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Domenico34 – 2Corinzi 5:21 – Gesù, fatto diventare peccato per noi

Ultimo Aggiornamento: 01/02/2011 00:38
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09/12/2010 12:06

4. LA CONSEGUENZA DEL “DIVENTARE PECCATO”

Una volta che alla croce Gesù Cristo diventò peccato, il trattamento riservatogli dal Padre, doveva essere adeguato alla nuova condizione in cui si trovava. Abbiamo detto che Cristo non diventò peccato in maniera fittizia, ma reale; ragione per cui, non poteva essere trattato benevolmente come il prediletto Figlio, ma doveva essere trattato come un essere che personificava il peccato, non di una sola persona, ma di tutta l’umanità.

Ha perfettamente ragione G. Ricciotti, quando scrive:

«(Iddio) rese il Cristo peccato, che è il contrapposto al seguente diventassimo giustizia. Perciò, a rigore, peccato non significa qui vittima del peccato (questo potrà essere un significato conseguente), ma indica piuttosto la condizione giuridica di chi ha commesso il peccato» [Cifr. G. Ricciotti, Gli atti degli apostoli e le lettere di S. Paolo, pag. 428].

A questo punto è anche molto importante considerare un altro testo di Paolo:
Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione per noi (poiché sta scritto: «Maledetto chiunque è appeso al legno (Galalati 3:13)
Tenendo presente questo concetto teologico, l’abbandono del Padre, rappresentava l’inizio e la prima conseguenza del trattamento legale di Dio nei confronti di Gesù diventato peccato. Qualcuno della chiesa, dopo avermi sentito predicare su questo soggetto, mi ha detto: «Il Padre ha dovuto chiudere gli occhi per fare quello che fece». Ed io aggiunsi: «Non ha dovuto chiudere solamente gli occhi, ha dovuto anche serrare i denti».
Assumendo questa nuova condizione, Gesù doveva subire un tremendo castigo su di sé: Il castigo dell’ardente ira di Dio. La giustizia di Dio esigeva una severa punizione sul peccato. Il profeta Isaia, profetizzando sulle sofferenze del servo dell’Eterno, figura del Messia, Gesù Cristo, aveva predetto che l’Eterno in persona lo avrebbe percosso (Isaia 53:10). La N. Riveduta ha tradotto “stroncare”; G. Luzzi e G. Diodati “fiaccare”; la CEI e Marietti “prostrato”; mentre A. Martini “consumarlo”. Le versioni Inglesi si sono dichiarati alcuni per “Bruise” = contusione, ammaccatura, percuotere, frantumare e “crush” = pigiatura; schiacciamento; oppressione. Schiacciare, far scricchiolare, frantumare; gualcire; reprimere. Più tardi l’apostolo Paolo scriverà che Dio non ha risparmiato il suo proprio Figlio (Romani 8:32).
Le parole del profeta e quelle di Paolo, non sono parole comuni, e neanche sono espressioni verbali solo per riempire lo spazio di una pagina; sono piuttosto parole forti che ci parlano chiaramente del trattamento che Gesù subì alla croce, in conseguenza di essere diventato peccato. Dal momento che l’ira divina si era abbattuta con la sua violenza sulla vita di Gesù, e che la giustizia di Dio era stata soddisfatta in pieno, ora Dio, può riconciliale il mondo a sé in Cristo, non imputando agli uomini i loro falli o come dice la N. Riveduta “le loro colpe” (2 Corinzi 5:19) e giustificare l’empio, cioè dichiararlo giusto, (Rom. 4:5), che è più del semplice perdono. Ecco, la manifestazione del grande amore di Dio, che mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Rom. 5:8).

Ritornando alla morte di Gesù, qualcuno ha detto che Cristo non morì dissanguato; morì invece di crepacuore. Noi invece, pensando alla brevità in cui Cristo rimase vivo sulla croce, e, soppesando la tremenda realtà dell’ira divina che si è abbattuta su di Lui, con tutta la sua violenza, in conseguenza del fatto di essere diventato peccato, crediamo fermamente che Egli, non potendo resistere a lungo a quella tremenda percossa, cessò di vivere. Cristo non muore in croce come Figlio di Dio che non ha conosciuto peccato, ma come Colui che è diventato peccato, affinché noi peccatori, diventassimo giustizia di Dio in Lui. Gloria e onore per sempre, nei secoli dei secoli, siano resi a Gesù Cristo, per non essersi opposto quando Dio-Padre lo fece diventare peccato. Siano resi gloria e onore al Padre e allo Spirito Santo, per avere il primo compiuta un’opera di trasformazione nella vita-natura di Gesù e il secondo per avergli dato forza di sopportare la tremenda percossa dell’ira divina.

Tutto quello che abbiamo scritto in questa nostra riflessione, mira unicamente ad affermare e a mettere nel contempo in evidenza che, l’opera di redenzione e di riconciliazione dell’intera umanità, è stata l’opera del Padre, del Figlio e dello spirito Santo. Amen!
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