Capitolo 10
L’ARRIVO AL MONTE OR E LA MORTE DI AARONNE
Poi partirono da Cades e si accamparono al monte Or all’estremità del paese di Edom (Numeri 33:37).
Dopo la morte di Miriam e dopo la contesa alle acque di Meriba (e la relativa manifestazione d'incredulità), il popolo d’Israele lasciò Cades e si diresse verso il monte Or.
Quanto tempo passò prima di arrivare al monte Or, non ci viene detto. D’altra parte, non ha molta importanza, quello che ci interessa è ciò che accadde nella nuova tappa.
Il provvedimento disciplinare
Il SIGNORE parlò a Mosè e ad Aaronne al monte Or, ai confini del paese di Edom, e disse:
«Aaronne sta per ricongiungersi ai suoi padri, e non entrerà nel paese che ho dato ai figli d’Israele, perché siete stati ribelli al mio comandamento alle acque di Meriba…» (Numeri 20:23-24).
Numeri 20:12 afferma che Mosè ed Aaronne non avevano creduto a Dio e non gli avevano dato gloria davanti agli occhi dei figli d’Israele; ora, al versetto 24, il Signore aggiunge un altro particolare, e cioè: vi siete ribellati al mio comandamento.
Questa nuova imputazione completa e aggrava notevolmente la situazione. Il peccato di ribellione, per la prima volta nella Bibbia viene applicato a Mosè e ad Aaronne, due eminenti servitori del Signore.
Il termine ebraico usato nel nostro brano è
mârâh, che come primo significato ha: “amaro, sgradevole”. In senso figurato significa: “resistenza, provocazione, disubbidienza”.
Il verbo greco che lo traduce è
apeitheo, che a volte può significare: “rifiutare di credere”; sovente significa “rifiutare di credere e di ubbidire”. Ribellione e incredulità, in effetti, non sono altro che disubbidienza a Dio. [Cfr. R. Bultmann,
GLNT, (Grande Lessico del Nuovo Testamento),
Vol IX, col. 1378-1382; P. Bläser,
Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, Vol. I, col. 314-316].
Tenendo presente l’etimologia dei due termini usati qui, in ebraico e in greco, si può meglio valutare la gravità di questo peccato di ribellione e le conseguenze che produsse nella vita di Mosè e di Aaronne.
La sentenza divina che impedì ai due servitori di entrare nella terra promessa potrebbe essere considerata eccessiva o troppo severa. Però, se si considera la posizione occupata da Mosè e da Aaronne, davanti a Dio e alla comunità d’Israele, essa non è affatto dura.
Maggiore è la nostra responsabilità, più Dio si aspetta da noi. Come leggiamo nel Nuovo Testamento:
Fratelli miei, non siate in molti a far da maestri, sapendo che ne subiremo un più severo giudizio (Giacomo 3:1).
Il fatto stesso che i due in questione non fanno nessuna rimostranza contro quello che il Signore ha deciso, prova che ne sono pienamente consapevoli e lo accettano, senza addurre nessuna giustificazione.
Le giustificazioni che a volte tiriamo in ballo mirano a scaricare su altri la nostra responsabilità. Il classico esempio lo troviamo nei nostri progenitori, Adamo ed Eva.
L’uomo rispose: «La donna che tu mi hai messo accanto è lei che mi ha dato del frutto dell’albero e io ne ho mangiato».
Dio il SIGNORE disse alla donna: «Perché hai fatto questo?». La donna rispose: «Il serpente mi ha ingannata e io ne ho mangiato» (Genesi 3:12,13).
In questa circostanza essi hanno cercato di scaricare la loro responsabilità e di non ammettere la propria colpa: l’uomo ha dato la colpa alla donna e la donna al serpente.
Lo sport dello “scaricabarile” è sempre molto praticato, a volte perfino nelle chiese.
Quanto è diverso l’atteggiamento che Daniele assunse davanti a Dio, secoli dopo, per la situazione negativa in cui si venne a trovare il popolo d’Israele:
Noi abbiamo peccato, ci siamo comportati iniquamente, abbiamo operato malvagiamente, ci siamo ribellati e ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue prescrizioni.
Al Signore, che è nostro Dio appartengono la misericordia e il perdono; poiché noi ci siamo ribellati a lui (Daniele 9:5,9).
Nelle Sacre Scritture la ribellione (a Dio o a chi Lo rappresenta è sempre stata duramente biasimata:
Condannali, o Dio! Non riescano nei loro propositi! Scacciali per tutti i loro misfatti, poiché si sono ribellati a te (Salmo 5:10).
Si proseguirà il prossimo giorno...