00 15/03/2012 00:30
L’insegnamento che Dio volle impartire a Giosuè

Non è un puro caso che Dio abbia parlato a Giosuè all’inizio della sua carriera ufficiale e che lo stesso libro che porta il suo nome, fin dalle prime battute, affermi che il Signore parlò con Giosuè.

Nel preambolo di questo primo capitolo, è delineato il disegno divino per la vita del nuovo capo e un preciso insegnamento per lui.

La precisazione che fa il testo, nell’affermare che Dio “parlò” e “disse a Giosuè”, dopo la morte di Mosè, non è affatto da considerarsi casuale, nel senso che non significhi proprio niente, appare in tutta chiarezza.

Essa mira a farci comprendere che il Signore aveva chiuso un ciclo con Mosè e ne aveva aperto un’altro con Giosuè.

Durante la vita di Mosè, dato che Giosuè era il suo attendente, rientrava nella logica che Mosè indicasse a Giosuè quello che doveva fare, e che lo stesso si sottoponesse alla sua autorità, con la sua obbedienza.

Siccome ora la situazione è decisamente cambiata, e cambiata per esplicita volontà divina, il Signore non poteva più trattare Giosuè come prima. Era necessario che, tra Dio e Giosuè, si instaurasse un nuovo rapporto personale d'intimità. In altre parole, Dio chiamava Giosuè ad una diversa esperienza, a salire in alto verso di Lui.

Per tanti anni, le direttive dei suoi movimenti, li riceveva da Mosè; ora dovrà riceverle direttamente dal suo Dio, dato che Egli stesso lo ha costituito capo supremo del popolo d’Israele.

Una buona lezione da imparare

In tutto questo, c’è una buona lezione da imparare per tutti, principalmente per i servitori del Signore, che sono impegnati nell’opera del ministero.

Costoro, in maniera particolare, devono imparare a dipendere dal Signore, per l’esercizio della loro missione. Il ministero, infatti, è una “missione” e non deve essere mai considerato come una comune professione.

È dalla relazione personale con Dio, che il ministero trae il proprio sviluppo, l’arricchimento spirituale e l’allargamento della visuale divina.

Nello stesso tempo, però, il ministro, farà molta attenzione a camminare nel sentiero della volontà del Signore, non lasciarsi intrappolare dagli allettamenti umani, che facilmente potrebbero condurlo verso lo sviamento e farlo allontanare dalla sorgente della vita.

Questa nostra affermazione non deve essere interpretata, come se volessimo spingere e incoraggiare l’anarchia, o peggio ancora: il disprezzo per gli altri.

Se è vero che, idealmente, tutti perseguiamo gli stessi obbiettivi, serviamo la stessa causa, miriamo a raggiungere gli stessi traguardi: cioè i peccatori con il messaggio evangelico; serviamo lo stesso Signore, crediamo nello stesso Gesù Cristo, quale salvatore del mondo (Giovanni 4:42); crediamo in una sola fede e in un solo battesimo (Efesini 4.5).

Dal punto di vista pratico, però, non è vero che tutti camminiamo, avendo un medesimo sentimento (Romani 12:16), uno stesso atteggiamento di umiltà, gli uni verso gli altri (Filippesi 2:3); crediamo di avere bisogno, gli uni degli altri (1 Corinzi 12:21-22); stimarci di essere abbastanza idonei a far da maestri (Giacomo 3:1); o di sentirci più santi degli altri (Isaia 65:5).

Questa diversità tra idealismo concettuale e vita pratica, dovrebbe portarci a riflettere seriamente, per indurci ad essere più coerenti tra quello che professiamo, con quello che viviamo nella nostra giornaliera esistenza.

PS: Se al termine del capitolo 14 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura. Infine, per quanti volessero leggere gli altri restanti 13 capitoli del libro in questione, potranno rivolgersi all’Editrice Hilkia, presso la quale è disponibile la presente pubblicazione, ad un prezzo veramente basso di 3,00 euro. Grazie per la vostra attenzione ed il vostro interessamento!