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Domenico34 – Gesù... Il Divin Guaritore – Capitolo 5. GUARIGIONI CONTENUTE NEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI

Ultimo Aggiornamento: 22/07/2011 00:15
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Sesso: Maschile
19/07/2011 00:09

La cecità, di cui fa riferimento il nostro testo, protrattasi per tre giorni senza vedere, nei quali né mangiò né bevve (v. 9), fu causata dal grande bagliore di quella luce che venne dal cielo che gli folgorò d’intorno (v. 3), mentre camminava sulla via di Damasco. Poiché quella circostanza diede una svolta radicale alla vita di Saulo, il rimanere tre giorni senza vedere, fu sicuramente molto salutare per la sua anima e il suo spirito, da indurlo a pregare (v. 11).

Poiché Cristo gli aveva dato un ordine di entrare in città, e lì avrebbe conosciuto quello che avrebbe dovuto fare, quei tre giorni di completa cecità, lo indussero a rimanere in uno stato di aspettativa. Gesù non parlò direttamente a Saulo, ma a un suo discepolo di nome Anania, al quale ordinò di andare nella strada detta Diritta, e cercare in casa di Giuda un uomo di Tarso di nome Saulo (v. 11).

Siccome questo uomo era molto conosciuto nell’ambiente cristiano, non per la sua fede, ma per la crudeltà nei confronti di quelli che invocavano il nome di Gesù, Anania non ebbe nessuna titubanza nell’obiettare:

Signore, io ho sentito molti parlare molto di quest’uomo di quanto male ha fatto ai tuoi santi in Gerusalemme E qui ha l’autorizzazione dai capi dei sacerdoti, di imprigionare tutti coloro che invocano il tuo nome (v. 13-14).

Al che il Signore rispose:

Va’, perché costui è uno strumento da me scelto per portare il mio nome davanti alle genti, ai re e ai figli d’Israele . Poiché io gli mostrerò quante cose egli deve soffrire per il mio nome (vv. 15,16).

Ricevuta l’assicurazione da parte del Signore, Anania non ha nessuna esitazione a raggiungere la casa in cui si trova Saulo ad attenderlo. E quando arriva, gli dice fermamente:

Fratello Saulo, il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, mi ha mandato perché tu ricuperi la vista e sii ripieno dello Spirito Santo (v. 17).

Chi era questo Anania che venne mandato da Saulo per fargli ricuperare la vista? Un semplice “discepolo” (v. 10). Infatti, il testo precisa che quando Anania impose le mani su Saulo, in quell’istante gli caddero dagli occhi come delle scaglie, e riacquistò la vista (v. 18).

Ecco, l’evidenza della guarigione fisica di un uomo che era rimasto cieco per tre giorni! Per questa guarigione non venne usato un apostolo, o un membro importante della Chiesa, ma un semplice discepolo che, equipaggiato della virtù divina, sanò la cecità di Saulo da Tarso.

Dal momento che questo Anania non viene più nominato, né che egli abbia fatto con altri, quello che fece con Saulo, non possiamo dire con certezza se questo semplice discepolo di Gesù, avesse ricevuto il dono delle guarigioni. Stando al racconto degli Atti e a quello che riusciamo a capire di quest’uomo, non ci sembra che il Signore Gesù abbia mandato Anania per far ricuperare la vista a Saulo, perché egli avesse il dono delle guarigioni, ma semplicemente per onorare il mandato divino.

Siccome quello che Anania compì, era una missione affidata dal Cristo, e non dalla volontà umana, sicuramente lo Spirito Santo l’avrà guidato ad imporre le mani sopra Saulo, e, a dargli nello stesso tempo quella fede necessaria, senza la quale difficilmente il miracolo si sarebbe verificato. Ai fini infatti, del miracolo per la guarigione fisica, quello che conta, non sono i titoli o le qualifiche che possono fare apparire una persona come ‘qualcuno’, ma la potenza e la virtù del Signore e Salvatore Gesù Cristo. A Lui tutta la gloria!

8. LA GUARIGIONE DI ENEA

Or avvenne che, mentre Pietro percorreva tutto il paese, venne anche dai santi che abitavano a Lidda. Qui trovò un uomo di nome Enea che già da otto anni giaceva in un letto, perché era paralitico. Pietro gli disse: «Enea, Gesù, il Cristo, ti guarisce; alzati e rifatti il letto». Ed egli subito si alzò. E tutti gli abitanti di Lidda e di Saron lo videro e si convertirono al Signore (Atti 9:32-35).

Esame del testo

Secondo questo racconto, Pietro sta svolgendo una missione itinerante, visitando la varie comunità della regione, compresa quella di Lidda. È in questa località che trova un uomo di nome Enea, (presumibilmente un cristiano) paralizzato da otto anni [Gerhard Schneider, Gli Atti degli apostoli, II, pag. 64, nota 25 in cui viene detto che ecs etōn oktō può significare eventualmente anche: «da quando aveva otto anni»; I. Howard Marshall, Gli Atti degli apostoli, pag. 246]. Per lo Stählin, «la durata della malattia ha il compito di sottolineare l’entità del miracolo [Gustav Stählin, Gli Atti degli apostoli, pag. 259].

Pietro, in qualità di apostolo di Gesù Cristo, al pari di tutti gli altri, venne usato dal Signore, nel campo dei miracoli di guarigione fisica, come abbiamo visto in precedenza. La virtù del Cristo che si trovava in lui, lo porta ad agire nella stessa maniera come agiva Gesù. Considerando il racconto della guarigione di Enea, così come Luca ce l’ha tramandato, è d’obbligo fare qualche osservazione: 1) Pietro, nel vedere quell’uomo disteso sopra il suo letto, non gli chiede se ha fede per essere guarito; 2) non chiede se può pregare per la sua guarigione; 3) infine, lui stesso non fa una preghiera perché il paralitico sia ristabilito; si limita solamente a dirgli: Enea, Gesù, il Cristo, ti guarisce: alzati e rifatti il letto.

Che la guarigione gliela dava Gesù e non Pietro, appare abbastanza evidente; l’apostolo era solamente lo strumento che Gesù usava, attraverso il quale faceva arrivare la guarigione a quel paralitico.

Poiché la virtù del Cristo opera in Pietro, non era necessario che l’apostolo chiedesse al malato se aveva fede per essere sanato. La sua guarigione infatti, non dipendeva dalla sua fede, ma da quella di Pietro. Non è affatto vero che un malato per essere guarito debba avere fede; è sufficiente che ce l’abbia colui che viene usato dal Signore. D’altra parte, come abbiamo più volte ripetuto, Gesù, poche volte chiedeva ai malati se avevano fede per ricevere la guarigione.

Nella stragrande maggioranza dei casi, Egli guariva i malati in base alla virtù sanatrice che Lui possedeva, e non in base alla fede che potevano manifestare i sofferenti. È molto importante capire bene questo concetto, non solo per avere chiarezza nella nostra mente, ma soprattutto per non giudicare il malato, nell’esercizio del dono ricevuto dal Signore.

In altre parole: Quando un credente ha il dono delle guarigioni, — e il dono in sé implica il possesso della fede per poterlo esercitare — nel senso più vero di questo termine, di solito non si appella alla fede del sofferente, perché si sa che nel malato, specialmente se la malattia si è protratta nel tempo, non sarà facile trovarla, ma sulla fede di colui che esercita il dono ricevuto.

L’apostolo Pietro, nell’esercizio di questo dono, non agiva sempre nella stessa maniera, cioè, non aveva regole fisse da osservare per tutti i casi. Se avvertiva la necessità di pregare, prima di dare il comando di guarigione, non esitava a farlo (Atti 9:40); mentre se avvertiva che lo Spirito Santo lo guidava in modo differente, agiva in quella direzione, e il risultato era sempre lo stesso, cioè la guarigione del malato.
Invece di dire: Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, alzati e cammina — come fu il caso dello zoppo alla porta Bella del tempio (Atti 3:6) —, in questa nuova circostanza dice solamente: Gesù, il Cristo ti guarisce. Notate che la fede, = certezza, è quella che egli ha, e non quella che potrebbe avere il paralitico, che gli fa proclamare la guarigione avvenuta.

Dal momento che in lui c’è questa certezza, il comando che impartisce: alzati e rifatti il letto, rappresenta la logica conseguenza di questa fede. Il fatto poi che il paralitico si alzò subito, ciò dimostra l’evidenza più schiacciante di una vera guarigione.

Si continuerà il prossimo giorno...
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