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Domenico34 – Gesù... Il Divin Guaritore – Capitolo 5. GUARIGIONI CONTENUTE NEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI

Ultimo Aggiornamento: 22/07/2011 00:15
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Sesso: Maschile
20/07/2011 00:11

Quando si pensa all’effetto che ebbe nella vita delle persone che videro questa guarigione fisica, si deve convenire che la guarigione di un malato, non benefica solamente la sua vita, ma porta le persone a convertirsi al Signore. Questo è molto bello evidenziarlo, perché la salvezza di un solo peccatore, vale più di tutto il mondo intero.

9. LA RISURREZIONE DI TABITHA

Or in Ioppe c’era una discepola di nome Tabitha, che significa Gazzella; ella faceva molte buone opere e molte elemosine. Or avvenne in quei giorni che ella si ammalò e morì. Dopo averla lavata, fu posta in una stanza al piano superiore. E, poiché Lidda era vicina a Ioppe, i discepoli, udito che Pietro si trovava là, gli mandarono due uomini per pregarlo di venire da loro senza indugio. Pietro dunque si alzò e partì con loro. Appena giunse, lo condussero nella stanza di sopra; tutte le vedove si presentarono a lui piangendo e gli mostrarono tutte le tuniche e le vesti che Gazzella faceva, mentre era con loro. Pietro allora, fatti uscire tutti, si pose in ginocchio e pregò. Poi, rivoltosi al corpo, disse: «Tabitha, alzati!». Ed ella aprì gli occhi e, visto Pietro, si mise a sedere. Egli le diede la mano e l’aiutò ad alzarsi; e, chiamati i santi e le vedove, la presentò loro in vita. La cosa fu risaputa per tutta Ioppe, e molti credettero nel Signore (Atti 9:36-42).

Esame del testo

La risurrezione di Tabitha, ad opera di Pietro, è un’altra testimonianza della potenza del Cristo risorto e glorificato. Di miracoli di risurrezione, ce ne sono cinque menzionati nel N.T. (senza contare quello che si verificò alla morte di Gesù (Matteo 27:52): La figlia di Iairo (Marco 5:41,42); il figlio della vedova di Nain (Luca 7:11-15); Lazzaro di Betania (Giovanni 11); (tutte e tre operate da Gesù); Tabitha (ad opera di Pietro) ed Eutico (ad opera di Paolo (Atti 20:7-12).

Quella che ha più importanza e maggiore significato, è senza dubbio quella di Lazzaro di Betania. Le tre risurrezioni che Cristo operò durante la sua vita terrena, sono segni evidenti che egli, essendo Via, verità e vita (Giovanni 14:6), può ridare questa vita. Invece, quello che fecero Pietro e Paolo, sono segni di un potere straordinario divino che avevano questi due apostoli di Gesù Cristo, per dimostrare il legame che esisteva tra loro e il vivente Signore.

Considerando la maniera come Pietro si comportò in questa circostanza, si possono chiaramente vedere dei paralleli con Gesù. Nella casa di Iairo, Gesù mise fuori tutti quelli che si ridevano di lui, quando egli affermò che la fanciulla non era morta ma dormiva (Marco 5:39,40).

Quando Pietro arrivò nella casa di Tabitha, e fu condotto nella camera di sopra dove era stata sistemata, tutte le vedove piangendo mostravano le tuniche e le vesti che Gazzella aveva fatto prima di morire. Certamente queste persone non erano come quelle della casa di Iairo, ma erano credenti. Ciò nonostante, Pietro, che era stato un testimone oculare della risurrezione della figlia di Iairo, avrà ricordato senza dubbio quello che aveva fatto il Maestro, e fece lo stesso anche lui, nel mettere fuori tutte quelle vedove che piangevano davanti a lui. Cristo, in casa del capo della sinagoga Iairo non pregò prima di risuscitare la fanciulla, perché Egli, essendo Dio fatto carne, non aveva nessun bisogno di pregare; ma Pietro lo fece, avendo avvertito in quel momento, un particolare bisogno di Dio.

Cosa avrà detto in preghiera, non ci viene dato di sapere. Possiamo immaginare che egli, — essendo il primo caso di questo genere, ben diverso da quello che si era verificato nel caso di Enea —, che avrà chiesto una grazia speciale, per potere chiamare Tabitha alla vita. Non conoscendo la durata, probabilmente la preghiera di Pietro mirava a realizzare la certezza nella sua vita della potenza divina. Quando questa si impossessò fortemente in lui egli, non ebbe più nessun indugio ad alzarsi e a passare alla fase successiva.

Notate che a questo punto, l’apostolo non usa il nome del Gesù, come aveva fatto con lo zoppo alla porta Bella del Tempio; qui dà il comando, nella stessa maniera come aveva fatto Gesù nella casa di Iairo: Tabitha, alzati! Quella parola di comando, esprimeva in tono imperativo tutta la certezza che c’era nella vita di Pietro.
E, siccome era la fede in Cristo che lo sorreggeva in quel suo modo di parlare, la morta aprì gli occhi e si mise a sedere. Il miracolo si era già verificato; c’erano tutte le prove fisiche di una autentica risurrezione dai morti. Poiché Tabitha è viva, Pietro non indugia a chiamare le vedove e consegnare loro la morta vivente. Anche per questo evento miracoloso, al pari della guarigione di Enea, molti credettero nel Signore! (v. 42).

10. SEGNI E PRODIGI OPERATI ATTRAVERSO PAOLO E BARNABA

Essi dunque (Paolo e Barnaba) rimasero là molto tempo, parlando francamente nel Signore, il quale rendeva testimonianza alla parola della sua grazia, concedendo che segni e prodigi si operassero per mano loro (Atti 14:3). Allora tutta la folla tacque, e stavano ad ascoltare Barnaba e Paolo, che raccontavano quali segni e prodigi Dio aveva operato per mezzo loro fra i gentili (Atti 15:12).

Esame del testo

Chiuso il ciclo degli apostoli, Luca ne apre un altro che riguarda Paolo e Barnaba. Gli stessi segni e i medesimi prodigi che abbiamo visto in precedenza e in Pietro particolarmente, ora li vediamo in Paolo e Barnaba. La potenza e la virtù divina che avevano operato nella vita degli apostoli, guarendo tanti infermi, ora si manifesta attraverso Paolo e Barnaba.

Questa coppia di credenti e ministri del vangelo, se si trovano insieme a svolgere il ministero della predicazione di Gesù Cristo, è essenzialmente perché sono stati mandati dallo Spirito Santo (Atti 13:4). Lo Spirito che li aveva selezionati e mandati, era stato anche quello che li aveva equipaggiati del potere divino, per compiere segni e prodigi in mezzo al popolo.

I segni e i prodigi, di cui fa esplicito riferimento il racconto degli Atti, non sono quelli che fanno Paolo e Barnaba, ma quello che Dio fa attraverso loro (Atti 15:12). Che cosa vuol dire questo? Semplicemente che Paolo e Barnaba erano degli strumenti nelle mani di Dio, ed Egli nell’usarli, non faceva altro che rendere testimonianza alla parola della sua grazia.

Rendere testimonianza, ha infatti lo stesso significato di confermare la parola con i segni (Marco 16:20). Queste sono le vere credenziali che confermano un mandato divino, ed esprimono nello stesso tempo il compiacimento di Colui che ha mandato, cioè Dio.

I segni e i prodigi di cui parla il capitolo 14 degli Atti, non sono specificati da Luca, (tranne quello dell’uomo paralizzato di Listra, di cui ci occuperemo tra breve) nel senso di elencare i vari miracoli di guarigione; ma sono lì e testimoniano delle opere che Dio sta compiendo per opera di questi due suoi servitori. Passando poi al capitolo 15 degli Atti, in cui Luca dà un ampio resoconto di quello che accadde a Gerusalemme in occasione della prima Assemblea Generale della Chiesa, troviamo nuovamente il tandem, segni e prodigi, che servirono, non solo a descriverci quello che Dio aveva fatto in mezzo ai gentili per opera di Paolo e di Barnaba, ma che anche, in quella particolare circostanza, apparivano come una boccata di aria fresca, per raffreddare l’alta tensione che si era creata in mezzo ai fratelli.

Era nato infatti un grosso problema nella cristianità gentile, causato da certi giudeo-cristiani con aria di voler comandare e imporre quello che credevano giusto, affermavano che se i gentili non si circoncidevano, secondo il rito di Mosè, non potevano essere salvati. Al che nacque una non piccola controversia e discussione da parte di Paolo e Barnaba con costoro.

E poiché non fu possibile raggiungere un’intesa, fu deciso di mandare Paolo e Barnaba, assieme ad altri fratelli, per sottoporre agli apostoli, quel grosso problema, nella speranza di trovare una felice soluzione (vv. 1,2). Quando i lavori di questa Assemblea Generale vennero aperti, Pietro, prendendo per primo la parola, cercò di dimostrare chiaramente che la salvezza non si ha per mezzo dell’osservanza dei riti di Mosè, ma mediante la grazia del Signor Gesù Cristo]/C] (v. 11).

Si continuerà il prossimo giorno...
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