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Domenico34 – Il cammino di un popolo – Dall’Egitto alla terra di Canaan. Sommario, Prefazione ed Introduzione. Capitoli 1-14

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2012 00:30
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18/02/2012 00:07

Se i capi hanno paura di affrontare le situazioni difficili e pensano di perdere la battaglia, come potranno trasmettere fiducia e forza agli altri?

Sul campo di battaglia i paurosi (soprattutto se sono capi) scoraggiano chi vuol battersi col nemico.

Come consiglia la Parola di Dio è meglio, per loro e per gli altri, che chiunque ha paura e trema se ne torni indietro (cioè “a casa”, Giudici 7:3). Infatti, la loro influenza può facilmente causare sbandamenti pericolosi, sviamenti e mormorazioni contro Dio.

Voglia il Signore che i leaders religiosi diano sempre un buon esempio di fedeltà, ubbidienza, sottomissione al volere divino e soprattutto sappiano mantenere fermezza e fede in Dio e nella Sua Parola.

2) Gli esploratori erano dodici e tutti videro le stesse cose. Come mai, allora, il rapporto non fu unanime? Perché dalle loro affermazioni emerge la loro interpretazione diversa di ciò che avevano visto.
I dieci (la stragrande maggioranza rispetto alla minoranza di solo 2) nel vedere le città fortificate, la gente forte e soprattutto i giganti, si sentivano come minuscole cavallette (13:33).

Essi si limitarono a paragonare gli ostacoli con sé stessi e con le limitate possibilità degli Israeliti, e si persuasero che non era consigliabile tentare quell’impresa, ai loro occhi essa era già fallita in partenza.

La loro valutazione dei fatti rispondeva a verità, umanamente parlando? Gli Israeliti maschi non erano 600.000? Anche senza prendere in considerazione la potenza di Dio, perché tanta paura e tanta esitazione?

Invece Giosuè e Caleb, pur tenendo presente gli stessi problemi, vedevano nella fede in Dio e nel Suo potere la chiave di volta per l’esito positivo di tutta la faccenda. Le loro parole: Saliamo pure e conquistiamo il paese, perché possiamo riuscirci benissimo (13:30), non furono dettate da fanatismo o da cieca esaltazione, ma dalla certezza che con Dio tutto sarebbe andato per il meglio. Infatti, leggiamo che:

Giosuè, figlio di Nun, e Caleb, figlio di Gefunne, che erano tra quelli che avevano esplorato il paese, si stracciarono le vesti
e parlarono così a tutta la comunità dei figli d’Israele dicendo: «Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese buono, molto buono.
Se il SIGNORE ci è favorevole, ci farà entrare in quel paese e ce lo darà: è un paese dove scorre il latte e il miele.
Soltanto, non vi ribellate al SIGNORE e non abbiate paura del popolo di quel paese, poiché ne faremo nostro pascolo; l’ombra che li proteggeva si è ritirata, e il SIGNORE è con noi; non li temete»
(14:6-9).

Dal loro modo d’esprimersi appare chiaro che non erano animati da irrazionale fanatismo, ma da sincera fede in Dio, fede che li portava a fare una valutazione diversa di tutto il problema.

Spesso si guardano i problemi della vita con una lente d'ingrandimento che li fa apparire più grandi di quanto non siano.

Se invece li guardassimo con gli occhi della fede, ci accorgeremmo che non sono affatto insormontabili, ma che possono essere facilmente superati.
Ricordiamoci che se i problemi sono grandi per le nostre capacità, non saranno mai abbastanza grandi per il nostro Dio onnipotente.

I dieci esploratori simboleggiano tutti quelli che guardano le cose dal punto di vista della carne e li misurano col metro della logica umana; mentre Giosuè e Caleb rappresentano tutti quelli che hanno fede in Dio e ne hanno fatto il vero punto di riferimento per ogni problema.

Questi ultimi non si muovono solo sulla base di ciò che vedono, ma si confidano in Colui che chiama le cose che non sono come se fossero (Romani 4:17, N.Diodati).

Prima essi affermano, sicuri di non essere smentiti, che con Dio si è sempre vittoriosi e poi sperimentano la veridicità della Parola di Dio.

3) Il nostro modo di parlare rivela quasi sempre la valutazione che abbiamo di una cosa o di una persona. I dieci esploratori, nel rapporto che fecero a Mosè e alla comunità d’Israele, usarono parole che rivelavano cosa pensavano del paese di Canaan.

Un parlare dubbioso, composto di frasi come: “Forse le cose andranno così... Chissà se ci riusciremo... Non è detto che ce la faremo...”, rivela incertezze che, nel regno dello Spirito, costituiscono autentiche barriere che vanno a frapporsi tra l’uomo e Dio.

Quanto è diverso invece il linguaggio della fede:
Dio è per noi un rifugio ed una forza, un aiuto sempre pronto nelle difficoltà (Salmo 46:1);

So che Dio è per me (Salmo 56:9);

...so in chi ho creduto, e sono convinto che egli ha il potere di custodire il mio deposito fino a quel giorno (2 Timoteo 1:12).

Si proseguirà il prossimo giorno...
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