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Nonostante che “tutti i giorni”, quella donna cercasse di sedurlo ad ogni costo, Giuseppe, però, non acconsentì mai; neanche quel giorno quando si trovò “solo” in casa con quella donna. Piuttosto che peccare contro Dio (Genesi 39:9), Giuseppe preferì lasciare in mano a quella donna la sua veste e uscire fuori di casa, gesto che gli costò un’ingiusta diffamazione e la prigione per due anni interi.

Questa azione di purezza di Giuseppe, può essere additata ad ogni giovane, d’ambo i sessi, come una di quelle “coraggiose”, che sfidando la tentazione, si attira maggiormente l’approvazione di Dio, ed è anche ben vista da coloro cui preme la dignità personale e la purezza del corpo e dello spirito.

Con queste precise parole, tocchiamo un tema, riguardante i rapporti sessuali, che la società moderna, non è disposta ad accettare, giudicando un “tabù”, rispetto all’evoluzione dei tempi, e un chiaro segno di regresso morale. Il detto della Scrittura:

Sia il matrimonio tenuto in onore da tutti e il letto coniugale sia incontaminato, poiché Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri (Ebrei 13:4),

non è certamente ben accetto, da una buona parte della società contemporanea.

Anche se l’uomo moderno, con le sue ampie libertà in materia di rapporti sessuali, e soprattutto con l’opera degli educatori sessuali, che convincono gli uomini e le donne nel dire che non c’è niente di peccaminoso in un rapporto sessuale extra matrimoniale, noi continuiamo a ripetere quello che dice la Bibbia: Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri, e che ogni rapporto sessuale al di fuori del matrimonio, è peccato. Come Giuseppe considerava un peccare contro Dio (Genesi 37:9), l’unirsi sessualmente con la moglie di Potifar, e più tardi Paolo dirà:

Fuggite la fornicazione. Qualunque altro peccato che l’uomo commetta è fuori del corpo, ma chi commette fornicazione pecca contro il suo proprio corpo (1 Corinzi 6:18),

ne consegue:1) Dato che i nostri corpi sono membra di Cristo (1 Corinzi 6:15; 2); visto che il nostro corpo è il tempio dello Spirito Santo (1 Corinzi 6:19); 3); tenuto conto che siamo stati comprati a caro prezzo (1 Corinzi 6:20); 4) e che non apparteniamo a noi stessi (1 Corinzi 6:19), veniamo esortati a glorificate dunque Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito, che appartengono a Dio (1 Corinzi 6:20).

Siccome il “peccato” è violazione della legge (1 Giovanni 3:4), ne consegue che quando le norme di Dio registrate nella Bibbia, vengono infrante, l’uomo commette peccato.

5. I PREPARATIVI PER LA GRANDEZZA DI GIUSEPPE

Per aver rifiutato rapporti sessuali con la moglie di Potifar, Giuseppe andò a finire in carcere, e vi rimase due anni; non perché fosse stato condannato a due anni di reclusione, ma perché l’Eterno che era con lui, e tutto quello che Egli aveva detto, - quando Giuseppe fece i sogni, si doveva avverare -, fece sì che le cose andassero in suo favore, abbreviandogli la permanenza in carcere.

Tutto cominciò quando due detenuti, il capocoppiere e il capopanettiere di Faraone fecero ambedue un sogno, e, secondo l’interpretazione che Giuseppe ne diede loro, il capocoppiere ritornò al suo vecchio posto di prima, cioè a porgere nuovamente la coppa a Faraone e il capopanettiere venne fatto impiccare.
Anche se Giuseppe non sapeva che Dio lo aveva dotato di una particolare sapienza per interpretare i sogni, attraverso quei due sogni, appariva chiaro quello che Dio aveva dato a quest’uomo.

Fu l’occasione opportuna per Giuseppe, per fare una viva raccomandazione al capocoppiere, perché questi parlasse in suo favore a Faraone, quando sarebbe ritornato a porgere la coppa al monarca. Però, nonostante ciò, il testo sacro precisa:

Il capocoppiere però non si ricordò di Giuseppe, ma lo dimenticò (Genesi 40:23).

Se Giuseppe avesse dovuto uscire dal carcere, per la mediazione del capocoppiere, non sarebbe arrivato mai quel momento, data la dimenticanza di quell’uomo. Al disopra del capocoppiere, c’era però Dio, che vigilava sulla vita di Giuseppe.

È bello pensare che anche quando l’uomo si dimentica di noi, Dio non fa lo stesso. Se Giuseppe era andato a finire in carcere, non fu per aver commesso qualche crimine - anche se agli occhi dei prigionieri egli appariva come un uomo che avrebbe voluto violentare la moglie di Potifar -, no, ma per aver rifiutato di andare a letto con quella donna. Siccome tutto doveva “cooperare al bene”, secondo il principio di Dio, scritto in Romani 8:28, Dio permette che Giuseppe vada in carcere.

D’altra parte, se Giuseppe non si fosse trovato in carcere, non avrebbe avuto l’occasione di sentire il racconto dei sogni del capocoppiere e del capopanettiere, e quindi, non avrebbe dato loro l’interpretazione. Secondo l’uomo, non c’erano tante speranze perché Giuseppe uscisse dal carcere. Dio però, prepara le cose in modo tale e Giuseppe, esca fuori, onorevolmente, per non ritornarci mai più. Faraone fa dei sogni,

e al mattino il suo spirito era turbato, e mandò a chiamare tutti i maghi e tutti i savi d’Egitto; quindi il Faraone raccontò loro i suoi sogni, ma non ci fu alcuno che li potesse interpretare al Faraone (Genesi 41:8).

È siccome il capocoppiere aveva dimenticato quello che gli aveva detto Giuseppe; ma ora lui è davanti a Faraone, che gli porge la coppa e sente i sogni che Faraone racconta ai maghi e savi d’Egitto.

Poiché nessuno di questi è capace di interpretarli, in un momento, Dio sveglia la memoria del capocoppiere, e, nel giro di poco tempo, Giuseppe si trova davanti a Faraone, non in tenuta carceraria, ma raso e con i vestiti cambiati (Genesi 41:14). Alla parola di Faraone:

Ho fatto un sogno e non vi è alcuno che lo possa interpretare; ma ho sentito dire di te che, quando hai udito un sogno tu lo puoi interpretare. Giuseppe risponde: Non sono io; ma sarà DIO a dare una risposta per il bene del Faraone (Genesi 41:15).

Faraone raccontò i sogni a Giuseppe e seduta stante ne ricevette la loro interpretazione. In quella stessa giornata, Giuseppe venne proclamato la seconda persona del regno. Ecco qui di seguito il testo del decreto di quella nomina:

Allora il Faraone disse a Giuseppe: Poiché DIO ti ha fatto conoscere tutto questo, non vi è alcuno che sia intelligente e savio come te.
Tu sarai sopra la mia casa e tutto il mio popolo obbedirà ai tuoi ordini; per il trono soltanto io sarò più grande di te.
Il Faraone disse a Giuseppe: Vedi, io ti stabilisco su tutto il paese d’Egitto.
Poi il Faraone si tolse l’anello dalla sua mano e lo mise alla mano di Giuseppe; lo fece vestire di abiti di lino fino e gli mise al collo una collana d’oro.
Lo fece quindi montare sul suo secondo carro, e davanti a lui si gridava: In ginocchio! Così il Faraone lo costituì su tutto il paese d’Egitto.
Inoltre il Faraone disse a Giuseppe: Il Faraone sono io ma, senza di te, nessuno alzerà la mano o il piede in tutto il paese d’Egitto
(Genesi 41:39-44).

Si continuerà il prossimo giorno...