figli e si inchinarono. Poi si avvicinarono Giuseppe e Rachele e s’inchinarono. (Genesi 33:2,7).
Una terza volta Giuseppe è menzionato nell’elenco di tutti i figli che Giacobbe ebbe con Lea, Zilpa, Rachele e Bila. I figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino (Genesi 35:24).

COMINCIA LA STORIA DI GIUSEPPE

La storia di Giuseppe inizia dal capitolo 37 e si estende in tutta la sezione che va da 39-47 e 50. È all’età di diciassette anni che si cominciano a delineare alcune delle caratteristiche di Giuseppe.
All’età di diciassette anni insieme ai suoi fratelli conduce il gregge in pascolo con i figli di Bila e di Zilpa, mogli di suo padre. Giuseppe riferisce al padre la cattiva fama che circola sul loro conto.

Israele amava Giuseppe più di tutti gli altri i suoi figli, perché era il figlio della sua vecchiaia; e gli fece una veste lunga con le maniche.
I suoi fratelli vedevano che il loro padre l’amava più di tutti gli altri fratelli; perciò l’odiavano e non potevano parlargli amichevolmente
(Genesi 37:2-4).

GIUSEPPE RIFERISCE A SUO PADRE LA CATTIVA FAMA DEI SUOI FRATELLI

Stando con i fratelli e il gregge nei campi, Giuseppe apprende che i suoi fratelli non godono di buona fama nell’ambiente in cui svolgono il loro mestiere: non c’è dato di conoscerne i motivi, poiché le scritture non li forniscono. Essendo un membro della stessa famiglia è naturale pensare che quando le persone parlavano male dei suoi fratelli, Giuseppe ne fosse molto addolorato. Probabilmente non sarà stato un solo episodio a generare tale cattiva reputazione dei fratelli, bensì un atteggiamento negativo consolidato.

Di tutti i figli di Giacobbe (in mezzo c’era anche Beniamino? Probabilmente no, ma non possiamo dirlo con esattezza perché non viene menzionato) l 'unico che si rende conto che i suoi fratelli non godono di buona fama è Giuseppe. Ciò significa che il suo comportamento si distingue subito da quello dei fratelli. Se Giuseppe fosse stato un estraneo e avesse parlato a Giacobbe della cattiva fama dei suoi figli, si sarebbe potuto pensare seminasse maldicenze per creare scompiglio nella famiglia di Giacobbe. Giuseppe però è un membro della famiglia, quindi tale scopo è inconcepibile. Certamente tende, invece, a prevenire i problemi, non a generarli, in modo da garantire piena armonia in famiglia. La notizia della cattiva fama dei suoi fratelli senza dubbio lo avrà profondamente addolorato.

Sorge spontanea la domanda: perché Giuseppe informa suo padre? Forse Giacobbe gli aveva dato l’incarico di controllare gli altri suoi figli? Se si accettasse una simile ipotesi, si dovrebbe pensare a Giuseppe come a una spia e non a un pastore. Una simile idea, a nostro avviso, è assurda.
Allora perché? Lo fa a scopo di bene o per qualche altro motivo? Considerata l’indole di Giuseppe, crediamo fermamente che il suo gesto sia stato assolutamente benevolo, magari finalizzato a sollecitare l’intervento del padre per difendere o richiamare i fratelli. Purtroppo però non sappiamo se Giacobbe ne abbia poi parlato ai figli.

QUALCHE CONSIDERAZIONE

La Bibbia parla di cattiva fama e di buona fama; ecco i testi:
«Ti ho esaudito nel tempo favorevole, e ti ho soccorso nel giorno della salvezza». Eccolo ora il tempo favorevole; eccolo ora il giorno della salvezza!
Noi non diamo nessun motivo di scandalo affinché il nostro servizio non sia biasimato;
ma in ogni cosa raccomandiamo noi stessi come servitori di Dio con grande costanza nelle afflizioni, nelle necessità, nelle angustie,
nelle percosse, nelle prigionie, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni;
con purezza, con conoscenza, con pazienza, con bontà, con lo Spirito Santo, con amore sincero;
con un parlare veritiero, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra;
nella gloria e nell’umiliazione, nella buona e nella cattiva fama; considerati come impostori, eppure veritieri;
come sconosciuti, eppure ben conosciuti; come moribondi, eppure eccoci viventi; come puniti, eppure non messi a morte;
come afflitti, eppure sempre allegri; come poveri, eppure arricchendo molti; come non avendo nulla, eppure possedendo ogni cosa!
(2Corinzi 6:2-10).

Quindi, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri (Filippesi 4:8).

Dopo la citazione dei testi, è logico chiedersi: che cos’è la fama? Ecco qui di seguito la definizione linguistica.

«Voce, notizia (che si diffonde rapidamente e universalmente, mescolando il vero e il falso, il bene e il male). – Correre fama, essere fama: divulgarsi, andare per le bocche di tutti. Reputazione. Rinomanza, celebrità; buon nome, onore. – Essere in fama, crescere in fama, venire in fama: essere famoso, rendersi celebre, acquistare celebrità».

In base a ciò, una persona che ha cattiva fama tiene un comportamento che gli arreca disonore; al contrario la buona fama gli porta onore, rispetto e simpatia.
Dal punto di vista cristiano una persona di cattiva fama non porta disonore solamente a se stesso ed alla sua famiglia, bensì anche a Dio ed alla testimonianza del Vangelo; invece chi ha una buona fama onora se stesso, la sua famiglia, Dio e la testimonianza evangelica. La cattiva fama dei fratelli di Giuseppe metteva in ombra l’onore di tutta la famiglia ed anche la loro fede ebraica. Per una persona sensibile come Giuseppe era impossibile far finta di nulla.

Il detto “tale padre, tale figlio” è fondato sulla comune tendenza a riversare su tutta la famiglia, la condotta di un solo membro. Questa nostra affermazione si rafforza e trova conferma nella similitudine di Paolo:
Se un membro soffre, tutte le parti del corpo soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui (1Corinzi12:26).

PS: Se ci sono domandare da fare, fatele liberamente e noi risponderemo con premura
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