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Domenico34 – 2Corinzi 5:21 – Gesù, fatto diventare peccato per noi

Ultimo Aggiornamento: 01/02/2011 00:38
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07/12/2010 11:50


IL GRIDO DI GESÙ: DIO MIO, DIO MIO, PERCHÉ MI HAI ABBANDONATO?


Dio ha fatto diventare peccato colui che non ha conosciuto peccato


Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui (2 Corinzi 5:21) (Nuova Riveduta).

NOTA PRELIMINARE

Questo testo paolino, unico nel suo genere in tutto il N.T., merita un esame approfondito, allo scopo di valutarlo, soprattutto sul piano teologico, per cercare di capirne il significato e la portata che esso ha, soprattutto tenendo presente l’opera della redenzione ideata e programmata da Dio Padre e realizzata da Gesù Cristo, con l’assistenza dello Spirito Santo. Anche se l’esecutore materiale di questo meraviglioso piano è stato Gesù Cristo, tuttavia, l’opera di redenzione, non va solamente ascritta a Lui, è l’opera che coinvolge attivamente le tre persone della Trinità: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Logicamente un tema di questa portata, che coinvolge in pieno tutta la struttura teologica della salvezza, — con le dovute conseguenze per ciò che riguarda la sorte di tutti i peccatori — oltre a richiedere tempo per le riflessioni, richiede anche spazio per la sua trattazione. Trattandosi di un argomento squisitamente teologico, non si può liquidare il testo paolino suesposto, con la semplice espressione: “Gesù ha preso su di sé tutti i peccati dell’umanità e li ha portati sulla croce”. Anche se questa affermazione è verità assoluta e indiscussa, nondimeno, l’affermazione dell’apostolo Paolo vuole dire molto di più di queste semplici parole, ragione per cui un particolare approfondimento, si impone d’obbligo, per poterne cogliere tutti gli elementi che compongono questo meraviglioso mosaico, per meglio valutare ed apprezzare quello che hanno fatto le tre persone della Trinità, per ciò che riguarda l’opera di redenzione per tutto il genere umano.

Per fare ciò, si impone la necessità di cominciare la trattazione a partire dalla formulazione del testo greco, verificare le varie traduzioni (dato che la formula paolina, non è stata tradotta da tutti nella stessa maniera) per capire perché il testo paolino è stato reso nella maniera come i traduttori l’hanno interpretato e concludere con una ponderata riflessione, che miri a mettere in risalto l’azione particolare di Dio, per la riconciliazione dell’intera umanità. L’elemento della non conformità di traduzione, naturalmente, sta a provare, a nostro avviso che, l’affermazione dell’apostolo, non è solamente difficile nella sua interpretazione, ma lo è anche nella sua comprensione. Faremo il nostro meglio, usando un linguaggio accessibile a tutti, — anche se esprimeremo concetti teologici —, ad essere chiari e precisi, affinché la verità del testo biblico appaia nella sua luminosità, coerenza e chiarezza, tenendo presente soprattutto l’insieme di quello che insegna la Bibbia, e precisamente il N.T., intorno a quello che Gesù Cristo venne a compiere su questa terra.

1. LA FORMULAZIONE DEL TESTO GRECO E LA VERIFICA DELLE VARIE TRADUZIONI

Onde facilitare la lettura del testo greco, lo traslitteriamo in carattere latino

ton mē gnonta amartian uper ēmōn amartian epoiēsen, ina ēmeis ghenōmetha dikaiosunē Theou en autō

La prima parte del nostro testo che riguarda la descrizione dell’azione particolare di Dio, non è stata unanimemente tradotta. Ecco come l’hanno resa i vari traduttori:
G. Diodati {
N. Diodati {ha fatto essere peccato per noi
G. Luzzi {
N. Riveduta{ha fatto diventare peccato per noi
CEI lo trattò come peccato in nostro favore
Marietti {lo fece per noi peccato
A. Martini {
G. Ricciotti lo rese peccato in pro nostro
La Sacra Bibbia, Trad. di G. Bonaccorsi, G. Castoldi, G. Giovannozzi, G. Mezzacasa, F. Ramorino, G. Ricciotti, G. M. Zampini lo ha fatto peccato

Le versioni Inglesi sono quasi tutti orientati sul concetto di essere peccato.
Le diversità linguistiche delle summenzionate traduzioni vertono sui termini usati, e cioè: essere, diventare, trattò, fece, fatto, rese.

Se si considerano i termini suesposti dal punto di vista linguistico, si possono meglio valutare i concetti che ogni singola parola esprime.

Essere: = Condizione di ciò che è o può essere, che esiste o può esistere. Stato in cui una persona si trova. Tutto ciò che esiste realmente.

Diventare: = venire a essere, farsi, trasformarsi, e determina la nuova condizione assunta dal soggetto.

trattò: (da trattare) = procedere; condursi con gli altri. Adoperarsi per concludere qualche negozio.

fece: (pass. rem. del verbo fare)

fatto: (Part. pass. del verbo fare)

fare: = Azione, operazione, atto; adempimento (di un dovere), attuazione (di desideri, propositi, progetti, ecc.). Eseguire, mettere in opera, portare a termine (in questo suo valore fondamentale ha per oggetto tutto ciò che può essere compiuto, sia in concreto, sia in astratto, con riferimento non solo a persone, ma anche a cose inanimate o a enti ideali, e, abbracciando un’estensione vastissima di significati, viene genericamente a identificarsi con tutti i verbi che indicano azione.

rese: ( pass. rem. di rendere)

rendere: = Ridare, dare indietro, restituire a qualcuno qualcosa lasciato in prestito. Far diventare, far essere, far giungere o ridurre una persona a una determinata condizione (fisica, materiale, psicologica, spirituale, ecc. che indica la condizione stessa e, talvolta, può essere sostituito con un verbo denominante dell’oggetto espresso).

Le definizioni linguistiche dei termini: essere, diventare, trattò, fece, rese, fatto, sono quelle che dà il (GDLI) “Grande Dizionario della lingua Italiana”, di S. Battaglia.

2. ANALISI DELLE TRADUZIONI A CONFRONTO COL TESTO GRECO

Anche se tutte le traduzioni non riportano il nome di Dio nella parte iniziale di (2 Corinzi 5:21), l’azione che viene descritta nella prima parte del testo, lo lascia benissimo sottintendere, soprattutto pensando al contesto precedente che è verso 20, per non parlare di tutta la sezione che va dai (vv. 11-20). Ecco perché la CEI, Marietti, G. Bonaccorsi ecc. e alcune versioni Inglesi, mettono il nome di Dio in principio del verso, mentre tutte le altre traduzioni adoperano il pronome personale egli. C’è invece unanimità, nel tradurre il termine amartian = “peccato”, e ghenōmetha = “diventassimo”. Siccome il testo greco non ripete per due volte ghenōmetha, come fa per amartian, ecco perché in questa parte i traduttori non sono stati unanimi nell’adoperare lo stesso temine, “diventare”, per esempio. Però, considerando i significati linguistici dei termini che sono stati usati, si deve convenire che il concetto espresso è unico nell’intento di quello che l’apostolo Paolo voleva dire, sia che si adoperi essere, diventare, trattò, fece, rese, fatto, ad eccezione di “trattò”, che esprime un diverso concetto che non è consone a quello che l’apostolo ha voluto dire nel suesposto testo (anche se da un punto di vista particolare e generale possiamo concordare nel convenire che, il ‘trattamento’ che Gesù subì da parte del Padre, sulla croce, fu ben diverso da quello che Egli avrebbe meritato), di questo però, ne parleremo in seguito.

Se si tiene in debito conto il diventare di noi, giustizia di Dio in lui, che dimostra una «stretta connessione dei due ordini: poiché Cristo diviene amartia sostituendosi a noi, noi possiamo diventare dikaiosunē en autō» [Cifr. G. Schrenk, in GLNT, Vol. 2, col. 1283], diventa più facile capire il pensiero dell’apostolo e cosa intendesse dire. Anche se questo autore definisce il testo di (2 Corinzi 5:21) «forma inconsueta», rimane fermo il fatto che egli ha saputo vedere il “diventare di Gesù amartian, e il nostro diventare giustizia di Dio, come esplicita conseguenza del primo, cioè: Se Gesù Cristo non fosse diventato peccato, nessuno di noi sarebbe mai diventato giustizia di Dio.

Si continuerà il prossimo giorno...
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