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Domenico34 – Gesù... Il Divin Guaritore – Capitolo 3. GUARIGIONI CONTENUTE NEL VANGELO DI LUCA

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2011 00:16
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05/07/2011 00:14

Non fu qualcuno dei suoi discepoli che destò l’attenzione del Maestro, o qualcuno della folla, e neanche la stessa madre che avesse rivolto una supplica al Signore, ma lui stesso si mosse a compassione. È la stessa compassione che si manifestò, allorquando Gesù vide le folle, stanche e disperse, come pecore senza pastore (Matteo 9:36); oppure, quando scendendo dalla barca, vide una grande folla e per amore verso quelle ne guarì gli infermi (Matteo 14:14; Marco 6:34), questa stessa compassione spinse il Signore a dire: Non piangere!.

Se Gesù si fosse limitato solamente a rivolgere quella parola a quella donna, sì, sarebbe stato considerato come uno dei consolatori, che in simili circostanze usa parole di incoraggiamento a colui che è colpito dal lutto: Coraggio, fatti animo, la vita continua ancora! Egli non era soltanto uno di questi consolatori; Egli è il consolatore per eccellenza, e fa quello che ness’ualtro consolatore è capace di fare.

4. L’autorità e la divinità di Gesù messe in evidenza

Quando Gesù disse al giovinetto: Io ti dico, alzati, non era la voce di un semplice uomo, era la voce del Signore dei vivi e dei morti, il Padrone dell’Universo, il Creatore di tutte le cose. Non c’è voce umana che abbia la capacità di farsi sentire da un morto; ce n’è uno solo, in tutto l’Universo che abbia questa capacità, ed è il Figlio di Dio (Giovanni 5:25).

Il suo Io, fermo e poderoso, che pronuncia nella forma di un comando, non è quello presuntuoso ed orgoglioso di un uomo, ma la parola del Supremo, dell’Altissimo, che tutti devono rispettare, e la morte stessa non potrà sottrarsi alla Sua autorità. Attraverso questo miracolo, Gesù manifesta di possedere uno dei tanti attributi divini, cioè l’onnipotenza, che si erge poderosa sulla morte, in virtù della quale la sua divinità non può essere messa in discussione, ma viene dimostrata.

5. L’evidenza di un vero miracolo

I veri miracoli che vengono compiuti da Dio, portano il segno inconfondibile dell’evidenza e della realtà. Fare aprire gli occhi a un morto o fargli muovere la testa, è un’opera allucinatoria che possono compiere i maghi, mediante le loro arti magiche. Ma fare alzare un morto, mettersi a sedere e cominciare a parlare, questa non è cosa che possono fare i mistificatori di menzogna. Si racconta nella letteratura apocrifa, che un giorno Simon mago, volle sfidare l’apostolo Pietro, dimostrandogli che anche lui risuscitava i morti. Al che Pietro rispose:

«Fare aprire gli occhi ad un morto e fargli muovere la testa, non è l’evidenza di una vera risurrezione, ma è solo l’opera che può compiere un mago. L’evidenza di una autentica resurrezione sta nel fatto che il morto si deve alzare e parlare».

La resurrezione del giovinetto di Nain, che Cristo compì, portava tutti i segni di una autentica resurrezione.

6. Un confronto tra le resurrezioni operate dal altri e quelle operate da Gesù

La gente di Nain, nel dire: Un grande profeta è sorto fra noi, sicuramente avrà pensato, a quello che fece Elia, allorquando il figlio della vedova di Sarepta, venne risuscitato. Questa risurrezione fu il risultato dell’invocazione del profeta e del suo distendersi sopra il fanciullo per tre volte (1 Re 17:21). Anche la risurrezione del figlio della donna di Shunem, operata da Eliseo, fu il risultato della preghiera che venne elevata all’Eterno e il distendersi del profeta sopra il corpo del fanciullo (2 Re 4:33-35).

Per la risurrezione di Tabita, ci viene detto che Pietro, si pose in ginocchio e pregò; quindi, la sua risurrezione, fu il risultato della preghiera che l’apostolo innalzò al Signore (Atti 9:40). Ma le risurrezioni che Cristo operò, furono ben diverse da quelle che fecero Elia, Eliseo e Pietro, in quanto questi ebbero bisogno di pregare, Gesù invece operò in virtù della propria potenza a ridare la vita ai morti (Giovanni 5:21), senza avvertire la minima necessità di implorare il Padre o di compiere gesti particolari. La stessa parola creatrice, sia la luce e la luce fu, che troviamo nel principio (Gen. 1:3), fu quella che si rivolse al morto di Nain e a Lazzaro di Betania (Giovanni 11:43), in virtù della quale i morti ritornarono in vita, prefigurazione questa di una più vasta risurrezione che il Figlio di Dio compirà, quando chiamerà tutti i morti ad uscirne fuori dalle loro tombe (Giovanni 5:28,29).

4. LA MISSIONE DEI SETTANTA

E in qualunque città entriate... guarite i malati che saranno in essa e dite loro: Il regno di Dio si è avvicinato a voi (Luca 10:9).

Nota preliminare

Esaminando il racconto di Luca e confrontandolo con quello di Matteo (cap. 10), si intravede subito che la missione dei settanta, non è in parallelo con quella dei dodici apostoli, anche se certi tratti sono uguali. Indubbiamente, il materiale di questo racconto, è un’esclusiva di Luca e lui lo inquadra nella prospettiva di una particolare missione, senza togliere il merito che, questa missione, deve servire come modello anche per quella della Chiesa.

Nel numero «settanta», si è cercato di dare una corrispondenza ai settanta anziani di Es. 24:1 o ai settanta uomini sui quali si posò lo Spirito (Nun. 11:24,25), o ancora al numero del sinedrio, o secondo l’idea giudaica, fondata su Gen. 10, che la razza umana era composta di 70 o 72 popoli.

Qualunque sia stato il vero motivo che Gesù designò questi settanta, da inviare in ogni città e luogo dove egli stava per recarsi (Luca 10:1), sta di fatto che questa fu una missione “temporanea”, visto che non viene fatta nessuna menzione in tutto il N.T. né nei primi anni della Chiesa. Nonostante che questa missione abbia il senso della temporaneità, è sempre una missione autorizzata e voluta da Gesù, con dei precisi scopi e con un programma ben definito, che potrà ispirare ogni futura missione della Chiesa.

Ovviamente, secondo quello che ci siamo prefissi, di questa missione, prenderemo in esame, solo quella parte che ha a che fare con le guarigioni fisiche.

Esame del testo

Il comando che venne dato ai settanta fu: Guarite i malati.... Il fatto che non vengano specificate le malattie da guarire, è una prova che la potenza e la virtù concesse da Gesù a questi missionari, non aveva nessuna limitazione. Nella casa o nella città in cui sarebbero entrati, non dovevano soltanto portare il messaggio della pace, mangiare quello che gli avrebbero dato; dovevano anche guarire gli ammalati. In altre parole, l’attenzione di questi missionari non doveva essere rivolta solamente alle persone in buona salute, ma anche verso gli ammalati.

La guarigione degli infermi, faceva, quindi, parte integrante della missione dei settanta. Sorvolare questo particolare, come se fosse un elemento marginale, da non paragonarlo allo stesso rango del messaggio della pace, significa misconoscere la parola del Signore Gesù.

Convinti di queste due attività missionarie, la Chiesa di Gesù Cristo, dei nostri giorni, in modo particolare, ha tanto da imparare, ispirandosi ad esse, nell’attività nel suo ministero, per cui, l’attività riguardante la guarigione degli ammalati, deve avere lo stesso spazio e la stessa importanza che si concede alla predicazione della Parola, del regno di Dio, o al messaggio della pace.

Se poi si ribadisce il fatto che, Gesù Cristo è lo stesso: ieri, oggi e in eterno (Ebrei 13:8), ne consegue che il Suo ministero, a cui deve ispirarsi la Chiesa, deve essere visto e valutato nel suo duplice aspetto: quello di proclamare l’evangelo e quello di sanare gli infermi. Le due attività che Gesù svolgeva, nel tempo del suo ministero terreno, erano inscindibili e si completavano a vicenda, nel senso che, se la proclamazione dell’evangelo e del regno di Dio facevano conoscere agli uomini la vera volontà di Dio, le guarigioni fisiche, erano il segno dall’autenticazione della potenza e della virtù divine. Tenendo presente quest’aspetto del ministero di Gesù, si possono le parole meglio valutare:

E questi sono i segni che accompagneranno quelli che avranno creduto: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno nuove lingue; prenderanno in mani dei serpenti, anche se berranno qualcosa di mortifero, non farà loro alcun male; imporranno le mani agli infermi, e questi guariranno (Marco 16:17-18).

Si continuerà il prossimo giorno...
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