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La Vita di Cristo non è racchiusa in un pensare. E se invece di un pensiero tu portassi la Vita?
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Domenico34 – Gesù... Il Divin Guaritore – Capitolo 4. GUARIGIONI CONTENUTE NEL VANGELO DI GIOVANNI

Ultimo Aggiornamento: 13/07/2011 00:12
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13/07/2011 00:12

Questa notificazione che giunse a Gesù, anche se non fu fatta in forma di una specifica richiesta di aiuto, — come avveniva per tanti altri malati —, aveva sicuramente lo scopo di fare intervenire Gesù. Anche se Marta e Maria non chiesero a Gesù di guarire il loro fratello, nel loro intento c’era sicuramente questo fine.
Sembra assurdo e inconcepibile che Gesù non mandi una risposta alla due sorelle. Le parole che Cristo disse: Questa malattia non è a morte, le disse a se stesso e non come una risposta a Marta e a Maria. Essendo nel frattempo sopraggiunta la morte, quale sentimento avrebbero prodotto queste parole di Gesù se fossero state rivolte alle due sorelle?

Che senso avrebbero dovuto dare alle parole del Maestro, e quale sarebbe stata l’utilità che avrebbero potuto trarne dall’evolversi negativamente della situazione? Quelle parole, non sarebbero state interpretate sicuramente come una sicura guarigione per il loro fratello. Non sarebbe stata invece una grande delusione col sopraggiungere della morte? Tutte queste domande, hanno una sola risposta: Sicuramente!

D’altra parte, Gesù conoscendo che le sue parole questa malattia non è a morte, sarebbero state erroneamente interpretate, preferì tenerle per sé e non dare nessuna risposta alla due sorelle. A questo punto, l’evangelista Giovanni precisa:

Come dunque Gesù ebbe inteso che Lazzaro era malato, si trattenne ancora due giorni nel luogo dove egli era (v. 6).

I due giorni di ritardo, furono fatali per Lazzaro, perché nel frattempo sopraggiunse la morte. Quando infatti Gesù arrivò a Betania, Lazzaro era morto e seppellito da quattro giorni. Sarà stata una vera sorpresa, quando Marta sentì dell’arrivo di Gesù. Infatti, dalle parole che rivolse a Gesù, possiamo comprendere in quale stato si trovasse e che senso dava alla sua venuta.

Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto (v. 21).
Come per dirgli: “Sei arrivato in ritardo; avresti dovuto venire prima della morte di mio fratello, quando cioè ti è stata notificata la sua malattia”. A questo punto domandiamoci: Le parole di Marta, hanno un senso di un velato rimprovero, o vogliono esprimere piuttosto la mancanza di fede? Anche se dalla continuazione si, potrebbe escludere questo,

ma anche adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà (v. 22),
e dalla risposta che Cristo diede: Tuo fratello risusciterà (v. 23). Non appare però in questa prospettiva, la replica di Marta:

Lo so che risusciterà nella risurrezione dell’ultimo giorno (v. 24).
Soppesando dunque tutte queste parole, siamo portati a pensare che Marta, volle esprimere un velato rimprovero a Gesù, per il suo marcato ritardo. Cristo si rese conto che Marta non capiva giustamente le sue parole. Infatti lei, da pia giudea che era, confessò chiaramente la sua credenza nella risurrezione dei morti, nell’ultimo giorno. Ma siccome Gesù non parlava della risurrezione dell’ultimo giorno, si rese necessario che Egli facesse una precisa e categorica affermazione, che prima di allora non aveva mai fatto:

Io sono la risurrezione e la vita; chiunque crede in me, anche se dovesse morire, vivrà. E chiunque vive e crede in me, non morrà mai in eterno. Credi tu questo? (v. 25,26).

Di fronte a questa solenne dichiarazione, c’era solamente da dire, sì o no! Gesù non chiese se lei credesse al fatto che lui era il Cristo, il Figlio di Dio, che doveva venire nel mondo, ma solamente che Egli è la risurrezione e la vita. Che Marta non credesse che suo fratello Lazzaro sarebbe risuscitato dai morti, proprio in quel giorno, lo dimostra il fatto che quando Cristo diede l’ordine di togliere la pietra che stava davanti al sepolcro, nessuno obiettò all’infuori di Marta che disse:
Signore, egli puzza già, poiché è morto da quattro giorni (v. 39).

Quelle semplice parole, dette con tanta di naturalezza, in realtà mettevano in evidenza che, pur avendo confessato che tutto quello che Gesù avesse chiesto al Padre, Egli glielo avrebbe dato (quindi a rigore di logica anche la risurrezione di suo fratello), erano solamente parole e nient’altro che parole. Lo dimostra Cristo, in maniera inequivocabile con la sua risposta:

non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio? (v. 40).
Gesù aveva affermato chiaramente, fin da quando ricevette la notizia sullo stato di Lazzaro, che quella malattia
non era a morte, ma per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio sarebbe stato glorificato (v. 4).

La guarigione di Lazzaro, — come avrebbero voluto le due sorelle, Marte e Maria —, non avrebbe significato la manifestazione della gloria di Dio e neanche la glorificazione del Figlio; ma solo la risurrezione dei morti sì, specialmente se si tiene conto che quella si verificò, dopo quattro giorni dell’avvenuto decesso. Ma prima di proseguire, ritorniamo indietro, per esaminare se le parole di Maria, che furono poi le stesse di sua sorella Marta, avevano lo stesso significato. Il testo precisa che prima che Maria parlasse a Gesù, si gettò ai suoi piedi, cosa che non aveva fatto sua sorella Marta. È quel gettarsi ai piedi di Gesù, prima di ogni cosa, che fa la differenza; questo gesto rivela infatti un atteggiamento della vita interiore e una umiltà senza pari.

Quel semplice atto, non deve essere spiegato solamente dal punto di vista umano: di una donna che, essendo straziata dal dolore per la morte di suo fratello, cerca di sfogarsi davanti a colui che ella ama. C’è qualcosa di più del semplice sfogare; c’è la dimostrazione della sua sottomissione all’autorità del suo Signore. Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto (v. 32).

Quantunque siano le stesse parole di Marta, — come abbiamo detto sopra —, esse non avevano però lo stesso significato nella sua bocca. Lo prova il fatto che, Gesù non ebbe bisogno di aggiungere altro come ha fatto a Marta. Avendo fremuto nel suo spirito Gesù si turbò, e chiese: Dove l’avete posto? E dopo di aver pianto, dimostrando così di essere un vero uomo, arrivò davanti alla tomba di Lazzaro.

Gesù alzò gli occhi al cielo, denotando la sua intima unione col Padre, espressione della sua dignità di Figlio, rivolge una preghiera al Padre, è un autentico ringraziamento, nel senso più stretto della parola (v. 41), tendente a far conoscere alla folla presente chi Egli è, affinché credessero in Lui come l’inviato del Padre (v. 42), e a gran voce chiama Lazzaro a venir fuori dal sepolcro (v. 43).

A questo punto si potrebbe chiedere: Perché Gesù gridò forte e chiamò Lazzaro a venir fuori dalla tomba? Quel gridare forte, esprimeva la sua maestà e il suo potere, e, anche se era indirizzato al morto, non poteva escludere la folla ivi presente, nel senso che tutti dovranno un giorno udire quelle parole, per poi, in un secondo tempo, renderne testimonianza. Ma il chiamare con voce poderosa il morto di nome, si rendeva necessario, onde evitare che tutti i morti di quel cimitero uscissero fuori dai loro sepolcri, poiché colui che chiamava, era il giudice dei vivi e dei morti (Atti 10: 42). Arriverà infatti il tempo, quando lo stesso Figlio, con voce autorevole, chiamerà tutti i morti dai cimiteri, ed essi, ascoltando la sua voce, ne usciranno fuori (Giovanni 5:25-29).

A questo punto il testo evangelico precisa che il morto uscì, con le mani e i piedi legati con fasce e con la faccia avvolta in un asciugatoio (v. 44). Se il morto aveva legati le mani e i piedi e la faccia avvolta in un asciugatoio, come fece ad uscire fuori dal sepolcro? Qualcuno giustamente a chiamato questo evento, un «miracolo nel miracolo» Ibidem.

A sua volta Agostino si esprime nel seguente mondo:

«Vi stupite perché poté uscire pur avendo le mani e i piedi legati, e non vi stupite perché risorse dopo quattro giorni dalla morte? In ambedue i prodigi vi era la potenza del Signore, non la forza del morto».

Il racconto si conclude col dirci che, molti dei Giudei. che erano venuti da Maria e avevano visto tutto quello che Gesù aveva fatto, credettero in lui (v. 45).

Questo è senza dubbio, il fine principale di questo evento miracoloso. Se Gesù, prima che Lazzaro morisse aveva dichiarato che quella malattia non era a morte, ma per la gloria di Dio, affinché il Figlio fosse glorificato per mezzo di essa (v. 4), questa doppia glorificazione si doveva manifestarsi e adempiersi alla lettera, attraverso un’opera particolare. Infatti, risuscitare un morto, dopo quattro giorni dal suo decesso, già in fase di putrefazione, sarebbe stato più di una semplice guarigione che Gesù avrebbe compiuto se fosse andato a Betania, quando venne chiamato dalle due sorelle, Marta e Maria. Il Padre, in quella preghiera-ringraziamento che Gesù elevò, davanti alla tomba e in presenza della folla, doveva essere glorificato.

Padre, ti ringrazio che mi hai esaudito. Io sapevo bene che tu mi esaudisci sempre... (vv. 41,42).

Tutti dovevano sapere che quella risurrezione non era solamente opera del Figlio, ma era anche opera del Padre. Nella maniera che il Figlio glorifica il Padre, così il Padre glorifica il Figlio: ecco la doppia glorificazione adempiuta davanti a molti Giudei, i quali credettero in Gesù, a motivo di tutto quello che avevano visto operare da Lui.

PS: Se ci sono delle domande da fare, fatele liberamente e rispondere con premura
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