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Domenico34 – GESÙ CRISTO È DIO? – Capitolo 4. TUTTI ONORINO IL FIGLIO COME ONORANO IL PADRE

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    Domenico34
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    00 18/10/2011 00:19


    CAPITOLO 4




    TUTTI ONORINO IL FIGLIO COME ONORANO IL PADRE




    Affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che l’ha mandato (Giovanni 5: 23).

    La TNM dice: «Onde tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato».

    Questo testo di Giovanni, è anche importante per un’altro motivo: la forma in cui è stato redatto. Noi crediamo fermamente che lo Spirito Santo ispirò Giovanni ad usare quelle parole che egli scrisse, perché soltanto per mezzo di esse, possiamo cogliere meglio, tutta la ricchezza della verità che ci viene presentata, circa l’onore del Figlio come quello del Padre. Le parole importanti, in questo testo di Giovanni, sono: Tutti, onorino, Figlio, come, Padre. La più importante di tutti è però « COME ».

    Per sottolineare l’importanza che merita questa parolina, «come», trascriviamo di seguito la definizione linguistica [S. Battaglia, GDLI, (Grande Dizionario della lingua italiana) Vol. III, voce: Come].

    «Ha valore comparativo, esprime un rapporto di somiglianza o di identità (anche di correlazione): in quel modo che, a guisa che, a modo di, secondo che - In correlazione con così, tale, tanto e simili (anche se sottintesi), stabilisce una relazione di uguaglianza, esprime una corrispondenza di quantità, di qualità, a volte anche di tempo, o una relazione di causa ed effetto».

    A sua volta, lo stesso autore, così definisce il termine correlazione:
    1) «Rapporto, relazione, riferimento; conformità, analogia, somiglianza.
    2) Rapporto di mutua dipendenza, di condizionamento reciproco; intima connessione».

    Le parole di Gesù Cristo, riportate dal Vangelo di Giovanni, sono tanto chiare, che quando Cristo le pronunziò, gli stessi Giudei che non credevano in lui e non accettavano la sua dottrina, capirono perfettamente cosa voleva dire Gesù quando chiamava Dio suo Padre, si faceva uguale a Dio (Giovanni 5:18). Infatti, una delle più significative spiegazioni che i Giudei diedero a Pilato nel giorno del processo a carico di Gesù, fu: Egli si è fatto Figliolo di Dio (Giovanni 19:7). Una della più insistenti obiezioni che i Giudei facevano a Gesù, durante il suo ministero, era:

    Non ti lapidiamo per una buona opera, ma per bestemmia; e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio (Giovanni 10:33).

    La TNM dice: «Noi ti lapidiamo non per un’opera eccellente, ma per bestemmia, perché tu, benché sia un uomo, fai di te stesso un dio».
    Il greco ha:

    «apekrithēsan autō ohi loudaioi, peri kalou ergou ou lithazomen se alla peri Blasphēmias, kai hoti su anthropōsēn poieis seau ton theon».

    Chi conosce il greco e legge (Giovanni 10:33) nella stesura della TNM, rimane perplesso, a dir poco, come hanno potuto fare i redattori di cui sopra a tradurre: poieis seau ton theon - «Fai di te stesso un dio». Ci viene spontaneo chiedere: Se il testo greco non ha l’articolo indeterminativo «un», perché la Torre di Guardia c’è l’ha messo?

    Se la Torre di Guardia non fosse avversa alla deità di Gesù Cristo, non avrebbe mai sognato di introdurre un articolo indeterminativo in (Giovanni 10:33), articolo che cambia totalmente il significato del testo stesso.

    Ma siccome è risaputo che la Torre di Guardia non accetta e non crede alla deità di Gesù Cristo, non solo si comporta in tal senso, ma fa tutto il suo possibile, anche quello di falsificare le Scritture, con traduzioni che favoriscono il loro modo di pensare e di credere, così che possono fornire una prova Scritturale e dare nello stesso tempo una prova convincente, a quanti li seguono in questo loro cammino fatto soprattutto di inganni e di falsificazioni.

    Cosa vale, a questo punto elencare traduttori che provano la falsità della loro traduzione, quando i seguaci della Torre di Guardia, non son disposti a credere a questi traduttori, anche se tra questi, menzioniamo uomini che non hanno niente a che vedere con la teologia (vedi per esempio S. Quasimodo e la sua traduzione del vangelo di Giovanni, che ha tradotto il testo in questione: «e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio»).

    L’unica cosa che potremmo chiedere ai seguaci della Torre di Guardia è: Studiate il greco, perché solo allora potrete accertarvi della falsità della stesura della TNM, e soltanto allora i vostri occhi si apriranno, per vedere tutti gli imbrogli della Torre di Guardia, quando si accanisce a negare la deità di Gesù Cristo. Ritornando a (Giovanni 5:23), nella speranza che questo testo dica qualcosa di più degli altri finora citati, anche perché, in questo testo ci troviamo avvantaggiati dal fatto che la TNM ha interpretato bene, ragion per cui non abbiamo niente da rimproverare. (Giovanni 5:23) afferma che: Tutti onorino il Figlio.

    Si continuerà il prossimo giorno...
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    Domenico34
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    00 19/10/2011 00:09
    Che questo onore abbia una portata universale, è fuori di ogni discussione, e, non c’è ragionamento pur bello che sia, che possa capovolgere l’importanza dell’affermazione di Giovanni. Non importa a quale sfera della società si appartenga: Ricchi, poveri; colti, ignoranti; nobili, ignobili; bianchi, negri; terrestri, sotterranei; angeli, podestà; eserciti angelici, diavolo e demoni, tutti sono inclusi nel «Tutti» di (Giovanni 5:23).

    Il fatto stesso che il Figlio riceva un simile onore di portata universale, è in se stesso una prova che Egli è diverso da tutti coloro che gli tributano onore. D’altra parte, quest’onore, è anche diverso degli altri onori, perché è appunto « COME » quello del Padre. Nessuno avrebbe la presunzione e l’arroganza riconosce al Padre un onore prettamente umano, e non quello che riguarda la sua deità. Per mezzo di Malachia, Dio faceva giungere questo messaggio al suo popolo d’Israele:

    Un figlio onora suo padre, e un servo il suo signore; se dunque io son padre, dov’è l’onore che m’è dovuto? e se son signore, dov’è il timore che m’appartiene? dice l’Eterno degli eserciti a voi, o sacerdoti, che sprezzate il mio nome, e che pur dite: In che abbiamo sprezzato il tuo nome? (Malachia 1:6).

    Se Dio è riconosciuto come il Padre, come diceva giustamente Paolo: Nondimeno, per noi c’è un solo Dio, il Padre (1 Corinzi 8:6), va da sé che questo onore che Egli richiede, è un onore di Dio. La Bibbia afferma che l’onore che riceve il Figlio, è « COME » quello del Padre. Tra l’onore dovuto al Padre e quello dovuto al Figlio, non c’è nessuna differenza.

    Il Padre non riceve un onore più grande del Figlio, né il Figlio riceve un onore minore del Padre. L’onore dell’uno e dell’altro è uguale: nella sua portata, nella sua qualità e nella sua natura. Questa correlazione che c’è per quanto riguarda l’onore tra Padre e Figlio, è una correlazione che investe anche la persona, essenzialmente nella sua natura e nella sua essenza. Non è possibile onorare una persona, senza pensare all’implicazione della sua natura.

    Onde evitare un qualsiasi equivoco e una errata interpretazione, Giovanni aggiunge: Chi non onora il Figlio non onora il Padre che l’ha mandato. Se il Padre vuole essere onorato, e lo vuole essere in qualità di Dio, lo stesso onore bisogna riconoscere al Figlio.

    Se uno onora il Figlio, solamente come uomo (anche se lo collochiamo come la più importante e la più nobile di tutte le creature che Dio abbia creato), è sempre un onore di uomo. Ma (Giovanni 5:23), non dice che il Figlio deve essere onorato come uomo, lo deve essere nella stessa maniera del Padre, cioè come Dio. Non vediamo come si possa negare una verità, così tanto chiara, come viene esposta da (Giovanni 5:23).

    Ma se tutto quanto abbiamo detto, non fosse abbastanza chiaro per farci riconoscere la stessa deità del Figlio come quella del Padre, analizziamo (Giovanni 5:21). Questo testo dice:

    Difatti, come il Padre risuscita i morti e li vivifica, così anche il Figlio vivifica chi vuole.

    La TNM dice: «Poiché come il Padre desta i morti e li rende viventi, così pure il Figlio rende viventi quelli che vuole».

    Anzitutto, notiamo in questo testo una correlazione tra Padre e Figlio per ciò che riguarda opere prettamente divine. Il Padre risuscita i morti e li rende viventi; anche il Figlio compie le stesse opere del Padre, col dare la vita a chi egli vuole. La TNM ha sempre interpretato il termine egheirō, nei moltissimi passi del N.T., con «destare», anche se in quasi in tutti i passi dove il termine ricorre, si fa riferimento alla morte fisica. È vero che il termine egheirō, significa:

    «Vegliare, destare, eccitare, suscitare, stimolare, sollevare, guarire», ma significa anche «risuscitare».

    (Giovanni 5:21) parla dei morti, e tradurre egheirei, «destarsi», significa:

    1) Non riconoscere nel termine il significato di risuscitare;
    2) Considerare la morte fisica come un dormire, uno svenimento.

    Infatti, il termine destare, ha proprio questo significato: «Svegliare chi dorme, scuotere dal sonno». Anche se alla luce della parola di Gesù:

    Lazzaro, il nostro amico s’è addormentato; ma io vado a risvegliarlo (Giovanni 11:11),

    la morte fisica viene considerata come un dormire, pur tuttavia, quando i discepoli sentirono quel ragionamento, non esitarono a rispondere: Signore, s’egli dorme, sarà salvo. È chiaro che i discepoli non potevano comprendere il dormire, come sinonimo di morte. Infatti, fu soltanto allora che Gesù disse chiaramente: Lazzaro è morto. Uno che si addormenta, non ha bisogno per risvegliarsi di un miracolo divino; perché lo svegliarsi, fa parte della vita, nelle sue svariate manifestazioni.

    Ma quando la vita se ne va, perché morte appunto significa: «Cessazione della vita», ci vuole l’intervento di Dio, perché il morto ritorni alla vita. Il Padre non desta i morti, nel senso di svegliarli dal loro sonno, ma li risuscita, vale a dire: fa ritornare in loro la vita. Lo stesso lavoro che fa il Padre, lo compie il Figlio. Il termine impiegato in (Giovanni 5:21), è: zōopoiei, che pur significando:

    «Generare essere vivente, vivificare, conservare in vita», significa anche «dare la vita».

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    Domenico34
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    00 20/10/2011 00:09
    Il dare la vita o ridare la vita, è una prerogativa di Dio. Nessun essere umano, pur elevato che sia, ha il potere o è in grado di ridare la vita. Se il Padre ridà la vita, a coloro ai quali è venuta meno, lo fa in qualità di uno che può far ritornare la vita, come prova che Egli è Dio. (1 Re 17:21,22) è una schiacciante prova di quello che stiamo dicendo.

    O Eterno, Iddio mio, torni, ti prego, l’anima (vita) del fanciullo in lui! E l’Eterno esaudì la voce d’Elia: l’anima (vita) del fanciullo tornò in lui, ed ei fu reso alla vita.

    Se il Padre, facendo tornare alla vita un morto, compie un’opera divina, e lo fa perché è Dio, anche il Figlio, che dona la vita a chi vuole, compie un’opera uguale a quella del Padre. Se Egli la compie, è prova che anche il Figlio è divino, non meno divino del Padre, perciò merita lo stesso onore del Padre.

    Tutti onorino il Figlio come onorano il Padre, chi non onora il Figlio non onora il Padre che l’ha mandato.

    Nonostante che questa gloriosa e chiara verità venga esposta da (Giovanni 5:21,23), farla apparire sotto una diversa luce e prospettiva significa, non solo ignorare tutta la verità che riguarda la persona e l’opera di Gesù Cristo, ma significa anche adulterare la Parola di Dio, con argomenti e considerazioni umane, privi della luce delle Scritture e dell’illuminazione dello Spirito Santo.

    L’opera che fa il Figlio, nel dare la vita a chi vuole, non è un’opera che trova il suo adempimento solamente in quelle persone che sono morti nei falli e nei loro peccati (Efesini 2:1), ma riguarda tutti coloro che si troveranno nelle tombe, allorquando il Figlio, Gesù Cristo, con la sua autorevole e divina voce, chiamerà tutti i morti alla vita.

    Non vi meravigliate di questo; poiché l’ora viene in cui tutti quelli che son nei sepolcri, udranno la sua voce e ne verranno fuori; quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; e quelli che hanno operato male, in risurrezione di giudizio (Giovanni 5: 28,29).

    I morti di tutte le età e generazioni, saranno chiamati ad uscire fuori, perché in quell’istante, colui che li chiamerà, Gesù Cristo, ridarà loro la vita; ognuno che avrà operato bene, in risurrezione di vita, e chi avrà fatto male, in risurrezione di giudizio. Se Gesù Cristo non fosse Dio, come potrebbe dare la vita a questi morti?

    Nessun morto potrà uscire dalla tomba, se prima la vita non ritorna in lui; e il dar la vita a un morto, è prerogativa di Dio. Inoltre, secondo (Giovanni 5:28,29), non si tratta di fare un parallelo tra Lazzaro, morto e risuscitato; tra la figlia del capo della sinagoga Jairo, morta e tornata in vita; il figlio della vedova di Nain, morto e ritornato alla vita, opere che Gesù compì mentre era in terra tra gli uomini.

    Qui si tratta ovviamente dello stesso Gesù Cristo, quel Gesù però glorificato alla destra del Padre, che con la sua possente ed autorevole voce, chiamerà tutti i morti e la loro risurrezione sarà un’opera esclusiva del Figlio, il quale, avvalendosi di una sua prerogativa, manifesterà davanti a tutto l’universo, la sua Deità, anche davanti a coloro che durante la loro vita terrena, non l’hanno voluta accettare.

    Non ci sarà creatura alcuna in quel giorno che non riconoscerà la Suprema Autorità di Gesù Cristo, e che tutti, secondo la parola di Paolo, dovranno piegarsi davanti a lui, ed ogni lingua dovrà confessare che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre (Filippesi 2:10,11). È impossibile rimanere indifferenti, davanti ad una simile evidenza, come se la luce della Parola di Dio, non fosse sufficiente per farci capire queste cose, o avessimo bisogno dei traviamenti perpetrati dalla Torre di Guardia.

    Una mente libera da ogni preconcetto umano, e soprattutto libera da certi condizionamenti, tendenti a imprigionare la mente umana, e fuorviarla dal retto sentiero, è impossibile che non sappia vedere, comprendere e valutare, l’alto onore che spetta al Figlio di Dio, colui che non ebbe nessuna titubanza, quando parlando della sua natura, in relazione al Padre, dichiarò: Io e il Padre, siamo una stessa cosa (Giovanni 10:33).

    PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con ptrmura