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08/03/2012 00:10 | |
«Balaam non sembrò mostrare molta sorpresa di fronte a questi straordinari eventi, forse perché, come indovino pagano, già altre volte era stato testimone di cose simili; gran parte del successo delle pratiche divinatorie occulte stava proprio nell'ispirazione demoniaca dei profeti stessi o delle vittime con cui essi avevano a che fare. Il serpente, per esempio, aveva potuto parlare, perché era l’incarnazione di Satana (Genesi 3:1).Gesù scacciò i demoni da un essere umano e li fece andare in un branco di porci; anche se non viene riportato che i demoni abbiano mai parlato attraverso i porci, spesso venivano identificati con un essere del mondo animale (Luca 8:26-39). È quindi probabile che Balaam, nella sua esperienza con il mondo degli spiriti, avesse avuto occasione di udire parlare gli animali. Questa volta, però, era il Signore e non Satana o un demone, che faceva parlare quell’asina» [Eugene H. Merrill, Investigate le Scritture Antico Testamento, p. 258].
La domanda che sorge spontanea è: Perché l’asina vide per tre volte l’Angelo del Signore e Balaam no? La risposta probabilmente sta nel fatto che i suoi occhi non erano aperti (cfr. v. 31) e questo è facilmente spiegabile.
L’asina che soleva cavalcare Balaam non era sotto l’influenza delle pratiche divinatorie come il suo padrone.
Una persona che muove i passi in questo mondo proibito (cioè quello dell’occulto) finisce, in pratica, sul territorio del diavolo che è il principe delle tenebre e che non permette ai suoi sudditi di essere raggiunti dalla luce divina, e perciò impedisce loro di vedere le cose di Dio.
Dio aprì gli occhi a Balaam (non quelli fisici, naturalmente, ma quelli della percezione spiritual, per fargli vedere l’Angelo del Signore, per fargli comprendere che la via che stava percorrendo era contraria al Suo volere, e per rivelargli che se l’asina non L’avesse visto e non L’avesse schivato per ben tre volte, egli sarebbe stato ucciso e l’asina sarebbe rimasta in vita (vv. 32,33). Alla fine dell’episodio:
…l'Angelo del SIGNORE disse a Balaam: «Va’ pure con quegli uomini; ma dirai soltanto quello che io ti dirò». E Balaam andò con i prìncipi di Balac (v. 35).
Così, per la seconda volta, viene raccomandato a Balaam di riferire solo quello che il Signore gli avrebbe detto.
Balac e Balaam
L’accoglienza che Balac riserva a Balaam è scontata: gli fa i complimenti per essere arrivato presso di lui e si mette anche a completa disposizione per eseguire gli ordini che il veggente gli impartirà.
Il primo ordine che Balaam dà a Balac concerne la costruzione di sette altari e la preparazione di sette tori e sette montoni da sacrificare su ciascun altare (23:1).
L’attento lettore noterà che quello che Balaam ordina di fare non è da parte di Dio. Nella Bibbia non è prescritto nessun rito di questo genere e quindi, presumibilmente, quei sacrifici facevano parte di un rituale pagano.
Il fatto poi che Balaam non ricorse come le altre volte all’uso della magia (24:1) [Cfr. p. 142], è una prova del fatto che, in passato, le azioni di questo personaggio consistevano essenzialmente in pratiche divinatorie, secondo gli usi degli indovini e dei maghi pagani di quel tempo.
Come viene affermato chiaramente all’inizio di questo racconto, Israele è un popolo benedetto dal Signore e perciò non può essere maledetto da nessuno, incluso lo stesso Balaam (22:12), quindi ora Dio lo spinge a ribadire questa verità:
Allora il SIGNORE mise delle parole in bocca a Balaam e gli disse: «Torna da Balac e parla così»
Balaam tornò da Balac, ed ecco che questi stava vicino al suo olocausto con tutti prìncipi di Moab.
Allora Balaam pronunciò il suo oracolo: «Balac, mi ha fatto venire da Aram, il re di Moab, mi ha chiamato dalle montagne d'Oriente.Vieni, disse, maledici Giacobbe per me! Vieni, impreca contro Israele!
Come farò a maledirlo se Dio non l’ha maledetto? Come farò a imprecare se il SIGNORE non ha imprecato?
Io lo guardo dalla sommità delle rupi e lo contemplo dall’alto dei colli; ecco, è un popolo che dimora solo e non è contato nel numero delle nazioni.
Chi può contare la polvere di Giacobbe o calcolare il quarto d'Israele? Possa io morire della morte dei giusti e possa la mia fine essere simile alla loro!» (23:5-10).
Quando Balac conduce Balaam in un altro luogo, e precisamente sulla cima del Pisga (v. 14), sempre con lo scopo di maledire Israele, Balaam ordina ancora di costruire sette altari e offrire su ciascuno un toro e un montone.
Questa sua insistenza nell’offrire sacrifici per ingraziarsi il Signore viene spiegata da Giuseppe Flavio con queste parole, che egli immagina rivolte dallo stesso Balaam a Balac:
«…ma adesso siccome è mio vivo desiderio compiere cosa gradita a te e ai Madianiti le cui preghiere non intendo respingere, innalziamo ancora altri altari e offriamo sacrifici come quelli di prima per vedere se mai potrò persuadere Dio a concedermi di legare questi uomini con maledizioni» [G. Flavio, Ant. IV, 123].
Si proseguirà il prossimo giorno...
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