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Domenico34 – Gesù... Il Divin Guaritore – Capitolo 3. GUARIGIONI CONTENUTE NEL VANGELO DI LUCA

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2011 00:16
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07/07/2011 00:13

Se la nostra obbedienza alla parola del Signore non viene giustamente valutata e sottolineata, noi non possiamo essere messi in condizione di sperimentare la potenza e la virtù di Dio nella nostra vita. Questa non è una regola umana, è un principio divino, valevole per ogni situazione e per ogni tempo.

Il fatto poi che, uno dei dieci lebbrosi, vedendosi guarito, ritorni da Gesù, ringraziandolo e glorificando Dio ad alta voce, questa è una prova del senso di gratitudine del miracolato, nei confronti del suo benefattore. Nonostante che tutti i dieci lebbrosi fossero stati guariti, solo uno ritorna a Gesù e gli manifesta la sua riconoscenza. Anche se questi era un Samaritano, cioè uno straniero, non ebbe nessuna vergogna a gettarsi con la faccia a terra ai piedi di Gesù. Gesù che è molto sensibile ai sentimenti di gratitudine e di riconoscenza, rivolgendo la Sua parola a questo straniero gli dice: «Alzati e va’; la tua fede ti ha guarito».

È sempre in virtù della fede in Dio, che l’uomo di tutti i tempi, può realizzare e sperimentare nella sua vita, la virtù miracolosa di una guarigione, di una protezione e di una liberazione, sia per quanto riguarda la vita spirituale come anche la vita umana. A Dio sia la gloria!

8 LA GUARIGIONE DELL’ORECCHIO RECISO DEL SERVO DEL SOMMO SACERDOTE

E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli recise l’orecchio destro. Ma Gesù... toccato l’orecchio di quell’uomo, lo guarì (Luca 22:50,51).

Nota preliminare.

Anche se i quattro evangelisti hanno ricordato l’arresto di Gesù nel Getsemani, dell’orecchio reciso al servo del sommo sacerdote e della sua guarigione, solo Luca ne, parla — e sicuramente egli avrà avuto qualche particolare motivo per inserirlo nel suo evangelo —. Infine, i particolari che Giovanni ha inserito nel suo evangelo, riguardante l’arresto di Gesù nel Getsemani, anche se non sono attinenti al tema di questo libro, vale sempre la pena considerarli, per meglio valutare ed apprezzare qualche riflessione.

Esame del testo

Dopo aver mangiato l’ultima cena pasquale con i suoi dodici apostoli, Gesù si recò nel giardino del Getsemani, accompagnato da undici apostoli, (nel frattempo, Giuda se ne era andato, dai capi sacerdoti per complottare il tradimento di Gesù). Là, con una accorata e ripetuta preghiera, Gesù chiese:

Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia volontà, ma la tua (Luca 22:42).

Dopo avere esortato i suoi apostoli a vegliare e a pregare per non entrare in tentazione (Marco 14:38,

arrivò Giuda, e con lui una grande turba con spade e bastoni, mandati dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo (Matteo 26:47).

Quando Giuda si avvicinò a Gesù e lo baciò caldamente, secondo il segno che aveva dato ai capi sacerdoti (Matteo 26:48) per effettuare l’arresto sicuro di Gesù, uno degli apostoli presenti, di nome Pietro, trasse la sua spada dal fodero e recise l’orecchio del servo del sommo sacerdote, di nome Malco (Giovanni 18:10).

Davanti ad una simile azione insolita e crudele, (qualcuno la potrebbe giustificare come una legittima difesa, non tanto per lui, quanto per Gesù), Gesù disse delle parole, che non sono riportate nella stessa maniera dai tre evangelisti, cioè, Matteo, Luca e Giovanni. Matteo, scrisse:

Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che mettono mano alla spada, periranno di spada (Matteo 26:52).

Luca, si limita solamente a dire: Lasciate, basta così (Luca 22:51). Prima però, di queste parole, l’evangelista mette in bocca agli apostoli, una domanda: Signore, dobbiamo colpire con la spada? (Luca 22:49). E senza che Gesù avesse dato la risposta, Pietro colpì. Questa sua azione così tempestiva, avrebbe avuto senso, se Pietro assieme agli altri non avesse fatto la domanda a Gesù; ma poiché la fece, a rigore, avrebbe dovuto aspettare la risposta, cosa che Pietro non fece. Per Giovanni invece si tratta di:

Riponi la tua spada nel fodero; non berrò io il calice che il Padre mi ha dato? (Giovanni 18:11).

L’evangelista Giovanni, non si limita solamente a riportare la frase relativa alla spada, aggiunge un particolare, degno di essere messo in evidenza, per il suo particolare significato che ha, in relazione alla deità di Gesù Cristo.

Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli stava per accadere, uscì e chiese loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù il Nazareno». Gesù disse loro: «Io sono!». Or Giuda che lo tradiva era anch’egli con loro. Appena egli disse loro: «Io sono», essi indietreggiarono e caddero a terra (Giovanni 18:4-6) [D. Barbera, Gesù Cristo è Dio?, pag. 267, per conoscere la nostra valutazione che abbiamo fatto intorno all’«Io sono»].

Siccome questo particolare, lo riporta solamente Giovanni, — e l’evangelista nel riportarlo, avrà avuto uno scopo ben preciso, poiché egli, più di tutti gli altri scrittori del N.T., tratta della deità di Gesù Cristo, in una maniera sorprendente, basta pensare al prologo del vangelo, 1:1-14 —, quella scena, va considerata in profondità,
nei suoi vari aspetti.

Nel nostro libro, “Gesù Cristo è Dio?”, appena citato, abbiamo fatto riferimento a questo testo, in relazione al valore e significato profondo dell’«Io sono», ora, vogliamo parlare della caduta delle guardie e dei soldati, per vedere se questo testo può essere usato agevolmente, per provare le morderne cadute che si verifichino, in certi ambienti cristiani e in determinate riunioni.

Questo, ovviamente, lo faremo nella riflessione che seguirà. Ma ritorniamo alla guarigione dell’orecchio reciso al servo del sommo sacerdote. Il testo di Luca dice chiaramente che Gesù: Toccato l’orecchio di quell’uomo, lo guarì. Poiché questo racconto miracoloso è l’ultimo della serie che l’evangelista riporta nel suo evangelo, vale la pena spendere qualche parola di commento, per meglio apprezzare e comprendere l’azione premurosa di Gesù.

La prima cosa che si presenta alla nostra riflessione è la seguente: Probabilmente, Pietro, per difendere il Maestro, aveva l’intenzione non solo di recidere l’orecchio a quel servo, ma, forse, di tagliargli addirittura la testa. Ora, se Cristo non fosse intervenuto, avrebbe avallato e giustificato l’azione di Pietro.

Questa, — anche se la consideriamo sotto il profilo umano —, è sempre un’azione violenta, da non poterla giustificare in nessuna maniera. Gesù Cristo, nel corso del suo ministero terreno, ha chiaramente insegnato la non violenza, a tutti i livelli. Basta pensare alle sue parole pronunciate nel grande sermone sulla montagna:

... se uno ti percuote sulla guancia, porgigli anche l’altra, e se uno vuol farti causa per toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello. E se uno ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due (Matteo 5:39-41).

Naturalmente, questo suo preciso insegnamento, che Egli aveva dato con forza, chiarezza e autorità, doveva essere dimostrato nella vita pratica, e, l’occasione dell’azione violenta che Pietro compì per difenderlo, Gesù lo dimostrò, sanando l’orecchio reciso al servo del sommo sacerdote. Il testo sacro dice che Gesù, toccò l’orecchio di quell’uomo. Per rimettere a posto l’orecchio tagliato, sarebbe stato sufficiente che Cristo avesse detto una parola, e quella parte staccata, si sarebbe rinsaldata, e tutto sarebbe ritornato come prima.

Ma Egli volle mettere le sue mani, nella maniera come fa un chirurgo, per guarire quella ferita inferta dal colpo di spada che Pietro brandì. Questo semplice gesto dimostra, non solo la virtù guaritrice che abita in Cristo, ma evidenzia con forza la sua compassione e il suo interessamento verso un uomo che era stato danneggiato da un suo discepolo.

Si continuerà il prossimo giorno...
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