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Domenico34 – Il cammino di un popolo – Dall’Egitto alla terra di Canaan. Sommario, Prefazione ed Introduzione. Capitoli 1-14

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2012 00:30
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29/02/2012 01:31

Allora il più valoroso, anche se avesse un cuor di leone, si avvilirà, perché tutto Israele sa che tuo padre è un prode e che quelli che ha con sé sono valorosi (2 Samuele 17:10);

Egli non verrà meno e non si abbatterà finché abbia stabilito la giustizia sulla terra; e le isole aspetteranno fiduciose la sua legge» (Isaia 42:4);

Padri, non irritate i vostri figli, affinché non si scoraggino (Colossesi 3:21);

Vi chiedo quindi di non scoraggiarvi a motivo delle tribolazioni che io soffro per voi, poiché esse sono la vostra gloria (Efesini 3:13).

Vi esortiamo, fratelli, ad ammonire i disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli, a essere pazienti con tutti (1 Tessalonicesi 5:14).

In questi versetti incontriamo svariati motivi che possono suscitare lo scoraggiamento.

Nel testo di Numeri 21:4 leggiamo che è a causa del lungo viaggio, susseguente alla partenza dal monte Or, che il popolo si scoraggiò.

Sentiamo le osservazioni di alcuni commentatori:
«…la stanchezza d'Israele per la lunga marcia intorno alla terra di Edom, perché non hanno ottenuto il permesso di attraversarla (cfr. Numeri 20:14-21): [La citazione è nostra] il popolo si stancò a motivo del viaggio (v. 4).

Forse perché la strada era scabrosa e accidentata, oppure perché era impraticabile e sporca; o perché li obbligava a girare troppo alla larga e perché non avevano il permesso di passare in forza nel territorio degli Edomiti. Quelli che sono di spirito scontento e stizzoso, troveranno sempre qualcosa che li turbi» [M. Henry, Commentario Biblico, versione italiana, Vol. 2, p. 248].

«Ancora una volta Mosè dovette constatare l’impossibilità di entrare in Canaan da sud e sembra anche che egli avesse rinunciato al suo progetto di dirigersi verso nord attraverso l’Arabia. Questo spiegherebbe perché egli abbia condotto Israele dal monte Or... verso il mar Rosso (il golfo di Aqab » [Eugene H. Merril, Investigate le Scritture Antico Testamento, p. 255].

Il popolo mormora nuovamente


Gli Israeliti tendevano sempre a prendersela con Dio e con Mosè, ad ogni occasione sgradevole.

Se Mosè ha dovuto guidare la marcia del popolo in un percorso più lungo, fu essenzialmente perché il re di Edom non aveva permesso ad Israele di attraversare il suo territorio.

Mosè non aveva nessuna colpa e tanto meno Dio; invece il popolo se la prende con Dio e col Suo servitore.

Gli Israeliti addebitano ad entrambi il fatto di trovarsi in un deserto, dove non c’è né pane né acqua, e il cibo che Dio provvede ogni giorno lo considerano tanto leggero (o miserabile, N. Diodati) e ne sono addirittura nauseati (v. 5).

Questo linguaggio lascia trapelare il malcontento e perfino il disprezzo. Si trattava di un cibo che veniva dal cielo, cioè era provveduto da Dio; di conseguenza non gradirlo equivaleva a disprezzare il dono del Signore.

È terribile quando un popolo o un individuo sottovalutano o, peggio ancora, disprezzano le opere di Dio. Dio punì severamente Israele fargli comprendere che non poteva tollerare questo genere di atteggiamento. Pertanto, la lezione che Dio diede ai figli d’Israele, in quel lontano passato, costituisce un serio monito anche per noi cristiani:

…queste cose avvennero loro per servire da esempio e sono state scritte per ammonire noi (1 Corinzi 10:11)

Ogni presa di posizione ostile, tendente a disprezzare quello che Dio compie, è un'offesa alla Sua persona, alla Sua onnipotenza ed è anche una ribellione alla Sua autorità.

E questa non era la prima volta che essi assumevano una posizione simile: già altre volte avevano manifestato lo stesso sentimento ostile nei confronti del loro Dio misericordioso che li aveva tratti dalla dura schiavitù d’Egitto.

Dunque non erano animati da un leggero e comprensibile malcontento, ma da vera e propria ingratitudine verso Dio, Colui che si prendeva cura di loro ogni giorno.

L’ingratitudine può condurre l’uomo sul sentiero dell’oscurità, verso una condizione tenebrosa in cui la vivida luce divina non risplende più nel cuore dell’uomo.

Questo infausto atteggiamento è più che una mancanza d'intendimento: nasconde qualcosa di più serio e di più grave.

Se facciamo riferimento alle chiare parole di Gesù: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita» (Giovanni 8:12), possiamo valutare la gravità della scelta di chi vuole camminare e vivere nelle tenebre.

Si proseguirà il prossimo giorno...
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