00 08/08/2011 00:39
Gesù termina dire di non imitare il modo di pregare dei pagani. Questo va affermato che la preghiera che innalzerà il discepolo di Gesù al Padre, deve avere un’altra forma; non deve esprimersi in parole vane e superflue, e tanto meno con termini che vengono spesso ripetute, quasi all’infinito, come se non ci fossero altre preghiere e altre parole da pronunciare.

Anche se più tardi Gesù insegnerà il Padre nostro, questo non voleva dire che solo quelle parole devono essere menzionate nella preghiera, o non è consentito di usare altre espressioni. Il fatto che Paolo dica: Orando in ogni tempo, per lo Spirito, con ogni sorta di preghiere (Efesini 6:18), è una prova che il Padre nostro non deve essere considerato come una preghiera da recitare, bensì come modello a tutte le preghiere.

Che beneficio potrà ricavarne una persona che prega con le parole che altri hanno scritto, o recitare una preghiera liturgica, quando viene a mancare la partecipazione attiva che impegna la nostra mente, il nostro cuore e le nostre parole? Non è forse quella una preghiera formalistica e priva di ispirazione personale? E se questo modo di pregare è formalistico, non vi sembra ch’è un tipo di parlare vano, da essere classificato nella preghiera che fanno i pagani?

I discepoli di Gesù, devono soprattutto insegnare le cose che Cristo ha comandato di osservare. Essi non devono dimenticare che nel mondo ci sono tanti pagani che devono essere raggiunti messaggio di Cristo, ed è assurdo insegnare loro una preghiera o un modo di pregare, che i pagani già conoscono molto bene. Quando si insegna una preghiera, che è semplicemente una recita, non importa se le parole sono soavi e belle, piene di devozione e di entusiasmo, rispettose e dignitose, pure e riverenti; essa è sempre una recita, priva di un qualsiasi mordente, di una qualsiasi spontaneità, di una qualsiasi ispirazione e di un qualsiasi legame con le Scritture. I pagani hanno bisogno di essere convertiti a Cristo e al suo Evangelo, e un discepolo che ignora questa esigenza, non sarebbe degno di essere chiamato seguace di Gesù.

11. UNA PRECISA DISPOSIZIONE RIGUARDANTE IL DIGIUNO

E quando digiunate, non siate mesti d’aspetto come gli ipocriti; poiché essi si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Io dichiaro in verità che codesto è il premio che ne hanno. Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, affinché non apparisca agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo che è nel segreto; il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa (Matteo 6:16-18).

Per quanto riguarda il digiuno Gesù dà delle precise istruzioni per evitare che la pratica apparisca formalistica e priva di un qualsiasi valore religioso. Anche per questa pratica è lasciata ampia libertà alla persona che dovrà digiunare, senza peraltro obbligarla a sottostare a un ritualismo rigido e tradizionale, quale era questa pratica presso gli ebrei. Quando il discepolo di Gesù sentirà o si renderà conto di un partiare bisogno, e vuole praticare il digiuno, è libero di farlo, purché eviti quello che fanno gli ipocriti.

Anche qui, Gesù avverte i suoi che la forma esteriore ha la sua importanza, e quindi, deve essere curata e non seguire quell’apparenza ingannevole che usano manifestare gli ipocriti. L’aspetto di chi digiuna, non deve essere mesto ed abbattuto. La mestizia e l’abbattimento, sono segni esteriori che tengono presente soltanto l’elemento umano e far vedere agli uomini che si digiuna, ma non tengono presente la natura stessa del digiuno.

Un simile atteggiamento, giustamente definito ipocrita, non è grato al Signore, anche se si riscuote il plauso degli uomini. Trasfigurazione della faccia, mancanza di pulizia e scarsità di olio sul capo accentuano soltanto l’aspetto esterno e svuotano il contenuto del significato del digiuno, come pratica religiosa.

Se gli ipocriti, si comportano in questa maniera riguardante il digiuno, (e si badi bene che queste persone, non sono dei pagani, e tanto degli individui irreligiosi, ma addirittura Farise, Gesù non vuole che i suoi facciano le stesse cose. Perciò, dà loro dei precisi ordini ungiti il capo e lavati la faccia.

Il significato e il valore del digiuno non deve essere posto a proposito di quello che l’uomo vede, ma all’attenzione del Padre celeste. L’uomo ha bisogno degli elementi esterni per esprimere una propria valutazione, anche a volte può essere ingannato dall’apparenza, e il suo giudizio distorto in maniera tale da ribaltare la realtà.

Ma non c’è nessun perio che avvenga con Dio, perché Egli, nelle sue valutazioni e giudizi, non si basa su ciò che vede all’esterno bensì su ciò che vede nell’interno, valutando i motivi che hanno indotto la persona ad agire in tal modo. La morale che si ricava da questo insegnamento specifico del Maestro, è di estrema importanza, ignorarlo equivale a non fare alcuna distinzione, tra il visibile e l’invisibile, tra quello che cade sotto lo sguardo dell’uomo e quello che vede Dio, tra le valutazioni che fanno gli uomini e quelle che fa Dio. Il discepolo di Gesù nel mandato della sua missione, deve insegnare queste cose, e soprattutto che si osservi quello che Gesù ha comandato.

12. UNA PRECISA DISPOSIZIONE RIGUARDANTE I TESORI SULLA TERRA

Non vi fate tesori sulla terra, ove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri sconficcano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, ove né tignola né ruggine consumano, e dove i rapinatori non sconficcano né rubano. Perché dov’è il tuo tesoro, quivi sarà anche il tuo cuore (Matteo 6:19-21).

La faccenda di non farsi tesori sulla terra, non viene presentata sotto forma di un consiglio o di un suggerimento, nell’aspetto perentoria di un comando Non vi fate. Anche se la forma è negativa nel v. 19, viene ripetuta al v. 20 nella foggia positiva fatevi. Ci viene da chiedere perché mai Gesù diede questo divieto a non farsi tesori sulla terra ai suoi discepoli.

Voleva forse Gesù condannare in se e per se la ricchezza? Certamente no! Allora, perché questo comando? Chi accumula tesori sulla terra e chi si affatica senza alcuna posa, senza pensare ai sacrifici che affronta, alle privazioni cui a volte si sottopone e alle tante rinunzie, pur di arrivare allo scopo che si è prefisso.

Di solito, chi che si fa tesori sulla terra, vive la sua vita in una sola direzione: pensa solo al denaro e come accumularlo, a costo di qualsiasi cosa, anche ricorrendo alla più spietata disonestà. Per una persona che abbia una simile meta nella propria vita, non è facile che ci sia posto per Dio e per le cose sue. Di solito, si considera Dio e le cose sue come un perdere tempo, o peggio ancora, come un dissipare le proprie possibilità in ciò che è molto incerto. Di conseguenza, una persona che ch’è interessata a farsi tesori sulla terra, non ha tempo da dedicare a Dio e alla religione. Gli impegni che si assumono, che si contraggono, valgono di più di ogni altra cosa e devono avere la massima priorità e la massima attenzione. Di queste persone si può affermare che il loro dio è il denaro.

Gesù non mancherà di specificare con maggiori dettagli il perché di quella sua parola così drastica. Con ogni probabilità si sarà reso conto che i suoi discepoli non afferrarono appieno il senso della sua parola, e alla prima occasione che si presentò diede tutte le spiegazioni, così da non lasciare nessun dubbio sulla validità del suo precedente insegnamento. Davanti ad un giovane ricco che era pronto a fare qualunque cosa pur di ereditare la vita eterna, Gesù rispose: Vendi tutto ciò che tu hai, e dallo ai poveri (Marco 10:17,21).

Dopo che il ricco se ne andò tutto dolente per quell’ordine ricevuto, Gesù,

guardandosi attorno, disse ai suoi discepoli: Quanto malagevolmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio. E, allo sbigottimento dei suoi discepoli, Gesù precisò:
quant’è malagevole a coloro che si confidano nelle ricchezze, entrare nel regno di Dio (Marco 10:23,24).

Si continuerà il prossimo giorno...