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Domenico34 – Il cammino di un popolo – Dall’Egitto alla terra di Canaan. Sommario, Prefazione ed Introduzione. Capitoli 1-14

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2012 00:30
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17/02/2012 00:10

Allora tutta la comunità gridò di sgomento e alzò la voce; e il popolo pianse tutta quella notte.
Tutti i figli d’Israele mormorarono contro Mosè e contro Aaronne, e tutta la comunità disse loro: «Fossimo pur morti nel paese d’Egitto! O fossimo pur morti in questo deserto!
Perché il SIGNORE ci conduce in quel paese dove cadremo per la spada? Là le nostre mogli e i nostri bambini diventeranno preda del nemico. Non sarebbe meglio per noi ritornare in Egitto?».
E si dissero l’un l’altro: «Nominiamoci un capo, torniamo in Egitto!»
(14:1-4).

In tutte le mormorazioni che gli Israeliti avevano fatto in passato (per la mancanza di acqua, di cibo e di carne, non avevano mai espresso la volontà di ritornare in Egitto, come questa volta.

Da quello che si evince dal capitolo quattordici dei Numeri, possiamo rispondere che erano veramente determinati a farlo.

È in questa ottica che va interpretato il gesto di Mosè e d’Aaronne, i quali si prostrarono a terra davanti a tutta la comunità riunita dei figli d’Israele (v. 5).

L’ira del Signore stava per accendersi contro il popolo per distruggerli, perciò Giosuè e Caleb fecero il possibile per calmare gli animi inaspriti e portare serenità e fiducia in mezzo alla comunità d’Israele (cfr. 13:30; 14:6-9).
Ma questi tentativi non ebbero buon esito, perché la popolazione addirittura parlò di lapidarli (v. 10).

Mosè, uomo di straordinaria sensibilità, rendendosi conto che il Signore voleva davvero distruggere il popolo, innalzò una preghiera speciale al Signore, in loro favore.

E Mosè disse al SIGNORE: «Ma lo verranno a sapere gli abitanti dell’Egitto, da cui tu hai fatto uscire questo popolo per la tua potenza,
e la cosa sarà risaputa dagli abitanti di questo paese. Essi hanno udito che tu, o SIGNORE, sei in mezzo a questo popolo e gli appari faccia a faccia, che la tua nuvola si ferma sopra di loro e che cammini davanti a loro di giorno in una colonna di nuvola, e di notte in una colonna di fuoco.
Ora, se fai perire questo popolo come un sol uomo, le nazioni che hanno udito la tua fama, diranno:
“Il SIGNORE non è stato capace di fare entrare questo popolo nel paese che aveva giurato di dargli, perciò li ha scannati nel deserto”.
Ora si mostri, ti prego, la potenza del SIGNORE nella sua grandezza, come tu hai promesso dicendo:
“Il SIGNORE è lento all’ira e grande in bontà; egli perdona l’iniquità e il peccato, ma non lascia impunito il colpevole e punisce l’iniquità dei padri sui figli, fino alla terza e alla quarta generazione”.
Perdona, ti prego, l’iniquità di questo popolo, secondo la grandezza della tua bontà, come hai perdonato a questo popolo dall’Egitto fin qui»
(vv. 13-19).

Il Signore esaudì la preghiera di Mosè, ma sentenziò la morte di tutta quella generazione e il prolungamento del soggiorno nel deserto.
Così dovettero tornare indietro, seguire un tracciato diverso per arrivare nella terra promessa e morirono tutti nel deserto, tranne Giosuè e Caleb.

Cinque riflessioni


L’episodio appena esaminato ci fornisce vari motivi per una seria e serena riflessione cristiana.

Dio aveva stabilito chiaramente che i componenti della spedizione dovevano essere tutti capi dei figli d'Israele (13:2), quindi non persone comuni.

Si sa che i capi vengono considerati in maniera diversa, rispetto agli altri; ma proprio in virtù della carica che rivestono e della rispettabilità di cui godono, sono legati a precise responsabilità, che non riguardano semplicemente la loro persona, ma tutti coloro che sono ad essi sottoposti. Perciò, il modo di parlare e di operare dei capi ha sempre ripercussioni nella vita di tante persone.
Fatto questo preambolo, entriamo nel vivo delle nostre cinque riflessioni:

1) I capi (soprattutto religiosi) hanno alle spalle un popolo che li segue e, a seconda della direzione che prendono, influenzano positivamente o negativamente questa gente.

Se la comunità d’Israele disprezzò la terra di Canaan e si rivoltò contro Mosè ed Aaronne, al punto di volere addirittura ritornare in Egitto, fu per l’influenza negativa esercitata su di loro dai capi.

Il rapporto di questi capi-esploratori (eccezion fatta per Giosuè e Caleb fu il risultato di un'errata valutazione di quello che videro e del loro netto rifiuto di andare a prendere possesso di Canaan.
Essi non credettero che il Signore li avrebbe aiutati a superare le difficoltà e i giganti che popolavano quella terra e così affermarono:

Noi, ...non siamo capaci di salire contro questo popolo, perché è più forte di noi.
Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo, è una paese che divora i suoi abitanti
(13:31,32).

Se i capi non credono a quello che il Signore dice nella Sua Parola, come potranno incoraggiare il popolo a credere alle promesse di Dio? Se essi valutano le circostanze avverse da un punto di vista carnale, come potranno pretendere che quelli che li seguono le guardino con lo sguardo della fede?

Si proseguirà il prossimo giorno...
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