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Il tutto sarà chiarito, quando esamineremo i sopraddetti versetti. Per ora cerchiamo di capire che significa: Fare la volontà del Padre celeste.

Dal momento che Gesù esortava seriamente i suoi discepoli a fare la volontà di Dio, meglio di Lui non c’è nessun’altro che avrebbe potuto dare le più ampie garanzie e mostrare con la propria vita, il significato effettivo della sua affermazione circa la volontà del Padre celeste.

Spesse volte Gesù, nel corso del suo ministero terreno affermò:
Il mio cibo è di fare la volontà di chi mi ha mandato e di compiere l’opera sua (Giovanni 4:34).

Davanti ai Giudei increduli, Gesù precisa:
Io non posso far nulla da me stesso; come odo, giudico; e il mio giudizio è giusto, perché cerco non la mia volontà, ma quella di chi mi ha mandato (Giovanni 5:30).

Per specificare la sua missione aggiunge:
Sono disceso dal cielo per fare non la mia volontà, ma quella di chi mi ha mandato (Giovanni 6:38).

E poi aggiunse:
Questa è la volontà di chi mi ha mandato: ch’io non perda neppure uno di tutti quelli ch’Egli m’ha dato (Giovanni 6:39).

Ed ancora:
Questa è la volontà del Padre mio; che chiunque contempla il Figliolo e crede in lui abbia vita eterna (Giovanni 6:40).

Nel giardino del Getsemani, Gesù pregò: Non la mia volontà, ma la tua sia fatta (Luca 22:42). Ai suoi discepoli ha insegnato a pregare e a dire: Sia fatta la tua volontà anche in terra (Matteo 6:10). Tutte queste parole messe insieme ci dicono chiaramente che cosa significa fare la volontà del Padre celeste. Fare la volontà di Dio implica la rinuncia a noi stessi per sottoporci a quello che Egli vuole.

Non sempre la volontà di Dio è in accordo con quella dell’uomo; spesse volte è addirittura in netto contrasto. Si potrà chiedere: Come faccio a sapere esattamente quello che Dio vuole da me, come prova della sua volontà? Crediamo che non è difficile rispondere a questa domanda, se si crede e si accetta la Bibbia come Parola di Dio. In questa suprema rivelazione di Dio all’uomo, ch’è appunto la Bibbia, Iddio ha detto tutto quello ch’Egli vuole dire all’uomo. Leggendo e studiando la Bibbia, l’uomo può sapere tutto sulla volontà di Dio, perché appunto Egli l’ha rivelato. Non abbiamo bisogno di un supplemento della rivelazione divina, come se nella Bibbia Dio non avesse detto tutto per quanto riguarda la sua volontà. Se astiamo le parole di Gesù e le accettiamo in noi come vera rivelazione divina (infatti Cristo venne per rivelarci il Padre e la sua volontà), possiamo esattamente sapere qual’è la volontà di Dio e che cosa significa.

Nelle parole di Giovanni 6:40, per dare un esempio, abbiamo in miniatura la rivelazione della volontà di Dio:

Questa è la volontà del Padre mio; che chiunque contempla il Figliolo e crede in lui abbia vita eterna.

Credere nel Figliolo significa accettare la sua parola, il suo insegnamento e tutto quello che Egli fece, specialmente la sua morte vicaria per la salvezza dell’umanità. Com’è possibile fare la volontà di Dio, quando non si accettano tutti gli insegnamenti che Cristo diede o se si accettano con qualche riserva, come se noi uomini, con il pretesto della nostra alta conoscenza abbiamo l’arbitrio di stabilire la parte di accettare e quella da respingere.

L’accettazione piena della parola di Gesù, implica necessariamente la nostra disponibilità a vivere la nostra vita come Dio vuole e richiede come prova di sincerità e di impegno, la completa rinuncia a tutto ciò che è umano, a tutto ciò che appartiene al piacere dell’uomo. In questo modo la vita non la viviamo più secondo il nostro piacere ed il nostro desiderio (anche se il godimento e la volontà sono componenti della personalità uman, ma secondo quello che Dio vuole, rivelatoci nel Suo Figliolo e nella Parola Scritta.

Non servirà quindi a nulla attribuire a Cristo i titoli divini (di Signor o invocazioni liturgiche (il Kyrios) se non si mette in pratica il suo insegnamento ch’è l’enunciazione della volontà del Padre.

Esaminando i vv. 22,23 di Matteo 7, possiamo vedere in che misura l’azione miracolosa deve essere considerata, specie se si tiene conto, come banco di prova, la volontà del Padre celeste. Davanti a questi due versetti che dicono:

Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo, e in nome tuo cacciato demoni, e fatte in nome tuo molte opere potenti? E allora dichiarerò loro: Io non vi conobbi mai; dipartitevi da me, voi tutti operatori d’iniquità,

abbiamo sufficienti motivi per domandare:

1) L’azione miracolosa, di cui si fa esplicito riferimento, è veramente tale, cioè è concepita come manifestazione dell’intervento di Dio?

2) Il profetizzare e il fare opere potenti, sono soltanto espressioni verbali, oppure non c’è niente di vero, nel senso che non sono state fatte realmente? Per una adeguata e soddisfacente risposta a queste due domande, dobbiamo tenere presente l’insieme delle parole usate in questi due versi. Non è difficile notare tra le parole di chi diranno, e saranno molti, ad aver profetizzato, cacciato demoni e fatte opere potenti, non c’è niente per affermare, che quei molti, hanno affermato la verità; erano cioè veramente azioni miracolose.

Gesù nella sua risposta, anziché usare la frase: o risponderò in quel giorno, preferisce usare un’altra forma dicendo: Io dichiaro ch’è più di un semplice sì o no, per confermare o smentire, non lascia nessun dubbio che tutto è stato fatto realmente ed esattamente com’è stato detto. Una volta che si accetta questo dato di fatto, va visto che le cose sono state fatte nel nome di Gesù), che in quel profetizzare, in quel cacciare i demoni e fare potenti opere ci sia stato l’intervento di Dio, altrimenti non sarebbe stato possibile fare quelle cose.

Anche se nella Bibbia esiste un falso profetizzare (e la falsità esclude l’intervento di Dio), non è il caso in questo testo di parlare in questa maniera, altrimenti Gesù l’avrebbe detto chiaramente. Non si può neanche accettare come altra alternativa che si tratta di persone di fuori, che si servono abusivamente del nome di Cristo, (cfr. il caso di Simon Mago, (Atti 8:18,24), e i sette figli di Sceva, (Atti 19:13-16).

Questa possibilità viene smentita dal fatto che le persone di cui sopra, non agirono, per fare i mirai, nel nome di Gesù e con l’autorità di Dio, bensì per il potere che dava loro il demonio. Il fatto che i demoni rispondono al tentativo che viene fatto nel nome di Gesù che Paolo predica: Gesù lo conosco, e Paolo so chi è; ma voi chi siete?, è una prova che non è possibile falsificare, senza che i demoni stessi non riconoscano l’impostura. Quando poi pensiamo alle parole di Gesù, a proposito di un tale che cacciava i demoni nel suo nome e non lo seguiva:

Non v’è alcuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e che subito dopo possa dir male di me. Poiché chi non è contro a noi è per noi (Matteo 9:38,40).

Che il fare opere potenti nel suo nome, implichi un legame con lui, è chiaramente affermato in questo testo. D’altra parte, non è possibile che la potenza e l’autorità del nome di Gesù si manifestino a persone che non hanno niente a che vedere con Lui. Qui ci troviamo davanti a persone che con l’autorità del nome di Gesù, compiono quelle azioni miracolose. Che queste persone debbano essere cercate nel numero dei seguaci di Gesù, non c’è nessun dubbio.

Ecco allora la domanda inquietante com’è possibile che simili persone, dotate del potere miracoloso, Cristo li chiami: Operatori d’iniquità?

Si continuerà il prossimo giorno...