Canti di
Lode e
Adorazione
(clicca nella foto)
  
La Vita di Cristo non è racchiusa in un pensare. E se invece di un pensiero tu portassi la Vita?
Canti di
Lode e
Adorazione2
(clicca nella foto)
  
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Riflessioni su Caleb

Ultimo Aggiornamento: 04/09/2010 10:36
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
04/09/2010 10:36

RIFLESSIONI SU CALEB


1) Onestà e sincerità di Caleb

Caleb, per certi aspetti, fu un uomo di straordinaria statura spirituale. La sua onestà venne messa in evidenza, allorquando riferì le cose che aveva visto nel paese di Canaan, con sincerità di cuore (v.7). A differenza dei suoi compagni di spedizione che si comportarono diversamente nel fare la loro relazione, producendo scoraggiamento e ribellione in mezzo al popolo, egli si adoperò con molta insistenza ad incoraggiare e calmò (Numeri 13:30) i figli d’Israele e a far capire loro che, avendo Dio dalla loro parte, non dovevano avere paura di andare nella terra promessa, perché il Signore stesso avrebbe pensato di appianare ogni difficoltà e dargli vittoria sui loro nemici (Numeri 14:6-9).

Nella vita cristiana si incontrano diverse circostanze avverse che ci potranno portare a dubitare della fedeltà di Dio e della veracità della Sua Parola. In simili situazioni è facile perdersi d’animo, lasciarsi prendere dal panico e dallo scoraggiamento e, addirittura, ribellarsi contro Dio e arrivare a disprezzare le Sue promesse. Quando vedi qualcuno che si trova in questo stato, (che è senza dubbio il territorio del nemico dell’anima, cioè Satana), ricordati di Caleb e quello che egli fece. Adoperati con tutte le tue facoltà ad incoraggiare le persone a porre la loro fiducia in Dio. Fai capire chiaramente che con l’incredulità e la ribellione, le cose non miglioreranno sicuramente, anzi peggioreranno notevolmente, fino al punto di trovarsi in un vicolo cieco, senza via d’uscita.
Mentre con la fede in Dio e credendo alla Sua Parola, il corso della vita prenderà un’altra piega; non si guarderanno le difficoltà con l’occhio della carne, né si misureranno col metro della logica umana, ma si penserà piuttosto al potere divino, che tutto può e niente Gli è impossibile.

2) La costanza nell’attendere la promessa divina

Caleb fu un uomo che seppe aspettare il compimento della promessa di Dio. Per lunghi anni, cioè per quarantacinque anni, fin dal giorno in cui il Signore gli promise di dargli la terra che il suo piede aveva calcato sarà eredità tua e dei tuoi figli per sempre (v.9), (Caleb che in quel tempo aveva quarant’anni), ha saputo mantenersi costante nella sua attesa fino all’età di ottantacinque anni, anno in cui ottenne la terra promessa. In tutti questi lunghi anni, Caleb non perse la sua speranza e non cessò di credere che, quello che Dio gli aveva promesso, l’avrebbe sicuramente portato a compimento. È una bella lezione di pazienza e di perseveranza che noi tutti possiamo imparare dalla vita di Caleb!

Non sempre le promesse di Dio si adempiono subito; spesso trascorrono lunghi anni. Ed è lì, che si può conoscere chi veramente crede a quello che Dio promette nella Sua Parola. Spesso si sente parlare di Abrahamo e della sua lunga attesa (venticinque anni per esattezza) per avere Isacco, figlio promessogli dal Signore. Quest'antico patriarca che, la sacra Scrittura lo definisce anche “il padre della fede” (Romani 4:17), si addita, con ragione, come un campione di fede da imitare. Sono pochi, però, ai nostri giorni che, parlando della fede, additano Caleb, uomo che seppe aspettare quarantacinque anni, per avere la sua “eredità”.

Questa lunga attesa, naturalmente, è impossibile concepirla e sostenerla, senza pensare alla fede che, Calebe aveva nel suo Dio e nella Sua Parola. Di questo, non ne dubitiamo minimamente. La Bibbia afferma che la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono (Ebrei 11:1). Quando viene meno la speranza, assieme a lei crolla anche la fede. Or senza fede è impossibile piacergli; poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano (Ebrei 11:6).

3) La fedeltà di Caleb

I seguenti testi che parlano di Caleb, ci danno l’idea della sua fedeltà al Signore.

ma il mio servo Caleb è stato animato da un altro spirito e mi ha seguito appieno; perciò io lo farò entrare nel paese nel quale è andato; e la sua discendenza lo possederà (Numeri 14:24).

Per questo Caleb, figlio di Gefunne, il Chenizeo, ha avuto Ebron come eredità, fino a oggi: perché aveva pienamente seguito il SIGNORE, il Dio d’Israele (Giosuè 14:14).

Le parole di questi due testi non sono un’auto proclamazione di Caleb e neanche un elogio che Mosè, uomo di Dio, fece a suo riguardo; sono invece una chiara testimonianza che il Signore, l’onnisciente, cioè il conoscitore appieno dei sentimenti e dei moti dell’anima, rese all’indirizzo di Caleb. Che le valutazioni che fa Dio sono di gran lunga superiore a quella degli uomini, è verità assoluta.

Il testo biblico citato, anche se si riferisce al tempo quando Caleb aveva quaranta anni e alla missione che egli compì quando andò nel paese di Canaan com'esploratore, non significa però che la fedeltà di quest’uomo, debba essere limitata e circoscritta solamente a quel periodo. Le parole che Caleb pronunciò davanti a Giosuè, all’età di ottantacinque anni: I figli di Giuda si avvicinarono a Giosuè a Ghilgal; e Caleb, figlio di Gefunne, il Chenizeo, gli disse: «Tu sai quel che il SIGNORE disse a Mosè, uomo di Dio, riguardo a me e a te a Cades-Barnea (14:6),

non suonano come il ricordo di un lontano passato; sono invece espressioni di un uomo che, pur rifacendosi a quarantacinque anni addietro, lascia trapelare che la sua fedeltà al Signore, è presente nella sua vita e che essa, non sia venuta meno durante gli anni. In altre parole, non è il discorso di un uomo che pensa solamente di ricordare al suo interlocutore eventi del lontano passato; sono termini vibranti che escono dalla bocca-cuore, di un essere umano che è proteso verso il futuro, in ciò che dovrà fare, con l’aiuto del suo Dio, naturalmente, quando scaccerà i giganti.

4) La voglia di combattere

A quella sua età (ottantacinque anni), Caled, a rigore di logica, avrebbe dovuto pensare a ritirarsi in pensione (diremmo ai nostri giorni), cioè sottrarsi da ogni responsabilità, in un luogo in cui avrebbe potuto passare il resto della sua vita, in tranquillità e riposo, lontano dagli impegni e rumori di guerra.

«All’età di ottantacinque anni, invece di chiedere un luogo tranquillo dove trascorrere i suoi ultimi giorni coltivando ortaggi o fiori, Caleb chiese che gli venissero assegnate quelle stesse porzioni di territorio che avevano suscitato paura nelle dieci spie. Questa era l’eredità che desiderava come adempimento della promessa di Dio fatta in precedenza. Sebbene i vecchi siano più propensi a parlare di vecchi conflitti invece di intraprenderne di nuovi, Caleb era pronto per una battaglia ancora più impegnativa; voleva combattere gli Anachiti a Ebron e impossessarsi delle città. Caleb scelte un compito grande e impegnativo. Non era pieno di orgoglio per le sue capacità, ma piuttosto credeva che Dio sarebbe stato con lui. Aveva fede nelle promesse di Dio».1

Dobbiamo considerare una “esagerazione” le parole di Caleb:

Oggi sono ancora robusto com’ero il giorno in cui Mosè mi mandò; le mie forze sono le stesse d’allora, tanto per combattere quanto per andare e venire (v.11)?

Crediamo assolutamente no! Allora, quale senso dargli? Come giustamente ha fatto notare Hans, Caleb non era “pieno di orgoglio”, ma dai pori della sua vita, gli sprizzavano: il fervore per il suo Dio, la sua viva e vera fede in Lui e la voglia vera, di combattere con quelle forze nemiche che, in passato, avevano fatto impallidire i sui fratelli. Il segreto della sua nuova avventura, non risiedeva nella forza dei suoi muscoli, ma nella consapevolezza che il Signore sarebbe stato con lui. È in conseguenza di questa certezza della presenza del suo Dio con lui, che Caleb può affermare: io li scaccerò (v.12). Se non ci fossero (Giosuè 15:14 e Giudici 1:20) che attestano inequivocabilmente che Caleb scacciò i tre figli di Anac, (che erano tre giganti) la sua uscita davanti a Giosuè di voler combattere contro gli Anachim, potrebbe essere interpretata come uno sfogo di auto-esaltazione.

Davanti alla chiarezza della Parola di Dio, Caleb appare, nella sua luminosità, come uomo enormemente coraggioso e un gran campione di fede, degno di essere imitato. Le azioni di viva e vera fede, spesso vengono interpretate come manifestazioni di fanatismo e di auto-esaltazione. Coloro che mettono in evidenza simili elementi, sono spesso persone piene di sé: orgogliosi, presuntuosi ed increduli. Invece di congradularsi, con chi manifesta vere intenzioni di volere affrontare forze nemiche che fanno impaurire chiunque, sono presti a formulare i più severi giudizi e sprezzanti valutazioni, per disarmare e scoraggiare, chi pone la sua fede in Dio, ed afferma senza titubanza: io posso ogni cosa in colui che mi fortifica (Filippesi 4:13).

1. Hans Wilhelm Hertzberg, Giosuè, Giudici, Rut, pagg. 381-382
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 08:29. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com