Capitolo 1
VOCAZIONE DI GIONA. FUGA E PUNIZIONE DEL PROFETA
1. La vocazione di Giona
Il testo
La parola del SIGNORE fu rivolta a Giona, figlio di Amittai, in questi termini:
«Alzati, va’ a Ninive, la gran città, e proclama contro di lei che la loro malvagità è salita fino a me».
Ma Giona si mise in viaggio per fuggire a Tarsis, lontano dalla presenza del SIGNORE. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis e, pagato il prezzo del suo viaggio, si imbarcò per andare con loro a Tarsis, lontano dalla presenza del SIGNORE (Giona 1:1-3).
Giona era un profeta del Signore. Secondo la prassi che vigeva in mezzo a Israele, quando Dio doveva rivolgere un messaggio a una nazione, un popolo o un individuo, di solito, lo faceva per mezzo di un suo profeta, persona scelta da Dio e autorizzata da Lui a svolgere questo compito. La frase iniziale:
La parola del Signore fu rivolta a..., è quella che leggiamo continuamente negli scritti profetici dell’Antico Testamento. Il profeta, infatti, era lo strumento che generalmente Dio usava per comunicare all’uomo il Suo messaggio. Prima che il profeta si presentasse davanti al popolo per proclamare il messaggio divino, in sede privata, cioè tra lui e Dio, il Signore gli faceva conoscere quello che doveva dire. Questo avveniva di solito attraverso una visione o per mezzo di un sogno (Numeri 12:6). In certi casi particolari, il profeta conosceva il messaggio divino mentre guardava una scena di lavoro. È il classico esempio di Geremia che venne inviato dal Signore a recarsi in casa di un vasaio per osservare il suo lavoro.
Ecco la parola che fu rivolta a Geremia da parte del SIGNORE:
«Alzati, scendi in casa del vasaio, e là ti farò udire le mie parole».
Allora io scesi in casa del vasaio, ed ecco egli stava lavorando alla ruota;
il vaso che faceva si guastò, come succede all’argilla in mano del vasaio; da capo ne fece un altro come a lui parve bene di farlo.
La parola del SIGNORE mi fu rivolta in questi termini:
«Casa d’Israele, non posso io far di voi quello che fa questo vasaio?» Dice il SIGNORE. «Ecco, quel che l’argilla è in mano al vasaio, voi lo siete in mano mia, casa d’Israele! (Geremia 18:1-6).
Tenuto conto che Giona era un profeta del Signore, il comando fu di recarsi nella città di Ninive per proclamare che la malvagità di quella popolazione era
salita fino al cielo.
Anche se in questo primo capitolo non è specificata la punizione che i Niniviti riceveranno a causa della loro malvagità, è però specificato in 3:4
Giona cominciò ad inoltrarsi nella città per una giornata di cammino e proclamava: «Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta!»
Bisogna subito mettere in risalto che la parola del Signore indirizzata a Giona era nella forma imperativa:
Alzati va’ a Ninive.... I comandi del Signore, ben diversi da quelli dell’uomo, esigono prontezza e ubbidienza da chi li riceve. Se da parte dell’uomo non c’è prontezza e ubbidienza, il semplice ascoltare non ha nessun valore. È molto importante tenere presente quello che dice la Scrittura:
Tu ci hai ordinato di osservare i tuoi comandamenti con cura (Salmo 119:4) [Nuova Diodati].
Non solo Dio esige ubbidienza da parte dell’uomo quando Egli parla, questo lo fece anticamente
per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale ha pure creato l’universo (Ebrei 1:1-2), ma anche l’ubbidienza si misura dalla prontezza che il credente (in modo particolare) manifesta alla parola del Signore.
L’atteggiamento dell’uomo, dal punto di vista generale, di solito è di rimandare a un prossimo futuro, cioè a un tempo migliore. L’individuo trova sempre le giustificazioni ai suoi rimandi: al momento no, sono occupato, ho degli impegni improrogabili, più il là cercherò di rendermi disponibile e così via. Questo tipo di ragionamento che spesso si fa, anche se rientra nella logica dell’uomo, non torna, però, in quella di Dio. Quando Dio parla vuole essere ascoltato nello stesso momento che Egli rivolge la Sua parola e il prestare l’attenzione, dal punto di vista biblico, chiama in causa l’ubbidienza dell’essere umano.
«Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori, come nel giorno della ribellione» (Ebrei 3:15).
L’oggi di Dio, generalmente, si manifesta per mezzo della parola scritta, cioè le Sacre Scritture, ovvero la Bibbia. Quando leggiamo la Sacra Scrittura, o la sentiamo attraverso la predicazione dei servi di Dio, dobbiamo accettarla per quello che essa ci comunica. Se viene rivolto un comando, non si deve pensare che sia l’uomo a volgerci quel messaggio, ma il Signore per mezzo della strumentalità umana; non resta altro da fare se non ubbidire, cioè metterlo in pratica. Si tenga presente, infine, che
«Il SIGNORE gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’ubbidire alla sua voce? No, l’ubbidire è meglio del sacrificio, dare ascolto vale più che il grasso dei montoni (1Samuele 15:22).
È sorprendente come Giona, quale messaggero di Dio, invece di ubbidire al comando divino e recarsi a Ninive se ne fugge a Tarsis. Di tutti i profeti menzionati nell’A.T., Giona è l’unico a comportarsi in quel modo. Il motivo della sua fuga lo chiarisce lui stesso:
Allora pregò e disse: «O SIGNORE, non era forse questo che io dicevo, mentre ero ancora nel mio paese? Perciò mi affrettai a fuggire a Tarsis. Sapevo, infatti, che tu sei un Dio misericordioso, pietoso, lento all’ira e di gran bontà e che ti penti del male minacciato (Giona 4:2).
La fuga di Giona
Non è solamente sorprendente la fuga di Giona, ma lo è anche la mancanza di pietà che questo profeta aveva nei confronti della popolazione di Ninive. Tutto questo era motivato dal fatto che Giona, consapevole della misericordia di Dio, credeva che Dio si sarebbe pentito del male minacciato e non avrebbe punito i niniviti. A che cosa pensava Giona quando ideò di fuggire in Tarsis
lontano dalla presenza del Signore?
Tenuto conto che tra Ninive e Tarsis c’era una certa distanza, Giona pensava che in quella località sarebbe stato
lontano dalla presenza del Signore, cioè si sarebbe potuto sottrarre dall’essere controllato da Dio. Però, egli si sbagliava quando teneva presente la distanza e non considerava che Dio potesse trovarsi in qualsiasi luogo.
Le distanze per Dio non esistono. Lo sono per noi esseri umani. Egli, infatti, non può essere racchiuso dentro certi confini, come se fosse un comune mortale che non è capace trovarsi in un determinato luogo per esercitare il controllo delle situazioni e delle persone. Per Dio non ci sono distanze che Egli non può raggiungere.
Davide conosceva molto bene questa verità quando, in uno dei suoi Salmi, diceva:
Dove potrei andarmene lontano dal tuo spirito, dove fuggirò dalla tua presenza?
Se salgo in cielo tu vi sei; se scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là.
Se prendo le ali dell’alba e vado ad abitare all’estremità del mare,
anche là mi condurrà la tua mano e mi afferrerà la tua destra.
Se dico: «Certo le tenebre mi nasconderanno e la luce diventerà notte intorno a me»,
le tenebre stesse non possono nasconderti nulla e la notte per te è chiara come il giorno; le tenebre e la luce ti sono uguali (Salmo 139:7-12).
Si continuerà il prossimo giorno...