00 15/12/2010 13:02
Nel giro di poco tempo non solo il cuore dei fratelli di Giuseppe, si riempì di tanto odio e finì anche per rompere le relazioni amichevoli. Ciò è detto chiaramente dal testo quando precisa che i fratelli non gli potevano parlare in modo amichevole (Genesi37:4).

Questa nuova situazione venne a creare un certo distacco e una certa freddezza, tra Giuseppe e i suoi fratelli, non tanto dal primo quanto dai secondi, perché furono quest’ultimi, che non ebbero scrupoli a macchinargli perfino la morte e in un secondo tempo a procurargli tanti affanni. Non possiamo a questo punto parlare solamente del “torto” dei fratelli di Giuseppe, per l’odio che gli portavano, senza dover rilevare che la causa principale di questo loro atteggiamento ostile, risedeva nella stessa vita di Giacobbe, per il trattamento particolare che faceva a Giuseppe.

I genitori devono fare molta attenzione a non fare “parzialità” con i loro figli, e non devono permettere che il loro amore sia diverso l’uno dall’altro se non vogliano dissensi e litigi nell’ambito della famiglia. I trattamenti particolari, da un figlio all’altro, anche se vengono spesso motivati dal fatto che uno è il primogenito e l’altro è l’ultimo dei nati, hanno sempre causato scompigli e malumori nella vita dei figli.

Quando una piaga si apre nella vita di una famiglia - e i genitori la aprano quando fanno parzialità - difficilmente si chiude, nel senso che guarisca. Ancora giovanissimo, Giuseppe, all’età di

diciassette anni pascolava il gregge con i suoi fratelli... Or Giuseppe riferì al loro padre la mala fama che circolava sul loro conto (Genesi 37:2).

Generalmente si indicano due cose alla base dell’ostilità dei fratelli di Giuseppe: Il dono della “veste lunga” e il rapporto (a scopo spionistico?) che Giuseppe faceva a suo padre di tutta la “mala fama che circolava”, intorno ai suoi fratelli. Sicuramente questi due elementi avranno creato i presupposti perché i fratelli di Giuseppe non guardassero di buon occhio il loro congiunto.

È improbabile però che Giuseppe nel rapportare al padre intorno ai suoi fratelli, si volesse già ergere sopra di loro, come qualcuno ha cercato di insinuare, definendolo “impertinente fratello minore coccolato dal padre e sfrontatamente insuperbito dai suoi sogni di grandezza”.

L’indole di Giuseppe non era tale da alimentare un minimo sospetto di pretesa a volere essere un’”ispettore” e tanto meno “signore” sopra i suoi fratelli. Tutto quello che diremo in seguito, attraverso l’esame del testo sacro, metterà in evidenza questa nostra affermazione.

2. I SOGNI DI GIUSEPPE

Or Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai suoi fratelli; e quelli lo odiarono ancora di più.
Egli disse loro: Udite, vi prego il sogno che ho fatto.
Noi stavamo legando dei covoni in mezzo al campo, quand’ecco fascio si drizzò e rimase diritto, mentre i vostri covoni si raccolsero e si inchinarono davanti al mio covone
(Genesi 37:5-7).

L’interpretazione che venne data a quel sogno non fu da parte di Giuseppe - anche se lo stesso più tardi interpreterà, prima i sogni del “coppiere” e del “panettiere” e poi quelli del Faraone - ma i suoi fratelli, che non erano dotati di particolare virtù per interpretare i sogni. Sappiamo però che l’interpretazione che venne data a quel sogno era vera, nel senso che Dio, attraverso quel sogno, faceva arrivare un preciso messaggio alla famiglia di Giacobbe: si trattava di predire quello che sarebbe diventato Giuseppe, non per volontà e desiderio del padre, ma per volontà di Dio.

Infatti, siccome quel sogno era una divina rivelazione di Dio, anche se passarono diversi anni, si avverò come era stato predetto. Sorgono qui spontanee alcune domande: Quale fu il vero motivo che spinse Giuseppe a raccontare il suo sogno ai suoi fratelli? Aveva egli la percezione di quello che veramente diceva il sogno? Capiva Giuseppe che quel sogno parlava della sua grandezza e della sottomissione dei suoi fratelli? Se tutto questo era chiaro nella sua mente, per quale motivo lo disse ai suoi fratelli? Era veramente Giuseppe “sfrontatamente insuperbito dai suoi sogni di grandezza?”

Non sapeva forse egli che già i suoi fratelli l’odiavano a motivo della “veste lunga” e non gli “potevano parlare in modo amichevole” e che il sogno avrebbe aumentato lo sdegno e l’odio nei suoi confronti? Agì Giuseppe da vero “presuntuoso” e “superbo” o piuttosto da un “ingenuo”?

Soppesando tutta la storia di Giuseppe, così come ci viene narrata dal libro della Genesi, nonché il suo carattere mite e sottomesso, siamo portati a pensare alla sua “ingenuità” piuttosto che alla sua “presuntuosità” e “superbia”. Quello che maggiormente rafforza questo nostro convincimento è il fatto che, pur sentendo dalla bocca dei suoi fratelli l’interpretazione che avevano dato al suo sogno, ne raccontò un’altro che includeva anche “suo padre e sua madre”.

Accettava Giuseppe per vero, l’interpretazione del sogno che avevano dato i suoi fratelli? A noi sembra che Giuseppe in se stesso dicesse: I miei fratelli hanno interpretato il mio sogno nel senso che io dovrò “dominare sopra loro”; ma è vera la loro interpretazione? Io non ho mai pensato a questo e non ho nel mio cuore una simile ambizione.

A questo punto vale la pena esaminare l’esperienza di Gedeone, l’uomo che Dio scelse per salvare il popolo d’Israele dalle mani dei Madianiti. Nonostante fosse pronto per assalire i Madianiti, gli uomini selezionati secondo un preciso criterio che Dio aveva detto, c’era un po’ di paura nella vita di Gedeone. Dio che conosce lo stato di Gedeone, gli dice:

Levati e piomba sull’accampamento, perché io te l’ho dato nelle mani.
Ma se hai paura di farlo, scendi all’accampamento con Purah, tuo servo,
e udrai quello che dicono, dopo ciò, le tue mani saranno fortificate per piombare nell’accampamento.
Quando Gedeone arrivò, ecco un uomo raccontava un sogno al suo compagno e gli diceva: Ho appena fatto un sogno; mi pareva di vedere un pane d’orzo rotolare nell’accampamento di Madian, giungere alla tenda e colpirla, così da farla cadere, rovesciarla e farla crollare.
Allora il suo compagno gli rispose: Questo non è altro che la spada di Gedeone, figlio di Joash, uomo d’Israele; nelle sue mani DIO ha dato Madian e l’intero accampamento.
All’udire il racconto del sogno e la sua interpretazione, Gedeone si prostrò in adorazione; poi tornò all’accampamento d’Israele e disse: Levatevi, perché l’Eterno ha dato nelle vostre mani l’accampamento di Madian
(Giudici 7:9-11,13-15).

Ecco un uomo che credendo ed accettando per vero l’interpretazione di un sogno, agisce in merito. Lo stesso dicasi per Faraone quando Giuseppe gli interpretò i suoi sogni. Ammesso che accettasse per vero l’interpretazione del suo sogno data dai suoi fratelli, non crediamo che sia quella ventilata superbia, della quale si è parlato.

Il fatto stesso che nel secondo sogno si parlava: Del sole, della luna e di indici stelle che si inchinavano davanti a lui, e che lo stesso Giuseppe lo raccontò a suo padre e ai suoi fratelli, prova a nostro avviso, quanto di “ingenuo” c’era nell’animo di quest’uomo. L’interpretazione che Giacobbe dà, anche se viene espressa in forma interrogativa:

Si continuerà il prossimo giorno...