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Non ha nessun'importanza stabilire se il padrone della messe è Gesù Cristo stesso o il Padre. L'uno e l'altro, hanno la fatà di decidere e di mandare operai (Giovanni 17:18). Se il mandare operai è fatà del padrone della messe, perché mai il discepolo di Gesù dovrebbe pregare? È forse con la preghiera del discepolo che il Signore manderà gli operai? Notiamo che Gesù non ha detto per quali operai il discepolo deve pregare. Se Gesù avesse detto ciò, equivarrebbe a mettere il discepolo in una posizione di arbitrio e il destino degli operai diventerebbe una sua prerogativa. Chi conosce gli operai è e rimane sempre Dio, il qual è il Sovrano e l'Assoluto. Ciò nonostante, Gesù vuole coinvolgere i suoi discepoli in questo piano divino, e ciò lo fa ordinando loro di pregare.

Quando il discepolo di Gesù comincerà a pregare, già l'attitudine che assume, denota che ha preso un impegno per la causa del suo Signore. Gesù vuole un simile impegno dai suoi, perché solo in questa maniera, sapranno valutare l'importanza di un lavoro missionario, svolto alla sola gloria di Dio. Inoltre, pregare si partecipa attivamente al piano divino, ch'è quello di raccogliere (Efesini 1:10), senza fare perdita di nessuno (Giovanni 18:9). Il raccogliere, inoltre, non viene considerato solamente sotto il profilo della totalità, ma anche dal punto di vista individuale. Non si guarderà una persona e non la si valuterà nel contesto delle altre, ma principalmente per quello che è agli occhi di Dio. Una sola anima, vale più del mondo intero (Matteo 16:26). Nel pregare il padrone della messe che spinga degli operai nella sua messe, il discepolo non solo si infervora nel suo spirito, (Romani 12:11), ma lo renderà più efficace nel servizio del suo Signore, che non vuole che il racto venga perduto.

2) Il termine greco ekbalē, usato in Matteo 9:38, significa:
«Gettar fuori, fare uscire, inviare» [F. Hauck, GLNT, (Grande Lessico del Nuovo Testamento), Vol. II, . 35-40].

Davanti al significato che ha il termine in questione, appare evidente cosa voleva significare Gesù nell'usare quella parola. Non c'è soltanto l'azione gentile di inviare, mandare, ma una forza quasi violenta che agisce nella vita dell'operaio. Perché mai questo? Solo quando si capisce bene il valore del lavoro che svolge il mietitore, nei confronti della dura attività di chi semina, si può giustificare quest'azione violenta, di gettar fuori, fare uscire del padrone della messe. In altre parole, il risultato del lungo ed estenuante lavoro di chi porta la semenza e la sparge, dipende dal lavoro del mietitore. Se viene a mancare il mietitore, il racto andrà perduto e vana risulterà ogni fatica anche la più impegnativa in fase di preparazione e di sviluppo. Come abbiamo detto sopra, qui non si tratta di stabilire se il lavoro del mietitore sia più importante di quello del seminatore; l'uno e l'altro sono importanti, anche se la loro attività viene fatta separatamente, ma per quanto riguarda il rallegrarsi nel giorno della racta, essi gioiscono assieme (Giovanni 4: 6).

3) Il termine ergatas, il cui significato è: Lavoratore, operaio, contadino, pastore, non deve essere considerato come una qualifica di un comune manuale. Si deve piuttosto mettere in risalto il valore aggettivale che il termine ha, cioè: laborioso, attivo. In questo caso non abbiamo a che fare con comuni operai, ma con dei lavoratori. La differenza che vi è tra questi due termini di operaio e lavoratore, viene maggiormente sviluppata quando ci spostiamo sul campo della manodopera. Non si può negare che in questo campo ci sono tantissimi operai che non vogliono lavorare. Ciò non dipende dalla mancanza di qualifica, ma dall'insufficienza della loro volontà con riferimento al lavoro.

Chiarito questo partiare, la parola di Gesù acquista più significato in quanto ci fa vedere chiaramente a che cosa pensava Gesù quando ordinò ai suoi discepoli di pregare il padrone della messe. La gran messe, ha bisogno di lavoratori intenzionati a raccogliere, in questo specifico campo di lavoro. Dio non sa cosa fare di comuni operai che non vogliono lavorare; Egli vuole e fa uscire, invia lavoratori nella sua messe. Dal momento che è il padrone della messe che spinge lavoratori nella sua mietitura del grano, gli stessi vengono, non solo scelti, ma selezionati da lui stesso. Non si richiede agli operai una partiare preparazione tecnica, ma la sola volontà e l'impegno a lavorare.

22. UNA PRECISA DISPOSIZIONE PER L'OPERA MISSIONARIA

E andando, predicate e dite: il regno dei cieli è vicino. Sanate gli infermi, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, cacciate i demoni; gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non fate provvisione né d'oro, né d'argento, né di rame nelle vostre cinture, né di sacca da viaggio, né di due tuniche, né di calzari, né di bastone, perché l'operaio è degno del suo nutrimento (Matteo 10:7-10; Marco 6:7-13; Luca 9:1-6).

La prima cosa che bisogna seriamente considerare è il mandato missionario. Il mandato missionario può essere considerato come una pietra fondamentale sulla quale viene costruito tutto l'edificio. Tutti e tre gli evangelisti hanno cura di specificare che gli apostoli, in questa loro missione, furono mandati da Gesù Cristo. Gesù, in questa parte del suo ministero, agisce come uno che è consapevole della sua autorità. L'autorità di Cristo, infatti, viene presentata come Suprema e Divina. In virtù di questo suo agire, si può giustamente considerare il Cristo come il Direttore Generale di tutte le missioni. È Lui che ordina e le prescrizioni inerenti a questo lavoro, e i mandati, faranno bene di prestare attenzione ad ogni sua direttiva, anche per quegli aspetti che a volte vengono considerati insignificanti e marginali.

Si continuerà il prossimo giorno...