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Domenico34 – Gesù... Il Divin Guaritore – Capitolo 5. GUARIGIONI CONTENUTE NEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI

Ultimo Aggiornamento: 22/07/2011 00:15
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22/07/2011 00:15

Esame del testo

Il racconto della morte e risurrezione di Eutico, — anche se il termine risuscitare non è menzionato nel testo, ma lo lascia chiaramente presupporre —, è l’elemento che maggiormente dà più importanza all’evento miracoloso. Paolo si trova a Troas, con i fratelli del luogo, dove partecipa ad una riunione di culto; in esso la fratellanza è radunata per rompere il pane (v. 7) = celebrazione della Cena del Signore, e per accomiatarsi da Paolo, poiché l’indomani l’apostolo dovrà partire e quindi distaccarsi da quei cari.

I particolari menzionati da Luca, circa la camera alta, dove i fratelli erano radunati, e dove vi erano molte lampade, — ad olio, si intende —, hanno fatto pensare a diversi commentatori che l’aria si era talmente surriscaldata, da produrre la sonnolenza di Eutico.

Se questo fosse vero, come mai —, non viene detto di nessun’altro che si addormentò? In effetti, la sonnolenza di quel ragazzo fu prodotta, non tanto dall’aria calda e inquinata, quanto dal prolungamento del discorso di Paolo, protrattosi fino a mezzanotte. Qualcuno fa rilevare che l’età del ragazzo era dagli 8 ai 14 anni [I. Howard Marshall, Gli atti degli apostoli, pag. 462].

«Sicuramente Luca ha inteso narrare la resurrezione di un morto, trovando così un parallelo Paolino alla resurrezione di Tabitha (9:36). Il senso che egli dà all’episodio è accentrato soprattutto su tre particolari: è mezzanotte (v. 7); il modo con cui Paolo si precipita sul ragazzo e lo abbraccia ricorda 9:40; infine, le parole che pronuncia in quello stesso momento richiamano (Marco 5:39). Se la tesi di coloro che sostengono che, il ragazzo caduto dal terzo piano, fu raccolto ‘come morto’, fosse vera, giustamente osserva il Luzzi, il testo greco dovrebbe avere «ós necrús = come morto, ma dice assolutamente: érthé necros = fu levato morto: o: quando l’alzarono, era morto. Lo spiegare quindi la cosa come se si fosse trattato d’uno svenimento, d’un momentaneo sbalordimento, o che so io, come fanno l’Olshausen, il De Wette e altri, è far violenza al testo ed al contesto» [G. Luzzi, Fatti degli apostoli, pag. 220; G. Ricciotti, Gli atti degli apostoli e le lettere di S. Paolo, pagg. 262,263].

Anche se il racconto di questo ragazzo, viene interpretato come un ‘incidente’, e che Luca non fornisce tanti altri particolari, è sempre tuttavia la storia di uno che muore e risuscita. Il gettarsi di Paolo sul ragazzo e l’abbraccio, richiamano alla memoria quello che fecero Elia (1 Re 17:21) ed Eliseo (2 Re 4:34), due autentici racconti di resurrezione.

Il miracolo della risurrezione di Eutico, anche se viene attribuito a Paolo, è sempre una chiara testimonianza dell’intervento di Dio. Il fatto poi che si dica che ricondussero il ragazzo vivo, per cui furono oltremodo consolati, rappresenta un’ulteriore prova della manifestazione della potenza divina.

14. GUARIGIONI OPERATE NELL’ISOLA DI MALTA

Or avvenne che il padre di Publio giaceva a letto, malato di febbre e di dissenteria; Paolo andò a trovarlo e, dopo aver pregato, gli impose le mani e lo guarì. Dopo questo fatto, anche gli altri isolani che avevano delle malattie venivano ed erano guariti (Atti 28:8,9).

Esame del testo

Quest’altro racconto di miracoli di guarigione nell’isola di Malta, chiude tutte le storie di miracoli che il libro degli Atti ci ha tramandato. Anche se il testo non è ricco di particolari, è sempre un racconto che vale la pena considerare, se non altro per conoscere come si comportò Paolo in quei frangenti.

Paolo, assieme alle duecentosettantasei persone che erano con lui sulla nave, scamparono da quella tremenda tempesta, soprattutto perché Dio aveva detto all’apostolo che nessuno sarebbe perito (Atti 27:22-25,37).

Quando però misero piede sull’isola di Malta, gli isolani che li accolsero, si interessarono ad accendere un grande fuoco, perché tutti gli scampati potessero riscaldarsi, poiché pioveva e faceva freddo. Paolo, volle contribuire raccogliendo rami secchi per metterli sopra il fuoco. Sennonché, una vipera che, nel frattempo si era risvegliata per il calore del fuoco, si attaccò alla sua mano. Gli isolani nel vedere ciò, dissero:

Quest’uomo è certamente un omicida perché, pur essendo scampato dal mare, la giustizia divina non gli permette di sopravvivere. Ma Paolo, scossa la serpe nel fuoco, non ne risentì alcun male. Or essi si aspettavano di vederlo gonfiare e cadere morto all’istante; ma dopo aver lungamente aspettato e vedendo che non gli avveniva nulla di insolito, mutarono parere e cominciarono a dire che egli era un dio (Atti 28:4-6).

Mettendo da parte tutta la nostra immaginazione per ricostruire tutto quello che si sarà potuto verificare in questi isolani, per ciò che riguardava la vita di questo uomo-dio, Luca ci fa sapere, da testimone oculare quale egli era, che il capo dell’isola, di nome Publio, li accolse e li ospitò con grande cortesia per tre giorni (v.7), nella sua tenuta di campagna. Quello che avranno potuto dirsi in quei tre giorni, non ci viene dato di sapere. Con molta probabilità, Publio, avrà parlato a Paolo di suo padre e della sua malattia.

Talché Paolo avrà chiesto: “Se me lo permetti, vorrei visitarlo”. Il figlio avrà risposto: “Andiamoci subito”. Questa nostra supposizione di ricostruire la storia di quell’avvenimento, è avvalorata dal fatto che Paolo andò a trovarlo (v. 8). Se egli abitava assieme al figlio, questo modo di esprimersi di Luca, non avrebbe senso; mentre lo ha, se si suppone, — come la frase lascia intendere — che quell’uomo abitava in un’altro posto. Il figlio condusse Paolo dal padre, pensando che quest’uomo avrebbe potuto guarire il malato? Luca non ci rivela questo segreto. Però, quando Paolo arriva, nel vedere quell’uomo con la febbre e con la dissenteria, pregò, gli impose le mani, e il malato fu guarito.

Al paralitico di Listra, Paolo non innalzò nessuna preghiera in favore di quel malato, ma qui si sentì di pregare e di imporre le mani, prima che si avverasse la guarigione. Quando i nostri movimenti vengono guidati dallo Spirito Santo, oltre ad agire in accordo con la parola scritta (Marco 16:18), si manifestano la potenza e la virtù divina, che liberano dalle malattie.

La notizie della guarigione del padre di Publio, si diffuse rapidamente, talché, gli altri isolani che avevano delle malattie venivano ed erano guariti (v. 9). Ecco ancora una volta, che cosa può fare un uomo dotato del potere divino, o come si direbbe, che ha il dono delle guarigioni!

CONCLUSIONE


La vasta rassegna che abbiamo condotto nell’esaminare i miracoli di guarigione fisica che Gesù fece durante il tempo della sua permanenza su questa terra , secondo quello che ci hanno tramandato i sinottici, Giovanni e gli Atti, e, successivamente gli apostoli e credenti comuni, quali Stefano e Filippo, nonché quello che fece più tardi Paolo, ci hanno insegnato alcune verità fondamentali, che in breve vogliamo ancora una volta ribadire.

1) Tutti i miracoli che Gesù e gli apostoli compirono, sono presentati come ‘segni’, non solo per parlarci della potenza e della virtù divina, ma anche come prova dell’immutabilità di Dio. L’unico che non cambia mai nell’universo, è Dio e la sua Parola. La potenza divina che operava nella vita di Gesù e degli apostoli, è la stessa che opera attraverso i secoli e continuerà ad operare fino alla fine, procurando guarigione, liberazione ed ogni benessere nella vita umana.

2) Le guarigioni fisiche che Gesù e gli apostoli operarono, facevano parte integrale del loro ministero. Non era un qualcosa di accessorio e marginale, ma indiscutibilmente fondamentale che univa il divino all’umano, in una relazione inscindibile. Il ministero della predicazione del regno di Dio e del vangelo, unitamente alle guarigioni fisiche, camminavano di pari passo nell’adempimento del mandato divino; e se il primo portava alla conoscenza del volere di Dio, il secondo ne autentificava la natura e la provenienza.

3) La fede era sempre alla base di ogni guarigione divina, se non si trovava nel malato, si trovava indubbiamente in colui che veniva usato da Dio, in questo aspetto del ministero divino. Gesù, non sempre chiedeva ai malati se avevano fede per ricevere guarigione. Il più delle volte, non guariva in base alla fede che potevano manifestare i malati, ma in base alla Sua compassione. Gli apostoli agirono nella stessa maniera. Le guarigioni che Gesù e gli apostoli operavano, furono quasi tutte istantanee. Questo è il modello che dobbiamo seguire anche ai nostri giorni.

4) I miracoli di guarigione, non venivano fatti per la gloria dell’uomo o per la virtù o pietà umana, ma per la gloria di Dio e per la Sua virtù e potenza. Non c’erano casi disperati che la virtù divina non potesse risolvere e le malattie secondo la scienza medica di quei tempi, trovavano perfetta e completa guarigione per la potenza di Dio. Le cose che umanamente parlando erano impossibili, diventavano possibili, in accordo col principio divino che stabilisce che ogni cosa è possibile a Dio (Marco 10:27) e ogni cosa è possibile a chi crede (Marco 9:23).

Davanti ad una simile prospettiva, pensando soprattutto che il tempo dei miracoli fisici non è tramontato, ma servono anche oggi per confermare la parola (Marco 16:20), la preghiera che fece la chiesa di allora, è valida anche per i nostri giorni:

Signore, considera le loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunziare la tua parola con ogni franchezza, stendendo la tua mano per guarire e perché si compiano segni e prodigi nel nome del tuo santo Figlio Gesù (Atti 4:29,30).


BIBLIOGRAFIA



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R. G. Stewart, L’evangelo secondo Giovanni, 1987 Claudiana, Torino.
K. Weiss, GLNT, Vol. XI, 1977 Paideia, Brescia.

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura. Inoltre, per quanti fossero interessati ad avere lo studio in un’unico file, nel formato PDF di un libro, escludendo la carta stampata, non dovranno fare altro di chiederlo, privatamente a: cvl_dbarbera@yahoo.ca
e sarà loro inviato gratuitamente. Grazie!

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