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Quando Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli, si limitò ad invitarli ad “avvicinarsi a lui”; ora però che la situazione è totalmente cambiata, nel senso che i fratelli credono che la persona con la quale stanno parlando è proprio Giuseppe il loro fratello, e che questi li ha rassicurati che in tutta la faccenda del passato, c’era in fin dei conti un preciso piano divino, lo stesso Giuseppe cambia atteggiamento, invece di aspettare che i suoi fratelli si gettino al suo collo per baciarlo, - e perché no, per chiedergli anche perdono per tutto il male che gli hanno fatto -, è lui che prende l’iniziativa di “baciare tutti i suoi fratelli”.

Forse Giuseppe, rendendosi conto che i suoi fratelli, nello stato attuale, non si vedono al loro agio come avrebbero dovuto, nel senso di una sincera e profonda umiliazione, con parole che esprimevano il loro rammarico per avere agito in modo crudele nei suoi confronti, senza indugiare, “bacia tutti i suoi fratelli”, come se lui si trovasse nella parte del torto e i suoi fratelli in quella della ragione.

L’atteggiamento di Giuseppe, assunto in quel preciso momento davanti ai suoi fratelli, può essere additato come una manifestazione di “vera grandezza spirituale”, atta ad insegnare la verità relativa all’umiltà e alla sottomissione. La “vera grandezza” di una persona, non risiede tanto nel saper ricevere i riconoscimenti e gli onori, quanto nel dimostrare con azioni visibili, di essere uno che ha “dimenticato tutto”, per quanto riguarda le varie offese ricevute e i torti subiti.

Per verificare l’onestà e la sincerità di Giuseppe nei confronti dei suoi fratelli, e soprattutto sapere se “veramente Giuseppe aveva dimenticato i suoi affanni”, o se piuttosto conservasse ancora rancore nel suo cuore per i suoi fratelli, basta leggere quello che la Scrittura dice:

I fratelli di Giuseppe, quando videro che il loro padre era morto, dissero: Chissà se Giuseppe non nutra rancore verso di noi, e non ci renda tutto il male che gli abbiamo fatto?
Allora mandarono a dire a Giuseppe: Tuo padre prima di morire diede quest’ordine dicendo:
Così direte a Giuseppe: Deh, perdona ora ai tuoi fratelli il loro misfatto e il loro peccato, perché ti hanno fatto del male. Deh, perdona dunque ora il misfatto dei servi del DIO di tuo padre! Giuseppe, quando gli parlarono così, pianse.
Poi vennero anche i suoi fratelli e si gettarono davanti a lui, e dissero: Ecco, siamo tuoi servi.
Giuseppe disse loro: Non temete; sono io forse al posto di DIO?
Voi avete macchinato del male contro di me; ma DIO ha voluto farlo servire al bene, per compiere quello che oggi avviene: conservare in vita un popolo numeroso.
Ora dunque non temete; io provvederò il nutrimento per voi e per i vostri figli. Così li confortò e parlò al cuore: loro con dolcezza
(Genesi 50:15-21).

Questa è la prova più eloquente e la dimostrazione più completa della testimonianza che Giuseppe rende dell’opera di Dio nella sua vita, quando, mettendo il nome al suo primogenito Manasse, affermava: DIO mi ha fatto dimenticare ogni mio affanno e tutta la casa di mio padre (Genesi 41:51).

8. GIACOBBE BENEDICE EFRAIM E MANASSE

Riallacciandoci ad Ebrei 11:21, che parla chiaramente della benedizione che ricevono i due figli di Giuseppe, dal vecchio morente Giacobbe, concludiamo la nostra indagine sulla storia di Giuseppe, la più commovente e più significativa di tutte le storie che la Bibbia contiene.

Alla notizia che Giacobbe è ammalato, Giuseppe prende i suoi due figli, Manasse ed Efraim e va da suo padre. Dopo che questi, con le poche forze che ancora gli rimanevano, finì di raccontare a Giuseppe le tappe più importati della sua vita, gli fa una domanda:

Chi sono questi?
Giuseppe rispose a suo padre: Sono i miei figli, che DIO mi ha dato qui. Allora egli disse: Deh, falli avvicinare a me, e io li benedirò.
Poi Giuseppe li prese ambedue: Efraim alla destra, alla sinistra di Israele, e Manasse alla sinistra, alla destra di Israele, e li fece avvicinare a lui.
Allora Israele stese la sua mano destra e la posò sul capo di Efraim che era il più giovane, e posò la sua mano sinistra sul capo di Manasse incrociando le mani, benché Manasse fosse il primogenito.
Così benedisse Giuseppe e disse: Il DIO, davanti al quale camminarono i miei padri Abrahamo e Isacco, il DIO che mi ha aiutato da quando esisto fino a questo giorno,
l’Angelo che mi ha liberato da ogni male, benedica questi fanciulli! Siano chiamati col mio nome e col nome dei miei padri Abrahamo e Isacco, e moltiplichino grandemente sulla terra!
(Genesi 48:8,9,13-16).

Quello che Giacobbe fece, nel mettere la sua mano destra sul capo di Efraim e la sua sinistra sul capo di Manasse, non piacque sicuramente a Giuseppe, perché questa specie di “inversione”, operata specificatamente e con piena cognizione di causa dal vecchio Giacobbe, equivaleva a mettere Efraim, nel ruolo di “primogenito” e Manasse in quello di “secondogenito nonostante che Manasse fosse il primogenito ed Efraim il secondogenito. Quello che il sacro testo ci precisa, ci fa chiaramente capire che Giuseppe, non approva quello che aveva fatto suo padre.

Giuseppe disse quindi a suo padre: Non così, padre mio, perché il primogenito è questo; metti la tua mano destra sul suo capo (Genesi 48:18).

Siccome Giacobbe agiva “per fede”, precisa lo scrittore agli Ebrei, nell’impartire la benedizione ai due figli di Giuseppe, il racconto della Genesi specifica:

Ma suo padre si rifiutò e disse: Lo so, figlio mio, io so; anche lui diventerà un popolo, anche lui sarà grande; tuttavia il suo fratello più giovane sarà più grande di lui, e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni.
E in quel giorno li benedisse, dicendo: Per te Israele benedirà, dicendo: DIO ti faccia come Efraim e come Manasse!. Così egli pose Efraim prima di Manasse
(Genesi 48:19-20).

Alla luce di quanto chiaramente specificato dal libro della Genesi e da quello della lettera agli Ebrei, risulta evidente che, non sempre “gli atti della fede”, vengono compresi da pie anime, quale fu Giuseppe, e quelli del nostro tempo, per non parlare di tutte le generazioni passate.

Non è un valido motivo per opporci ad un “atto di fede”, sol perché non lo comprendiamo né nei suoi particolari e neanche da un punto di vista globale.

Quello che si deve maggiormente tener presente non è solamente il non opporci a certe azioni di fede, adducendo motivi della cosiddetta logicità, dal punto di vista umano, dettate essenzialmente dalla nostra incomprensione, ma soprattutto di non lottarle, tacciandole come manifestazioni di fanatismo, e peggio ancora come uno che si sia montato la testa.

Tutto quello che viene mosso dalla fede, sia per quanto riguarda le piccole cose come anche le grandi, andranno avanti nel cammino del loro adempimento, tenendo presente soprattutto, che al di sopra e al di fuori di ogni umana considerazione, c’è una mano invisibile che guida le cose, e che tutto quello che Dio abbia stabilito, non potrà essere impedito o neutralizzato dall’intervento dell’uomo.

PS: Se ci sono domande da fare, sentitevi liberi di farle, e, da parte nostra, sarà una gioia rispondere.