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Domenico34 - Insegnando le cose che Gesù ha comandato di osservare

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2011 00:08
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27/08/2011 00:07

Abba Padre, ogni cosa ti è possibile; allontana via da me questo calice.

Dal canto suo Matteo aggiunge:
Se non è possibile che questo calice passi oltre da me, senza che io lo beva, la tua volontà sia fatta (Matteo 26:42).

Le parole di Marco sono una proclamazione dell'onnipotenza di Dio, verità che Gesù affermò in una forma dogmatica; mentre quelle di Matteo, ci fanno vedere Gesù che vuole evitare di bere il calice. Com'è possibile pensare in questi termini, dirà qualcuno, quando si sa con certezza che Gesù era venuto in terra per morire per la salvezza dell'umanità? Poteva Gesù rifiutarsi di bere il calice della sua inspiegabile sofferenza, che culminò in croce, senza che il piano di Dio per la redenzione dell'intera umanità venisse infranto? Non esiste in tutto il N.T. una pagina migliore, che mette in chiaro risalto, nella sua larghezza, nella sua profondità e nella sua totalità, l'umanità di Gesù, come quella in cui viene narrato l'episodio del Getsemani.

Sì è vero che nel N.T. possiamo leggere della sete di Gesù, della sua fame, della sua stanchezza, del suo sonno, della sua fatica eccessiva, dello sviluppo fisico e mentale, caratteristiche abbastanza eloquenti, che parlano che Gesù era un vero uomo. Ma la profondità e la completezza che il Getsemani mette in evidenza, sono di una rarità eccezionale, basterebbe soltanto questo testo, per provare inconfutabilmente la reale umanità di Gesù. Solo la sua reale esperienza, vissuta nel Getsemani, porta Gesù a parlare, e parlare in termini di comando, quando indirizzando la Sua parola ai suoi discepoli, dice loro: vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione.

È spontaneo chiedere perché Gesù diede quel comando? Non era l'esperienza del Getsemani, qualcosa che lo riguardava personalmente e che i suoi discepoli non avevano niente a che vedere con quella circostanza? Se Gesù parlò di tentazione con i suoi seguaci, ne parlò per l'esperienza che egli stesso fece in quel giorno, quando la sua umanità voleva rifiutare di bere il calice. Aveva ragione lo scrittore agli Ebrei quando, parlando di quello che Gesù sofferse, disse:

Poiché, in quanto egli stesso ha sofferto essendo tentato, può soccorrere quelli che son tentati (Ebrei 2:18).

Gesù non conobbe solamente la sofferenza della tentazione, conobbe soprattutto la vittoria sulla sollecitazione al peccato, e questa gli venne tramite la preghiera. Vegliare e pregare, ecco la certezza, non solo per non soccombere, ma per avere una vita vittoriosa. Non c'è vittoria più grande e più significativa che mettere in risalto la Suprema volontà di Dio e di sottomettersi a lei. Questo è il messaggio che ci viene dal Getsemani; questo è il significato del comando di Gesù: vegliate e pregate.

Accogliamolo e facciamolo nostro. Non come io voglio, ma come tu vuoi, o Signore!

29. UNA PRECISA DISPOSIZIONE A BENEDIRE COLORO CHE MALEDICONO

Benedite quelli che maledicono, pregate per quelli che v'oltraggiano (Luca 6:28).

Il comando di Gesù di benedire chi maledice, dimostra quanto sia diverso lasciarsi guidare dalla divina parola di Gesù, anziché seguire un'attitudine congenita all'uomo, che consiste nel rispondere nella stessa maniera come si è trattati. Conoscere chi è il seguace di Gesù, non sarà difficile, soprattutto quando viene messo in evidenza il suo comportamento nei confronti degli altri. La norma di Gesù di benedire chi maledice, non solo mette in evidenza i seguaci di Gesù, ma soprattutto rivela l'esistenza dell'odio e del rancore nel cuore dell'uomo, specie quando l'essere umano non è dominato da Cristo. Se Gesù diede questo comando ai suoi discepoli di benedire quelli che maledicono, lo diede per mettere il suo seguace in una condizione diversa rispetto a quelli che non lo sono, a come condurre la propria vita nei confronti degli uomini. Il discepolo di Gesù non può seguire ad una direttiva sospinta dall'odio e dal rancore; deve seguire la norma dell'amore e della tolleranza, che è quella che Gesù ha voluto insegnare quando parlò di benedire chi maledice. Benedire significa: augurare, sollecitare la grazia divina sulle persone e sulle cose.

È un atteggiamento di un vero amico, di uno che veramente ama, di uno che si interessa al bene degli altri. Se Gesù avesse comandato di trattare gli uomini in genere in questo modo, avrebbe ordinato, ma il fatto che Egli ha voluto specificatamente dire chi sono quelli che devono essere benedetti, mette il suo comando al disopra di ogni umana considerazione, e di ogni etica sociale, e di ogni forma di sana convivenza. L'uomo si lascia facilmente dominare dal suo egoismo, e tante volte quel suo amor di sé lo acceca e non gli fa vedere le cose nella giusta dimensione e nella giusta realtà. Per meglio capire l'importanza e la portata del comando di Gesù circa l'ordine di benedire chi maledice, specifichiamo che cosa significa maledire. Da un punto di vista prettamente linguistico, maledire significa:

«Augurare del male a qualcuno, esecrare (per una pa commessa, per un errore compiuto, per un comportamento offensivo od ostile ecc. ed esprime una reazione violenta, esasperata, ciecamente iros. Lanciare l'anatema contro di qualcuno. Imprecare il nome di Dio; sfogare contro il nome di Dio la rabbia, il risentimento, il livore; bestemmiare. Far oggetto di odio, avversione, risentimento, disappunto o disprezzo o della propria condanna morale in modo perentorio e definitivo; biasimare duramente, vituperare, deprecare. Disapprovare deplorare, criticare duramente, condannare. Insultare, ingiuriare, accusare, rimproverare violentemente».

Si continuerà il prossimo giorno...
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