Domenic34 – Giuseppe... L’uomo denomonata Safnat-Paneac – Capitolo 4. COMINCIANO GLI AFFANNI PER GIUSEPPE

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Domenico34
00martedì 24 maggio 2011 00:23

Capitolo 4




COMINCIANO GLI AFFANNI PER GIUSEPPE




Or i fratelli di Giuseppe erano andati a pascolare il gregge del padre a Sichem.
E Israele disse a Giuseppe: I tuoi fratelli non stanno forse pascolando il gregge a Sichem? Vieni, che ti manderò da loro. Egli rispose: Eccomi.
Israele gli disse: Va’ a vedere se i tuoi fratelli stanno bene e se il gregge va bene, e poi torna a riferirmelo...
(Genesi 37:12-14).

Questa sezione narrativa della Genesi (37:12-17), qualcuno l’ha definita “scena preparatoria”, per quello che il testo Sacro ci narrerà sul futuro di Giuseppe. Gli elementi che vengono messi in chiaro in questa sezione, ci permettono di vedere il vero carattere di Giuseppe, per meglio valutare la sua vita e le sue azioni. Giuseppe sa che i suoi fratelli lo odiano e lo invidiano e che il loro rapporto è ormai inquinato.

Non sappiamo esattamente se Giacobbe sa che il suo figlio prediletto Giuseppe è odiato ed invidiato dagli altri ragazzi.
Il fatto stesso che il padre si rivolga al figlio con la precisa intenzione di volerlo mandare dai suoi fratelli che si trovano a Sichem a pascolare il gregge, è di per sé un indizio che ci porta a pensare almeno due cose:

1) O Giacobbe non conosceva l’odio e l’ostilità dei figli nei confronti di Giuseppe,
2) oppure Giacobbe, non gli dava eccessiva importanza, quindi non considerava i sentimenti dei fratelli una seria minaccia per la vita del suo prediletto.

Dovendo valutare obiettivamente le due cose, siamo propensi ad accettare la prima versione, cioè che Giacobbe non fosse a conoscenza della maniera in cui i suoi figli stavano trattando Giuseppe. È, infatti, illogico ed impensabile che un padre mandi il proprio prediletto lontano dalla sua protezione mettendolo, volutamente, nelle mani di coloro che l’odiano e lo invidiano, senza la minima preoccupazione.

Dall’altra parte Giuseppe, pur sapendo che i suoi fratelli l’odiano e lo invidiano e non possono parlargli in modo amichevole, non fa nessuna obiezione al comando del padre e tanto meno gli palesa la possibilità di un pericolo per la sua vita. La prontezza con la quale risponde: “Eccomi”, non solo ci fa vedere che non c’è niente di ostile nella vita di questo giovane nei confronti dei suoi fratelli, ma ci conferma anche che il carattere di Giuseppe é “mite e sottomesso”.

La missione che il padre affida a Giuseppe è chiara e precisa: Va’ a vedere se i tuoi fratelli stanno bene e se il gregge va bene, e poi torna a riferirmelo. Non è certo una missione “spionistica” quella che gli viene affidata: si tratta di andare a vedere i “suoi fratelli”, non i suoi nemici o delle persone sospette.

Vedere nell’uomo ignoto che incontra Giuseppe, mentre vagava per la campagna e gli indica la località in cui troverà i fratelli, “un angelo mandato da Dio”, è, a nostro avviso, azzardato, anche se si precisa: “La tradizione sia rabbinica che patristica ha percepito questo suggerimento del testo identificando nel personaggio un angelo".
L' identificazione dell'uomo ignoto con un “angelo mandato da Dio”, rappresenta un rincorrere spiritualizzazioni fantasiose, sia che l'interpretazione provenga dai rabbini, che dalla patristica, maestri in questo tipo di interpretazione delle Scritture, quando esse non si prestino a una chiara disanima.

UN COMPLOTTO PREPARATO

Quando Giuseppe arriva a Dothan, dietro il suggerimento dell’uomo ignoto, il testo precisa:

Essi lo scorsero da lontano e, prima che fosse loro vicino, complottarono contro di lui per ucciderlo.
E dissero uno all’altro: Ecco che arriva il sognatore!
Ora dunque venite, uccidiamolo e gettiamolo in un pozzo; diremo poi che una bestia feroce lo ha divorato; così vedremo che ne sarà dei suoi sogni
(Genesi 37:18-20).

La prima cosa che va notata è questa: Giuseppe va in cerca dei suoi fratelli, ma quando questi lo vedono da lontano, non pensano di chiamarlo “fratello”, ma lo definiscono “il sognatore”. L’odio e l’invidia presenti nella mente e nel cuore di questi uomini, li porta a dimenticare che Giuseppe è un loro fratello. L’odio e l’invidia li acceca a tal punto, che prima che Giuseppe arrivi da loro, hanno già messo a punto il complotto: ucciderlo e gettarlo in un pozzo.
Questi uomini non pensano a un castigo, sia pure duro e pesante per punire le velleità di Giuseppe, ma arrivano a pensare di ucciderlo. L’odio non è solo crudele, è anche omicida e chiunque si lasci trasportare, è preda del maligno (1 Giovanni 3:12,15).

La cosa che maggiormente viene messa in risalto, è che l’eliminazione della persona di Giuseppe, è strettamente collegata ai suoi sogni: Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni. Una volta ucciso questo “sognatore”, saranno uccisi anche i suoi sogni. Quale follia quando l’uomo pensa di eliminare qualcosa che non appartiene al singolo ma a qualcuno molto al di sopra di lui!

I sogni che Giuseppe aveva avuto, non rappresentavano il frutto della sua fantasia, della sua superbia e nulla avevano a che fare con la sete di grandezza; erano piuttosto una chiara rivelazione di una precisa volontà divina. Quegli uomini avrebbero potuto distruggere l' uomo, ma non l' uomo che Dio aveva scelto per una precisa missione.

Tutto quello che rientra nel piano e nella volontà di Dio, nessuno lo può annullare o distruggere. L’ultimo atto di questo complotto prevede una missiva al padre ...una bestia feroce lo ha divorato. L’inganno e l’imbroglio accuratamente preparati, miravano essenzialmente a scagionare dalla responsabilità quegli uomini davanti al loro padre. Quando Giacobbe riceverà la veste insanguinata, riconoscendola dirà:

È la veste di mio figlio, lo ha divorato una bestia feroce; certamente Giuseppe è stato sbranato (Genesi 37:33).

Giacobbe ingannò e imbrogliò suo padre Isacco, così ora i suoi figli ingannano e imbrogliano lui. Si dice che i figli, di solito, fanno le stesse cose dei loro padri, anche se questi ultimi non le hanno loro insegnate.

L’INTERVENTO DI RUBEN

Ruben udì questo e decise di liberarlo dalle loro mani e disse: Non gli togliamo la vita.
Poi Ruben aggiunse: Non spargete sangue, ma gettatelo in questo pozzo e non colpitelo di vostra mano. Diceva così, per liberarlo dalle loro mani e riportarlo a suo padre
(Genesi 37:21,22).

Nonostante Ruben avesse dato il consiglio di gettarlo nel pozzo, aveva anche aggiunto: Non spargete sangue. Questo lo dice con la precisa intenzione di liberarlo per condurlo a suo padre sano e salvo. Più tardi, quando tutti i fratelli, tranne Beniamino, si troveranno davanti a Giuseppe nel paese di Egitto, Ruben ripeterà le parole, e nello stesso tempo il testo rivelerà un segreto in quel tempo sconosciuto:

Allora dicevano uno all’altro: Noi siamo veramente colpevoli nei confronti di nostro fratello, perché vedemmo l’angoscia dell’anima sua quando egli ci supplicava, ma non gli demmo ascolto! Perciò ci è venuta addosso questa sventura.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00mercoledì 25 maggio 2011 00:13
Ruben rispose loro dicendo: Non ve lo dicevo io: Non commettete questo peccato contro il fanciullo? Ma non mi deste ascolto. Perciò ecco, ora ci si chiede conto del suo sangue (Genesi 42:21,22).

Questo testo e la Genesi (37:21,22), ci dicono con estrema certezza che Ruben, il primogenito dei figli di Giacobbe, non era d’accordo con i fratelli, quando progettarono di uccidere Giuseppe. Ci dicono anche che lo stesso Ruben non era presente quando Giuseppe viene tratto dal pozzo e venduto agli Ismaeliti. Infatti la Genesi (37:29,30) dice:

Or Ruben tornò al pozzo, ed ecco, vide Giuseppe nella cisterna giù nel pozzo. Allora egli stracciò le vesti. Poi tornò dai suoi fratelli e disse: Il fanciullo non c’è più; e io, dove andrò io?

Anche se il testo non ci dice dove va Ruben e per quale motivo si allontana dai fratelli, è facile supporre intendesse poi ritornare per trarlo dal pozzo. Dal momento che Ruben non era d’accordo col piano omicida dei suoi fratelli e voleva salvare la vita di Giuseppe, sicuramente si sarà allontanato da essi per non condividere minimamente quello che essi si proponevano di fare. A questo punto i commentatori hanno fatto delle osservazioni e si sono chiesti dove fosse andato Ruben e per quale motivo si fosse allontanato. Diverse sono le spiegazioni, e, fra le tante, una è particolarmente convincente.

La spiegazione più semplice è quella maggiormente possibile. Quando appare da lungi la carovana, Ruben, il più coscienzioso di tutti i fratelli, agendo in conformità al suo carattere, si allontana per montare la guardia al gregge: non ci si poteva fidare di quegli stranieri di passaggio in quanto avrebbero potuto portar via qualche bel capo di bestiame. Ruben rimane, quindi, di guardia finché la carovana sparisce. Pertanto, quando Ruben raggiunge il gruppo dei fratelli, Giuseppe è stato già venduto ed è andato via con i compratori; i fratelli decidono, in seguito, di mandare il suo vestito macchiato di sangue a Giacobbe.

Indubbiamente l’animo di Ruben è amareggiato e, ancor più, arrabbiato con i fratelli, per il male perpetrato. Un fatto è certo. Ruben nel momento della vendita non era con i fratelli e rimane lontano per parecchio tempo, durante il quale i fratelli concludono un affare commerciale con gli Ismaeliti, vendendo Giuseppe che (Genesi 42:21) supplicò i suoi fratelli con l’anima angosciata. Perché quella supplica? Anche se il testo sacro non ce lo specifica, non è difficile supporlo.

Quando Giuseppe arriva dai suoi fratelli,
lo spogliarono della sua veste, della lunga veste fino ai piedi che indossava. Poi lo presero e lo gettarono nel pozzo (Genesi 37:23,24).

Sicuramente la supplica non viene fatta perché non gli tolgano la veste lunga, ma perché non sia gettato nel pozzo. Giuseppe non sapeva che il pozzo era vuoto, senz’acqua; lo sapevano i fratelli, invece.
Pertanto la supplica di Giuseppe si pone come l'inevitabile reazione di chi sa di stare per perdere la vita, annegando nel pozzo. Ma, nonostante quella supplica, nonostante le lacrime, i fratelli di Giuseppe, induriti nei loro cuori, senza la minima compassione nei suoi confronti, compiono l' atto sacrilego. L’odio e l’invidia, non solo portano a compiere azioni tragiche, ma tolgono qualsiasi possibilità di "pietas".

L’INTERVENTO DI GIUDA

Dopo che Giuseppe è stato spogliato della lunga veste e gettato nel pozzo, ecco, si presenta un’occasione d’oro. È Giuda che a questo punto si fa avanti e dice:

«Guardate, ecco una carovana di Ismaeliti che si sta avvicinando con i loro preziosi carichi di spezie, di balsamo, e di mirra, in viaggio per l' Egitto...
Che guadagno avremo a uccidere nostro fratello e a nascondere il suo sangue?
Venite, vendiamolo agli Ismaeliti e non lo colpisca la nostra mano, perché è nostro fratello, e nostra carne
(Genesi 37:25-27).

Così Giuseppe, per venti sicli d’argento, è venduto agli Ismaeliti, i quali lo conducono in Egitto. C’è una certa somiglianza tra la storia di Gesù, per quanto riguarda il prezzo di vendita. Giuseppe fu venduto per venti sicli d’argento, su proposta di Giuda; Gesù Cristo fu venduto per trenta sicli d’argento, per la mediazione di Giuda Iscariota.

Quello che accomuna i due personaggi è il denaro. Sia nell’uno che nell’altro caso, i traditori pensano al denaro, al buon affare commerciale da non lasciarsi sfuggire. Il denaro ha sempre avuto una cattiva influenza sulla vita dell’uomo e spesso lo ha indotto a compiere perfide azioni, sottovalutando la realtà.

Aveva perfettamente ragione Paolo quando affermò: L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali (1Timoteo 6:10). Più tardi lo stesso Apostolo, dirà: Or sappi questo; che negli ultimi giorni verranno tempi difficili, perché gli uomini saranno amanti di se stessi, avidi di denaro... (2Timoteo 3:1).

Tutto sembra sistemato nel migliore dei modi: Giuda consiglia che non c’è nessun guadagno nel gettare Giuseppe nel pozzo e nello spargimento del sangue, e i fratelli finiscono con l 'accettare l’offerta in denaro degli Ismaeliti. Essi, ora, possono licenziarsi da Giuseppe, con l'ipocrita consapevolezza di non avere versato il sangue del fratello.

La cosa più importante era togliere la veste lunga a Giuseppe. I perfidi avranno pensato "Ora il nostro fratellino andrà in Egitto e sarà considerato e trattato come uno schiavo e noi restiamo in Canan. Che ne sarà dunque dei suoi sogni?"

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e noi risponderemo con premura
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