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Se Gesù non avesse specificato l’argomento, con ogni probabilità la sua parola sarebbe stata capita come un netto rifiuto, per entrare nel regno di Dio, per chi hanno ricchezze. Ma, poiché, il Maestro ha giustamente precisato chi si confidano nelle ricchezze, allora risulterà chiaro che Gesù non condanna l’abbondanza, amenoché questa occupa il posto di Dio, in tal caso, può costituire un vero perio e un vero ostao per entrare nel regno di Dio.

Davide, in uno dei suoi salmi, ammonisce: Se le ricchezze abbondano, non vi mettete il cuore (Salmo 62:10).

Suo figlio Salomone, gli fece eco, quando affermava: Chi si confida nelle ricchezze cadrà (Proverbi 11:28).

Paolo indirizza a Timoteo queste parole:
A quelli che sono ricchi in questo mondo ordina che non siano d’animo altero, che non ripongano la loro speranza nell’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, il quale ci somministra copiosamente ogni cosa perché ne godiamo; che facciano del bene, che siano ricchi in buone opere (1 Timoteo 6:17,18).

Dal momento che c’è perio per chi si fa tesori sulla terra, per le ragioni suesposte, è più che giustificato il detto di Gesù: Ma fatevi tesori in cielo. I tesori di questa terra possono essere rubati dai ladri, mentre quelli del cielo sono al sicuro, perché lì non ci sono ladri; tutto ciò ch’è rapina, non è conosciuto in quell’ambiente. I tesori sulla terra possono essere consumati dalla tignola e dalla ruggine, mentre in cielo non esistono né l’una né l’altra che possono consumare.

Tutto è chiarito e definito, quando Gesù affermò: perché dov’è il tuo cuore, quivi sarà il tuo cuore. Questa è una verità che non si può contraddire e i cristiani dovrebbero fare molta attenzione per sapere dov’è il loro cuore.

La parola di Gesù istruisce la persona intorno ai perii e nello stesso tempo ci dà una giusta risposta, soprattutto per il cielo, luogo al quale, ogni discepolo di Gesù dovrebbe continuamente pensare. Se la parola del Maestro è valida per la vita dei suoi discepoli di allora, lo è anche per chi oggi asteranno e riceveranno questa stessa meravigliosa e divina parola.

13. UNA PRECISA DISPOSIZIONE PER NON SERVIRE A DUE PADRONI

Niuno può servire a due padroni, perché o odierà l’uno ed amerà l’altro, o si atterrà all’uno e sprezzerà l’altro, Voi non potete servire a Dio ed a Mammona (Matteo 6:24).

L’affermazione di Gesù è precisa ed è anche vera, nello stesso tempo sotto ogni punto di vista. Anche se l’allusione dei due padroni fa riferimento alla condizione di un servo, che divideva il tempo di servizio con l’uno e con l’altro, non è concepibile attuarlo, per il semplice fatto che un padrone che compra un servo (e questa era l’usanza di allor, per il suo bisogno, non lo compra a metà, né per non essere completamente al suo completo servizio e neanche per non essere sempre disponibile a tutte le sue necessità.

Il volere pensare che un servo possa dividere il suo tempo, lavorando un giorno con un padrone e un’altra giornata con l’altro proprietario, rappresenta un’assurda supposizione, priva di un minimo di coerenza ai fini pratici. Qui non c’è da vedere l’alternarsi del servizio, perché in tal caso la supposizione fatta, potrebbe benissimo concretarsi e il servo potrebbe essere nell’occupazione dell’uno e dell’altro padrone.

Si deve pensare piuttosto che i due padroni esigano, nello steso tempo, il servizio del servo, e, questi, non potrà dividersi a metà. Dal momento che c’è questa esigenza, si impone una necessità di fare una decisione a chi si vuole servire. Elia, aveva perfettamente ragione quando parlando al popolo, disse loro: Se l’Eterno è Dio, seguitelo, se poi lo è Baal, seguite lui (1 Re 18:21). Il popolo non potrà contemporaneamente servire Dio e Baal; doveva fare una decisione ed arrivare ad una scelta. Era assurdo pensare che potevano dividere il loro tempo, metà per Dio e metà per Baal; deve decidere chi dei due seguire.

Gesù fa vedere al suo discepolo quanto sia importante prendere una decisione e lo mette davanti ad una precisa scelta: Voi non potete servire a Dio e a Mammona. Avete una scelta da fare e la vostra preferenza determinerà la vostra decisione. Vi avverto che non sarò io, e tanto meno gli altri a fare questo lavoro; la scelta e la decisione ha a che fare con voi stessi, trattandosi di un affare personale.

Anche voi, o miei discepoli, al pari di tutti gli altri, dovete scegliere e decidere a chi volete servire. Davanti a voi non ci sono tante alternative, ve ne é ne una sola: O Dio, o Mammona. Nessuno potrà contare sull’aiuto di un altro, trattandosi di affari personali.

Mammona, in ramaico, vuol dire ricchezza e il discepolo di Gesù deve sapere che questo padrone è molto esigente più di quanto si creda. Mammona è uno dei tanti padroni che vuole essere servito a pieno tempo, e quando l’uomo si renderà conto di questa sua esigenza, dovrà decide: Se amarlo o odiarlo. Nonostante tutto questo, si deve ricordare che si tratta qui di servire il denaro. Donde il problema: non è forse possibile di servirsi del denaro, senza servirlo? In se stesso il denaro è semplicemente un mezzo di azione, strumento di scambio di valori e di servizi.

Né l’Evangelo, né gli apostoli ne domandano la soppressione. Badiamo però a non minimizzare il perio: è facile immaginarsi di padroneggiare il denaro, e diventarne inavvertitamente schiavi. La maggior parte degli uomini s’illude quando pensa di poter dividere la media tra Dio e la cupidigia. Non è possibile, in maniera perentoria, che possano coabitare insieme l’amore del mondo e l’amore di Dio (Giacomo 4:4; 1 Giovanni 2:15).

14. UNA PRECISA DISPOSIZIONE PER LE SOLLECITUDINI DELLA VITA

Perciò vi dichiaro: Non siate con ansietà solleciti per la vita vostra di quel che mangerete e ouel che berrete; nè per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non racgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutrisce. Non siete voi assai da più di loro? E chi di voi può con la sua sollecitudine aggiungere alla sua statura pure un cubito? E intorno al vestire, perché siate con ansietà sollecita? Considerate come crescono i gigli della campagna; essi non faticano e non filano; eppure io affermo che nemmeno Salomone, con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro. Or se Iddio riveste in questa maniera l’erba dei campi che oggi è e domani è gettata nel forno, non vestirà molto più voi, o gente di poca fede? Non siate dunque con ansietà sollecita, dicendo, che mangeremo? Che berremo? O di che ci vestiremo? Poiché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; e il Padre vostro celeste sa che avete bisogno tutte queste cose. Ma cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte. Non siate dunque con ansietà solleciti del domani; perché il domani sarà sollecito di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno (Matteo 6:25-34).

Non siate solleciti, può avere due significati: 1) Darsi cura attivamente per un oggetto 2) Preoccuparsi di qualche cosa. Di questi due significati, tradizionalmente è il secondo che viene riconosciuto nel nostro passo. Crediamo che Pietro intendeva così, quando scriveva:

Gettando su lui ogni vostra sollecitudine, perch’Egli ha cura di voi (1 Pietro 5:7).

Anche Paolo si associava a questa interpretazione, quando dice:
Non siate con ansietà solleciti di cosa alcuna; in ogni cosa siano le vostre richieste rese note a Dio in preghiera e supplicazione con azioni di grazie (Filippesi 4:6).

Non vediamo come si possa interpretare diversamente la parola di Gesù. Le sollecitudini hanno come mira: il mangiare, il bere e il vestimento, con riferimento al corpo, nelle sue manifestazioni della vita comune.

Si continuerà il prossimo giorno...