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Domenico34 – Gedeone... Un conduttore scelto da Dio – Capitolo 5. L’INSEGUIMENTO DEI MADIANITI NELL’AREA TRASGIORDANA

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    Domenico34
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    00 16/06/2011 00:21

    Capitolo 5




    L’INSEGUIMENTO DEI MADIANITI NELL’AREA TRASGIORDANA




    Gedeone arrivò al Giordano, lo passò con i suoi trecento uomini, i quali, benché stanchi, continuavano a inseguire il nemico,
    e disse a quelli di Succot: «Date, vi prego, dei pani alla gente che mi segue, perché è stanca, e io sto inseguendo Zeba e Salmunna, re di Madian».
    Ma i capi di Succot risposero: «Zeba e Salmunna sono forse già nelle tue mani? Perché dovremmo dare del pane al tuo esercito?»
    Gedeone disse: «Ebbene! Quando il SIGNORE avrà messo nelle mie mani Zeba e Salmunna, io vi lascerò le carni con delle spine del deserto e con dei rovi».
    Di là salì a Penuel e fece la stessa richiesta a quelli di Penuel, ma essi gli risposero come avevano fatto quelli di Succot.
    Egli disse anche a quelli di Penuel: «Quando tornerò in pace, abbatterò questa torre».
    Zeba e Salmunna erano a Carcor con il loro esercito di circa quindicimila uomini, che era tutto quello che rimaneva dell’intero esercito dei popoli dell’oriente, poiché centoventimila uomini armati di spada erano stati uccisi.
    Gedeone salì per la via dei nomadi, a oriente di Noba e di Iogbea, e sconfisse l’esercito, che si credeva sicuro.
    Zeba e Salmunna si diedero alla fuga; ma egli li inseguì, prese i due re di Madian, Zeba e Salmunna, e sbaragliò tutto l’esercito.
    Poi Gedeone, figlio di Ioas, tornò dalla battaglia, per la salita di Cheres;
    prese un giovane di Succot, e lo interrogò; e quello gli diede per iscritto i nomi dei capi e degli anziani di Succot, che erano settantasette.
    Poi Gedeone andò da quelli di Succot e disse: «Ecco Zeba e Salmunna, a proposito dei quali mi insultaste dicendo "Zeba e Salmunna sono forse già nelle tue mani? Perché dovremmo dare del pane alla tua gente esausta?"»
    Poi prese gli anziani della città, e con delle spine del deserto e con dei rovi castigò gli uomini di Succot.
    Abbatté la torre di Penuel e uccise la gente della città.
    Poi disse a Zeba e a Salmunna: «Com’erano gli uomini che avete ucciso sul Tabor?» Quelli risposero: «Erano come te; ognuno di essi aveva l’aspetto di un figlio di re».
    Ed egli riprese: «Erano miei fratelli, figli di mia madre; com’è vero che il SIGNORE vive, se aveste risparmiato la loro vita, io non vi ucciderei!»
    Poi disse a Ieter, suo primogenito: «Alzati, uccidili!» Ma il giovane non estrasse la spada, perché aveva paura, essendo ancora un ragazzo.
    Zeba e Salmunna dissero: «Alzati tu stesso e dàcci il colpo mortale; poiché qual è l’uomo tale è la sua forza». Gedeone si alzò, uccise Zeba e Salmunna, e prese le mezzelune che i loro cammelli portavano al collo
    (Giudici 8:4-21).

    È provato che i rinforzi inviati a Gedeone dagli uomini di Neftali, di Ascer, di Manasse e di Efraim durante l’inseguimento dei Madianiti ebbero un gran successo, non solo per la cattura e l’uccisione dei due principi Madianiti, Oreb e Zeeb, ma anche dalla considerevole entità di perdite inflitte all’esercito dei popoli dell’oriente, quantificate in centoventimila uomini armati di spada. Nonostante tale perdita, ben quindicimila uomini alle dipendenze dei due re di Madian, Zeba e Salmunna, riuscirono a mettersi in salvo.

    Costoro, quando Gedeone con i suoi trecento uomini li assalirono e li confissero, si credevano al sicuro (Giudici 8:10-11). In cosa consistesse la loro sicurezza non ci viene specificato, tuttavia è probabile immaginarlo, soprattutto se si pensa che la gran perdita dei Madianiti si verificò per mano degli uomini giunti in soccorso di Gedeone.

    Dopo aver ripiegato, ormai lontani dai nemici, i sopravvissuti avranno pensato di non correre più alcun pericolo. Non furono tuttavia abbastanza prudenti perché ignorarono la minaccia incombente di Gedeone e dei suoi trecento uomini, sentendosi al sicuro sotto la guida dei loro due re.

    I centoventimila uomini dei Madianiti uccisi

    Ritorniamo per un momento a quei centoventimila uomini dell’esercito dei Madianiti che furono uccisi. Nel predetto numero sono compresi i soldati che si uccisero tra loro quando si diedero alla fuga davanti a Gedeone ed i suoi trecento uomini. Anche se il testo non precisa quanti caddero in quella notte, è comunque facile supporre che siano stati in molti a cadere nello scompiglio del campo dei Madiani. Il testo precisa che i centoventimila uomini uccisi dell’esercito Madianita erano armati di spada (Giudici 8:10): in altre parole sembrerebbe che questa gente sia perita facilmente pur senza deporre mai le armi, quindi nonostante i tentativi di difendersi e contrattaccare i loro inseguitori.

    Tenendo conto che questi uomini furono eliminati per aver contrastato gli Israeliti, è impensabile che le loro spade non fossero pienamente efficienti per la battaglia, o che questi uomini non le sapessero maneggiare. Senza dubbio erano persone addestrate adeguatamente alla guerra e i loro comandanti li avevano certamente motivati a non perdersi d’animo davanti al nemico, pur non conoscendo il destino a cui andavano incontro.

    Il segreto della vittoria per gli Israeliti e della conseguente sconfitta dei Madiati, non risiede per i primi nel valore militare e per i secondi nella scarsa preparazione alla guerra. Fu in realtà Dio a fare in modo che tutto ciò accadesse, quindi i Madianiti furono sconfitti essenzialmente perché in loro c’era solamente un braccio di carme (2Cronache 32:8), mentre mancava quello dell’Iddio Onnipotente.

    Gli uomini di Gedeone non erano particolarmente attrezzati: ciascuno di loro aveva semplicemente una tromba, una brocca e una fiaccola. Gli uomini di Neftali, di Ascer, di Manasse e di Efraim, al contrario erano ben equipaggiati, ma nulla poterono contro la volontà di Dio.

    Avendo dalla loro parte l’Iddio d’Israele, le armi ed il coraggio degli uomini non contavano nulla perché era la presenza di Dio a renderli invincibili.

    In tutta la vicenda non si fa il minimo accenno a perdite di vite umane nelle file degli Israeli; si parla solamente dei centoventimila uomini armati dell’esercito Madianita che rimasero uccisi. Si deve supporre che effettivamente gli Israeliti non abbiano subito perdite oppure queste vengono deliberatamente celate per mettere in risalto la sconfitta dei Madianiti? Sulla scorta di altre battaglie narrate nella Bibbia (basta ricordare per esempio gli Israeliti caduti nello scontro con gli abitanti di Ai (Giosuè 7:5), siamo portati a credere nell’effettiva assenza di perdite di vite umane nelle file degli uomini di Neftali, di Ascer, di Manasse e di Efraim. Considerando infine l’intervento di Dio per mettere in rotta l’esercito Madianita inizialmente con Gedeone ed i suoi trecento uomini e dopo con gli Israeliti provenienti da Neftali, di Ascer, di Manasse e di Efraim, i quali si riunirono per inseguirli, è logico pensare e credere che per volontà divina i nemici dei Madianiti non abbiano sofferto alcuna perdita.

    Una riflessione su quanto abbiamo detto fin qui

    1. Elemento primario per prevalere sulle forze nemiche è e rimane sempre l’ubbidienza a Dio. Per forze nemiche non intendiamo necessariamente schieramenti umani, come quando si parla di una nazione contro l’altra; di un regno contro l’altro; di una politica contro l’altra; di un'ideologia contro l’altra; di una religione contro l’altra o di un orientamento teologico contro l’altro. Quando parliamo di forze nemiche ci riferiamo essenzialmente a potenze infernali governate da Satana. D’altra parte la Bibbia riferisce che il cristiano, nel suo combattimento, non dovrà affrontare sangue e carne, bensì principati, potenze, dominatori di questo mondo di tenebre, forze spirituali della malvagità insiti nei luoghi celesti (Efesini 6:12). Un simile schieramento infernale non si prefigge come scopo lo smantellamento delle istituzioni religiose insieme ai vari credi e liturgie, ma di infondere quanto più possibile il disprezzo per le cose di Dio e della Sua legge; discredito per la fede in Gesù Cristo e in tutte quelle norme che regolano la vita del singolo come della collettività, nonché per il vangelo e le realtà spirituali ad esso annesse.

    Si continuerà il prossimo giorno...
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    Domenico34
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    00 17/06/2011 00:03
    Considerare come pilastro inamovibile l’ubbidienza a Dio e alla Sua Parola, non è solamente elemento primario ma essenzialmente fondamento insostituibile sul quale edificare la propria fede in Dio e in Gesù Cristo, quindi la speranza per il futuro, sia che si tratti della vita sociale quotidiana, sia che riguardi l’aspetto ecclesiale con tutte le manifestazioni private e pubbliche. Attenersi alla Parola di Dio equivale ad aver fiducia in Lui, riconoscere che quanto da Lui riservatoci per il nostro bene, per la nostra sicurezza, per la nostra edificazione, per il nostro consolidamento, è realizzabile nella nostra vita come esperienza da raccontare agli altri. D’altra parte se il futuro preposto da Dio non può essere applicato nella nostra esistenza, non sarà altro che tempo perduto, consumato in illusioni e vane attese. Infine se ci si affida completamente al volere di Dio in quanto Egli è fedele per somma eccellenza (1Corinzi 10:13; 2Corinzi 1:18), la Sua Parola non potrà mai mancare di avverarsi.

    La vittoria che Gedeone ed i suoi trecento uomini conseguirono sui Madianiti, era fondata sull’ubbidienza a Dio e alla Sua Parola. Se Gedeone, contando sulle poche persone che aveva con sé, si fosse comportato in maniera diversa dalle disposizioni di Dio e avesse agito a modo suo secondo la logica umana, i Madianiti non sarebbero stati confitti e la sua preventiva richiesta di aiuto a Dio sarebbe stata vana, una perdita di tempo.

    Quindi innanzi a noi non abbiamo una figura ipotetica, un personaggio appartenente alla leggenda degli orientali, bensì una persona che, accettando e credendo alle disposizioni di Dio, sperimentò nella sua vita la veridicità del Signore e della Sua Parola.

    2. Lavorare insieme senza rivalità è la migliore garanzia per superare gli ostacoli delle forze nemiche lungo il cammino della vita. A tale scopo è necessario fissare alcuni principi.

    a) Innanzitutto è necessario non invertire mai i ruoli, o peggio ancora cercare di appropriarsi di quelli altrui.

    b) In secondo luogo bisogna saper apprezzare l’operato del proprio compagno di squadra, non sottovalutarlo mai nelle sue iniziative e non ridicolizzare o sminuire il suo impegno.

    c) In terzo luogo bisogna evitare giudizi severi e intolleranti, tendenti a scoraggiare il più coraggioso e a bloccare ogni buona iniziativa. I biasimi e le censure devono essere accuratamente evitati.

    d) Se occorre intervenire sul comportamento di un compagno di squadra, lo si dovrà fare per correggere un errore, mai per sopprimere un’iniziativa.

    e) Inoltre il lavoro di squadra non sarà mai fatto nella stessa maniera del singolo membro, visto che non tutti possiedono le medesime capacità.

    f) Infine se ogni singolo elemento contribuirà attivamente in un'attività assegnata, alla fine si potrà comprendere quanto superiore possa essere il lavoro di tutti. In conclusione il successo conseguito in un’impresa collettiva non sarà il vanto del singolo ma di tutti quelli che avranno lavorato insieme.
    Gedeone, quale conduttore scelto da Dio, intraprese l’opera in quanto a lui il Signore affidò il compito di liberare Israele dalla schiavitù dei Madianiti. Visto che nel piano divino Gedeone non sarebbe stato solo, Dio stesso gli indicò gli uomini che avrebbero partecipato con lui, indicandogli una precisa e rigorosa selezione. Le istruzioni di Dio per affrontare i Madianiti furono rigorosamente rispettati, cosicché Gedeone ed i suoi trecento uomini riuscirono a sconfiggere i nemici conseguendo la liberazione promessa da Dio al suo popolo.

    A nemico battuto, Gedeone invita gli uomini di Neftali, di Ascer, di Manasse e di Efraim ad unirsi a lui per inseguire i nemici e così ultimare l’impresa. L’invito venne agevolmente accolto e durante l’inseguimento i due principi di Madian, Oreb e Zeeb, vennero catturati e uccisi: l’esercito degli orientali perse in tutto centoventimila uomini armati. È dunque evidente come tale considerevole successo venne conseguito non per merito della valorosità e dell’impegno degli uomini, ma di Dio, il quale, servendosi di loro, consegnò nelle loro mani il nemico.

    Gedeone con i suoi trecento uomini inseguono i superstiti Madianiti

    I superstiti tra i Madianiti che riuscirono a mettersi in salvo dal gran massacro ammontavano a quindicimila. Quando Gedeone durante l’inseguimento raggiunse il Giordano, i suoi uomini erano stanchi. Resosene conto, si rivolse alla gente di Succot, pregandola di dare dei pani ai suoi uomini e rivelandole di stare inseguendo i due re Madianiti fuggitivi Zeba e Salmunna. Questi però non si dimostrarono gentili in quanto non solo si rifiutarono di aiutarli, ma usarono anche un tono sprezzante non confidando alcuna fiducia sul successo di Gedeone, perciò gli risposero: Zeba e Salmunna sono forse già nelle tue mani? Perché dovremmo dare del pane al tuo esercito? (Giudici 8:6).

    Nulla è peggiore di quando nel cuore dell’uomo si insinua l’incredulità. Gli anziani di Succot si espressero in quel modo perché essenzialmente non credevano che Gedeone sarebbe riuscito nel suo intento. L’uomo è sempre stato così: è più facile lasciare posto all’incredulità nel proprio cuore anziché credere a realtà che non si vedono. La fede, infatti, non affonda le sue radici su ciò che si vede con gli occhi, ma su ciò che si riesce a scorgere grazie al potere divino. Quando la Bibbia definisce la fede certezza di cose che si sperano e dimostrazione di realtà che non si vedono (Ebrei 11:1), vuole proprio farci comprendere ciò.

    Gedeone, pur non avendo ancora nelle sue mani i due re di Madian, era certo di poterlo fare perché in effetti credeva che lo stesso Dio che gli aveva consentito di sconfiggere i Madianiti, gli avrebbe assicurato anche Zeba e Salmunna. La fede ha sempre dato pieno affidamento su Dio e sul Suo potere.

    Negli uomini di Succot non si vede solamente l’incredulità ma anche la mancanza di sensibilità e di generosità. La gente che seguiva Gedeone era veramente stanca e aveva bisogno di essere rifocillata per proseguire il cammino. Eppure sapevano che Dio aveva ordinato:

    Se ci sarà in mezzo a voi in una delle città del paese che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà, un fratello bisognoso, non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso
    Guardati dall’accogliere nel tuo cuore un cattivo pensiero che ti faccia dire: «Il settimo anno, l’anno di remissione, è vicino!», e ti spinga ad essere spietato verso il tuo fratello bisognoso, così che non gli darai nulla; poiché egli griderebbe al SIGNORE contro di te, e un peccato sarebbe su di te.
    Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti do questo comandamento e ti dico: apri generosamente la tua mano al fratello povero e bisognoso che è nel tuo paese
    (Deuteronomio 15:7,9,11).

    Se poi si considera il seguente passo della Scrittura
    Se il tuo nemico ha fame, dagli del pane da mangiare; se ha sete, dagli dell’acqua da bere (Proverbi 25:21),

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    Domenico34
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    00 18/06/2011 00:07
    Anzi, «se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo» (Romani 12:20),

    diventa ingiustificata l’avversione degli anziani di Succot nei confronti degli uomini di Gedeone, sia in quanto loro fratelli, appartenenti alla stessa famiglia d'Israle, poi perché seppur fossero stati loro nemici non avrebbero dovuto negargli il cibo. Queste persone, ignorando il volere di Dio, mostrarono disubbidienza alla legge divina ed anche uno spiccato egoismo. Quando l’egoismo umano prevale, si viene sempre guidati verso un comportamento disumano e poco rispettoso.

    Poiché la gente di Succot si rifiutò di fornire viveri ai suoi uomini, Gedeone rivolse la medesima richiesta di aiuto a Penuel, anche in questo caso senza successo. Entrambe le genti quindi non seppero manifestare alcuna comprensione verso uomini stanchi e bisognosi.

    Quando manca la sensibilità nella vita di una persona, è facile chiudere le proprie viscere e mostrare il proprio disinteressamento verso chi offre. L’insensibilità spesso induce le persone a ignorare una evidente necessità, spingendoli addirittura a travisarla. Aveva ragione Gesù quando affermava: Poiché i poveri li avete sempre con voi; quando volete, potete far loro del bene; ma me non mi avete per sempre (Marco 14:7). Se infatti viene a mancare la forza di volontà, tutto diventa impossibile; le stesse scuse diventano piene giustificazioni e si finisce col respingere, quando invece si dovrebbe di accogliere.

    Gedeone raggiunge i due re di Madian, Zeba e Salmunna

    Zeba e Salmunna erano a Carcor con il loro esercito di circa quindicimila uomini, quello che rimase dell’intero esercito dei popoli dell’oriente, poiché centoventimila uomini armati di spada erano stati uccisi.
    Gedeone salì per la via dei nomadi, a oriente di Noba e di Iogbea, e sconfisse l’esercito, che si credeva sicuro.
    Zeba e Salmunna si diedero alla fuga; ma egli li inseguì, prese i due re di Madian, Zeba e Salmunna, e sbaragliò tutto l’esercito
    (Giudici 8:10-12).

    L’obiettivo di Gedeone era di prendere i re Zeba e Salmunna. Siccome aveva parlato chiaramente di loro alla gente di Succot e di Penuel, invece di ricevere da loro incoraggiamento ricevette scherno e insulti. Un simile trattamento avrebbe potuto indurre Gedeone a perdersi d’animo, pensando soprattutto alle parole di scherno che gli erano state rivolte (Zeba e Salmunna sono forse già nelle tue mani?). Egli però senza abbattersi continuò il suo cammino fino a Carcor, dove si trovavano i due re di Madian insieme all’esercito dei quindicimila uomini sopravvissuti.

    Scoraggiarsi quando si è derisi e insultati è molto facile, ma se Gedeone non avesse continuato a seguire il suo Signore e a porre in Lui la sua fede, sarebbe stato l’epilogo più crudele e avrebbe subito la peggiore sconfitta della sua vita. Tuttavia Gedeone, forte del successo sui Madianiti donatogli dal Signore, invece di fermarsi proseguì nella sua iniziativa con la certezza di ottenere da Dio una ulteriore vittoria. Quando si ripone la propria fiducia nell’Iddio Onnipotente, si possono affrontare le più difficili situazioni e superare le più tenaci resistenze delle forze nemiche per uscirne vittoriosi.

    Il testo sacro afferma che i quindicimila sopravvissuti dell’esercito dei popoli orientali al comando dei due re di Madian si credevano al sicuro nel luogo dove Gedeone li raggiunse. Ciò significa che a tutto pensavano, tranne a un imminente assalto da parte di Gedeone che li avrebbe sconfitti e sbaragliati. Il testo precisa che

    Gedeone salì per la via dei nomadi, ad oriente di Noba e di Iogbea, e sconfisse l’esercito, che si credeva sicuro.
    Zeba e Salmunna si diedero alla fuga; ma egli li inseguì, prese i due re di Madian, Zeba e Salmunna, e sbaragliò tutto l’esercito
    (Giudici 8:11-12).

    Non sappiamo quanto durò la fuga di Zeba e Salmunna, quindi se si concluse con la resa dei due re oppure con una forma di resistenza, come in effetti crediamo, tuttavia davanti alla determinazione e alla persistenza di Gedeone, non c’è stato nulla da fare: Zeba e Salmunna finirono nelle mani del loro inseguitore.

    L’uccisione di Zeba e Salmunna

    In un primo tempo Gedeone pensò di affidare l’esecuzione dei due re di Madian a suo figlio primogenito Ieter ma, non avendone il coraggio, questi lasciò il compito al padre. Con la morte dei due regnanti si conclude la storia dei Madianiti e l’autore del libro dei Giudici chiude questa vicenda con il seguente epilogo:

    Così Madian fu umiliato davanti ai figli d’Israele e non alzò più il capo; e il paese ebbe pace per quarant’anni, durante la vita di Gedeone (Giudici 8:28).

    Il rifiuto della carica di re da parte di Gedeone

    Allora gli uomini d’Israele dissero a Gedeone: «Regna su di noi, tu, tuo figlio, e il figlio di tuo figlio, poiché ci hai salvati dalla mano di Madian».
    Ma Gedeone rispose loro: «Io non regnerò su di voi, né mio figlio regnerà su di voi; il SIGNORE è colui che regnerà su di voi!»
    (Giudici 8:22-23).

    Dopo la vittoria di Gedeone sui Madianiti, gli uomini d’Israele volevano ricompensarlo offrendogli il trono. Certamente la salvezza da Madian non era stata conseguita da una sola persona ma il popolo attribuiva il merito al solo Gedeone. Volevano con ciò ignorare il contributo rilevante della gente di Neftali, di Ascer, di Manasse e di Efraim? Sicuramente no, ma essendo Gedeone l’apparente stratega, giustamente gli Israeliti pensavano di onorarlo con la massima carica del regno. Dal punto di vista umano l’offerta degli Israeliti era comprensibile ma con il suo rifiuto Gedeone diede luogo a qualcosa su cui vale la pena meditare.

    Se Gedeone avesse spiegato agli uomini d’Israele il motivo del suo rifiuto, avrebbe rivelato le precise istruzioni di Dio da cui l’esclusivo merito Divino in tutta l’organizzazione della battaglia. Avrebbe quindi dovuto riconoscere di essere stato un semplice strumento di Dio e semmai attribuire a se stesso solo il merito di aver accettato quanto Dio aveva concepito per lui.

    Tutto ciò si può intuire nell’immediato rifiuto all’offerta del regno. Se Gedeone avesse anche solo chiesto del tempo per rifletterci, avrebbe dimostrato di non riconoscere il merito divino nella sua vittoria. Di fronte alla prontezza nella risposta all’offerta Regna su di noi..., bisogna convenire che Gedeone comprese appieno il significato di quella carica, tant’è che con fermezza rispose: «Io non regnerò su di voi, né mio figlio regnerà su di voi; il SIGNORE è colui che regnerà su di voi!» (Giudici 8:23).

    Infine se Gedeone avesse accettato la carica di re si sarebbe accaparrato la gloria che di diritto spettava a Dio. D’altra parte a Gedeone non venne offerto di regnare su Israele per delle particolari capacità politiche, bensì solamente per la vittoria riportata sui Madianiti.

    Il pericolo degli elogi

    Sottili e numerose sono le insidie che si nascondo negli elogi; se non si viene illuminati dalla luce dello Spirito di Dio, si potrà facilmente finire nella ragnatela del male. L’elogio di solito tende a mettere in risalto le buone azioni di una persona, come può essere messa a repentaglio la propria vita per salvare gli altri.

    Lodare una persona per la sua intelligenza, quando veramente la possiede, non rappresenta un’esagerazione ma un giusto riconoscimento. Invece plaudire ad un delinquente per aver scassinato una banca equivale a travisare la realtà, in quanto la criminalità non può mai essere frutto di bravura ma solo di spietata crudeltà. Elogiare una persona perbene non è certamente un delitto ma bisogna comunque evitare che ciò si traduca in vanto e vana gloria. La Bibbia afferma:

    La superbia precede la rovina, e lo spirito altero precede la caduta. Prima della rovina, il cuore dell’uomo s’innalza, ma l’umiltà precede la Gloria (Proverbi 16:18; 18:12).

    Il nemico più spietato ed insidioso per l’uomo è la vana gloria che appare all’orizzonte dopo aver compiuto azioni eroiche e manifestato una straordinaria intelligenza. La storia di Lucifero, il cherubino protettore, che sarà cacciato via, come un profano, dal monte di Dio (Ezechiele 28:14,16) che più tardi diventerà Satana, il diavolo, deve farci seriamente riflettere. Ci si augura che ognuno di noi possa sempre ripetere:

    Non a noi, o SIGNORE, non a noi, ma al tuo nome dà gloria, per la tua bontà e per la tua fedeltà! (Salmo 115:1). A te, o Signore, la giustizia; a noi la confusione della faccia… (Daniele 9:7).

    PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura]
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    Domenico34
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    00 18/06/2011 00:08
    Anzi, «se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo» (Romani 12:20),

    diventa ingiustificata l’avversione degli anziani di Succot nei confronti degli uomini di Gedeone, sia in quanto loro fratelli, appartenenti alla stessa famiglia d'Israle, poi perché seppur fossero stati loro nemici non avrebbero dovuto negargli il cibo. Queste persone, ignorando il volere di Dio, mostrarono disubbidienza alla legge divina ed anche uno spiccato egoismo. Quando l’egoismo umano prevale, si viene sempre guidati verso un comportamento disumano e poco rispettoso.

    Poiché la gente di Succot si rifiutò di fornire viveri ai suoi uomini, Gedeone rivolse la medesima richiesta di aiuto a Penuel, anche in questo caso senza successo. Entrambe le genti quindi non seppero manifestare alcuna comprensione verso uomini stanchi e bisognosi.

    Quando manca la sensibilità nella vita di una persona, è facile chiudere le proprie viscere e mostrare il proprio disinteressamento verso chi offre. L’insensibilità spesso induce le persone a ignorare una evidente necessità, spingendoli addirittura a travisarla. Aveva ragione Gesù quando affermava: Poiché i poveri li avete sempre con voi; quando volete, potete far loro del bene; ma me non mi avete per sempre (Marco 14:7). Se infatti viene a mancare la forza di volontà, tutto diventa impossibile; le stesse scuse diventano piene giustificazioni e si finisce col respingere, quando invece si dovrebbe di accogliere.

    Gedeone raggiunge i due re di Madian, Zeba e Salmunna

    Zeba e Salmunna erano a Carcor con il loro esercito di circa quindicimila uomini, quello che rimase dell’intero esercito dei popoli dell’oriente, poiché centoventimila uomini armati di spada erano stati uccisi.
    Gedeone salì per la via dei nomadi, a oriente di Noba e di Iogbea, e sconfisse l’esercito, che si credeva sicuro.
    Zeba e Salmunna si diedero alla fuga; ma egli li inseguì, prese i due re di Madian, Zeba e Salmunna, e sbaragliò tutto l’esercito
    (Giudici 8:10-12).

    L’obiettivo di Gedeone era di prendere i re Zeba e Salmunna. Siccome aveva parlato chiaramente di loro alla gente di Succot e di Penuel, invece di ricevere da loro incoraggiamento ricevette scherno e insulti. Un simile trattamento avrebbe potuto indurre Gedeone a perdersi d’animo, pensando soprattutto alle parole di scherno che gli erano state rivolte (Zeba e Salmunna sono forse già nelle tue mani?). Egli però senza abbattersi continuò il suo cammino fino a Carcor, dove si trovavano i due re di Madian insieme all’esercito dei quindicimila uomini sopravvissuti.

    Scoraggiarsi quando si è derisi e insultati è molto facile, ma se Gedeone non avesse continuato a seguire il suo Signore e a porre in Lui la sua fede, sarebbe stato l’epilogo più crudele e avrebbe subito la peggiore sconfitta della sua vita. Tuttavia Gedeone, forte del successo sui Madianiti donatogli dal Signore, invece di fermarsi proseguì nella sua iniziativa con la certezza di ottenere da Dio una ulteriore vittoria. Quando si ripone la propria fiducia nell’Iddio Onnipotente, si possono affrontare le più difficili situazioni e superare le più tenaci resistenze delle forze nemiche per uscirne vittoriosi.

    Il testo sacro afferma che i quindicimila sopravvissuti dell’esercito dei popoli orientali al comando dei due re di Madian si credevano al sicuro nel luogo dove Gedeone li raggiunse. Ciò significa che a tutto pensavano, tranne a un imminente assalto da parte di Gedeone che li avrebbe sconfitti e sbaragliati. Il testo precisa che

    Gedeone salì per la via dei nomadi, ad oriente di Noba e di Iogbea, e sconfisse l’esercito, che si credeva sicuro.
    Zeba e Salmunna si diedero alla fuga; ma egli li inseguì, prese i due re di Madian, Zeba e Salmunna, e sbaragliò tutto l’esercito
    (Giudici 8:11-12).

    Non sappiamo quanto durò la fuga di Zeba e Salmunna, quindi se si concluse con la resa dei due re oppure con una forma di resistenza, come in effetti crediamo, tuttavia davanti alla determinazione e alla persistenza di Gedeone, non c’è stato nulla da fare: Zeba e Salmunna finirono nelle mani del loro inseguitore.

    L’uccisione di Zeba e Salmunna

    In un primo tempo Gedeone pensò di affidare l’esecuzione dei due re di Madian a suo figlio primogenito Ieter ma, non avendone il coraggio, questi lasciò il compito al padre. Con la morte dei due regnanti si conclude la storia dei Madianiti e l’autore del libro dei Giudici chiude questa vicenda con il seguente epilogo:

    Così Madian fu umiliato davanti ai figli d’Israele e non alzò più il capo; e il paese ebbe pace per quarant’anni, durante la vita di Gedeone (Giudici 8:28).

    Il rifiuto della carica di re da parte di Gedeone

    Allora gli uomini d’Israele dissero a Gedeone: «Regna su di noi, tu, tuo figlio, e il figlio di tuo figlio, poiché ci hai salvati dalla mano di Madian».
    Ma Gedeone rispose loro: «Io non regnerò su di voi, né mio figlio regnerà su di voi; il SIGNORE è colui che regnerà su di voi!»
    (Giudici 8:22-23).

    Dopo la vittoria di Gedeone sui Madianiti, gli uomini d’Israele volevano ricompensarlo offrendogli il trono. Certamente la salvezza da Madian non era stata conseguita da una sola persona ma il popolo attribuiva il merito al solo Gedeone. Volevano con ciò ignorare il contributo rilevante della gente di Neftali, di Ascer, di Manasse e di Efraim? Sicuramente no, ma essendo Gedeone l’apparente stratega, giustamente gli Israeliti pensavano di onorarlo con la massima carica del regno. Dal punto di vista umano l’offerta degli Israeliti era comprensibile ma con il suo rifiuto Gedeone diede luogo a qualcosa su cui vale la pena meditare.

    Se Gedeone avesse spiegato agli uomini d’Israele il motivo del suo rifiuto, avrebbe rivelato le precise istruzioni di Dio da cui l’esclusivo merito Divino in tutta l’organizzazione della battaglia. Avrebbe quindi dovuto riconoscere di essere stato un semplice strumento di Dio e semmai attribuire a se stesso solo il merito di aver accettato quanto Dio aveva concepito per lui.

    Tutto ciò si può intuire nell’immediato rifiuto all’offerta del regno. Se Gedeone avesse anche solo chiesto del tempo per rifletterci, avrebbe dimostrato di non riconoscere il merito divino nella sua vittoria. Di fronte alla prontezza nella risposta all’offerta Regna su di noi..., bisogna convenire che Gedeone comprese appieno il significato di quella carica, tant’è che con fermezza rispose: «Io non regnerò su di voi, né mio figlio regnerà su di voi; il SIGNORE è colui che regnerà su di voi!» (Giudici 8:23).

    Infine se Gedeone avesse accettato la carica di re si sarebbe accaparrato la gloria che di diritto spettava a Dio. D’altra parte a Gedeone non venne offerto di regnare su Israele per delle particolari capacità politiche, bensì solamente per la vittoria riportata sui Madianiti.

    Il pericolo degli elogi

    Sottili e numerose sono le insidie che si nascondo negli elogi; se non si viene illuminati dalla luce dello Spirito di Dio, si potrà facilmente finire nella ragnatela del male. L’elogio di solito tende a mettere in risalto le buone azioni di una persona, come può essere messa a repentaglio la propria vita per salvare gli altri.

    Lodare una persona per la sua intelligenza, quando veramente la possiede, non rappresenta un’esagerazione ma un giusto riconoscimento. Invece plaudire ad un delinquente per aver scassinato una banca equivale a travisare la realtà, in quanto la criminalità non può mai essere frutto di bravura ma solo di spietata crudeltà. Elogiare una persona perbene non è certamente un delitto ma bisogna comunque evitare che ciò si traduca in vanto e vana gloria. La Bibbia afferma:

    La superbia precede la rovina, e lo spirito altero precede la caduta. Prima della rovina, il cuore dell’uomo s’innalza, ma l’umiltà precede la Gloria (Proverbi 16:18; 18:12).

    Il nemico più spietato ed insidioso per l’uomo è la vana gloria che appare all’orizzonte dopo aver compiuto azioni eroiche e manifestato una straordinaria intelligenza. La storia di Lucifero, il cherubino protettore, che sarà cacciato via, come un profano, dal monte di Dio (Ezechiele 28:14,16) che più tardi diventerà Satana, il diavolo, deve farci seriamente riflettere. Ci si augura che ognuno di noi possa sempre ripetere:

    Non a noi, o SIGNORE, non a noi, ma al tuo nome dà gloria, per la tua bontà e per la tua fedeltà! (Salmo 115:1). A te, o Signore, la giustizia; a noi la confusione della faccia… (Daniele 9:7).

    PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura]