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Domenico34 – Gesù... Il Divin Guaritore – Capitolo 5. GUARIGIONI CONTENUTE NEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI

Ultimo Aggiornamento: 22/07/2011 00:15
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Sesso: Maschile
15/07/2011 00:15

Esame del testo

La guarigione dello zoppo, di cui parla il nostro testo, non è meno importante di quello che Gesù fece alla Piscina di Betesda, anche perché si tratta di considerare la stessa potenza divina che agiva in Cristo e che ora agisce nella vita degli apostoli. La specificazione che viene fatta di questo zoppo, fin dalla sua nascita, è senza dubbio l’elemento che contribuisce ad accrescere la spettacolarità dell’evento. Anche se ci viene detto che quell’uomo aveva più di quarant’anni (v. 22) e niente del tempo trascorso in questa sua condizione, il miracolo in sé stesso fu di tale rilevanza, che attirò un numero di persone verso il portico di Salomone (v. 11).

Pietro e Giovanni salivano insieme al tempio verso l’ora nona, l’ora della preghiera (v. 1).

Quantunque fossero seguaci di Gesù, non avevano nessuna difficoltà a partecipare all’ora della preghiera, delle tre pomeridiane, che presso i Giudei veniva chiamata la preghiera della sera. Non era quindi una riunione cristiana, — come si direbbe ai nostri giorni —, e, lo stesso tempio, non era il luogo dove i seguaci di Gesù si radunavano abitualmente per celebrare il culto a Dio.

La presenza di Pietro e di Giovanni in questo luogo prevalentemente frequentato dai Giudei, diede modo di manifestare la potenza divina, nella stessa maniera come faceva Gesù quando guariva i malati nelle sinagoghe (Luca 13:11-16).
Non era certamente nell’intenzione di Pietro e di Giovanni di avere una conversazione con lo zoppo che chiedeva l’elemosina alla porta Bella del Tempio. Siccome i due apostoli salivano al tempio per l’ora della preghiera pomeridiana, è impensabile che prima di allora, Pietro e Giovanni non avessero visto quello zoppo. Dal momento che il testo precisa che lo zoppo

veniva ogni giorno portato e deposto presso la porta del tempio, detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio (v. 2).

e poiché la preghiera all’ora nona si teneva ogni giorno, è insostenibile che prima di quel giorno, i due apostoli non avessero notato quello zoppo che sedeva alla porta. Quel giorno fu particolare, non perché Pietro e Giovanni avessero rivolta una parola allo zoppo, ma perché lo zoppo si rivolse a loro per chiedere l’elemosina. Se lo zoppo non l’avesse chiesta, si sarebbero fermati i due apostoli davanti a quell’uomo? Probabilmente no! Non perché in loro non ci fosse la virtù e la potenza per sanarlo, ma perché l’occasione non si era ancora presentata. Non era ancora il momento voluto da Dio.

Guarda noi, — dissero con fermezza gli apostoli a quel mendicante — . Ed egli li guardava attentamente sperando di ricevere qualcosa da loro (v. 4).

Davanti a quella precisa parola, era nella logica delle cose che quello zoppo aspettasse di ricevere qualche monetina, come del resto fanno quelli che si fermano davanti a quelli che chiededono l’elemosina. Però quando Pietro precisò che non aveva né argento né oro, quel povero mendicante, almeno per un attimo, avrà forse perso ogni speranza di ricevere. Ma poiché non era nell’intenzione di Pietro di lasciare quell’uomo nella delusione, aggiunse subito:

ma quello che ho te lo do: Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, alzati e cammina (v. 6).

Siccome Pietro era sicuro che quello zoppo sarebbe stato guarito proprio in quel momento, non ebbe nessuna esitazione e,

presolo per la mano destra, lo sollevò; e in quell’istante i suoi piedi e le caviglie si rafforzarono. E con un balzo si rizzò in piedi e si mise a camminare (v. 7-8a).

Ecco, l’evidenza del miracolo in tutta la sua spettacolarità! E, poiché quell’uomo era stato zoppo fin dalla sua nascita e non aveva mai camminato con i suoi piedi, perché alla porta Bella del tempio veniva portato da altri, il suo camminare in quel giorno, in uno stato normale, rappresentava inequivocabilmente l’evidenza più eloquente della manifestazione miracolosa divina che si era manifestata in lui. Poiché la guarigione non era finta ma reale, lo zoppo miracolato, non solo entra nel tempio assieme a Pietro e a Giovanni, ma comincia a saltare e a lodare Dio. In questo modo si adempì alla lettera la profezia d’Isaia: Lo zoppo salterà come un cervo... (Isaia 35:6). Il racconto di questo miracolo si conclude col dire che, quell’uomo venne riconosciuto come

quel tale che sedeva alla porta Bella del tempio a chiedere l’elemosina; e furono ripieni di sbigottimento e di stupore per ciò che gli era accaduto (v.10).

Riflessioni su questo evento miracoloso

1. Pietro e Giovanni insieme

La prima cosa su cui vogliamo riflettere è il fatto che Pietro e Giovanni vanno insieme al tempio, per l’ora della preghiera pomeridiana. Questo andare insieme, non era certamente casuale, ma rappresentava sicuramente il risultato di una precisa concertazione, di intenti comuni e di propositi determinati. Questo legame di comunione che viene espresso dall’avverbio “insieme”, ha il suo valore e il suo peso, soprattutto quando si pensa alle relazioni che intercorrono tra due cristiani, per ciò che concerne la preghiera e la vita spirituale in genere.

Anche se la preghiera è una forma di devozione personale, esercitarla insieme, non deve essere considerata come una pura forma liturgica, priva di un qualsiasi valore spirituale, ma come un pio esercizio per raggiungere comuni traguardi (Matteo 18:19). Trovarsi, quindi, insieme davanti a Dio, per una causa comune, per intercedere presso il trono della grazia in favore di un’anima, di un peccatore, di un popolo, di una nazione, o di un governante, è sempre qualcosa che piace al Signore, e, nello stesso tempo, ritorna al beneficio di quanti sanno dedicare un po’ del loro tempo in questo pio esercizio della preghiera.

Anche se Pietro e Giovanni hanno una differente personalità, diversità di cultura e diversità di età, non hanno nessuna difficoltà di andare insieme nello stesso luogo per pregare. Questo ci fa comprendere chiaramente che, la preghiera, lungi dall’essere un esercizio che fomenta i dissensi e le discrepanze, svolge una funzione di accomunare, amalgamare e consolidare i principi divini di sana convivenza e di reciproco interesse per le cose di Dio.

2. Pietro senza argento e oro

Quando Pietro rispose allo zoppo di non avere argento e oro, diceva la verità, cioè in quel giorno nelle sue tasche, non si trovava nessuna moneta, — poiché l’argento e l’oro, nel contesto di questo racconto, avevano senza dubbio il senso del denaro — . Come è possibile, che, Pietro, che in quel tempo svolgeva probabilmente la funzione di capo della comunità cristiana, si trovasse senza denaro in tasca? E se in quella giornata ci fosse stata una richiesta di un’offerta, avrebbe Pietro potuto parteciparvi? Sicuramente no!

Ai nostri giorni, con la mentalità moderna, è possibile pensare che un ministro del vangelo vada in una riunione di culto, senza avere denaro in tasca? Eppure Pietro era lì, stava entrando nel tempio, senza preoccuparsi di avere pensato di mettersi in tasca del denaro, prima di partire da casa, ammesso che ne avesse. A un povero mendicante che chiede l’elemosina, Pietro non ha nessuna vergogna di rispondere: Io non ho né argento né oro, frase, questa che voleva dire: Non posso aiutarti in questo giorno; quello che mi chiedi non te lo posso dare, perché non ho denaro in tasca. A questo punto, I. Howard Marshall, ha ragione quando osserva:

«In nessun senso la narrazione implica la proibizione di dare aiuto materiale ai poveri e ai bisognosi, e da essa non si deve nemmeno dedurre che il dovere della Chiesa sia quello di offrire la salvezza spirituale e non l’aiuto fisico e materiale — dopo tutto qui si dà guarigione fisica e non salvezza spirituale — ! Comunque, una lezione c’è e riguarda le priorità della Chiesa» [I. Howard Marshall, Gli atti degli apostoli, pagg. 112,113].

Si continuerà il prossimo giorno...
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