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Dovremo proprio io, tua madre e i tuoi fratelli venire a inchinarci fino a terra davanti a te? (GenesiI:10)

e il rimprovero dato dallo stesso padre, parlano chiaramente che non c’era niente di vero che Giacobbe avesse “sancito”, con il dono della “veste lunga”, la “superiorità di Giuseppe sui fratelli”.

Davanti al racconto del secondo sogno e la relativa interpretazione che viene data dal padre loro, i fratelli di Giuseppe sono più che convinti che il loro congiunto dovrà primeggiare su loro. Ecco perché, a differenza del primo sogno, che lo odiarono ancor di più (Genesi 37:8), col secondo gli portavano invidia (Genesi 37:11).
Anche il fatto che Giacobbe, nonostante il sonoro rimprovero dato al figlio, serbava la cosa dentro di sé, deponeva in favore, non di una sua premeditata volontà di vedere suo figlio “dominare su gli altri figli”, ma di una precisa volontà divina che tutto preparava e predisponeva perché ciò si avverasse.

3. COMINCIANO GLI AFFANNI PER GIUSEPPE

Or i fratelli di Giuseppe erano andati a pascolare il gregge del padre a Sichem.
E Israele disse a Giuseppe: I tuoi fratelli non stanno forse pascolando il gregge a Sichem? Vieni, che ti manderò da loro. Egli rispose: Eccomi.
Israele gli disse: Va’ a vedere se i tuoi fratelli stanno bene e se il gregge va bene, e poi torna a riferirmelo..
(Genesi 37:12-14).

La sezione narrativa di: Genesi 37:12-17, qualcuno l’ha definita “scena preparatoria”, per quello che il testo Sacro ci dirà sul futuro di Giuseppe. Gli elementi che vengono messi in chiaro in questa sezione, ci permettono di vedere il vero carattere di Giuseppe, per meglio valutare la sua vita e le sue azioni. Giuseppe sa che i suoi fratelli lo odiano e lo invidiano e che hanno già rotto quel rapporto di relazione con lui.

Non sappiamo esattamente se Giacobbe sa che il suo figlio prediletto Giuseppe, è odiato ed invidiato dagli altri ragazzi.

Il fatto stesso che il padre si rivolge al figlio, con la precisa intenzione di volerlo mandare dai suoi fratelli che si trovano a Sichem a pascolare il gregge, già è un indizio che ci porta a pensare almeno due cose: 1) O che Giacobbe non conosceva l’odio e l’ostilità dei figli nei confronti di Giuseppe, 2) oppure che Giacobbe, non dava troppo peso, quindi non considerava una seria minaccia per la vita del suo prediletto.

Dovendo valutare obiettivamente le due cose, siamo propensi a pensare la prima cosa, cioè che Giacobbe non era a conoscenza del come i suoi figli stavano trattando Giuseppe. È infatti, illogico ed impensabile che, un padre mandi il proprio prediletto lontano dalla sua protezione e metterlo nelle mani di coloro che l’odiano e lo invidiano, senza nessuna preoccupazione.

Dall’altra parte, un Giuseppe che, pur sapendo che i suoi fratelli l’odiano e lo invidiano e non possono parlargli in modo amichevole, non fa nessuna obbiezione al padre che lo vuole mandare a trovare i suoi fratelli, e tanto meno gli prospetta la probabilità di un pericolo per la sua vita. La prontezza con la quale risponde: “Eccomi”, non solo ci fa vedere che non c’è niente di ostile nella vita di questo giovane nei confronti dei suoi fratelli, ma ci dice anche che il carattere di Giuseppe era “mite e sottomesso”.

La missione che il padre affida a Giuseppe è chiara e precisa: Va’ a vedere se i tuoi fratelli stanno bene e se il gregge va bene, e poi torna a riferirmelo. Non è certo una missione “spionistica” quella che viene affidata! E poi perché si trattava di andare a vedere i “suoi fratelli”, non i suoi nemici e neanche persone sospette.

Vedere nell’uomo ignoto, che incontra Giuseppe, mentre vagava per la campagna, in cerca dei suoi fratelli, “un angelo mandato da Dio”, anche se si precisa: “La tradizione sia rabbinica che patristica ha percepito questo suggerimento del testo identificando nel personaggio un angelo.

Questa identificazione, di un “angelo mandato da Dio”, è un certo correre dietro a spiritualizzazioni fantasiose, sia dei rabbini e sia della patristica, divenuti maestri in questo tipo di interpretazione a sfruttare quelle Scritture che non si prestano chiaramente.

Un complotto preparato

Quando Giuseppe arrivò a Dothan, dietro il suggerimento dell’uomo ignoto, il testo precisa:

Essi lo scorsero da lontano e, prima che fosse loro vicino, complottarono contro di lui per ucciderlo.
E dissero uno all’altro: Ecco che arriva il sognatore!
Ora dunque venite, uccidiamolo e gettiamolo in un pozzo; diremo poi che una bestia feroce lo ha divorato; così vedremo che ne sarà dei suoi sogni
(Genesi 37:18-20).

La prima cosa che va notata è questa: Giuseppe va in cerca dei suoi fratelli, ma quando questi lo vedono da lontano, non pensano di chiamarlo “fratello”, ma lo definiscono “il sognatore”. L’odio e l’invidia che c’era nella mente e nel cuore di questi uomini, li porta a dimenticare che Giuseppe è un loro fratello. L’odio e l’invidia li acceca a tal punto, che prima che Giuseppe arrivasse da loro, avevano già complottato di ucciderlo e gettarlo in un pozzo.

Questi uomini non prepararono un piano di castigo, duro e pesante, per correggere le velleità di Giuseppe, ma di ucciderlo. L’odio non è solamente crudele, è anche omicida, e chiunque si lascia trasportare, è dal maligno (1 Giovanni 3:12,15).

La cosa che maggiormente venne messa in risalto, non era soltanto l’eliminazione della persona di Giuseppe, riguardava essenzialmente i suoi “sogni: Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni. Una volta ucciso questo “sognatore”, saranno uccisi anche i suoi sogni. È una vera follia quando l’uomo pensa di eliminare qualcosa che non gli appartiene.
I sogni che Giuseppe aveva avuto, non rappresentavano il frutto della sua fantasia, superbia e sete di grandezza; erano piuttosto una chiara rivelazione di una precisa volontà divina. Quegli uomini avrebbero potuto distruggerlo come uomo, ma non come uomo che Dio aveva scelto per una precisa missione.

Tutto quello che rientra nel piano e nella volontà di Dio, nessuno lo può annullare o distruggere. L’ultima cosa di questo complotto consisteva nel mandare a dire al padre che una bestia feroce lo ha divorato. L’inganno e l’imbroglio accuratamente preparati, mirava essenzialmente a scagionare dalla responsabilità quegli uomini, davanti al loro padre. Quando Giacobbe ricevette la “veste insanguinata”, riconoscendola disse:

È la veste di mio figlio, lo ha divorato una bestia feroce; certamente Giuseppe è stato sbranato (Genesi 37:33).

Come Giacobbe ingannò e imbrogliò suo padre Isacco, così ora i suoi figli ingannano e imbrogliano lui. Si dice che i figli, di solito, fanno le stesse cose dei loro padri, anche se quest’ultimi non gliele hanno insegnate.

L’intervento di Ruben

Ruben udì questo e decise di liberarlo dalle loro mani e disse: Non gli togliamo la vita.
Poi Rubenon aggiunse: Non spargete sangue, ma gettatelo in questo pozzo e non colpitelo di vostra mano. Diceva così, per liberarlo dalle loro mani e riportarlo a suo padre
(Genesi 37:21,22).

Nonostante avesse dato il consiglio di gettarlo nel pozzo, aveva anche aggiunto: “Non spargete sangue”. Questo lo disse con la precisa intenzione di volerlo liberare, per condurlo a suo padre sano e salvo. Più tardi, quando tutti i fratelli, tranne Beniamino, si troveranno davanti a Giuseppe nel paese di Egitto, Ruben ripeterà le parole, e nello stesso tempo il testo rivelerà un segreto in quel tempo sconosciuto:

Si continuerà il prossimo giorno...