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Capitolo 12



IL CROLLO DELLE MURA DI GERICO



Per fede caddero le mura di Gerico, dopo che vi avevano girato attorno per sette giorni (Ebrei 11:30).

Il relativo racconto di quest’avvenimento si trova nel capitolo sei del libro di Giosuè. Per valutare la portata del crollo delle mura di Gerico, e la fede che li fece crollare, è necessario esaminare tutto il contesto nel quale quest’avvenimento figura.

Il passaggio del fiume Giordano

Dio, in adempimento alla sua promessa, aveva di poco tempo introdotto il suo popolo d’Israele nella terra di Canaan. Il passaggio dei figli d’Israele del fiume Giordano, in terra asciutta, rievocava allo stesso popolo, quello che era avvenuto tanti anni prima, quando l’Eterno aveva aperto le acque del Mar Rosso e aveva fatto passare il suo popolo all’asciutto.

La differenza dei due miracoli consiste nel fatto che, per l’apertura del Mar Rosso fu necessario che Mosè alzasse il suo bastone e stendesse la mano sulle acque; mentre per il fiume Giordano, i sacerdoti che portavano l’arca del patto, dovettero mettere i piedi nelle acque, secondo com’è scritto:

Or appena quelli che portavano l’arca giunsero al Giordano e i piedi dei sacerdoti che portavano l’arca si immersero ai margini delle acque (il Giordano è in piena fin sopra le sue sponde per tutto il tempo della messe),
le acque che scendevano dall’alto si fermarono e si elevarono in un mucchio, fino molto al di sopra di Adam, la città che si trova presso Tsartan; così le acque che scendevano verso il mare dell’Arabah, il Mar Salato, furono interamente separate da esse, e il popolo passò di fronte a Gerico
(Giosuè 3:15-16).

Gli abitanti di Gerico si premuniscono

Quest’azione miracolosa divina, si sparse rapidamente in mezzo al popolo di Gerico, talché le autorità di quella città presero seri provvedimenti, secondo che è scritto:

Or Gerico era chiusa e saldamente sbarrata per paura dei figli d’Israele; nessuno usciva e nessuno entrava (Giosuè 6:1).
Nonostante le precauzioni di sicurezza adottate dagli abitanti di Gerico, Dio parla a Giosuè e gli dice:

Vedi, io ti ho dato in mano Gerico, il suo re e i suoi valorosi guerrieri.
Voi tutti, uomini di guerra, marcerete intorno alla città, girerete intorno alla città una volta. Così farai per sei giorni.
Sette sacerdoti porteranno davanti all’arca sette trombe di corno di montone; ma il settimo giorno girerete intorno alla città sette volte, e i sacerdoti suoneranno le trombe.
Quando essi suoneranno a distesa il corno di montone e voi udirete il suono della tromba, tutto il popolo darà in un grande grido; allora le mura della città crolleranno sprofondando, e il popolo salirà ciascuno diritto davanti a sè
(Giosuè 6:2-5).

Le istruzioni che Dio aveva dato a Giosuè per la presa di Gerico erano ben precise; da un punto di vista militare, potevano essere considerate una buffonata. Lo stesso Giosuè aveva chiaramente avvertito il popolo come doveva comportarsi, con le seguenti parole:

Non gridate, non fate neppure sentire la vostra voce e non esca dalla vostra bocca alcuna parola, fino al giorno in cui vi dirò: Gridate! Allora griderete. (Giosuè 6:10).

La fede, elemento necessario, per la caduta di Gerico

Dio aveva dato tutte le istruzioni per il crollo delle mura di Gerico; Giosuè aveva aggiunto le sue istruzioni al popolo, ora tutti devono credere a quello che era stato detto da Dio e da Giosuè, e tutti, dai primi all’ultimo del popolo che presero parte della marcia intorno a Gerico, dovevano dimostrare la loro fede in Dio e alla Sua Parola.

Qui, ovviamente, non si trattava di mettere in evidenza la fede di una sola persona, quella di Giosuè, per esempio, ma la fede di tutto il popolo: sacerdoti e guerrieri, ognuno a seconda del tipo di lavoro che erano chiamati a compiere.
Quest’evento che chiama in causa tutto il popolo, è un bell’esempio di compattezza e di unità, e, nello stesso tempo c’insegna una particolare lezione sulla necessità di unire le forze spirituali, contro quelle nemiche. Un popolo che sa unirsi e marciare di pari consentimento nella medesima fede in Dio, potrà aspettarsi grandi e miracolose cose da parte dell’Onnipotente.

Gli ordini dell’Eterno devono essere eseguiti tutti senza tralasciarne alcuno, nella maniera come sono stati dati, perché essi, rappresentino il necessario presupposto per la manifestazione del miracolo. La marcia intorno alle mura di Gerico inizia nel seguente ordine:

Così, quando Giosuè ebbe parlato al popolo, i sette sacerdoti che portavano le sette trombe di corno di montone davanti all’Eterno si misero in marcia e suonarono le trombe; e l’arca del patto dell’Eterno li seguiva.
Gli uomini armati marciavano davanti ai sacerdoti che suonavano le trombe, mentre la retroguardia seguiva l’arca; durante la marcia i sacerdoti suonavano le trombe
(Giosuè 6:8-9).

L’ordine era che la città di Gerico doveva essere circuita una volta, per sei giorni, e al settimo dì, sette volte. Possiamo immaginare gli abitanti di Gerico, con il loro re in testa, cosa hanno pensato e provato, quando videro un immenso esercito Israelita muoversi verso di loro.

“Sicuramente stanno per attaccarci, o abitanti di Gerico”, avrà gridato il re al suo popolo -.”Siate forti e valorosi e nessuno si perda d’animo”.
Il Generale che dirigeva l’esercito avrà risposto: “Sì, è vero che l’armata Israelita sta venendo per attaccarci, dovrà però fare i conti con la nostra fortificazione. Le nostre spesse mura, sono la nostra sicurezza”. Si sostiene che la città di Gerico era circondata da una doppia muraglia. «Il muro esterno era spesso m. 1,80 mentre quello interno più di m. 3,50 ed entrambi alti 18 m.» [Cfr. H.H. Halley, Commentario Biblico abbreviato, pag.135].

La cosa che maggiormente lasciò senza una valida spiegazione gli abitanti di Gerico fu, che l’esercito Israelita, con quello strano comportamento, invece di attaccare la città, come si presumeva, si limitò a circuirla solamente.
Quando, per sei giorni di seguito, gli Israeliti fecero quello strano lavoro di circuire la città di Gerico, sotto gli occhi attenti delle sentinelle -, che sicuramente avranno riferito tutto alle autorità -, è da supporre quello che pensò il re di Gerico.

“Non si è mai sentito dire che un esercito nemico si sia comportato come stanno facendo gli Israeliti con i loro sacerdoti. Che cosa vorrà mai fare questo popolo? Questa strana strategia per quanto tempo durerà? Se loro hanno in mente di conquistare la città, non dovrebbero comportarsi diversamente?”

Questi ed altre considerazioni, avranno sicuramente occupato la mente del re di Gerico e dei suoi abitanti. Finalmente arriva il settimo giorno, e, come se i sei dì passati non fossero stati sufficienti per mostrare quelle buffonate agli abitanti di Gerico, le sentinelle notano che a differenza degli altri giorni, la marcia degli Israeliti non termina con un solo giro alla città; ne seguirono altri sei.
La cosa più strana fu che al settimo giro, ci fu un gran grido da parte di tutti i guerrieri. Gli archeologi dicono di aver trovato i segni di un terremoto, nella caduta delle mura di Gerico.

Non c’è da meravigliarsi se Dio usi un movimento tellurico per far cadere le mura di Gerico. Il detto della Scrittura, comunque, rimane una sicura testimonianza di quello che si verificò in quel tempo:

Il popolo dunque gridò quando i sacerdoti suonarono le trombe; e avvenne che quando il popolo udì il suono delle trombe, lanciò un grande grido, e le mura crollarono sprofondando... (Giosuè 6:20).

Quando l’Epistola agli Ebrei afferma che le mura di Gerico caddero “per fede”, vuole mettere in evidenza che se quella fortezza crollò, senza l’intervento dell’uomo, fu perché un popolo, credendo alle parole dell’Eterno, seppe eseguire alla lettera gli ordini ricevuti.
Nella vita cristiana ci sono tante fortezze nemiche da far crollare, ma nessuna di loro, crollerà con la forza e con la capacità umana. Tutte le fortezze del nemico crolleranno per fede, e solamente per fede. Non c’è fortezza nemica, apparentemente inespugnabile, che possa resistere alla potenza di Dio, tramite il potere della fede.

DS: Se c’è qualche domanda da fare, fatela liberamente, da parte nostra saremo felici di rispondere.