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Domenico34 - Insegnando le cose che Gesù ha comandato di osservare

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2011 00:08
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Sesso: Maschile
22/08/2011 00:17

Se voi perdonate agli uomini i loro falli, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi.

Il discepolo di Gesù deve essere tale, non solamente nella sua professione di fede, lo deve essere principalmente nella sua vita pratica, modo di vivere che lo mette a confronto con quella degli uomini, tra quali dovrà svolgere la sua missione. La luce deve risplendere nelle tenebre, nel cospetto degli uomini (Matteo 5:16). Il discepolo di Gesù è stato fatto luce e sale della terra (Matteo 5:13,14). Non esiste una migliore manifestazione della verità che Cristo insegnò intorno al perdono, se non quella di agire in conformità alla sua parola.

Non è solo per il perdono che si riceve dal Padre celeste, che il discepolo di Gesù deve perdonare agli uomini; esiste un'altra maggiore ragione, non meno importante della prima, che deve essere tenuta in considerazione, cioè: tra il discepolo di Gesù e gli uomini, c'è una certa differenza, non tanto sul piano ipotetico, quanto su quello pratico. Gesù, parlando ai suoi diceva:
Voi mi chiamate Signore e Maestro; e dite bene, perché lo sono. Se sapete queste cose, siete beati se le fate (Giovanni 13:13,17).

Il comando di perdonare agli uomini viene dato al discepolo di Gesù; questi ha il privilegio di conoscere la volontà del suo Signore, e se la metterà in pratica, sarà responsabile davanti a Dio e davanti agli uomini per il quale il comando venne dato. Come farebbe il discepolo di Gesù ad insegnare agli altri quello che Gesù ha ordinato di osservare, quando questi non mettesse in pratica quello che Cristo comandò? Il migliore insegnamento che un discepolo di Gesù può dare, non è tanto costituito dalla semplice parola, quanto quello che può dare con un esempio pratico.

26. UNA PRECISA DISPOSIZIONE A RENDERE A CESARE LE COSE CHE APPARTENGONO A CESARE

Gli risposero: di Cesare. Allora egli disse loro: Rendete dunque a Cesare quel ch'è di Cesare, e a Dio quel ch'è di Dio (Matteo 22:21).

Il detto di Gesù riguardante, le cose che appartengono a Cesare, è diventato proverbiale in tutto il mondo, ed ognuno lo usa, precisandone le parole, a seconda del caso. Non si deve dimenticare il proposito dei Farisei, di cogliere in fallo Gesù, nelle sue parole (Matteo 22:15), proposito che li spinse a mandare i loro discepoli con gli Erodiani da Gesù. Il tranello che i Farisei cercarono di tendere a Gesù in quel giorno, era talmente perioso, che se Cristo non avesse avuto la saggezza e il discernimento di Dio, vi sarebbe cascato dentro.

Con il pretesto che Gesù era verace e che insegnava la via di Dio secondo verità, gli venne chiesto se era lecito di pagare il tributo o no a Cesare. In quel tempo, tutta la Palestina, era sotto il dominio dell'Impero Romaniano. Se Gesù rispondeva con un secco no, con ogni probabilità le stesse persone che non vedevano di buon occhio il dominio di Romania, l'avrebbero consegnato alle autorità Romaniane, con l'accusa di essere un ribelle, e quindi passibile di pena capitale. Se invece Gesù avesse detto sì, senza nessuna specificazione, sarebbe stato accusato come un traditore della sua patria. Gesù conoscendo la loro malizia, precisa Matteo, e chiamandoli ipocriti, chiese perché mai lo tentassero. Mostratemi la moneta del tributo, disse Gesù; e, quando questa venne nelle sue mani, chiese loro:

Di chi è quest'effigie e quest'iscrizione? Gli risposero di Cesare. Allora egli disse loro: rendete dunque a Cesare quel che è di cesare, e a Dio quel che appartiene a Dio.

La conclusione che fa Matteo:
Ed essi, udito ciò, si meravigliarono, e, lasciatolo, se ne andarono,
è significativa, perché ci fa vedere che quelle persone non si aspettavano una simile risposta in quella maniera. Eppure Gesù aveva affermato chiaramente che bisognava pagare il tributo a Cesare, tassa che gli Ebrei non avrebbero voluto pagare. La risposta di Gesù è chiara per farci vedere che esiste una chiara distinzione tra le cose che appartengono a Cesare e quelle che appartengono a Dio.

Non ha tanta importanza stabilire quali sono le cose che appartengono a Cesare e quelle che appartengono a Dio. La cosa da tenere presente è che a Cesare, (figura dell'autorità politic, non bisogna sottrarre nulla di ciò che gli è dovuto (cfr. Romaniani 13:7; 1 Pietro 2:17). Se le tasse che vengono richieste dall'autorità politica, sono una legittima richiesta, i cristiani, seguaci di Gesù Cristo, le devono pagare senza opporre resistenza. Il rispetto alle sue leggi e la sottomissione alla sua autorità, sono esigenze legittime, senza le quali nessuna autorità politica potrebbe sopravvivere. L'unica cosa che il cristiano potrà opporre all'autorità politica, è quando questa pretende obbedienza a danno della fede (Atti 4:19,20).

27. UNA PRECISA DISPOSIZIONE AD AVERE FEDE IN DIO

E Gesù rispondendo, disse loro: Abbiate fede in Dio (Marco 11:22).

Le parole del nostro testo, vengono riferite dal solo evangelista Marco, nonostante che Matteo si occupi pure dell'episodio del fico seccato. La frase, così come la riporta Marco, è unica in tutto il N.T. e non si può negare l'importanza che riveste, soprattutto per quanto riguarda la vita del discepolo di Gesù.

Si continuerà il prossimo giorno...
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