Domenico34 – Donne menzionate nella Bibbia – Capitolo 3. DONNE NOMINATE NEL N.T.

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Domenico34
00sabato 13 agosto 2011 00:16

PARTE TERZA


Capitolo 3




DONNE NOMINATE NEL N.T.


ANNA (2)

Il suo nome significa: grazia, favore. Di lei si parla in (Luca 2:36-38). Era profetessa, figlia di Fanuel, della tribù di Aser. Visse con suo marito sette anni, e all’età di ottantaquattro anni, trovandosi nel tempio, ebbe l’onore di vedere il bambino Gesù e parlare di lui, a tutti quelli che aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Non si allontanava mai dal tempio e serviva Dio notte e giorno con digiuni e preghiere
(v. 37).

Con questa biografia, che il testo sacro delinea, si può tracciare un panorama di questa donna. Del ministero profetico di Anna, non si ha nessuna notizia, sia nell’Antico come anche nel Nuovo Testamento. In che consisteva il suo ministero profetico, come e quando lo espletò, non si può dire niente, per il semplice motivo che mancano notizie. Dalle poche parole che Luca ci ha tramandato di lei, si può affermare che era una pia donna; fortemente attacca al tempio, non si allontanava mai da esso, e la sua vita devozionale consisteva nel servire Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.

Non si può descrivere la vita devozionale di una persona, meglio di così!
C’è molto da imparare da una tale persona! L’insegnamento che si ricava da Anna, non è valido solo per le donne, è valido anche per gli uomini! Si racconta che un Tizio, visitando una chiesa, notò con sua meraviglia che, la stragrande maggioranza dei frequentatori di quel locale di culto, erano donne. Rivolgendo la parola ad una di loro, disse: I locali di culto, generalmente sono frequentati prevalentemente da donne. Al che, la donna replicò: È vero che i locali di culto sono frequentati, in larga maggioranza da donne, ma le carceri, trabboccano di uomini. Il segreto per trovarsi nei luoghi di culto, nel servire Dio con perseveranza, sia con preghiere e in digiuni, è essere interessati per le cose del Signore. Quando c’è l’interessamento per le attività spirituali, il tempo per manifestare la propria devozione a Dio in publico, si trova sempre; mentre, quando manca, le mille scuse che spesso si adducono, servono solamente per mascherare la propria ipocrisia.

APFIA

Di questa donna si parla solamente in Filemone 2. Si supponne che sia stata la sposa di Filemone. Se questa supposizione è vera, il fatto che Paolo definisca Filemone suo collaboratore, ed Apfia sorella, (nella fede, naturalmente) sta a significare che questa donna, in un certo senso, partecipava alle attività del marito. Se poi si tiene conto che la chiesa, si riuniva in casa di Filemone, per il culto, la presenza di Apfia, come moglie di questo responsabile, dà più senso alla sua partecipazione attiva, nel servizio del Signore.

BERENICE

(Dal gr. Pherenike, che riporta la vittoria, vittoriosa). Viene menzionata in (Atti 25:13,23; 26:30).

«Figlia primogenita d’Erode Agrippa I. Sposò lo zio Erode, re di Calcide, che morì poco dopo. Convisse incestuosamente col fratello Agrippa II, cosa che fu motivo di scandalo. Berenice cercò di farlo dimenticare sposando Polomeno, re di Cilicia. Ben presto stancatasi di lui, lo abbandò per tornare dal fratello Agrippa (Ant. 20,7.3; Guerra 2,11.5). Era presente quando Paolo si difese davanti ad Agrippa (Atti 25:23; 26:30). Più tardi divenne l’amante di Vespasiano e poi di Tito» [René Pache, Nuovo Dizionario Biblico, pag. 121].

CANDACE

«Regina d’Epiopia o piuttosto prob. Di Meroe, nella Nubia meridianale. Tornando da Gerusalemme, dove era andato per adorare, un eunuco, gran dignitario della sua corte, fu convertito al cristianesimo per mezzo dell’evangelista Filippo (Atti 8:26-39). Strabone, Dionisio Cassio e Plinio sono concordi nel dire che nel I sec. d.C. Meroe fu retta da una dinastia di regine che si chiamavano tutte Candace» Ibidem, pag. 143].

CLOE

Verzura. Donna cristiana che abitava a Corinto. Paolo, da quelli di casa Cloe, venne informato delle divisioni che c’erano nella comunità di Corinto (1 Corinzi 1:11).

CLAUDIA

Cristiana che unì i propri saluti a quelli di Paolo (2 Timoteo 4:21).

DAMARIS

Donna che si convertì all’ascolto della predicazione fatta da Paolo (Atti 17:34).

DORCAS o TABITA

(Aram. Tebēthā, gazella; gr. Dorcas). Una pia cristiana di Ioppe. Il suo nome ricorre in (Atti 9:36,40). Alla sua morte, fu chiamato l’apostolo Pietro, il quale, dopo aver pregato il Signore, la chiamò per nome:

Tabita, alzati. Ella aprì gli occhi; e, visto Pietro, si mise seduta. Egli le diede la mani e la fece alzare; e, chiamati i santi e le vedove, la presentò loro in vita (v. 41).
DRUSILLA

Figlia minore d’Erode Agrippa I e moglie di Felice (Atti 24:24)

ELISABETTA

(Dio suo giuramento). Era discendente d’Aaronne, moglie di Zaccaria e madre di Giovanni Battista. Di lei si parla in (Luca 1:5,7,13,24,36,40-41,57).

Elisabetta fu una pia donna. L’evangelista Luca afferma che questa donna, assieme a suo marito Zaccaria, erano giusti davanti a Dio e osservavano in modo irreprensibile tutti i comandamenti e i precetti del Signore. Si riferisce anche di lei che era sterile (v. 6-7). Che questa coppia, nonostante vigesse la sterilità in Elisabetta, abbia fatto preghiere a Dio per avere un figlio, questo si desume dalle parole che l’angelo Gabriele, rivolse a Zaccaria:

«Non temere, Zaccaria, perché la tua preghiera è stata esaudita; tua moglie Elisabetta ti partorirà un figlio, e gli porrai nome Giovanni (v. 13).

Anche se la forma del testo evangelico è al singolare la tua preghiera... (quella di Zaccaria, ovviamente), non è improbabile che alla preghiera del marito, ci sia stata anche quella della moglie. Secondo la precisazione di Luca, terminato il turno del suo servizio, Zaccaria ritornò a casa. E fu in quei giorni che Elisabetta rimase incinta, cioè concepì (v 24). Questo in pratica significa che Dio, in adempimento della Sua promessa, guarì la sterilità di Elisabetta, talché poté concepire, nella sua età avanzata (v. 7).

Non c’è nessuna cosa che possa impedire, che una promessa del Signore, si compia al tempo che Egli ha stabilito. Si potrebbe: perché mai Elisabetta si tenne nascosta per cinque mesi, dato che con la sua gravidanza, il Signore aveva cancellato la sua vergogna in mezzo agli uomini? (v. 25). Non era forse quello l’evento che avrebbe cambiato la situazione? Perché non palesarlo subito? C’era forse in Elisabetta, un tantino di titubanza a credere che fosse stata realmente incinta? Probabilmente! La sua parente Maria, venne a sapere che Elisabetta aspettava un figlio, non dalla casa di Zaccaria, ma dalla bocca di Gabriele.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00domenica 14 agosto 2011 00:11
Ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia; e questo è il sesto mese, per lei, che era chiamata sterile;
poiché nessuna parola di Dio rimarrà inefficace
(vv. 36-37).

È bello considerare quello che avvenne nella vita di Elisabetta, quando Maria, sua parente, andò a trovarla in casa.

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta nella regione montuosa, in una città di Giuda,
ed entrò in casa di Zaccaria e salutò Elisabetta.
Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le balzò nel grembo; ed Elisabetta fu piena di Spirito Santo,
e ad alta voce esclamò: «Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno!
Come mai mi è dato che la madre del mio Signore venga da me?
Poiché ecco, non appena la voce del tuo saluto mi è giunta agli orecchi, per la gioia, il bambino mi è balzato nel grembo.
Beata è colei che ha creduto che quanto le è stato detto da parte del Signore avrà compimento»
(v. 39-45).

La voce del saluto di Maria, produsse gioia al bambino che si trovava nel grembo di Elisabetto, talché egli balzò; ed Elisabetta fu riempita di Spirito Santo. In conseguenza di ciò, Elisabetta fu la prima persona che ebbe l’alto privilegio di rivelare al mondo, che Maria aveva già concepito nel suo seno, secondo la parola che Gabriele le aveva comunicato, e che presto, sarebbe diventata la madre di Gesù. Anche se Elisabetta, al principio, avrà avuto qualche incertezza a credere che il Signore avesse guarita la sua sterilità, quando però, si compì il tempo della sua gestazione, diede alla luce un figlio. E, quando

all’ottavo giorno, vennero a circoncidere il bambino, e lo volevano chiamare, Zaccaria, dal nome di suo padre, sua madre intervenne e disse: «No, sarà invece chiamato Giovanni» (vv. 59-60).

Se Elisabetta disse chiaramente che suo figlio si doveva chiamare Giovanni e non Zaccaria, fu essenzialmente perché suo marito l’aveva informata, che il nome del figlio, non l’aveva scelto lui, ma Dio. La storia di Elisabetta, così come Luca l'ha tramandata, è ricca di spunti per una riflessione, che mira ad esaltare la spiritualità, basata su elementi di correttezza e di subordinazione alla legge divina.

Per una vita di questa tempra, non mancheranno sicuramente esperienze particolari nelle manifestazioni dello Spirito Santo, che porterà l’individuo a provare in sé, la differenza che esiste quando lo Spirito del Signore, si può manifestare com'Egli vuole.La vera esuberanza di gioia, infine, è quando una persona, viene riempita dallo Spirito di Dio che, indubbiamente condurrà ad esaltare e glorificare, il nome del Signore, e Salvatore, Gesù Cristo.

EUNICE

(gr. benedetta dalla vittoria). Il nome di questa donna è menzionato in (2 Timoteo 1:5). Era la madre di Timoteo. In Atti 16:1, si afferma che la madre di Timoteo era una credente ebrea. Come madre e credente ebrea, rientrava nella prassi, d’istruire i propri figli intorno alle sacre Scritture. Nelle parole: ...fin da bambino hai avuto conoscenza delle sacre Scritture… (2 Timoteo 3:15), probabilmente si fa riferimento ad Eunice, la madre di Timoteo, visto che presso gli ebrei, erano proprio loro impegnate ad istruire i figli, per quanto riguardava le sacre Scritture (Antico Testamento).

L’elogio che Paolo diede ad Eunice, riguardava la fede sincera, cioè vera, che possedeva questa donna. La fede, quando c’è, non si nasconde; si manifesta in modo tale che, altri la possono chiaramente vedere. Ciò avviene, essenzialmente, nell’esercizio che si fa. Tenuto conto che Timoteo era cresciuto in un ambiente in cui le Scritture avevano la preeminenza, la fede che la mamma manifestava, nelle varie situazioni della vita, avranno avuto un notevole impatto nella sua formazione.

EVODIA

Profumo. Cristiana di Filippi, che Paolo esortò a vivere in concordia con Sintíche. Che cosa successe tra queste due cristiane, non può essere individuato, per il semplice fatto che, di loro, viene ricordato solamente il loro nome. Nonostante ciò, si sono elaborate diverse ipotesi. C’è chi, in quest'Evodia, ha identificato la venditrice di porpora, Lidia, di Atti 16:14. Qualcuno ha pensato che le due donne in questione, fossero responsabili di comunità domestiche. Infine, la scuola di Tubinga, le interpreta come figure simboliche, atte a rappresentare la parte giudea ed etnico-cristiana di una comunità ritenuta divisa e sconvolta [Cifr. J. Gnilka, La lettera ai Filippesi, pagg. 280-281].

La cosa che va tenuta in somma considerazione, è l’esortazione amorevole che Paolo rivolse a vivere in concordia. Quando nascono i litigi, causati tante volte da incomprensioni, invece di alimentarli con la maldicenza, bisogna dare la preeminenza all’amore, che, sicuramente condurrà a vivere in armonia e in concordia, gli uni verso gli altri.

ERODIADA

Figlia di Aristobulo e sorella di Erode Agrippa I. Di lei si parla in Matteo 14:3,6; Marco 6:17,18,22; Luca 3:19). La storia di Erodiada, così come viene esposta dai Sinottici, ci fa vedere il carattere arrogante di questa donna e la condotta immorale che conduceva, nel convivere col Re Agrippa, che poi era anche suo cognato, visto che suo marito Filippo, era fratello di Erode (Matteo 14:3). Se Giovanni Battista venne imprigionato in un primo momento, e, in seguito fatto decapitare, fu per esplicito intervento di Erodiata presso il monarca.

Il testo evangelico precisa che spesso il tetrarca veniva rimproverato dal Battista a proposito di Erodiada, moglie di suo fratello, e per tutte le malvagità che aveva commesso (Luca 3:19). L’esortazione severa e pungente che Giovanni rivolgeva ad Erode, era: Non ti è lecito averla (cioè la cognata per sua moglie) (Matteo 14:4). Marco aggiunge:

«Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello!»
Perciò Erodiada gli serbava rancore e voleva farlo morire, ma non poteva
Infatti, Erode aveva soggezione di Giovanni, sapendo che era uomo giusto e santo, e lo proteggeva; dopo averlo udito era molto perplesso, e l’ascoltava volentieri
(Marco 6:18-20).

C’era anche il convincimento della folla, che considerava Giovanni un profeta (Matteo 14:5). Visto come si erano accomodate le cose per Erodiada, e, non potendo arrivare al suo scopo, si approfittò di una particolare circostanza, per manifestare la sua vendetta sul Battista. Nell’occasione del compleanno di Erode, la figlia di Erodiada, (che Flavio Fiuseppe afferma che si chiamava Salome) [Ant. 18, 136-137] davanti al re e a tutti i dignitari che erano stati invitati per quella ricorrenza, fece un ballo spettacolare e pieno di spunti erotici [Il tipo di danza che eseguì Salome, normalmente veniva affidato alle prostitute (cifr. J. Gnilka, Il vangelo di Matto, Parte seconda, p. 13].

Quella scena non solo piacque al re, ma addirittura, nella sua eccitazione e nel suo delirio, questi arrivò anche a promettere alla figlia di Erodiada, con giuramento, di darle qualunque cosa la fanciulla avesse chiesto, fno alla metà del suo regno (Marco 6:23). Visto che la fanciulla non sapeva cosa chiedere al re,

...Uscita, domandò a sua madre: «Che chiederò?» La madre disse: «La testa di Giovanni il battista».
E, ritornata in fretta dal re, gli fece questa richiesta: «Voglio che sul momento tu mi dia, su un piatto, la testa di Giovanni il battista»
(Marco 6:24-25).

Da parte sua Matteo specifica che la richiesta che la fanciulla fece al re, fu spinta da sua madre (Matteo 14:8). Ecco il giorno della vendetta di Erodiada! Anche se il re ne era

rattristato ma, a motivo dei giuramenti e degli invitati, comandò che le fosse data, e mandò a decapitare Giovanni in prigione.
La sua testa fu portata su un piatto e data alla fanciulla, che la portò a sua madre
(Matteo 14:9-11).

Davanti all’epilogo che ha avuto quell’avvenimento, si potrebbe pensare che la forza del male ha prevalso su quella del bene. Infatti, Una donna senza scrupoli e di bassa moralità, per non essere danneggiata e repressa nel suo folle e spregiudicato desiderio carnale, non indugiò a mettere in atto la più accanita, sfrenata e crudele vendetta. Perché Dio permise ad una simile empietà di avere la meglio sulla vita di un Suo servitore? Non è facile capirlo e spiegarlo! Anche se tante cose, qui in terra, non si riusciranno forse mai a comprenderle, tuttavia, rimane sempre fermo il fatto che Dio è sovrano su tutto e su tutti. A Lui la gloria!

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Domenico34
00lunedì 15 agosto 2011 00:11
FEBE

(gr. pura, brillante). Diaconessa della chiesa di Cencrea. L’apostolo Paolo, essendo in procinto di recarsi a Roma, raccomanda ai cristiani di quella città, di accogliere Fede, in modo degno dei santi, e di prestarle assistenza in qualunque cosa lei possa aver bisogno, poiché lei pure ha prestato assistenza a molti santi e anche a lui (Romani 16:1).

GIOVANNA

Dall’ebr. L’Eterno è stato favorevole. Moglie di Cuza. Si parla di lei in (Luca 8:3; 23:55; 24:10). Di quale infermità Giovanna sia stata guarita da Gesù, non ci è dato di sapere. La notizia che Luca ci fornisce è quella che Giovanna, assieme alle altre donne menzionate, assiesteva Gesù e i dodici con i suoi beni. Questo significa che lei aveva messo i suoi benei, a disposizione degli altri, cioè non era egoista, ma altruista.

Anche se il testo di (Luca 23:55) non menziona il nome di Giovanna, però, tenendo presente il passaggio di 8:3, in cui è inserito il suo nome, rientra nella logica pensare a lei. La preparazione di aromi e profumi che le donne fecero, era un segno di quanto volevano bene a Gesù. Infine, Giovanna ebbe l’alto privilegio di annunziare agli apostoli, il messaggio della risurrezione di Gesù (Luca 24:10).

GIULIA

Cristiana di Roma. Era forse la moglie di Filologo (Romani 16:15).

IEZABEL (2)

Iddio semina. Di questa donna si parla in (Apocalisse 2:20). Chi era quest'Iezabel? Era una persona fisica o una figura rappresentativa? La forma stilistica e sintattica con cui l’apostolo Giovanni la presenta, è per una persona fisica.

Era la moglie del responsabile della comunità di Tiatiri, come qualcuno ha supposto? Dalla forma del nostro testo, non sembra che quest'ipotesi, possa essere sostenibile! Era sicuramente una persona che possedeva abilità d’insegnamento e che in mezzo alla comunità, aveva libertà di esercitarlo, anche se non tutto appariva chiaro. Il termine (gr. eaō) impiegato in (Apocalisse 2:20), significa:

«1. Lasciare, permettere, tollerare. 2. Lasciare, lasciar andare, abbandonare, tralasciare, trascurare, omettere, rinunciare a; smettere, desistere».
Nel nostro caso, il significato più coerente al contesto, è tra tollerare, e permettere [Cfr. M.E. Glasswell, Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, Vol. 1, col. 976-977].

Chi permetteva ad Iezabel di insegnare nella chiesa, era senza dubbio il responsabile della comunità, o il pastore, (come si direbbe ai nostri giorni) e chi la tollerava, era la stessa persona, anche se non si possono escludere che ci fossero altri.

Il destinatario della lettera

Tenuto conto che la lettera fu indirizzata all’angelo della chiesa di Tiatiri, cioè al responsabile della comunità, e che il Figlio di Dio, conoscitore di tutto, si lamentò con lui, è più logico pensare che, chi tollerava e permetteva ad Iezabel di svolgere il suo lavoro, era proprio colui che era responsabile.

Pensare pertanto che, tra il responsabile della comunità, da una parte, e Iezabel dall’altra, esisteva un legame familiare, cioè che si trattasse di un membro della stessa famiglia, non sembra coerente, a meno che non si accetti che, i due erano marito e moglie. Comunque, indipendentemente di come siano andate le cose, lo Spirito Santo non ha ritenuto opportuno rivelarci questo segreto; di conseguenza non dobbiamo eccessivamente preoccuparci. Quello che invece, ha maggiormente valore, è di comprendere il messaggio di Gesù Cristo.

L’interpretazione del testo

Per interpretare correttamente il testo biblico, con una esegesi che tenga presente i principi ermeneutici, bisogna evitare, in un primo momento, di entrare nel campo dell’interpretazione tipologica. Questo, soprattutto, se si riconosce che non ci troviamo davanti ad immagini e figure, che richiedono una simile interpretazione. Chiarito questo punto preliminare, passiamo ad esaminare, il racconto d'Iezabel, secondo il testo dell’Apocalisse.

Si afferma nel nostro passaggio che, Iezabel si diceva di essere una profetessa; questo significa che, in effetti, non lo era. Era lei che credeva di possedere questo carisma, e, forse c’erano anche altri che la sostenevano. Ma il Figlio di Dio, non la conosceva come tale, bensì come una donna che seduceva i servitori di Cristo. Che cosa è un profeta? È una persona dotata di un particolare carisma dello Spirito di Dio, che lo guida, principalmente a proclamare gli oracoli di Dio. Si sa, secondo le Scritture che, il ministero profetico, non era un'esclusiva prerogativa degli uomini, lo svolgevano anche le donne, anche se, per amore di precisione, le stesse non erano in maggioranza.

A questo punto sorge spontanea una domanda: come mai che il responsabile della comunità, non riconobbe che Iezabel non era una vera profetessa, ma una donna che seduceva? Senza dubbio: non avrà avuto discernimento! Se, invece, l’avesse avuto, si sarebbe accorto che l’insegnamento che quella donna dava, non era secondo Dio, cioè non corrispondeva con l’insegnamento della Parola di Dio. In conseguenza di ciò, non avrebbe dovuto tollerarla e permetterle di insegnare, nel senso di lasciarla fare. Questo, però, il responsabile non lo fece!

Inoltre, si deve tenere presente che Gesù, ha tanto elogiato l’angelo della chiesa di Tiatiri, cioè il conduttore della comunità. Infatti, di lui, Egli afferma che: conosce le sue opere, il suo amore, la sua fede, il suo servizio, la sua costanza; e che le ultime sue opere, erano più numerose delle prime (v. 19). Da questa panoramica elogiativa, risulta che l’unico punto negativo che Gesù trova nella vita del conduttore della comunità, consiste nel fatto che egli ha permesso e tollerato, l’insegnamento d'Iezabel. Questo però non significa che si possa prendere lo spunto di questo passaggio, (come qualcuno ha fatto) per sostenere la validità di negare alle donne di insegnare!

Poiché non permetto alla donna d’insegnare, né di usare autorità sul marito, ma stia in silenzio (1 Timoteo 2:12).

Un simile procedere di armonizzare le Scritture, non è sempre corretto, specie quando il passaggio viene estorto dal suo contesto.

L’insegnamento d'Iezabel

Prima di tutto bisogna notare che Gesù non condannava il ruolo d'insegnante d'Iezabel, bensì quello che lei insegnava. Un insegnante può essere una distinta persona: rispettosa, amabile, umile, intelligente, ecc. e insegnare false dottrine o una morale, che non si accorda con i sani principi dell’etica cristiana, insegnata dalle sacre Scritture. Gesù non criticava le caratteristiche fisiche d'Iezabel; Egli metteva in risalto l’opera che lei svolgeva, cioè: Induceva i Suoi servi a commettere fornicazione, e a mangiare carni sacrificate agli idoli (v. 20).

Indurre significa:
«Condurre dentro, guidare, avviare, fare entrare. Causare disturbi fisici, malattie, contagi, morte. Provocare un fenomeno metereologico; scatenare una perturbazione atmosferica. Figur. Determinare l’avverarsi di conseguenze buone o cattive, liete o tristi, benefiche o dannose; ottenere un determinato risultato» [S. Battaglia, in GDLI (Grande dizionario della lingua italian), Vol. VII, pag. 859].

L'insegnamento che Iezabel impartiva, era particolarmente significativo, perché si faceva passare per una donna ispirata dallo Spirito di Dio. I profeti, infatti, pur essendo persone comuni, erano guidati dallo Spirito Santo, in quello che proclamavano. Ascoltare, quindi, il messaggio di un profeta, equivale ad ascoltare Dio. A che cosa mirava l’insegnamento d'Iezabel? A convincere i servi di Gesù, a vivere una diversa morale, rispetto a quella che insegnava la cristianità.

A questo punto, mi chiedo: perché Iezabel aveva di mira i servi di Cristo, e non le comuni anime della comunità? La fornicazione, non tocca forse la moralità di una qualsiasi persona? Certamente! Ma se questa la compie un servo del Signore, cioè una persona dedicata al ministero della Parola di Dio, essa ha un diverso significato, non perché l’atto in sé cambi di entità, ma per la responsabilità che l’individuo detiene. Si può negare che ai nostri giorni, tanti servi di Gesù Cristo, vengono indotti a commettere fornicazione, cioè ad avere rapporti sessuali illeciti? Perché questa condotta, invece di essere severamente condannata, viene purtroppo tollerata in mezzo alla cristianità?

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Domenico34
00martedì 16 agosto 2011 00:19
Chi è quest'Iezabel che compie un simile lavoro? È forse la chiesa Cattolica Romana, come si pensa da qualche parte, che lei rappresenta? Sicuramente no! È il modernismo con il suo lassismo e il suo libertinaggio, che induce a compiere, quello che i nostri padri nella fede, aborrivano con ferma determinazione.

E che dire delle carni sacrificate agli idoli? Non era forse un severo divieto che l’apostolo Paolo, insegnava nelle chiese ai suoi giorni? (cifr. Romani 14:13-23; 1 Corinzi 8:1-13; 10:14-22). Quando le persone non si attengono alla Parola di Dio, e non la stimano come dovrebbero, cioè norma di vita e regola di fede, è facile essere sedotti e trascinati verso l’errore, lontani da Dio. Spesso si è ingannati, dalla rinomanza di un nome, per farci credere a certe cose. Quando si ripete: questa cosa l’ha detto Tizio; chi insegna questa dottrina, non è una persona qualunque, è Caio. Davanti ad una scena di questo genere, c’è da prendere seriamente in considerazione, il detto di Paolo, e farne una norma di vita quotidiana:

...se noi o un angelo dal cielo vi annunziasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia anatema.
Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se qualcuno vi annunzia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema (Galati 1:8-9).
Il provvedimento di Gesù per Iezabel
Le ho dato tempo perché si ravvedesse, ma lei non vuol ravvedersi della sua fornicazione.
Ecco, io la getto sopra un letto di dolore, e metto in una gran tribolazione coloro che commettono adulterio con lei, se non si ravvedono delle opere che ella compie.
Metterò anche a morte i suoi figli; e tutte le chiese conosceranno che io sono colui che scruta le reni e i cuori, e darò a ciascuno di voi secondo le sue opere
(vv. 21-23).

Ogni provvedimento disciplinare divino, ha sempre avuto e avrà, lo scopo di condurre il peccatore al ravvedimento. Se questo era vero ai tempi dei profeti, di Gesù e degli apostoli, lo è anche per i nostri giorni. Dio dichiara solennemente che Egli, non si compiace nella morte dell’empio, ma desidera che egli si converta e viva (Ezechiele 18:23).

Il tempo di ravvedimento per Iezabel, mirava a permetterle di riconoscere l’errore che aveva commesso. È strano come Gesù, non faccia riferimento ai suoi servi, che sono stati indotti a commettere fornicazione, e a mangiare carni sacrificate agli idoli, come se quest’ultimi non fossero stati realmente sedotti. Se è vero che c’è stata la seduzione (e di ciò non si può dubitare), perché i trasgressori non sono stati richiamati a ravvedimento? Lo scopo del testo, naturalmente, non riguarda i servi di Gesù, bensì il comportamento d'Iezabel. Questo però non vuol dire, che Gesù abbia giustificato i Suoi per quello che hanno fatto.

Il Signore non ha mai giustificato un trasgressore della Sua Parola, e mai lo farà; ha sempre fatto comprendere che il peccato, è la violazione della legge (si intende la Sua) (1 Giovanni 3:4). Il fatto che d'Iezabel si affermi che, non ha voluto ravvedersi, in definitiva significa che lei stessa ha precluso ogni possibilità di salvezza. Il letto di dolore, nel quale sarà gettata Iezabel, non rappresenta un tempo salutare di riflessione, ma la conseguenza del rifiuto a ravvedersi.

[DIM]13pt]Applicazioni su Iezabel

Quali applicazioni si possono fare su Iezabel? Eccone alcune!

1. Questa donna, nel corso della sua attività, (che fu ben diversa dell’altra Izebel, la moglie di Acab) diede da intendere che lei era una profetessa, cioè uno strumento nelle mani di Dio, che proclamava gli oracoli divini. Però, in effetti, si rivelò una seduttrice dei servi di Gesù. L’ipocrisia ha sempre ingannato le persone, specie quelle che non hanno il discernimento dello Spirito del Signore, il solo che può rivelare l’errore. Le apparenze, pur belle che siano, non hanno nessun valore, principalmente davanti a Dio, Colui di fronte al quale, le stesse tenebre, sono come un giorno risplendente (Salmo 139:12).

2. L’azione seduttrice non mira a far deviare dal retto sentiero, chi si trova già sotto la dominazione del diavolo; essa cerca di raggiungere i seguaci di Gesù Cristo, per trarli in inganno. Se i seguaci di Gesù non stanno con gli occhi aperti, potrebbero essere sedotti e deviati dalla verità dell’evangelo di Dio. Sappiamo che Satana si può travestire da angelo di luce (2 Corinzi 11:14), e, presentarsi anche nella veste di un falso profeta, con un manto di pecora, quando, in effetti, è un lupo rapace ( Matteo 7:15).

3. I conduttori di comunità, devono stare molto attenti a non credere ad ogni spirito (1 Giovanni 4:1), visto che ci sono tanti spiriti seduttori, che negli ultimi tempi, faranno apostatare dalla fede (1 Timoteo 4:1).

4. Le false dottrine, a volte, vengono proclamate e sostenute da personalità eminenti, che godono di un certo prestigio e di una larga reputazione. La base della nostra fede, deve rimanere sempre la Parola di Dio; è su di lei, che vanno fatti i controlli. Infine, il detto del profeta, vale anche per i nostri giorni, e, serve come unità di misura.

Alla legge! Alla testimonianza!» Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessun'aurora! (Isaia 8:20).

«Il nome Iezabel fa capire che ella corrompeva la chiesa di Tiatiri molto più di quanto aveva fatto la moglie di Acab, sua anonima, nei confronti di Israele (1 Re 16:31-33)» [John F. Walvoord, Investigate le Scritture, Nuovo Testamento, pag. 996].

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Domenico34
00mercoledì 17 agosto 2011 00:10
LIDIA

Donna di Tiatiri, commerciante di porpora. Di lei si parla in (Atti 16:14,40). Quel poco che la Scrittura ci dice di lei, è sufficiente per farci comprendere che donna era. Lidia soleva frequentare un certo luogo, presso il fiume, fuori della città, dove, assieme ad altre donne, c’era una riunione di preghiera. Luca riferisce che questa donna temeva Dio, cioè era persona che, pur svolgendo un’attività commerciale, si manteneva onesta e retta nella sua condotta.

Trovandosi Paolo in mezzo a questo gruppo di donne, e, parlando loro del Signore, Lidia lo ascoltava. Il Signore, vedendo ciò, le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo (v. 14). Il fatto che subito si precisi che Lidia fu battezzata con la sua famiglia (v. 15), questo è una prova che il messaggio che ascoltò, lo ricevette, si convertì al Signore e lo accettò nella sua vita, come il suo personale Salvatore. Se questa donna, assieme alla sua famiglia, non avesse creduto nel Signore, Gesù Cristo, sicuramente Paolo non l’avrebbe battezzata, secondo la prassi che vigeva nella chiesa primitiva e che vige ancora tuttora.

L’invito di ospitalità che rivolse con insistenza agli apostoli, in quella circostanza, è un’ulteriore conferma del cambiamento che accadde nella vita di Lidia.

Quando poi, Paolo e Sila, a seguito di essere stati selvaggiamente battuti e messi in prigione, uscendo dal carcere, non andarono altrove, ma: Entrarono nella casa di Lidia (v. 40). Tutti questi elementi messi insieme, ci dicono chiaramente che Lidia diventò una cara sorella in Cristo Gesù. Se l’apostolo Paolo non dicesse chiaramente che non era sposato, ci sarebbe da credere, come qualcuno ha ventilato che, Lidia, in seguito, diventò la moglie dell’apostolo.

LOIDE

Nonna di Timoteo, la cui fede viene elogiata da Paolo (2 Timoteo 1:5).

MARIA

Col nome di Maria, nel Nuovo Testamento, ce ne sono sei, così denominate:
Maria madre di Gesù; Maria Maddalena; Maria di Betania; Maria madre di Giacomo; Maria madre di Giovanni Marco e Maria della comunità di Roma

MARIA MADRE DI GESÙ (1)

Premessa

Di lei si parla in Matteo 1; 2:12,46:Luca 1; 2; Giovanni 2:1-11; 19:25; Atti 1:14). Considerando il ruolo particolare che Maria ebbe nei piani divini per ciò che riguarda la sua condizione di madre di Gesù, è necessario esaminare tutto il materiale che offre il Nuovo Testamento. Non saranno consultati gli scritti apocrifi, come il Protovangelo di Giacomo, in maniera particolare, per discutere tutto l’apparato dottrinario che è stato costruito intorno a questa pia donna, da parte della chiesa Cattolica, e tutti i dogmi che sono stati proclamati in suo favore. Siccome questo lavoro non mira a trattare il gran tema della mariologia, i rilievi che saranno fatti, riguarderanno soltanto le caratteristiche di Maria.

Maria nel vangelo di Luca

Luca è il solo dei sinottici che riferisce intorno all’annunzio che Gabriele fece a Maria, circa la sua maternità.

L’annunciazione
Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città di Galilea, chiamata Nazaret,
a una vergine fidanzata a un uomo chiamato Giuseppe, della casa di Davide; e il nome della vergine era Maria.
L’angelo, entrato da lei, disse: «Ti saluto, o favorita dalla grazia; il Signore è con te».
Ella fu turbata a queste parole, e si domandava che cosa volesse dire un tale saluto.
L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù.
Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre.
Egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine».
Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, dal momento che non conosco uomo?»
L’angelo le rispose: «Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra sua; perciò, anche colui che nascerà sarà chiamato Santo, Figlio di Dio.
Ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia; e questo è il sesto mese, per lei, che era chiamata sterile;
poiché nessuna parola di Dio rimarrà inefficace».
Maria disse: «Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola». E l’angelo la lasciò
(Luca 1:26-38).

Che età aveva Maria quando Gabriele le comunicò che avrebbe concepito e partorito un figlio, non si sa; anche perché, sia Luca che Matteo, che parlano della maternità di Maria, non la rivelano. Conoscevano loro la sua età? E se la conoscevano, perché non l'hanno tramandata? Lo Spirito Santo che guidò sia Luca che Matteo a redigere i loro evangeli, non ha creduto opportuno fornirci l’informazione intorno all’età di Maria, quando Gabriele gli comunicò che sarebbe diventata la mamma del Figlio di Dio, cioè del Messia. Se questo dato, ai fini dell’evento straordinario, fosse stato necessario, ciò sarebbe stato trasmesso, nella stessa maniera com'è stata inserita la notizia concernente il fatto che Maria era vergine e fidanzata con Giuseppe [Testimonianze rabbiniche dànno come età normale per il fidanzamento delle ragazze palestinesi, con rare eccezioni, dodici anni – dodici anni e mezzo». (Heinz Schürmann, Il vangelo di Luca, I, pag. 133; G. Delling, GLNT, (Grande Lessico del Nuovo Testamento), Vol. IX, col. 775, nota 58].

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Domenico34
00giovedì 18 agosto 2011 00:15
La verginità di Maria non poteva essere celata, non solamente per onorare questa ragazza, ma anche per il fatto che, il profeta Isaia che predisse l’evento straordinario dell’incarnazione 700 anni prima, parlò chiaramente di una vergine che avrebbe concepito e partorito. Ecco la predizione:

Perciò il Signore stesso vi darà un segno: ecco, la giovane concepirà, partorirà un figlio, e lo chiamerà Emmanuele (Isaia 7:14).

Per la precisione ricordiamo che il termine ebraico ‘almah, adoperato in Isaia 7:14, significa letteralmente giovane e che nel riporto, il N.T. segue la versione dei Septuaginta, cioè l’antica traduzione del testo ebraico in lingua greca. Siccome nel termine giovane, la caratteristica di verginità è chiaramente dedotta dal contesto, i traduttori ebrei dei Septuaginta [La prima traduzione greca del VT. La tradizione vuole che settanta esperti linguisti ebrei furono concordi nella traduzione] non hanno esitato a tradurre tale termine con parthēnos, cioè vergine [Nota del traduttore al vangelo di Matteo 1:23].

La reazione di Maria al messaggio di Gabriele

Il primo rilievo che Luca mette in risalto riguarda il saluto di Gabriele. A sentire le parole: Ti saluto, o favorita dalla grazia, Maria fu turbata a queste parole (v. 29). Perché mai questa fanciulla reagì in quel modo? Prima di tutto perché non riusciva a capire il significato di quelle parole, e poi perché un simile saluto, non solo che nessuno glielo aveva rivolto, ma neanche aveva sentito parlare che qualcuno era stato salutato con quelle parole.

All’età in cui Maria poteva avere in quel tempo (13 o 14 anni?), avrebbe potuto ricordare i vari saluti che gli scritti dell’Antico Testamento registrano, a proposito di apparizioni angeliche? Se l’avesse ricordato, non avrebbe trovato riscontro con le parole che Gabriele le aveva rivolte.

A Gedeone, l’angelo del Signore lo salutò con le parole: «Il SIGNORE è con te, o uomo forte e valoroso!» (Giudici 6:12).

Alla moglie di Manoà, l’angelo del Signore si limitò ad annunciarle che nello stato della sua sterilità avrebbe concepito e partorito un figlio e che questo bambino sarebbe stato un nazireo (Giudici 13:3-5). Lo stesso Gabriele che era apparso a Zaccaria, comunicandogli che sua moglie Elisabetta avrebbe concepito e partorito un figlio, (Luca 1:13) non rivolse le stesse parole che usò per Maria: O favorita dalla grazia.

Furono senza dubbio queste parole, che Maria non riusciva a capire e per le quali fu turbata! Che la frase (gr. Kaire kecharitōmenē) = o favorita dalla grazia, e quella della Volgata «piena di grazia», (fortemente sostenuta dalla chiesa Cattolica Romana), non abbia lo stesso significato, non c’è bisogno di ricorrere alle sottigliezze del linguaggio marialogico per comprenderla. Infatti, se la frase in questione avesse il senso che le ha dato la Volgata, e con essa la Chiesa Cattolica Romana, la spiegazione che diede subito Gabriele: Hai trovato grazia presso Dio, non avrebbe senso e valore. Siccome, però, si sa che su quella frase è stata costruita e sviluppata il dogma dell’Immacolata concezione, i mariologi hanno difeso a spada tratta la traduzione della Volgata. Qual è il significato letterale delle due parole (gr. Chaire kecharitōmenē) che troviamo nel testo di Luca 1:28? Eccolo!

Kaire =

«1. Rallegrarsi, essere contento, essere lieto; godere, compiacersi.
3. All’imp. Kaire, come saluto, sta’ bene.

Karitoō =

1. Rendere gioioso, conferire grazia.
2. Essere o mostrarsi misericordioso.
3. pass. Essere pieno di grazia; essere riempito della grazia divina» [Dizionario, Greco-Italiano; Dizionario Esegetico del N.T. Vol. 2, col. 1890, ha: Salve, o dotata di grazia].

Se si obbietta che la Volgata ha ragione nell’avere tradotto il kecharitōmenē di Luca 1:28 piena di grazia, perché uno dei significati del termine è proprio questo, si deve pensare anche di Stefano in (Atti 6:8), è detto che era pieno di grazia (gr. plērēs charitos), secondo alcuni manoscritti, mentre secondo altri pieno di fede (gr. plērēs pisteōs). Se si adotta chiarito, (come fa Nestle), bisogna riconoscere anche a Stefano, quello che si riferisce a Maria, cioè che anche lui sarebbe nato senza peccato, cosa che nessun serio studioso della Bibbia, (compresa la chiesa Cattolica Romana) acconsentirebbe ad una simile affermazione. Se si riconosce che la grazia che si trova in Maria, le sia stata accordata da Dio, quindi non è lei che l’abbia originata, non può diventare la dispensatrice della grazia, perché Chi dispensa la grazia è solamente Dio.

Allora, in che cosa consiste la grazia che Maria ha trovato presso Dio? Nel fatto che è stata scelta per concepire e partorire un figlio, il cui nome sarà chiamato Gesù = Salvatore, o meglio ancora Geova Salva. Davanti ad una simile precisazione, e, comprendendo pienamente le parole di Gabriele, giustamente Maria chiese: «Come avverrà questo, dal momento che non conosco uomo?» (v. 34).

Che cosa voleva dire Maria con queste parole? Semplicemente questo! Fino ad oggi non ho avuto nessun rapporto sessuale con nessun uomo, (il verbo conoscere ha questo senso) e, siccome i figli non nascono senza quei rapporti, mi domando: come sarà possibile che, da vergine che sono, possa concepire e partorire un figlio? Si è tanto parlato e sono stati scritti fiumi di parole su (Luca 1:34). Da parte della chiesa Cattolica, si afferma che le parole del (v. 34) si prestano a tre interpretazioni.

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Domenico34
00venerdì 19 agosto 2011 00:18
«a) Indicano la decisione di Maria, già prima dell’Annunciazione, di condurre con Giuseppe un matrimonio verginale. Quindi la sua domanda significa: «Com'è possibile, poiché sono vergine e desidero rimanere tale?».
Quest'interpretazione risale a san Gregorio Nisseno ( 394). È tuttora la più diffusa, grazie soprattutto a san’Agostino ( 430).
Nel Medioevo quest'interpretazione fu avvalorata soprattutto da san Bennardo, ma con una parafrasi nella quale fece vedere che Maria non si contrappone al disegno divino. Secondo san Bernardo, è come se Maria avesse detto: «Siccome il mio Signore, che legge nella mia coscienza, conosce il voto che la sua serva ha fatto di non conoscere mai uomo, con quale mezzo, in quale maniera, gli piacerà che la cosa avvenga?
Se occorre che rinunci al mio voto per divenire la Madre di un tale Figlio, sono felice del Figlio che mi ha promesso, ma sono inquieta per il mio voto: tuttavia, sia fatta la sua volontà! Ma se devo, senza cessare di essere vergine concepire un figlio e metterlo al mondo, il che non è per lui impossibile se vuole che avvenga così, allora vedrò che veramente si è degnato di guardare con occhio favorevole la sua umile serva».

b) «Non conosco uomo» significa secondo altri: «Non abito ancora con Giuseppe. Come dunque è possibile?». E l’angelo le rivela, proprio allora, che non diventerà madre per opera di uomo, ma per la potenza creatrice di Dio.
Il più autorevole sostenitore di quest'interpretazione è stato Tommaso de Vio, detto Caietano ( 1533).
c) Pensando ad Is. 7:14, la domanda significherebbe: «Come sarà possibile? Poiché, se la profezia d'Isaia si compirà in me, non conosco uomo, cioè non posso e non devo, in questo caso, conoscere uomo».
Scrive E. Schillebeeckx: «La prima e la terza interpretazione partono da dati non provati: da una parte, l’ipotesi di un voto di verginità prima dall’Annunciazione, dall’altra parte, la supposizione che Maria comprendesse perfettamente il testo d'Isaia. La seconda interpretazione è l’unica ad essere senza apriorismi, e per di più, è grammaticalmente fondata su uno studio obiettivo del testo. Se la Chiesa, cui è stato affidato il deposito della fede e della Scrittura, non intende imporre l’ipotesi di un voto di verginità prima dell’Annunciazione, la seconda interpretazione è, a parte alcune piccole difficoltà, la più plausibile dal punto di vista strettamente esegetico» [Luigi Melotti, Maria la madre dei viventi, pagg. 73-74].

Da parte sua, Schürmann, eminente studioso cattolico si esprime nel seguente modo:

«Ma, anche a prescindere dalla difficoltà d’intendere l’ou ghinōskō in senso puramente futuro, il testo che abbiamo di fronte non lascia in alcun modo trapelare l’intenzione di esprimere un voto o un proponimento di verginità da parte di Maria. In ogni caso, un lettore non prevenuto — specialmente in Palestina, dove il matrimonio era così apprezzato — non avrebbe potuto, senza indizi più precisi al riguardo, dedurre dal testo quest'intenzione di verginità, tanto più che nel v. 27 era stata fatta espressa menzione di un fidanzamento.
In ogni modo o nell’altro, un’interpretazione psicologica del v. 34 nel senso di un'affermazione storica di Maria non regge. Il v. 34 va inteso nella sua funzione letteraria — come s’è detto sopra — nel senso inteso dallo scrittore Luca. La questione della volontà di verginità di Maria quindi non è esegetica, ma storica e dogmatica; il testo attuale, nelle caratteristiche letterarie che esso presenta, non dice nulla al riguardo» [H. Schürmann, Il vangelo di Luca, I, pagg. 145-146].

Se questa strana interpretazione del voto di Maria di rimanere sempre vergine è fortemente sostenuta dai mariologi, è anche fermamente contestata da teologi e studiosi cattolici. Davanti alle chiare parole di Gabriele che Maria avrebbe dovuto concepire e partorire un Figlio, e tenuto conto che Maria non riusciva a capire come ciò avrebbe potuto avvenire, visto che lei non conosceva nessun uomo, non poteva mancare la specificazione per dileguare ogni incertezza, soprattutto dalla mente della persona interessata, cioè Maria.

Il figlio che concepirai, soggiunse il messaggero divino, non sarà il risultato dell’intervento umano, ma unicamente per la virtù dello Spirito Santo che verrà su di te. Queste parole significavano, in senso letterale e biologico, che sarebbe stato lo Spirito Santo a fecondare Maria. Accettata la spiegazione di Gabriele, e non avendo più niente da obbiettare, perché ormai Maria ha creduto che, nessuna parola di Dio rimarrà inefficace (v. 37), essa pronunciò le famose parole che rappresentano il suo totale ed incondizionato assenso:

«Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola» (v. 38).

Il valore della grazia

L’incarnazione non avrebbe potuta avvenire, se Maria non avesse dato il suo assenso pieno ed incondizionato al volere divino. Nello stesso momento che Maria accettò di diventare la madre del Figlio di Dio, lo Spirito Santo scese su di lei e la fecondò, cioè il Verbo divino si incarnò in lei. La scelta della donna che avrebbe ospitato nel suo grembo il Figlio di Dio, il Messia promesso dai profeti, la fece il Signore, il Sovrano. Su quale base Egli fece questa scelta, non c'è dato di sapere. Era forse Maria l’unica donna in tutto Israele, che poteva essere scelta per un simile compito e che pia come lei, non c’era nessun’altra?

Se si dovesse affermare l’unicità di Maria, equivarrebbe a mettere in evidenza il merito personale. A Questa conclusione non si può arrivare, senza che lo stesso concetto della grazia sia falsato e svuotato nel suo reale significato. Infatti, grazia, è favore immeritato, quindi esclude in maniera totale il merito umano. Che Maria fosse una pia e devota fanciulla al Signore e che la sua condotta fosse esemplare, non c’è da dubitare. Questo però non significa che in lei non c’era nessuna macchia di peccato, come vorrebbe la chiesa Cattolica Romana, con il dogma dell’immacolata concezione.

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Domenico34
00sabato 20 agosto 2011 00:13
Se, di fatto, si riconosce e si accetta che Maria era un membro della famiglia umana, e come tale aveva ereditato la natura peccaminosa, trasmessa da Adamo ed Eva, come tutti gli esseri umani, non è possibile pensare alla sua immacolata concezione, senza, di fatto, escluderla dal numero dell’umanità. Il fatto stesso che si affermi che Maria trovò grazia presso Dio, significa inequivocabilmente che in lei, non c’era nessun merito. Se questa fanciulla fu scelta dal Signore, in virtù del fatto che nacque senza peccato, (così stabilisce il dogma dell’immacolata concezione) questo in pratica significa che, la grazia che ha trovato presso Dio, non avrebbe avuto nessun valore; sarebbe stata addirittura inutile. Dio non fa mai le cose per annullare la Sua grazia! Egli non ha mai manifestato la Sua grazia in soggetti meritevoli. Se la manifesta nella vita di un essere umano, è prova che in quell’essere non esiste nessun merito di nessun genere. Questa è una verità dogmatica di portata universale e non esclude NESSUNO.

La visita di Maria ad Elisabetta
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta nella regione montuosa, in una città di Giuda,
ed entrò in casa di Zaccaria e salutò Elisabetta.
Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le balzò nel grembo; ed Elisabetta fu piena di Spirito Santo,
e ad alta voce esclamò: «Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno!
Come mai mi è dato che la madre del mio Signore venga da me?
Poiché ecco, non appena la voce del tuo saluto mi è giunta agli orecchi, per la gioia il bambino mi è balzato nel grembo.
Beata è colei che ha creduto che quanto le è stato detto da parte del Signore avrà compimento»
(1:39-45).

Se Maria andò a visitare Elisebetta, fu essenzialmente per la notizia che Gabriele le comunicò, circa il fatto che sua cugina aspettava un bambino e che era al sesto mese della sua gravidanza. Questo significa che Maria, prima di quel giorno, non sapeva niente della gravidanza di Elisabetta. Se Gabriele non le avesse comunicato la notizia, facilmente Maria non si sarebbe affrettata di andare a trovare Elisabetta. Lo scopo, quindi, della sua visita fu, per congratularsi con lei per il lieto evento.

In quella circostanza però, Maria seppe che anche lei aspettava il figlio che Gabriele le aveva comunicato; questo significa che non appena l’angelo del Signore lasciò la casa di Maria, lo Spirito Santo scese su di lei e la fecondò. Se Elisabetta esclamò ad alta voce:

«Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno!
Come mai mi è dato che la madre del mio Signore venga da me?
(vv. 42-43),

fu perché nel momento che sentì il saluto di Maria, fu piena di Spirito Santo, e, come conseguenza di essere stata riempita dallo Spirito di Dio, le parole che lei pronunciò all’indirizzo di Maria, erano suggerite ed ispirate dallo stesso Spirito di cui era stata riempita. Anche se Luca non riferisce niente della conversazione che le due donne ebbero in quel giorno, davanti alla proclamazione di Elisabbetta, rientra nella logica pensare che Maria comunichi a sua cugina il messaggio che Gabriele le aveva riferito.

Il cantico di Maria

E Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore,
e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore,
perché egli ha guardato alla bassezza della sua serva. Da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata,
perché grandi cose mi ha fatte il Potente. Santo è il suo nome;
e la sua misericordia si estende di generazione in generazione su quelli che lo temono.
Egli ha operato potentemente con il suo braccio; ha disperso quelli che erano superbi nei pensieri del loro cuore;
ha detronizzato i potenti, e ha innalzato gli umili;
ha colmato di beni gli affamati, e ha rimandato a mani vuote i ricchi.
Ha soccorso Israele, suo servitore, ricordandosi della misericordia,
di cui aveva parlato ai nostri padri, verso Abrahamo e verso la sua discendenza per sempre»
(vv . 46-55).

Il dato significativo del canto di Maria, non riguardava solamente la proclamazione della grandezza di Dio, della Sua misericordia, del Suo braccio potente che ha operato, detronizzando i potenti, disperdendo i superbi e innalzando gli umili, ma concerneva anche se stessa. Quando Maria Afferma solennemente che il suo Dio è anche il suo Salvatore, smettisce in modo categorico quello che più tardi la chiesa Cattolica Romana dirà di lei, il dogma dell’immacolata concezione, cioè che Maria era nata senza peccato.

Non ha eccessiva importanza stabilire se le parole mio Salvatore, che Maria pronunciò, si riferivano al Figlio che portava in grembo. Il dato importante di questa sua affermazione, consiste nel fatto che il suo Salvatore, è Dio, e, lei come creatura, e membro della famiglia umana, ha bisogno del Salvatore. L’esistenza del Salvatore, implica necessariamente un pericolo. Il pericolo che minaccia seriamente la vita di ogni essere umano, cioè il peccato. Se Marià parlò eloquentemente del suo Salvatore, ciò prova che lei avvertiva il bisogno di essere salvata, come un comune peccatore; e che la sua salvezza la riconosceva nel suo Dio.

Infine, se Maria, in questo meraviglioso e profetico cantico, avesse parlato del Dio Salvatore, in senso generico, le sue parole sarebbero una prova della consapevolezza che lei era nata veramente senza peccato, quindi la salvezza del suo Dio, non era per lei, ma per gli altri. Siccome questo modo di parlare Maria non lo fece, rimane fermo il fatto che il suo Dio era anche il suo Salvatore.

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Domenico34
00domenica 21 agosto 2011 00:07
La nascita di Gesù

In quel tempo uscì un decreto da parte di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l’impero.
Questo fu il primo censimento fatto quando Quirinio era governatore della Siria.
Tutti andavano a farsi registrare, ciascuno alla sua città.
Dalla Galilea, dalla città di Nazaret, anche Giuseppe salì in Giudea, alla città di Davide chiamata Betlemme, perché era della casa e famiglia di Davide,
per farsi registrare con Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre erano là, si compì per lei il tempo del parto;
ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo
(2:1-7).

Nel raccontarci la nascita di Gesù, Luca ci riferisce come avvenne e dove Maria diede alla luce il suo primogenito (gr. prôtotokos). Tenuto conto che Maria viveva già in casa di Giuseppe, come sua legittima sposa, nonostante fosse incinta e vicina al parto, ella dovette seguire il marito per farsi registrare a Betlemme, secondo l’ordine di Cesare Augusto che aveva ordinato il censimento di tutto l’impero. Luca precisa che, mentre gli sposi si trovavano a Betlemme, si compì per Maria il tempo del parto. Il bimbo che Maria partorì, dopo averlo fasciato, lo coricò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.

Perché non si trovò posto nell’albergo per Maria e Giuseppe? Sicuramente per l’aspetto di povertà che mostravano, visto che realmente erano poveri. Per un benestante, facilmente si sarebbe trovato un posto! Il mondo ha sempre fatto la distinzione fra un ceto e l’altro, cioè tra un ricco e un povero! Così Gesù nacque a Betlemme, esattamente nel luogo che il profeta Michea aveva predetto, cinquecento anni prima.

Quando i pastori andarono a Betlemme per vedere quello che era avvenuto, trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia, e divulgarono quello che era stato loro detto di quel bambino, Luca sottolinea che Maria, serbava in sé tutte quelle cose, meditandole in cuor suo (2:19).

La storia di Maria, madre di Gesù, si conclude nel vangelo di Luca con il racconto di Gesù dodicenne in mezzo ai maestri che li ascoltava e faceva loro delle domande.

Tre giorni dopo lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri: li ascoltava e faceva loro delle domande;
e tutti quelli che l’udivano, si stupivano del suo senno e delle sue risposte.
Quando i suoi genitori lo videro, rimasero stupiti; e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io ti cercavamo, stando in gran pena».
Ed egli disse loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?»
Ed essi non capirono le parole che egli aveva dette loro.
Poi discese con loro, andò a Nazaret, e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore
(2:46-51).

Maria nel vangelo di Matteo

Matteo non contiene i particolari di Luca circa la natività di Gesù, ma riferisce qualcosa che Luca non ha.

La nascita di Gesù Cristo avvenne in questo modo. Maria, sua madre, era stata promessa sposa a Giuseppe e, prima che fossero venuti a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe, suo marito, che era uomo giusto e non voleva esporla ad infamia, si propose di lasciarla segretamente.
Ma mentre aveva queste cose nell’animo, un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo.
Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati».
Tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele», che tradotto vuol dire: «Dio con noi».
Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l’angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua moglie;
e non ebbe con lei rapporti coniugali finché ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù
(1:18-25).

Giuseppe, come uomo giusto che era, avrà provato un shock quando, durante il tempo del suo fidanzamento con Maria, si rese conto che la sua futura sposa era incinta. Come Matteo racconta la storia, non sembra che Maria, abbia raccontato al suo fidanzato pche aspettava un figlio. Se Maria avesse raccontato tutta la faccenda della sua gravidanza, non ci sarebbe stato bisogno che l’angelo del Signore apparisse in sogno, per spiegare a Giuseppe com'erano andate le cose.

Il fatto stesso che Giuseppe si proponeva di lasciare Maria segretamente senza esporla ad infamia, è una prova che Maria non gli disse niente del messaggio di Gabriele. La gravidanza di Maria, non aveva bisogno di nessuna testimonianza per incolparla di peccato di adulterio, passibile con la pena di morte, secondo la legge divina.

Anche se per un’assurda ipotesi, Giuseppe avesse portato a compimento il suo proposito di lasciare Maria segretamente, Maria sarebbe stata ugualmente giudicata rea di morte, per il fatto che era fidanzata con Giuseppe. Anche se ancora Maria e Giuseppe non abitavano insieme, quindi non c’era stato il contatto fisico fra i due, nondimeno erano considerati marito e moglie a tutti gli effetti. Davanti ad un pericolo di questo genere, per cui Maria veniva esposta, Dio non poteva permettere che la donna che Egli stessa aveva scelto per diventare la madre di Suo Figlio, venisse a trovarsi in quella situazione. L’infamia atroce che Maria avrebbe subito, nell’essere considerata una moglie che si era prostituita prima dell’unione con suo marito, ciò sarebbe stato imperdonabile dalla società.

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Domenico34
00lunedì 22 agosto 2011 00:22
Con il messaggio che Giuseppe riceve dall’angelo del Signore, le acque agitate si sono calmate, Maria viene ricevuta in casa di Giuseppe, Giuseppe si convince che Maria non ha commesso nessun peccato e ritorna la normalità tra i due. Matteo conclude il racconto col precisarci che lui (Giuseppe) non ebbe nessun rapporto coniugale con lei (Maria) (= relazioni sessuali) finché lei non ebbe partorito un figlio. L’ultimo riferimento che Matteo fa di Maria nel suo evangelo, riguarda quello che la gente diceva quando parlando di Gesù, affermava:

Non è questi il figlio del falegname? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?
E le sue sorelle non sono tutte tra di noi? Da dove gli vengono tutte queste cose?»
(Matteo 13:55-56).

Testi sinottici che parlano di Maria madre di Gesù

I testi sinottici che parlano di Maria sono: Matteo 12:46-50; Marco 3:31-35 e Luca 8:19-21). Anche se in questi tre passaggi (che poi sono paralleli) il nome di Maria non è menzionato, è però presente l’appellativo di madre. Siccome è certo che la madre di Gesù era Maria, la domanda spontanea che nasce è: perché andò a trovare suo figlio, mentre questi era impegnato a parlare alle folle? La risposta la fornisce Marco:

Quello che afferma il vangelo di Marco

Poi entrò in una casa e la folla si radunò di nuovo, così che egli e i suoi non potevano neppure mangiare.
I suoi parenti, udito ciò, vennero per prenderlo, perché dicevano: «È fuori di sé»
(Marco 3:20-21).

Nel numero dei parenti di Gesù, non vanno solamente annoverati Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda, i suoi fratelli e le sue sorelle, va inclusa anche sua madre. Se lei, in maniera particolare va da Gesù, è perché non può rimanere indifferente davanti a quello che sente dire dalla gente intorno a suo figlio, cioè che è diventato pazzo, vale a dire fuori di sé. Questo sta dimostrando che Maria, non solo era molto sensibile come madre, ma era anche molto interessata alla vita di suo figlio.

Considerata la risposta che Gesù diede quando gli venne detto: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle là fuori che ti cercano» (Marco 3:32), potrebbe sembrare che Egli non avesse rispetto per i suoi familiari e, principalmente per sua madre. Però, se si considerano obbiettivamente le parole:

Girando lo sguardo su coloro che gli sedevano intorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli!
Chiunque avrà fatto la volontà di Dio, mi è fratello, sorella e madre»
(vv. 34-35),

si può cogliere il significato che Gesù dava alla Sua missione in mezzo agli uomini e come Lui la considerasse al disopra della sua stessa famiglia carnale. Certo, non si può rimproverare Maria per essere uscita dalla casa e andare in cerca di suo figlio Gesù! Lei che era la madre, agì senza dubbio stimolata dall’affetto che nutriva verso il proprio figlio. Infine, Maria, credeva veramente che Gesù fosse diventato pazzo? Anche se non si può affermarlo, però un po’ di apprensione la manifestò, altrimenti non, si sarebbe comportata come si comportò.

Maria madre di Gesù nel vangelo di Giovanni

Nel vangelo di Giovanni, il nome della madre di Gesù non viene mai menzionato. Però, ci sono due episodi in cui si parla specificatamente di lei: alle nozze di Cana (Giovanni 2:1-12); e alla croce (19:25). Siccome questi due racconti sono molto importanti, per quello che ci possono insegnare, vale la pena riflettere e cercare di capirli nel loro significato intrinseco.

Maria alle nozze di Cana

Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c’era la madre di Gesù.
E Gesù pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino».
Gesù le disse: «Che c’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta».
Sua madre disse ai servitori: «Fate tutto quel che vi dirà».
C’erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre misure.
Gesù disse loro: «Riempite d’acqua i recipienti». Ed essi li riempirono fino all’orlo.
Poi disse loro: «Adesso attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono.
Quando il maestro di tavola ebbe assaggiato l’acqua che era diventata vino (egli non ne conosceva la provenienza, ma la sapevano bene i servitori che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse:
«Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora».
Gesù fece questo primo dei suoi segni miracolosi in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui.
Dopo di questo, scese a Capernaum egli con sua madre, con i suoi fratelli e i suoi discepoli, e rimasero là alcuni giorni
(2.1-12).

Non ha senso di logicità, quando Dan Brown, nel suo romanzo Il codici da vinci, afferma che il racconto delle nozze di Cana, era la festa nuziale del matrimonio di Gesù con Maria Maddalena. Chiunque legga il racconto delle nozze di Cana così come Giovanni l’ha tramandato, (e per leggerlo non ci vorrà un alto titolo di studio, basterà la semplice licenza elementare) non potrà mai dedurre che si è trattato del matrimonio di Gesù.

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Domenico34
00martedì 23 agosto 2011 00:10
In questo racconto l’evangelista Giovanni afferma che Gesù pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze. Se queste fossero state le sue nozze, come vorrebbe far credere Brown, si dovrebbe concludere che lo sposo invita se stesso al suo matrimonio. Chi sarebbe disposto ad accettare una simile tesi? Solo una persona che non fa funzionare il suo cervello, potrebbe accettare una simile spiegazione! Dato per scontato che la tesi del Brown non ha senso di logicità, il racconto delle nozze di Cana lo si deve esaminare, tenendo presente quello che Maria, madre di Gesù disse in quella circostanza e quello che disse e fece Gesù. Questo però non significa che si debba sottovalutare che anche Maria, fu invitata a queste nozze (visto che si sta parlando di lei in questo tratto del libro).

Sarà stato un matrimonio di famiglia? Può darsi! Tutto è possibile! Siccome non ci sono dati specifici, a rigore, non si può fare nessun'affermazione in merito. Siccome lo scopo non è quello di individuare chi si sposò in quel giorno, l’attenzione dovrà concentrarsi su Maria e sulle parole che lei pronunciò in quella circostanza. Nella situazione di tutta la narrazione, Maria dimostrò sensibilità e premura, al reale bisogno che si era determinato: il vino, elemento essenziale per una cerimonia nuziale di quel tempo, venne meno. Di conseguenza, gli addetti a servire, non sapevano come avrebbero potuto continuare il loro lavoro, senza avere a disposizione quella bevanda. Credendo che suo figlio aveva la virtù di fare un miracolo, Maria si rivolse a lui per dirgli che il vino che si serviva agli invitati, era finito. Quel suo intervento aveva lo scopo di sollecitare l’intervento di Gesù a compiere il miracolo che occorreva.

D’altra parte, Gesù sapeva che il miracolo era necessario; ma sapeva anche che l’avrebbe dovuto compiere, quando sarebbe arrivata l’ora sua. Quest'elemento che affiora dalla narrazione evangelica, ci fa comprendere che Gesù, nell’espletamento del Suo ministero, non dipendeva da sua madre, ma dal Padre Suo che lo aveva mandato sulla terra. Ed ecco perché rispose a sua madre: «Che c’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta». Maria che comprese che le parole del figlio non avevano il senso spregiativo, nel chiamarla donna, anziché madre, invita subito i servitori, di fare tutto quel che suo figlio avrebbe detto. Maria con questo suo intervento, volle insegnare allora, come anche a noi oggi, che la nostra attenzione deve concentrarsi su Gesù e non su di lei.

Oggi, sfortunatamente ci sono moltitudini di persone che non hanno compreso il messaggio di Maria. La prova di questo stato di cose sta nel fatto che, si parla più di lei che di Gesù.

«Le parole sull’ora’ di Gesù sono misteriose e sono state oggetto di molte discussioni; da esse dipende in gran parte l’intepretazione più profonda del miracolo di Cana. Le spiegazioni sono varie, a seconda della risposta che si dà a due interrogativi esegetici: la frase è un’affermazione o una domanda retorica? Con la parola ‘ora’ s’intende la rivelazione attuale della gloria di Gesù nel segno di Cana, oppure l’ora della morte e della conseguente glorificazione di Gesù?
L’ora’ di Gesù, che non è ancora venuta, non ha tanto il significato d’un termine fisso, d’un tempo che si può calcolare, quanto piuttosto d’un decreto emanato dal Padre. Chi ha capito ciò (ammettendo che per ‘ora’ s’intenda la rivelazione attuale della gloria, nel miracolo) non ha ragione di stupirsi se Gesù opera il miracolo un po’ più tardi. E neppure Maria trova a ridire sull’insegnamento che ha ricevuto, se si fa premura di dare istruzioni ai servi, pur lasciando al figlio di decidere se intervenire o no» [R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni, parte prima, pag. 462463].

Per capire quale senso dare alla frase l’ora mia non è ancora venuta, si devono esaminare gli altri tredici passaggi che l’evangelista ha nel suo vangelo, per stabilire se l’ora di cui si parla in Giovanni 2:4, ha lo stesso significato degli altri testi, o se c’è varietà.

Giovanni 4:21,23
Gesù le disse: «Donna, credimi; l’ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre
Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori
.

Leggendo tutto il contesto del dialogo che Gesù ebbe con la donna samaritana, si comprende subito che l’ora, di cui parla il testo, ha a che fare con l’adorazione. La vera adorazione che il Padre richiede dai veri adoratori, non consiste nel recarsi in un determinato luogo, ma nell’adorarlo in spirito e Verità. Quest’ora particolare, è stata istaurata da Gesù, con la sua venuta sulla terra. Infatti, è stato Lui, con il Suo insegnamento, che ha rivelato e fatto comprendere agli uomini (in quel tempo ai Giudei e ai samaritani, oggi a tutta l’umanità) che c’è un solo modo di adorazione che Dio vuole e gradisce, quella in spirito e verità.

Giovanni 5:25,28
In verità, in verità vi dico: l’ora viene, anzi è già venuta, che i morti udranno la voce del Figlio di Dio; e quelli che l’avranno udita, vivranno.
Non vi meravigliate di questo; perché l’ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe udranno la sua voce e ne verranno fuori
.

È chiaro che il significato dell’ora di cui parla Gesù in questo passaggio, si riferisce al tempo quando Egli chiamerà tutti i morti ad uscire fuori dei loro sepolcri. Si sa che i morti non sentono nessuna voce, perché in loro non c’è vita. Quando però, Gesù, indirizzerà la sua voce a tutti i morti, questi non solo la sentiranno, ma ubbidendo, usciranno fuori dei loro monumenti, perché Gesù che li ha chiamati, è il Signore dei vivi e dei morti (Romani 14:9).

Giovanni 7:30; 8:20
Cercavano perciò di arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso, perché l’ora sua non era ancora venuta.

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Domenico34
00mercoledì 24 agosto 2011 00:11
Queste parole disse Gesù nella sala del tesoro, insegnando nel tempio; e nessuno lo arrestò, perché l’ora sua non era ancora venuta.

L’ora di cui parlano questi due passaggi, riguarda l’arresto del Figlio di Dio. Anche se i Giudei tentarono diverse volte di mettere le mani addosso a Gesù e di arrestarlo, non l’hanno potuto fare, perché mancavano loro i mezzi, ma per il semplice fatto che doveva scoccare l’ora che il Padre aveva fissato nel suo orologio, per quest'avvenimento. Quindi, è chiaro che, l’ora di questi due passaggi, riguarda l’arresto di Gesù.

Giovanni 12:23
Gesù rispose loro, dicendo: «L’ora è venuta, che il Figlio dell’uomo deve essere glorificato.

Leggendo il verso 24, si può capire bene a che cosa si riferiva Gesù, nel verso 23, cioè alla sua morte.

Giovanni 13:1
Or prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.

È chiaro che l’ora del passaggio per Gesù dal mondo al Padre, sarà la sua morte e la sua risurrezione.

Giovanni 16:2,4
Vi espelleranno dalle sinagoghe; anzi, l’ora viene che chiunque vi ucciderà, crederà di rendere un culto a Dio.
Ma io vi ho detto queste cose, affinché quando sia giunta l’ora, vi ricordiate che ve le ho dette. Non ve le dissi da principio perché ero con voi
.

Con quelle parole Gesù voleva significare ai suoi quello che li attendeva, quando sarebbe arrivata quell’ora, cioè i maltrattamenti e il martirio. Quando arriverà quell’ora, i discepoli dovranno ricordare che Gesù l’aveva loro predetta.

Giovanni 16:25
«Vi ho detto queste cose in similitudini; l’ora viene che non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi farò conoscere il Padre.

Visto che Gesù aveva parlato che la sua ora di tornare dal Padre era arrivata, e che dal Padre Egli avrebbe mandato ai suoi il Consolatore, cioè lo Spirito Santo, sarebbe stato per mezzo dello Spirito Santo che Gesù avrebbe fatto conoscere ai suoi il Padre.

Giovanni 16:32
L’ora viene, anzi è venuta, che sarete dispersi, ciascuno per conto suo, e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.

Era chiaro per Gesù che quando lui sarebbe stato arrestato, in vista della sua condanna a morte, i Suoi discepoli lo avrebbero lasciato solo, per la paura di essere presi anche loro e trattati nella stessa maniera del loro Maestro.

Giovanni 17:1
Gesù disse queste cose; poi, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, l’ora è venuta; glorifica tuo Figlio, affinché il Figlio glorifichi te.

Che l’ora della glorificazione del Figlio, era l’ora della Sua morte [Ecco cosa intendeva Agostino: «Questa era quell’ora della quale Gesù, quando si preparava a mutare l’acqua in vino, aveva parlato alla madre, dicendo: «Che c’è tra me e te, o donna? La mia ora non è ancora venuta». Egli aveva predetto quest’ora, che non era ancora giunta, e nella quale, nella imminenza della morte, avrebbe dovuto colei dal cui seno aveva ricevuto questa vita mortale». Si sa, però, da quanto abbiamo esposto, che l’interpretazione di Agostino, nel testo di (Giovanni 2:4), non ha quel significo], non ci vuole fatica per comprenderlo. Per gli uomini, l’ora della morte di Gesù, era il tempo in cui Egli sarebbe stato ridotto al silenzio per sempre. Mentre per Gesù, era il tempo della Sua glorificazione, perché Egli non sarebbe rimasto nella tomba, ma al terzo giorno sarebbe risuscitato. Tirando la somma di quanto Giovanni ha scritto circa l’ora, appare chiaro che il significato dell’ora mia non è venuta, in Giovanni 2:4, non è quella della Sua morte e della Sua risurrezione, ma quella di compiere il miracolo, di cambiare l’acqua in vino.

Maria alla croce di Gesù

Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria Maddalena (19:25).

Anche per questo testo si è parlato e scritto tanto, specie da parte dei teologi cattolici, impregnati fortemente dei dogmi mariani, che fanno dire al testo sacro quello, che l’autore non aveva nella sua mente, quando scrisse la scena del calvario. Ecco cosa insegna la Chiesa Cattolica Romana:

«Stare presso la croce ha probabilmente qui un senso pregnante: comunicare, in fedeltà con il Cristo, al mistero che si compie sulla croce» [M. De Goedt, Bases bibliques de la maternité, in «Études Mariales», 1959, p. 50].

«Difatti, la presenza di Maria «presso la croce rappresenta il punto culminante della sua associazione alla missione salvifica di Cristo» [J. Alfaro, Cristologia a antropologia, Cittadella, Assisi 1973, p. 234], nel modo descritto dalla Lumen gentium (58/432): «Soffrendo profondamente con il suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata». La Passione di Gesù diventa in Maria una «Com-Passione».

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Domenico34
00giovedì 25 agosto 2011 00:29
«Sulla croce — scrive G. Frénaud — le sofferenze di Maria e la sua offerta compiute in unione con il Salvatore hanno costituito l’atto più importante della sua maternità nei riguardi di ciascun fedele, divenendo così tesoriera e dispensatrice di tutte le grazie di salvezza» [G. Frénaud, Maternité spirituelle d’après les souverains Pontifes, in: «Études Mariales», 1959, p, 26].

«Le sofferenze di Maria non erano le sofferenze delle pie persone che assistevano al sacrificio, ma le sofferenze della madre della vittima che accettava di privarsene per il bene di tutti. Ciò che Ella compì per il Figlio, lo compì per i fedeli e per la Chiesa» [Ortensio Da Spinetoli, La Madonna della Lumen Gentium, Ed. Paoline, 1968, p. 126, in Luigi Melotti, Maria la madre dei viventi, p. 45].

Fornire un’esegesi di questo genere della presenza di Maria alla croce, significa trasportare la mariologia concepita e sviluppata dalla chiesa Cattolica Romana nella mente e nello scritto dell’apostolo Giovanni, cosa che il lettore non prevenuto dai dogmi mariani, non potrà mai leggere questo nello scritto di Giovanni. Sì, è vero che il dolore di Maria, non era lo stesso di quello che provavano le altre donne presenti con lei alla croce. Il suo, era senza dubbio il dolore di una madre, che vedeva il proprio figlio morire sulla croce innocentemente. Era infine, l’adempimento della profezia che Simeone aveva predetto, quando, parlando con Maria le disse: (e a te stessa una spada trafiggerà l’anima) (Luca 2:35).

Nelle diverse apparizioni che Gesù fece dopo la Sua risurrezione, è strano come Lui non abbia riservato un’apparizione particolare a Sua madre, almeno per onorarla per la sua associazione alle Sue sofferenze della croce, come spiega la chiesa Cattolica Romana. Chi ha buon intendimento, non sottovaluterà questo particolare che abbiamo messo in risalto, anzi sarà portato a considerarlo e valutarlo, armonizzando il tutto alla luce della Parola di Dio.

Maria negli Atti degli Apostoli

Dopo aver considerato quello che dicono gli evangeli intorno a Maria, madre di Gesù, resta da considerare l’unico testo che rimane del Nuovo Testamento, cioè di Atti 1:14

Tutti questi perseveravano concordi nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di Gesù e con i fratelli di lui.

Sol perché Maria si trovò al cenacolo assieme agli altri, si fa dire al testo sopra citato, da parte dei mariologi, che lei, con la sua presenza, propiziò la venuta dello Spirito Santo, come per affermare che se Maria non si trovava al cenacolo, lo Spirito Santo non sarebbe venuto, e nessuno dei centoventi l’avrebbe ricevuto. Fare una simile affermazione, significa alterare il testo biblico volutamente, e fargli dire quello che non vuole riferire.

Se gli apostoli, con le donne e Maria perseverarono nella preghiera, fu essenzialmente in obbedienza al comando di Gesù che aveva loro ordinato di aspettare in Gerusalemme, la promessa del Padre. Se Maria si trovò assieme agli apostoli e alle altre donne al cenacolo, lo fu perché anche lei voleva ricevere lo Spirito Santo promesso, cioè essere battezzata con lo Spirito Santo, al pari di Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo d’Alfeo e Simone lo Zelota, e Giuda di Giacomo (v. 13).

Si sa che a Pentecoste, a seguito della discesa dello Spirito Santo, nacque la Chiesa di Gesù Cristo. La chiesa non la fece nascere Maria, ma lo Spirito Santo. Com'è possibile che Maria possa essere considerata anche la madre della Chiesa? La prova che non è affatto vera che Maria sia da considerarsi la madre della chiesa, sta nel fatto che, dopo la pentecoste, Maria non è più nominata nel N.T., mentre lo Spirito Santo, nel solo libro degli Atti, è menzionato 42 volte, oltre alle tante volte che lo menziona l’apostolo Paolo. Se tutti i credenti, stando a quello che affermano i mariologi, sono figli di Maria, compresi Pietro e Paolo, i due apostoli più eminenti, è inconcepibile, che la loro madre, da loro, non fu mai nominata.

È forse un puro caso che, Paolo, Giacomo, Pietro, Giovanni (nelle epistole) e Giuda, scrittori del N.T. non menzionano mai Maria, la madre di Gesù nei loro scritti? Se si obbietta che l’ultimo libro del N.T., cioè l’apocalisse, Maria è nominata nel capitolo dodici, come una donna rivestita del sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul capo, si potrà chiedere: è proprio vero che la donna descritta in Apocalisse 12:1 è Maria? Che dire di quegli studiosi Cattolici, che contestano decisamente questa intepretazione, sostenendo che la donna di Apocalisse 12:1 non è Maria, ma Israele?

MARIA MADDALENA (2)

Di questa donna si parla in Matteo 27:56,61; 28:1; Marco 15:40,47; 16:1-19; Luca 8:2; 24:10; Giovanni 19:25; 20:1-18).

Maria Maddalena nei Sinottici

Per parlare di Maria Maddelema, bisogna cominciare dal vangelo di Luca, poiché è in quest'evangelo che vengono fornite alcune notizie di questa donna molto importanti.

Con lui vi erano i dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti maligni e da malattie: Maria, detta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni (Luca 8:2).

Maria Maddalena viene chiamata con questo nome perché proveniva da Magdala [«Secondo Billerbeck 1, 1046s. Magdala era una città famosa per la sua scostumatezza». Cifr. H. Schürmann, Il vangelo di Luca, 1, p. 709].

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Domenico34
00venerdì 26 agosto 2011 01:03
«La possessione da parte di sette spiriti è indizio di un caso particolarmente grave, come in 11:26» Ibidem, p. 710, nota 19, in cui si riferisce: «La nuova introduzione di questa «Maddalena» impedisce di vedere in lei, con l’antica tradizione, la «peccatrice» di 7:36-50, tanto più che «peccato» e «possessione diabolica» nel N.T. non sono la stessa cosa»].

Se la donna peccatrice, di cui si parla in 7:36-50, fosse Maria Maddalena, Luca che, non è avvezzo a doppioni, non avrebbe mancato di specificare il nome, per evitare di interpretare erroneamente il racconto in questione. Siccome questo Luca non lo fa, bisogna concludere che Maria Maddalena di 8:2, non è la stessa della donna menzionata in 7:36-50.

Inoltre, per avvalorare questa tesi, in tutti i passaggi in cui si parla di Maria Maddalena, non la si definisce mai una «peccatrice», = una prostituta. Quest'elemento deve essere tenuto in considerazione, per non far dire al racconto evangelico quello che non vuole assolutamente asserire. Il fatto che si affermi che Maria Maddalena era posseduta da sette demoni, non è il solo Luca che lo riferisce, c’è anche la testimonianza di (Marco 16:9). Secondo una regola che vale per tutte le cose, una testimonianza per essere credibile, quindi vera, deve essere attestata da due o tre (Deuteronomio 17:6; Giovanni 8:17). Com'è avvenuta questa possessione in Maria Maddalena, non si sa. Forse c’è da escludere quello che afferma Gesù in (11:24-26), cioè:

Lo spirito immondo si aggira per luoghi aridi, cercando riposo; e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa, dalla quale sono uscito;
e, quando ci arriva, la trova spazzata e adorna.
Allora va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, ed entrano ad abitarla; e l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima»
.

Comunque, indipendentemente di come siano andate le cose, quello che a Luca interessa, non è tanto riferirci del come Maria Maddalena è stata impossessata da sette demoni, quanto dall’essere stata liberata da Gesù. Per Gesù, non c’è nessuna differenza: sia che nella vita di una persona ci sia un demone, o sette, o addirittura una legione (Marco 5:9) [Una legione romana era composta di seimila unità], il Suo potere divino non conosce nessuna limitazione; prevale su tutte le forze dell’inferno.

Il fatto che poi si affermi che, Maria Maddalena, assieme a Giovanna e Susanna, assisteva Gesù e i dodici con i suoi beni, è una prova come questa donna seppe manifestare la sua riconoscenza per il gran bene ricevuto da Gesù. Fatta questa precisazione, non si parla più di Maria Maddalena, durante il ministero di Gesù in mezzo agli uomini. Si riparla di lei, quando Gesù fu crocefisso e risuscitò dai morti. Matteo precisa che quando Giuseppe d’Arimatea, mise il corpo di Gesù nella sua tomba nuova, che aveva fatto scavare nella roccia, Maria Maddalena, era seduta di fronte al sepolcro (Matteo 27:59-61).

Marco aggiunge che, Maria Maddalena stava guardando il luogo dov’era stato messo Gesù (Marco 15:47). Da parte sua Luca specifica che:
Le donne che erano venute con Gesù da Galilea, avendo seguito Giuseppe, guardarono la tomba, e come vi era stato deposto il corpo di Gesù.
Poi, tornarono indietro e prepararono aromi e profumi. Durante il sabato si riposarono, secondo il comandamento
(23:55-56).

Anche se in questo testo non è menzionato il nome di Maria Maddalena, non si può escludere che nel numero di queste donne che prepararono aromi e profumi, ci fosse anche lei (Marco 16:1). Il testo di 24:9-10; lo conferma, quando attesta che, tra quelle che ritornarono dal sepolcro: Giovanna e Maria madre di Giacomo, c’era anche Maria Maddalena.

Matteo 28:1; Luca 24:1 e Giovanni 20:1, affermano che Maria Maddalena si recò al sepolcro il primo giorno della settimana. (Marco 16:9) riferisce che Gesù, dopo la sua risurrezione, apparve prima a Maria Maddalena. Inoltre, Perché Maria Maddalena, assieme alle altre donne andò al sepolcro per ungere il corpo di Gesù? Perché effettivamente non credeva che Gesù sarebbe risuscitato dai morti, come sostiene il mio libro [Cfr. D. Barbera, L’uomo si comporta ed agisce in conformità a quel che crede, pagg. 45-66].

L’incarico che Maria Maddalena ricevette, (assieme alle altre donne) sia dall’angelo del Signore e sia da Gesù (Matteo 28:5-10; Marco 16:5-7) fu quello di annunziare agli apostoli la risurrezione di Gesù.

Maria Maddalena nel vangelo di Giovanni

La menzione che Giovanni fa di Maria Maddalena nel suo evangelo, merita una particolare attenzione, per chiarire certe cose che egli afferma di lei. I passaggi dove è menzionata questa donna, sono (19:25 e 20:1,11-18).

19:25
Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria Maddalena (19:25).

Pensare, come qualcuno ha supposto che, Maria Maddalena, fosse la sorella di Maria madre di Gesù [Cfr. R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni, III, p. 447], significa non ritenere valida la precisazione che fa l’evangelista Giovanni, e mettere in campo un’ipotesi che non trova nessun appoggio in tutti i passi del N.T. dove si parla di lei. Se veramente la Maddalena fosse stata la sorella di Maria madre di Gesù, per farla rientrare nell’ambito della parentela di Gesù, per giustificare la sua presenza alla croce, Giovanni, sarebbe incorso in un madornale errore, menzionando per nome Maria Maddalena, dopo di Maria di Cleopa.

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Domenico34
00sabato 27 agosto 2011 00:06
«La possessione da parte di sette spiriti è indizio di un caso particolarmente grave, come in 11:26» Ibidem, p. 710, nota 19, in cui si riferisce: «La nuova introduzione di questa «Maddalena» impedisce di vedere in lei, con l’antica tradizione, la «peccatrice» di 7:36-50, tanto più che «peccato» e «possessione diabolica» nel N.T. non sono la stessa cosa»].

Se la donna peccatrice, di cui si parla in 7:36-50, fosse Maria Maddalena, Luca che, non è avvezzo a doppioni, non avrebbe mancato di specificare il nome, per evitare di interpretare erroneamente il racconto in questione. Siccome questo Luca non lo fa, bisogna concludere che Maria Maddalena di 8:2, non è la stessa della donna menzionata in 7:36-50.

Inoltre, per avvalorare questa tesi, in tutti i passaggi in cui si parla di Maria Maddalena, non la si definisce mai una «peccatrice», = una prostituta. Quest'elemento deve essere tenuto in considerazione, per non far dire al racconto evangelico quello che non vuole assolutamente asserire. Il fatto che si affermi che Maria Maddalena era posseduta da sette demoni, non è il solo Luca che lo riferisce, c’è anche la testimonianza di (Marco 16:9). Secondo una regola che vale per tutte le cose, una testimonianza per essere credibile, quindi vera, deve essere attestata da due o tre (Deuteronomio 17:6; Giovanni 8:17). Com'è avvenuta questa possessione in Maria Maddalena, non si sa. Forse c’è da escludere quello che afferma Gesù in (11:24-26), cioè:

Lo spirito immondo si aggira per luoghi aridi, cercando riposo; e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa, dalla quale sono uscito;
e, quando ci arriva, la trova spazzata e adorna.
Allora va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, ed entrano ad abitarla; e l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima»
.

Comunque, indipendentemente di come siano andate le cose, quello che a Luca interessa, non è tanto riferirci del come Maria Maddalena è stata impossessata da sette demoni, quanto dall’essere stata liberata da Gesù. Per Gesù, non c’è nessuna differenza: sia che nella vita di una persona ci sia un demone, o sette, o addirittura una legione (Marco 5:9) [Una legione romana era composta di seimila unità], il Suo potere divino non conosce nessuna limitazione; prevale su tutte le forze dell’inferno.

Il fatto che poi si affermi che, Maria Maddalena, assieme a Giovanna e Susanna, assisteva Gesù e i dodici con i suoi beni, è una prova come questa donna seppe manifestare la sua riconoscenza per il gran bene ricevuto da Gesù. Fatta questa precisazione, non si parla più di Maria Maddalena, durante il ministero di Gesù in mezzo agli uomini. Si riparla di lei, quando Gesù fu crocefisso e risuscitò dai morti. Matteo precisa che quando Giuseppe d’Arimatea, mise il corpo di Gesù nella sua tomba nuova, che aveva fatto scavare nella roccia, Maria Maddalena, era seduta di fronte al sepolcro (Matteo 27:59-61).

Marco aggiunge che, Maria Maddalena stava guardando il luogo dov’era stato messo Gesù (Marco 15:47). Da parte sua Luca specifica che:
Le donne che erano venute con Gesù da Galilea, avendo seguito Giuseppe, guardarono la tomba, e come vi era stato deposto il corpo di Gesù.
Poi, tornarono indietro e prepararono aromi e profumi. Durante il sabato si riposarono, secondo il comandamento
(23:55-56).

Anche se in questo testo non è menzionato il nome di Maria Maddalena, non si può escludere che nel numero di queste donne che prepararono aromi e profumi, ci fosse anche lei (Marco 16:1). Il testo di 24:9-10; lo conferma, quando attesta che, tra quelle che ritornarono dal sepolcro: Giovanna e Maria madre di Giacomo, c’era anche Maria Maddalena.

Matteo 28:1; Luca 24:1 e Giovanni 20:1, affermano che Maria Maddalena si recò al sepolcro il primo giorno della settimana. (Marco 16:9) riferisce che Gesù, dopo la sua risurrezione, apparve prima a Maria Maddalena. Inoltre, Perché Maria Maddalena, assieme alle altre donne andò al sepolcro per ungere il corpo di Gesù? Perché effettivamente non credeva che Gesù sarebbe risuscitato dai morti, come sostiene il mio libro [Cfr. D. Barbera, L’uomo si comporta ed agisce in conformità a quel che crede, pagg. 45-66].

L’incarico che Maria Maddalena ricevette, (assieme alle altre donne) sia dall’angelo del Signore e sia da Gesù (Matteo 28:5-10; Marco 16:5-7) fu quello di annunziare agli apostoli la risurrezione di Gesù.

Maria Maddalena nel vangelo di Giovanni

La menzione che Giovanni fa di Maria Maddalena nel suo evangelo, merita una particolare attenzione, per chiarire certe cose che egli afferma di lei. I passaggi dove è menzionata questa donna, sono (19:25 e 20:1,11-18).

19:25
Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria Maddalena (19:25).

Pensare, come qualcuno ha supposto che, Maria Maddalena, fosse la sorella di Maria madre di Gesù [Cfr. R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni, III, p. 447], significa non ritenere valida la precisazione che fa l’evangelista Giovanni, e mettere in campo un’ipotesi che non trova nessun appoggio in tutti i passi del N.T. dove si parla di lei. Se veramente la Maddalena fosse stata la sorella di Maria madre di Gesù, per farla rientrare nell’ambito della parentela di Gesù, per giustificare la sua presenza alla croce, Giovanni, sarebbe incorso in un madornale errore, menzionando per nome Maria Maddalena, dopo di Maria di Cleopa.

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Domenico34
00domenica 28 agosto 2011 00:21
Quando i commentatori si spingono troppo, con il pretesto di volere scandagliare il testo biblico, finiscono col far dire al testo sacro, quello che l’autore non aveva in mente e non pensava.

20:1,11-18
Il primo giorno della settimana, la mattina presto, mentre era ancora buio, Maria Maddalena… andò al sepolcro e vide la pietra tolta dal sepolcro.
Maria, invece…, se ne stava fuori vicino al sepolcro a piangere. Mentre piangeva, si chinò a guardare dentro il sepolcro,
ed ecco, vide due angeli, vestiti di bianco, seduti uno a capo e l’altro ai piedi, lì dov’era stato il corpo di Gesù.
Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?» Lei rispose loro: «Perché hanno tolto il mio Signore e non so dove l’abbiano deposto».
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù.
Gesù le disse: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» Lei, pensando che fosse l’ortolano, gli disse: «Signore, se tu l’hai portato via, dimmi dove l’hai deposto, e io lo prenderò».
Gesù le disse: «Maria!» Lei, voltatasi, gli disse in ebraico: «Rabbonì!» che vuol dire: «Maestro!»
Gesù le disse: «Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli, e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro».
Maria Maddalena andò ad annunciare ai discepoli che aveva visto il Signore, e che egli le aveva detto queste cose
.

Facendo il confronto tra quello che riferiscono i Sinottici con quello che racconta Giovanni, si nota una notevole differenza. Tenuto conto che il racconto dei Sinottici è stato esaminato, resta da analizzare il materiale esclusivo che ha Giovanni.

Per Giovanni, l’unica donna che andò al sepolcro fu Maria Maddalena. Arrivata alla tomba di Gesù, e, vedendo che la pietra che vi era stata messa era stata tolta, pensò subito che il corpo del Signore era stato portato via dal sepolcro. Convinta di ciò, corse subito a riferire a Pietro e a Giovanni, cioè al discepolo che Gesù amava, quello che era successo. Questi, senza perdere tempo, corsero al sepolcro e costatarono che effettivamente quello che aveva riferito Maria Maddalena, era vero. Visto che il corpo di Gesù non c’era più nel sepolcro, se ne ritornarono a casa. Così non fece Maria Maddalena; anzi rimase al sepolcro piangendo. I due angeli che lei vide dentro il sepolcro, sicuramente comparvero dopo che Pietro e Giovanni lasciarono la tomba.

Visto che Maria Maddalena continuava a piangere, i due angeli le chiesero il motivo del suo pianto, e lei, rispondendo specificò: Perché hanno tolto il mio Signore e non so dove l’abbiano deposto. Ora c’è un nuovo personaggio che fa la stessa domanda dei due angeli, aggiungendo anche: Chi cerchi? Maria, pensando che egli fosse l’ortolano e, credendo che è stato lui a portare via il corpo del Signore, gli chiede dove l’ha deposto, per andarlo a prendere. A questo punto, lo sconosciuto pronuncia il nome di Maria, e lei, sentendosi chiamare per nome, riconosce che quello era Gesù, perciò lo chiamò Rabbunì! che vuol dire Maestro.

«Non potendo trattenersi, per la gran gioia che certamente Maria Maddalena avrà provato in quel momento, essa voleva abbracciare Gesù; ma Egli, subito le disse: Non trattenermi.... Il gr. ha: mē mou aptou, che tanti traducono non toccarmi [Cfr. Sant’Agostino, Commento al vangelo di S. Giovanni, p. 501; R. G. Stewart, L’evangelo secondo Giovanni, pagg. 1034-1035; Aldo Comba, Il Nuovo Testamento Annotato, Vol. II, p. 85; D. Guthrie, Commentario Biblico, Vol. III, p. 237; The Interlinear Greek-English New Testament, Vol. IV, p. 315 Do not touch Me; KJV, Touch me not; LB, Don’t touch me].

«aptō, Significa: 1. Annodare per sé. 2. Toccare, aderire, prendere, abbracciare» Vocabolario Greco-Italiano. Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, Vol. 1, col. 393, lo definisce: «Non toccarmi più a lungo!»].

Davanti al divieto di Gesù di lasciarsi toccare da Maria di Magdala, i commentatori non sono unanimi, nell’esprimere le loro valutazioni interpretative, soprattutto quando si tiene presente (Matteo 28:9; Luca 24:39; Giovanni 20:27), passaggi che parlano chiaramente che Gesù è stato toccato, dopo la sua risurrezione. Il passo che dà maggiormente da pensare, è senza dubbio (Matteo 28:9) in cui si afferma che, Maria Maddalena e l’altra Maria che andarono al sepolcro, all’alba del primo giorno della settimana (v. 1), dopo aver ricevuto l’incarico dall’angelo del Signore di comunicare ai discepoli di Gesù, che avrebbero visto il risorto in Galilea (v. 7), sulla strada di ritorno, Gesù va incontro a loro e li saluta. Esse, sentendosi salutare, e riconoscendo che quello era Gesù risuscitato, si avvicinarono a Lui e gli strinsero i piedi.

È chiaro che questa descrizione dettagliata, corrisponde all’orario della narrazione che fa Giovanni, circa l’incontro di Gesù con Maria di Magdala. Mentre l’incontro che Gesù ebbe con i suoi discepoli, avvenne di sera. Questa differenza di orario, tra l’apparizione di Gesù a Maria di Magdala e quella fatta ai discepoli durante la serata, spiega il motivo perché Gesù vieta di toccarlo più a lungo: Non sono ancora salito al Padre. Se durante la serata dello stesso giorno si fa toccare dai suoi discepoli (notate il comando toccatemi) (Luca 24:39), denota che Egli non ha più fretta, per provare la sua identità, la realtà del suo corpo risorto.

Dato che «Maria aveva già cominciato a toccare i piedi di Gesù, l’imperativo presente di rifiuto può anche significare: non mi trattenere più a lungo, lasciami stare» [R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni, III, p. 522], meglio ancora: «non toccarmi più a lungo» [Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, Vol. 1, col. 393].

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Domenico34
00lunedì 29 agosto 2011 00:12
Questo significa che tra il toccare di (Matteo 28:9) e quello che avrebbe voluto fare Maria di Magdala in (Giovanni 20:17), c’era differenza, non tanto nella forma, quanto nella durata. Secondo Matteo, non è difficile intuire che le due donne (compresa Maria Maddalena), strinsero i piedi di Gesù, per un attimo; mentre quello che Maria di Magdala voleva fare, secondo Giovanni, era di abbracciare Gesù e tenersi più a lungo con Lui in quella posizione. Maria non capiva che c’era una notevole differenza tra Gesù prima di morire, e Gesù risuscitato dai morti. Lei pensava che la medesima relazione di comunione che aveva goduto con Gesù prima di morire, la potesse avere con il risorto Signore.

«La particolare interpretazione giovannea della non ancora avvenuta ‘ascesa’ di Gesù al Padre, non è facile da capire, come dimostrano speculazioni di vario genere» Ibidem, p. 523].

Il messaggio che Gesù affida a Maria Maddalena, di andare a riferire ai Suoi fratelli: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro, non è stato sufficientemente compreso ed è stato anche erroneamente spiegato. L’ascesa di Gesù al Padre, non ha niente a che vedere con i detti di (Giovanni 13:1 e 14:1-3). Questi avranno il loro compimento nell’ascensione, dopo quaranta giorni dalla risurrezione di Gesù. Se Egli avesse voluto alludere a quel tempo, non avrebbe usato il presente salgo al Padre... La stessa frase non sono ancora salito al Padre, non avrebbe senso. Mentre, se alla frase in questione si dà il senso che in quell’ora che sta parlando con Maria Maddalena, deve salire al Padre, si capisce subito che Maria, con il suo proposito di toccarlo più a lungo, causava il ritardo della sua salita al Padre. Questo, naturalmente, Gesù non poteva permetterle!

MARIA DI BETANIA (3)

Di questa Maria si parla in Luca 10:39.42; Giovanni 11:1-2,28,31-32,45; 12:3). Era sorella di Marta e di Lazzaro e abitava in Betania.

Maria di Betania nel vangelo di Luca

Quelle poche cose che Luca riferisce di Maria, sorella di Marta e di Lazzaro, sono importanti per farci conoscere il suo carattere e la disposizione nell’ascoltare Gesù, in quello che Egli insegnava.

Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio; e una donna, di nome Marta, lo ricevette in casa sua.
Marta aveva una sorella chiamata Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola. Ma Marta, tutta presa dalle faccende domestiche, venne e disse: «Signore, non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».
Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria.
Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta»
(Luca 10:38-42).

Gesù, trovandosi a Betania, viene invitato in casa di Marta. Come avvenne quest'invito e quali siano stati i motivi che spinsero Marta ad invitare Gesù in casa sua, non ci viene detto. Si sa però che, da quell giorno, si instaurò una buon'amicizia con Gesù. Siccome si parla di Maria, sorella di Marta, in questa sezione del libro, dobbiamo occuparci solamente di lei, per mettere in risalto le sue buone caratteristiche che, sicuramente, potranno insegnarci qualcosa di utile per la nostra vita cristiana.

Le buone caratteristiche di Maria, di Betania

È detto chiaramente che Maria si sedette ai piedi di Gesù e ascoltava la sua parola. Questo suo atteggiamento, mette in risalto tre caratteristiche:

1. Riconosceva che Gesù era un vero Maestro;
2. Prese la posizione di un vero discepolo;
3. Dimostrò interesse per la parola di Gesù.
4. In mezzo ai Giudei, erano in molti, che riconoscevano Gesù, come un vero Maestro, (a tra questi c’erano anche gli apostoli). I seguenti testi lo provano:

Testi che provano che Gesù è il Maestro

Matteo 8:19
Allora uno scriba, avvicinatosi, gli disse: «Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai».

9:11
I farisei, veduto ciò, dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e con i peccatori?».

12:38
Allora alcuni scribi e farisei presero a dirgli: «Maestro, noi vorremmo vederti fare un segno».

17:24
Quando furono giunti a Capernaum, quelli che riscuotevano le didramme si avvicinarono a Pietro e dissero: «Il vostro maestro non paga le didramme?».

19:16
Un tale si avvicinò a Gesù e gli disse: «Maestro, che devo fare di buono per avere la vita eterna?»

22:16,24,36
E gli mandarono i loro discepoli con gli erodiani a dirgli: «Maestro, noi sappiamo che sei sincero e insegni la via di Dio secondo verità, e non hai riguardi per nessuno, perché non badi all’apparenza delle persone.

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Domenico34
00martedì 30 agosto 2011 00:46
«Maestro, Mosè ha detto: Se uno muore senza figli, il fratello suo sposi la moglie di lui e dia una discendenza a suo fratello.
«Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?»


26:25,49
E Giuda, il traditore, prese a dire: «Sono forse io, Maestro?» E Gesù a lui: «Lo hai detto».
E in quell’istante, avvicinatosi a Gesù, gli disse: «Ti saluto, Maestro!» e gli diede un lungo bacio
.

Marco 4:38

Egli stava dormendo sul guanciale a poppa. I discepoli lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?»

5:35
Mentre egli parlava ancora, vennero dalla casa del capo della sinagoga, dicendo: «Tua figlia è morta; perché incomodare ancora il Maestro?»

9:17,38
Uno della folla gli rispose: «Maestro, ho condotto da te mio figlio che ha uno spirito muto;
Giovanni gli disse: «Maestro, noi abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome, e che non ci segue; e glielo abbiamo vietato perché non ci seguiva»
.

10:20,35
Ed egli rispose: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia gioventù».
Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, si avvicinarono a lui, dicendogli: «Maestro, desideriamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo»
.

11:21
Pietro, ricordatosi, gli disse: «Maestro, vedi, il fico che tu maledicesti è seccato».

Luca 5:5

Simone gli rispose: «Maestro, tutta la notte ci siamo affaticati, e non abbiamo preso nulla; però, secondo la tua parola, getterò le reti».

7:40
E Gesù, rispondendo gli disse: «Simone, ho qualcosa da dirti». Ed egli: «Maestro, di’ pure».

8:24,45,49
I discepoli, avvicinatisi, lo svegliarono, dicendo: «Maestro, Maestro, noi periamo!» Ma egli, destatosi, sgridò il vento e i flutti che si calmarono, e si fece bonaccia.
E Gesù domandò: «Chi mi ha toccato?» E siccome tutti negavano, Pietro e quelli che erano con lui risposero: «Maestro, la folla ti stringe e ti preme.
Mentr’egli parlava ancora, venne uno dalla casa del capo della sinagoga, a dirgli: «Tua figlia è morta; non disturbare più il Maestro»»
.

9:33,38,49
Come questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bene che stiamo qui; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva.
Un uomo dalla folla gridò: «Maestro, ti prego, volgi lo sguardo a mio figlio: è l’unico che io abbia.
Allora Giovanni disse: «Maestro, noi abbiamo visto un tale che scacciava i demòni nel tuo nome, e glielo abbiamo vietato perché non ti segue con noi»
.

10:25
Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, e gli disse: «Maestro, che devo fare per ereditar la vita eterna?»

11:45
Allora uno dei dottori della legge, rispondendo gli disse: «Maestro, parlando così, offendi anche noi».

12:13
Or uno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità».

17:13
e alzarono la voce, dicendo: «Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!»

18:18
Uno dei capi lo interrogò, dicendo: «Maestro buono, che devo fare per ereditar la vita eterna?»

19:39
Alcuni farisei, tra la folla, gli dissero: «Maestro, sgrida i tuoi discepoli!»

20:21,28,39
Costoro gli fecero una domanda: «Maestro, noi sappiamo che tu parli e insegni rettamente, e non hai riguardi personali, ma insegni la via di Dio secondo verità:
«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se il fratello di uno muore, avendo moglie ma senza figli, il fratello ne prenda la moglie e dia una discendenza a suo fratello.
Alcuni scribi, rispondendo, dissero: «Maestro, hai detto bene»
.

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Domenico34
00mercoledì 31 agosto 2011 00:14
21:7
Essi gli domandarono: «Maestro, quando avverranno dunque queste cose? E quale sarà il segno che tutte queste cose stanno per compiersi?»

Giovanni 1:38

Gesù, voltatosi, e osservando che lo seguivano, domandò loro: «Che cercate?» Ed essi gli dissero: «Rabbì (che, tradotto, vuol dire Maestro), dove abiti?»

4:31
Intanto i discepoli lo pregavano, dicendo: «Maestro, mangia»

8:4
gli dissero: «Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio.

9:2
I suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: «Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?»

11:8,28
I discepoli gli dissero: «Maestro, proprio adesso i Giudei cercavano di lapidarti, e tu vuoi tornare là?»
Detto questo, se ne andò, e chiamò di nascosto Maria, sua sorella, dicendole: «Il Maestro è qui, e ti chiama»
.

13:13,14
Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono.
Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri
.

20:16
Gesù le disse: «Maria!» Ella, voltatasi, gli disse in ebraico: «Rabbunì!» che vuol dire: «Maestro!».

Riprendendo l’argomento, Maria, è una donna che sta in silenzio davanti a Gesù! Il suo silenzio, non vuol dire che lei non ha niente da dirgli; ci parla piuttosto che lei, riconoscendo Gesù come un vero Maestro, vuole approfittare di quella circostanza per apprendere da lui, quanto più possibile. La posizione che assume davanti a Gesù è stare ai suoi piedi. Questa era la posizione che, di norma, assumevano i discepoli, quando esprimevano la volontà e il desiderio di imparare dal maestro. Quella posizione parlava anche di umiltà!

Quelli che stanno ai piedi di Gesù, non sono di solito i superbi; quelli cioè che credono di sapere tutto, di non avere bisogno di nessuno. Sono invece, quelli che riconoscono la loro nullità e sentono il bisogno di essere istruiti, riconoscendo l’autorità suprema di Gesù. Infine, Maria, ai piedi di Gesù, ascoltava la Sua parola. Questo ci ricorda che questa donna, è interessata alla parola del Maestro. Il suo ascoltare, infatti, non significa solamente ricevere il suono delle parole di Gesù nelle sue orecchie, ma soprattutto accoglierle nel suo cuore.

Le persone che sono veramente interessate alle cose del Signore, dedicano il loro maggior tempo alle cose di Dio, riservando la priorità alle cose che veramente hanno valore e importanza, rispetto alle cose della vita. Il migliore elogio Maria lo ricevette da Gesù, quando questi affermò: Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta.

Maria di Betania nel vangelo di Giovanni

Il nome di questa donna, è menzionato del vangelo di Giovanni, precisamente in 11:1-45; e 12:3-7. In questi passaggi l’evangelista Giovanni mette in risalto altre caratteristiche che possedeva Maria, e che Luca, nel suo evangelo, non ha menzionato. La notizia che Gesù ricevette dell’infermità di Lazzaro, proveniva da parte di Maria e di Marta, Questo significa che le due sorelle, agirono di comune accordo, nel comunicare al Maestro, che il loro fratello Lazzaro era malato.

Quando Gesù arriva a Betania, Lazzaro era morto da quattro giorni. È stata Marta che ha avvisato sua sorella Maria dell’arrivo del Maestro, mentre questa riceveva le condoglianze dei Giudei. Non appena Maria riceve la notizia, si alza e in fretta va ad incontrare Gesù. I Giudei sono persuasi che lei è diretta verso il cimitero, dove si trova la tomba di suo fratello, per piangere; perciò la seguono.

L’incontro di Maria con Gesù

Appena Maria fu giunta dov’era Gesù e l’ebbe visto, gli si gettò ai piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto» (11:32).

Il gettarsi ai piedi di Gesù, non aveva certamente lo stesso significato, di quel sedere ai suoi piedi per ascoltare la sua Parola (Luca 10:39). In quella circostanza il suo gesto parlava del rispetto che aveva per Gesù, considerandolo un vero Maestro, mentre qui vuole esternare il dolore che prova, per la perdita di suo fratello Lazzaro, come a volersi sfogare. Nonostante che Maria ripeta le stesse parole, che sua sorella Marta aveva pronunciato a Gesù, esse non producono lo stesso effetto nella vita del Maestro. Infatti, è detto che subito Gesù fremette nello Spirito, si turbò e disse: Dove l’avete deposto? E, nel ricevere la risposta: Signore, vieni a vedere! Gesù pianse (vv.33-34).

Il fatto che Gesù non rispose alle parole di Maria, come aveva fatto con Marta, denota che Egli capì la differenza che c’era tra l’espressione di Marta e quella di Maria. Infine, quando Gesù ordina di togliere la pietra che è stata posta all’ingresso della tomba di Lazzaro, è Marta che obbietta, mentre Maria rimane silenziosa. Quel suo silenzio, vuol dire tanto! Parla di un atteggiamento umile e sottomesso, pronto sempre per accettare, ancora una volta, la parola di Gesù.

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Domenico34
00giovedì 1 settembre 2011 00:11
Maria unge i piedi di Gesù

Gesù dunque, sei giorni prima della Pasqua, andò a Betania dov’era Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti.
Qui gli offrirono una cena; Marta serviva e Lazzaro era uno di quelli che erano a tavola con lui.
Allora Maria, presa una libbra d’olio profumato, di nardo puro, di gran valore, unse i piedi di Gesù e glieli asciugò con i suoi capelli; e la casa fu piena del profumo dell’olio.
Ma Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse:
«Perché non si è venduto quest’olio per trecento denari e non si sono dati ai poveri?»
Diceva così, non perché si curasse dei poveri, ma perché era ladro, e, tenendo la borsa, ne portava via quello che vi si metteva dentro
Gesù dunque disse: «Lasciala stare; ella lo ha conservato per il giorno della mia sepoltura
(12:1-7).

La scena dell’unzione, si svolse a Betania, dove a Gesù venne offerta una cena. Stando al racconto di Giovanni, non si può stabilire in quale casa Gesù venne invitato a cena. I racconti di (Matteo 26:6-13 e Marco 14:3-9), precisano che la scena dell’unzione, avvenne nella casa di Simone il lebbroso. Però, i due evangelisti, Matteo e Marco, non indicano il nome di chi versò l’olio profumato su Gesù; si limitano solamente a riferirci che fu una donna. Mentre Giovanni, specifica che fu Maria di Betania.

Non si può mettere il racconto di (Luca 7:36-50), in parallelo con i racconti di Matteo, Marco e Giovanni, per il semplice fatto che in quella circostanza, la donna che versò l’olio profumato su Gesù, è chiaramente definita una peccatrice, cioè una prostituta. Questo particolare del racconto di Luca, non si può assolutamente applicare a Maria di Betania; di conseguenza, si trattava di un’altra donna. Secondo i racconti di Matteo e Marco, la donna, di cui parla, versò sul capo di Gesù l’olio profumato; mentre Giovanni riferisce che Maria unse i piedi di Gesù. Ed ancora: Matteo e Marco asseriscono che la donna che versò l’olio profumato sul capo di Gesù, venne a lui... e lo versò sul capo di lui che stava a tavola (Matteo 26:7); mentre egli era a tavola entrò una donna che aveva un vaso di alabastro pieno d’olio profumato, di nardo puro, di grande valore; rotto l’alabastro, gli versò l’olio sul capo (Marco 14:3).

Le frasi: Venne a lui... e entrò una donna..., ci danno l’idea che la donna, di cui si parla, non si trovava nel luogo in cui si cenava; lei venne, mentre si cenava. Il testo di Giovanni, con le sue precisazioni: ...Marta serviva e Lazzaro era uno di quelli che erano a tavola con lui. Allora Maria, presa una libra d’olio profumato... (12:2-3), oltre a ricordarci (Luca 10:38-42), ci porta a pensare che la scena dell’unzione, si sia svolta in casa di Marta.

Il significato dell’azione che compì Maria

Il significato dell’azione che compì Maria, non risiede nei diversi particolari che sono stati messi in evidenza, ma nel fatto che lei versò l’olio profumato su Gesù. Se si può assegnare un nome della donna che unse Gesù, si può farlo solamente perché Giovanni afferma che fu Maria di Betania.

Se poi si tiene conto del valore di quell’olio profumato (300 denari = 300 giornate lavorative di un operaio), si capisce subito il senso che Maria dava a quella sua azione. Il valore di quell’olio profumato, rappresentava i tanti sacrifici e le tante privazioni che Maria aveva affrontato nell’accumulare il denaro per comprarlo. Quando comprò l’olio profumato, lo fece con lo scopo di versarlo sui piedi di Gesù, oppure pensando al futuro sposo che avrebbe avuto?

Pensando poi, alle parole di Gesù: Lasciala stare; lei lo ha conservato per il giorno della mia sepoltura (12:7), si può arrivare a comprendere perché Maria non aspettò il giorno della sepoltura di Gesù. Se Maria avesse aspettato quel giorno, altri avrebbero potuto apprezzare il suo gesto e darne il significato; però Gesù morto, non l’avrebbe visto. Pensando a ciò, Maria avrà detto in sé: perché aspettare il giorno della morte di Gesù? Voglio manifestare tutto il mio affetto e la mia gratitudine che ho per lui, mentre Egli è vivo; così che Egli lo veda e lo apprezzi!

Infatti, l’unico che ha compreso il gesto di Maria e lo ha apprezzato, è stato proprio Gesù, mentre gli altri, hanno pensato allo spreco (Marco 14:4), e, Giuda, addirittura, di vendere quell’olio e il ricavato donarlo ai poveri. Giovanni, però precisa:

Diceva così, non perché si curasse dei poveri, ma perché era ladro, e, tenendo la borsa, ne portava via quello che vi si metteva dentro (12:6).

I sentimenti di devozione, di affetto e di gratitudine che un’anima pia manifesta, li comprende in profondità Gesù, ed è anche Lui che li mette in risalto e gli dà il giusto valore!

MARIA MADRE DI GIACOMO (4)

Di questa donna si parla in (Matteo 27:56; Marco 15:40; 16:1; Luca 24:10). Nei testi citati, si trova sempre in compagnia con altre donne, sia alla crocifissione di Gesù, sia al sepolcro ed anche ad annunziare il messaggio della risurrezione di Gesù.

MARIA DI GIOVANNI MARCO (5)

Di questa Maria si parla in (Atti 12:12). Nella sua casa si tenevano riunioni di preghiere. Fu in questa casa che si facevano preghiere particolari per Pietro, in occasione del suo arresto. Quando l’apostolo Pietro fu liberato dalla prigione da un angelo del Signore, egli andò in casa di questa donna, perché sapeva che lì c’era un gruppo di fratelli. Anche se in un primo momento, i fratelli radunati in casa di Maria, non credettero che era Pietro che bussava alla porta, ma il suo angelo, in un secondo tempo, dovettero ricredersi, vedendo con i propri occhi Pietro.

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Domenico34
00venerdì 2 settembre 2011 00:10
MARIA, DELLA COMUNITÀ DI ROMA (6)

Il nome di questa donna è menzionato in (Romani 16:6). Di questa credente si afferma che si era molto affaticata con la comunità. Questo significa che Maria non viveva la sua vita cristiana solamente per sé, ma si dedicava anche per gli altri. Questa è la migliore lode che un credente possa ricevere da un altro credente!.

MARTA DI BETANIA

(aram. Signora, padrona) Era sorella di Lazzaro e di Maria; abitava in un villaggio chiamato Betania, a circa 3 Km. da Gerusalemme. Di lei si parla in (Luca 10:38-41; Giovanni 11:1,5,19-21,24,30,39; 12:2). È una donna con caratteristiche particolari; essa ci può insegnare diverse cose. Vale quindi la pena considerare la sua storia, così come c'è stata tramandata da Luca e Giovanni.

Marta nell’evangelo di Luca

Si afferma che Gesù amava Marta (Giovanni 11:5). Non era però a lei sola che Egli voleva bene, amava anche Lazzaro e Maria. Quest'amore che Gesù manifestava, rappresentava un certo contraccambio del come veniva accolto in casa loro? Sicuramente Gesù non rimaneva insensibile, davanti alla sincera ospitalità che riceveva; sapeva benissimo ricambiarla con il suo sincero amore. Ed era per questo motivo che quando si trovava nei paraggi di Betania, preferiva recarsi in casa di questi cari, anziché cercare ospitalità altrove. Luca precisa che, un giorno, Gesù, entrò in un villaggio; e una donna, di nome Marta, lo ricevette in casa sua (Luca 10:38). Quel giorno non fu particolare solo per Gesù, lo fu anche molto di più, per Marta, per averlo accolto in casa sua.

Il pranzo che Marta preparò in quel giorno per Gesù, voleva sicuramente esprimergli tutto l’affetto che lei nutriva per Lui. All’osservazione che lei rivolse a Gesù che, sua sorella l’aveva lasciata sola a servire, e che avrebbe preferito che il Maestro dicesse di aiutarla, la risposta che ricevette fu:

«Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria (v. 41).

Le parole del Maestro, avevano forse il senso che Gesù non gradiva il cibo che Marta gli stava preparando? Assolutamente no! Allora, per quale scopo le pronunciò? Per far capire a Marta che stava dando eccessiva importanza a qualcosa di secondario valore. Consumare un bel piatto di cibo succulento, riguarda essenzialmente il nutrimento del corpo; mentre con l’ascoltare la parola di Gesù, si nutre l’anima. Siccome i bisogni dell’anima sono più importanti di quelli del corpo, bisogna dedicare più tempo per le realtà spirituali, anziché per quelle umane. Affaticarsi ed agitarsi per molte cose, in pratica significa, sottrarre del prezioso tempo, alle opportunità che Dio ci concede, e mettere le cose di Dio, in secondo posto, come una qualsiasi cosa. Che ognuno di noi sappia scegliere, nella medesima maniera come scelse Maria!

Marta nel vangelo di Giovanni

Se Luca ci ha fatto vedere Marta sotto un aspetto, Giovanni, invece, ce la mostra in maniera diversa. Luca ci ha parlato dell’ospitalità che Marta ha offerto a Gesù; Giovanni, invece, si sofferma a narrarci, un particolare bisogno che sorse nella casa di Marta. Come si comportarono le due sorelle davanti a questo particolare bisogno? Presto viene detto!

Lazzaro si ammalò, e le due sorelle mandarono un messaggio a Gesù, per avvisarlo: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato» (Giovanni 11:3).

Certamente quella comunicazione, aveva lo scopo di fare intervenire Gesù, per guarire Lazzaro. Anche se ciò non è detto apertamente, è chiaro però che il senso era quello. Gesù comprendendo lo scopo di quel messaggio, disse:

«Questa malattia non è per la morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio sia glorificato» (v. 4).

E, come se non bastassero quelle parole, Gesù, invece di affrettarsi per raggiungere la casa di Marta, si trattenne ancora due giorni nel luogo dove si trovava (v. 6), tanto che Lazzaro, nel frattempo morì. In un primo tempo, quando Gesù parlò ai suoi, dell'intenzione di voler andare da Lazzaro per risvegliarlo, (Giovanni 11:11) visto che si era addormentato, giustamente i discepoli gli risposero: «Signore, se egli dorme, sarà salvo» (vv. 11-12). Come per dire: non occorre nessun'azione speciale, per svegliare una persona che si è addormentata; si risveglierà da sola. I discepoli però, non comprendendo quel modo di parlare, Gesù fu costretto a specificare subito che: Lazzaro era morto (v. 14).

…«Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto;
e anche adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà».
Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà».
Marta gli disse: «Lo so che risusciterà, nella risurrezione, nell’ultimo giorno».
Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;
e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?»
Ella gli disse: «Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo»
(vv. 21-27).

Le parole che Marta rivolse a Gesù, che se Egli fosse arrivato prima della morte, suo fratello non sarebbe morto, non volevano essere un diretto rimprovero per il suo ritardo, ma solamente la convinzione che, le cose sarebbero andate diversamente. Quando poi Gesù assicurò Marta che suo fratello sarebbe risuscitato, Marta, sì, accettò il fatto della risurrezione, ma non di quella che Gesù intendeva, ma quella che si avrà nell’ultimo giorno, cioè quando saranno risuscitati tutti i morti. Siccome Gesù non pensava a quel lontano giorno, come Marta aveva prospettato, non indugiò a risponderle: Io sono la risurrezione e la vita. L’invito a credere alla Sua parola, significava che, se Marta avesse creduto che Gesù è la risurrezione e la vita, suo fratello Lazzaro, sarebbe risuscitato in quel giorno.

PS: Per ragioni di famiglia, dovrò assentarmi da casa per alcuni giorni, ragion per cui non potrò continuare lo studio; lo riprenderò giorno 6 settembre


Domenico34
00mercoledì 7 settembre 2011 02:24
Comprese veramente Marta, le parole di Gesù, o rimase nel suo convincimento che suo fratello sarebbe risuscitato, nel giorno in cui tutti i morti risusciteranno? Le parole che Marta pronunciò, davanti alla tomba di suo fratello, allorquando Gesù ordinò di togliere la pietra: «Signore, egli puzza già, perché siamo al quarto giorno» v 39), rivelano chiaramente che non aveva compreso la parola del Maestro, ma che era rimasta ferma nella sua errata convinzione. Ecco perché Gesù, le rispose: «Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?» (v. 40).

La gloria a cui Gesù faceva riferimento, non era quella della risurrezione universale, ma quella che Egli avrebbe fatto vedere in quel giorno, nel fare uscire dalla tomba Lazzaro. Il Signore vuole insegnare a noi una gloriosa verità, non solo per comprenderla, ma principalmente per viverla. Dobbiamo credere ora, cioè nel tempo in cui viviamo, che Gesù è, (e non sarà) la risurrezione e la vita. Egli è venuto per darci vita in abbondanza (Giovanni 10:10); questa dovizia si riceve qui in terra, e non dovremo aspettare nell’eternità per riceverla. Perciò, la parola pronunciata per Marta, è valida anche per noi: «Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?»

PERSIDE

«Questo nome (che significa «donna persiana») ricorre nelle iscrizioni greche e latine di Roma e di altre parti come quello di una schiava o liberta, ma non a proposito della casa imperiale» [Frederick F. Bruce, L’epistola di Paolo ai Romani, p. 334].

Di questa donna si parla in (Romani 16:12) e si afferma che si è affaticata molto nel Signore. Nonostante la sua condizione sociale, trovava il tempo per dedicarsi alle cose del Signore. Con il suo zelo e la sua fedeltà, contribuì molto per il benessere della comunità romana.

È un nobile esempio per tutti noi, e c'insegna, con la sua vita che, quando veramente si ama l’opera del Signore e la fratellanza, non si risparmiano energie e tempo, per contribuire al benessere comune.

PRISCILLA

Un’Ebrea cristiana e moglie di Aquila. Si parla di lei in (Atti 18:2,18,26; Romani 16:3). Assieme al marito, abitò per un po’ di tempo a Roma. Quando Claudio ordinò che tutti i Giudei lasciassero Roma, la coppia si trasferì a Corinto. Fu in quella città che Paolo fece conoscenza con loro. Quando più tardi Paolo decise di navigare verso la Siria, ebbe la compagnia di Aquila e Priscilla. Nella sinagoga di Efeso, Priscilla ed Aquila, ascoltarono con molta attenzione,

un ebreo di nome Apollo, oriundo di Alessandria, uomo eloquente e versato nelle Scritture, arrivò ad Efeso.
Egli era stato istruito nella via del Signore; ed essendo fervente di spirito, annunziava e insegnava accuratamente le cose relative a Gesù, benché avesse conoscenza soltanto del battesimo di Giovanni.
Egli cominciò pure a parlare con franchezza nella sinagoga. Ma Priscilla e Aquila, dopo averlo udito, lo presero con loro e gli esposero con più esattezza la via di Dio
(Atti 18:24-26).

L’intervento di Priscilla ed Aquila, nei confronti di Apollo, oltre ad essere stato intelligente, servì per fornirgli una conoscenza più esatta della via di Dio. Questo significa che, nonostante l’alessandrino insegnasse accuratamente le cose relative a Gesù, la sua conoscenza era limitata al solo battesimo di Giovanni.

Inoltre, se Priscilla e Aquila non avessero ascoltato Apollo con molta attenzione, non avrebbero capito che la sua conoscenza, della via di Dio, non era completa, cioè mancava di qualcosa. Nello stesso tempo, però, se Apollo non fosse stato umile, difficilmente avrebbe ascoltato Aquila e Priscilla in quello che gli dicevano. Queste tre persone meritano di essere lodate, principalmente per l’atteggiamento che hanno assunto, l’uno verso l’altro. Apollo, per la grande umiltà che ha dimostrato nell’ascoltare Aquila e Priscilla, e quest’ultimi, nel sapergli esporre le cose con intelligenza, delicatezza ed accuratezza.

RODE

Il significato di questo nome significa rasoio. Il nome di questa donna è menzionato in (Atti 12:13). Era serva di Maria madre di Giovanni Marco. Quando Pietro fu liberato dalla prigione da un angelo del Signore, egli si recò in casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco. Fu Rode che, avendo ascoltato e riconosciuto la voce di Pietro, invece di aprire la porta, comunicò alla fratellanza che Pietro era dietro la porta che bussava. I fratelli, a sentire quella notizia, invece di rallegrarsi, presero per pazza, Rode che insisteva che si trattava di Pietro e non del suo angelo. Però, quando lei aprì la porta, i presenti si resero conto che Rode non era pazza, ma aveva asserito la verità.

SALOME

Di lei si parla in (Marco 15:40; 16:1). Chi era questa donna? Non si può affermare con precisione! I commentatori, rimandando a (Matteo 27:56), e credono che si tratti della madre dei figli di Zebedeo.

Visto che si tratta di un'interpretazione, (poiché solo Marco parlando di questa donna, non fornisce dati specifici), conviene piuttosto mettere in risalto quello che viene chiaramente affermato di lei. Fu una delle tre donne che assistettero alla scena della crocifissione di Gesù. Anche se si tenevano lontano, fu ugualmente un testimone oculare, al pari di Maria Maddalena e Maria madre di Giacomo il minore e di Iose. Partecipò attivamente alla compera degli aromi per andare ad ungere Gesù. L’elemento più significativo, però consiste nel fatto che fu una fedele seguace di Gesù, mentre Egli era in Galilea e lo serviva, al pari delle altre donne menzionate in (Luca 8:2). Infine, ebbe l’onore, assieme alle altre donne, di portare il messaggio della risurrezione di Gesù e di riferire ai suoi discepoli, che lo avrebbero visto in Galilea (Marco 16:7).

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00giovedì 8 settembre 2011 00:09
SAFFIRA

In (Atti 5:1-11) si parla di lei. È conosciuta come la moglie di Anania. La storia della coppia Anania e Saffira, è narrata nel capitolo 5 degli Atti. La gara di solidarietà che si manifestava in mezzo alla cristianità, di quei tempi, nel vendere le proprietà e il ricavato portarlo ai piedi degli apostoli, ha avuto un ruolo importante nella vita di Anania e Saffira.

Che quelli che avevano delle proprietà e li vendevano, per portare il ricavato agli apostoli, lo facevano nella loro spontaneità, cioè senza che ci fosse un obbligo da parte degli apostoli, appare chiaro dal racconto degli Atti. Forse l’esempio di Barnaba che, avendo un campo, lo vendette, e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli (Atti 4:37), avrà influenzato Anania e Saffira a vendere la loro proprietà. Però, quello che loro fecero, nell’accordarsi di trattenere per loro una parte della vendita, non l’avranno appreso certamente da Barnaba, ma dal loro egoismo.

Le quattro domande che Pietro fece a Anania

«Anania, perché Satana ha così riempito il tuo cuore da farti mentire allo Spirito Santo e trattenere parte del prezzo del podere?
Se questo non si vendeva, non restava tuo? E una volta venduto, il ricavato non era a tua disposizione? Perché ti sei messo in cuore questa cosa? Tu non hai mentito agli uomini ma a Dio»
(vv. 3-4),

sicuramente saranno scaturite in conformità a quanto avrà detto Anania. Quando lui consegnò il denaro della vendita della proprietà, avrà detto a Pietro: il denaro che ti consegno, è il totale del ricavato della vendita della proprietà che ho venduto. Con queste precise parole, Anania pensava che, l’affare concertato con sua moglie Saffira, sarebbe andato in porto. Non aveva la minima idea che Pietro, in quel momento, illuminato dalla luce dello Spirito Santo, avrebbe messo in chiaro la sua bugia.

Se alle precise domande che Pietro formulò ad Anania, quest’ultimo avesse rettificato la sua versione, precisando che si trattava di una parte del ricavato della vendita, il giudizio divino non si sarebbe abbattuto su di lui. Di conseguenza, la morte non sarebbe avvenuta, per toglierlo dal numero dei viventi. Ma, poiché, con ferma determinazione, asserì che la somma consegnata era il totale della vendita, Pietro non ebbe nessun'esitazione ad affermare: Tu non hai mentito agli uomini ma a Dio. Che quella non fosse una sentenza di giudizio emanata da Pietro, ma dallo Spirito di Dio, che abitava nell’apostolo, appare in tutta chiarezza.

La domanda che Pietro fece a Saffira

Alla distanza di circa tre ore dopo (v. 7) arrivò Saffira, (forse per avere notizie del marito, visto che egli ritardava a rincasare), Pietro le chiese:

«Dimmi», «avete venduto il podere per tanto?» E lei rispose: «Sì, per tanto».
Allora Pietro le disse: «Perché vi siete accordati a tentare lo Spirito del Signore? Ecco, i piedi di quelli che hanno seppellito tuo marito sono alla porta e porteranno via anche te»
(vv. 8-9).

Dalle parole di Pietro, si può notare che, anche per Saffira, c’era una speranza di salvezza. La condizione sarebbe stata che, lei, cambiando la versione del marito, avesse asserito la verità, cioè che il denaro che aveva portato il marito, non era il totale della vendita, ma solamente una parte. Siccome, però, questo non lo fece, anzi con fermezza e determinazione confermò la versione del marito, la punizione divina fu implacabile anche su di lei, subendo la stessa sorte del marito, cioè la morte. Questa storia, dovrebbe farci riflettere seriamente, non solo per insegnarci, ma anche per ricordarci, il detto di Gesù:

Ma il vostro parlare sia: Sì, sì; no, no; poiché ciò che è in più viene dal maligno (Matteo 5:37).

SUSANNA

Una delle donne che con i suoi beni, assisteva Gesù e i dodici (Luca 8:3).

SINTICHE

Di questa donna si parla in (Filippesi 4:2). L’apostolo Paolo gli rivolse una fraterna esortazione ad essere concorde con Evodia. Ciò significa che tra queste due donne, che poi erano sorelle in Cristo, non c’era piena armonia; di conseguenza non vivevano concordemente. Non si conoscono i motivi di questo dissidio; ma qualunque siano stati i motivi, Paolo non poteva incoraggiare la discordia nell’ambito di due persone che frequentavano la stessa comunità e condividevano la stessa fede in Cristo. Davanti ad un qualsiasi dissidio che potrebbe nascere in seno ad una comunità, tra fratelli e sorelle in Cristo, si dovrebbe ricordare la vita di queste due sorelle, Evodia e Sintiche, e incitarsi a vivere nell’armonia e concordia nel Signore.

TABITA

Di lei si parla in (Atti 9:36-41). Abitava a Ioppe ed era una discepola del S.ignore. Aveva una buona reputazione presso la comunità e faceva molte opere buone ed elemosine. Nonostante ciò, un giorno si ammalò, e morì. Le anime pie, non vengono risparmiate dalle malattie! Tante volte, invece di guarire, muoiano. Per Tabita, però, la sua morte, a seguito della sua risurrezione, operata dal Signore per mezzo di Pietro, procurò a molti di credere nel Signore (9:42).

TRIFENA

Paolo saluta particolarmente questa sorella della chiesa di Roma, e, nello stesso tempo mette in risalto una buona caratteristica che ha, cioè che si affatica nel Signore. Questo significa che Trifena, non viveva la sua vita pensando solamente a se stessa e alle cose sue, ma trovava anche il tempo per dedicarlo alle cose del Signore. (Romani 16:12).

TRIFOSA

Al pari di Trifena, Trifosa anche lei si affaticava nel Signore, vivendo nella comunità romana. In che cosa consisteva questo suo affaticarsi nel Signore, non si può esattamente definirlo. Anche se lei compiva piccole cose in seno alla comunità, quali: prestare servizio a qualcuno, aiutare nei vari bisogni, era qualcosa che veniva fatto per la causa del Signore (Romani 16:12). Infine, di queste due donne: Trifena e Trifosa, non si parla di un tempo passato, ma di un presente. Questo significa che, al tempo in cui Paolo scrisse la sua epistola ai Romani, queste due sorelle, erano attive per il Signore, e ciò ritornava, non solamente a lode e gloria di Dio, ma anche quello che loro facevano era riconosciuto e apprezzato, sia da Paolo che dalla fratellanza. Amen!

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura
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