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Egli (l’Eterno) non ci tratta come meritano i nostri peccati, e non ci castiga in base alle nostre colpe (Salmo 103:10). Un’altra Scrittura dice: Ma dopo tutto quanto ci è venuto addosso a motivo delle nostre azioni malvagie e delle nostre grandi colpe, poiché tu, o DIO nostro, ci hai punito meno di quanto meritavano le nostre colpe e ci hai lasciato un residuo come questo (Esdra 9:13).

Ed ancora si legge: Rivolgendosi alla gente dirà: Ho peccato e violato la giustizia, e non sono stato punito come meritavo (Giobbe 33:27). Infine si legge: Egli (il Signore) ci ha salvati non per mezzo di opere giuste che noi avessimo fatto, ma secondo la sua misericordia... (Tito 3:5). Ecco il momento in cui Giacobbe riceve la benedizione.

Dopo che Isacco mangiò e bevve ed ebbe odorato il vestito che era addosso di Giacobbe, disse:

Ecco, l’odore di mio figlio è come il profumo di un campo, che l’Eterno ha benedetto. Dio ti dia la rugiada dei cieli e la fertilità della terra e abbondanza di frumento e di vino.
Ti servano i popoli e le nazioni si inchinino davanti a te. Sii padrone dei tuoi fratelli e i figli di tua madre si inchinino davanti a te.
Maledetto sia chiunque ti maledice, benedetto sia chiunque ti benedice!
(Genesi 27:27-29).

La benedizione che Isacco pronunciò - nella sua intenzione era per Esaù, ma effetti andò a Giacobbe - non rispecchiava il desiderio e la volontà del padre, - come potrebbe sembrare da un punto di vista umano -, rispecchiava invece esattamente quello che Dio aveva già predetto, fin da quando i due fratelli si trovavano nel grembo della madre.

Che l’uomo non possa modificare niente di tutto quello che l’Eterno ha stabilito nel Suo piano, appare chiaramente, non solo da questo racconto, ma anche da altri testi della Bibbia, come per esempio: Riconosco che puoi tutto, e che nessun tuo disegno può essere impedito (Giobbe 42:2).

D’altra parte, conciliare la preconoscenza di Dio, con quello che l’uomo fa, - e quello che fa l’essere umano non è mai sufficiente per accaparrarsi i favori di Dio -, non è certo sempre facile, specie davanti all’agire negativo, quale fu quello di Giacobbe. Indipendentemente dal fatto che noi riusciamo a capire o meno la preconoscenza di Dio, resta sempre fermo il fatto che Dio tratta l’uomo, non secondo quello che egli merita, ma secondo la Sua misericordia e bontà.

Come ebbe finito di benedire Giacobbe, e quest’ultimo si era appena allontanato dalla sua presenza, ecco che arriva Esaù, di ritorno dalla caccia, e, preparando la selvaggina che aveva preso, si presenta davanti a suo padre per ricevere la sua benedizione. Fu sbalordito e scioccato Isacco, quando venne a sapere che Giacobbe, agendo con inganno, aveva preso la benedizione di suo figlio Esaù.

Esaù, da parte sua, non avendo il minimo sospetto che suo fratello avrebbe agito con inganno per prendersi la sua benedizione, reagisce con un grido forte ed amarissimo, dicendo a suo padre: Benedici anche me, padre mio!

Ha dovuto con rammarico prendere atto, che è stato

soppiantato già due volte; mi tolse la primogenitura ed ecco ora si è presa la mia benedizione (Genesi 27:36).

Facendo una certa insistenza su suo padre perché benedicesse anche lui, Isacco pronuncia le seguenti parole:

Ecco, la tua dimora sarà priva della fertilità della terra e della rugiada che scende dall’alto dei cieli.
Tu vivrai della tua spada e sarai servo di tuo fratello; ma avverrà che, quando combatterai, spezzerai il suo giogo dal tuo collo
(Genesi 27:39-40).

Segue subito quanto appresso:

Cominciò Esaù a odiare Giacobbe a motivo della benedizione datagli da suo padre, e disse in cuor suo: I giorni del lutto per mio padre si avvicinano; allora ucciderò mio fratello Giacobbe (v. 41).

Non possiamo giustificare l’imbroglio e l’inganno di Giacobbe ai danni di Esaù - egli resterà con questo nome, fino al giorno in cui gli verrà cambiato: da Giacobbe in Israele (Genesi 32:28) -, ma neanche possiamo sorvolare e giustificare l’odio di Esaù nei confronti di Giacobbe.

Anche se Giacobbe dovette allontanarsi dai suoi genitori, prendere la via di Paddan-Aram, quindi anche lontano da suo fratello Esaù, per ben venti anni, non per questo l’odio di quest’ultimo, non se ne andò dal suo cuore.

Spesso si rimane di stucco, per non dire scandalizzati, come può l’uomo conservare nel proprio cuore e per tanti anni, l’odio verso qualcuno. Indipendentemente da quelli che potrebbero essere i “motivi” che causano l’odio, l’insegnamento della Scrittura rimane sempre identico, con la stessa fermezza e precisione:

Chi dice di essere nella luce e odia il proprio fratello, è ancora nelle tenebre.
Ma chi odia il proprio fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre gli hanno accecato gli occhi
(1 Giovanni 2:9,11).
Da questo si riconoscono i figli di Dio e i figli del diavolo: chiunque non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il proprio fratello (1 Giovanni 3:10).

Ed ancora: Chi odia il proprio fratello è omicida; e voi sapete che nessun omicida ha la vita eterna dimorante in sé (1 Giovanni 3:15).
Infine: Se uno dice: Io amo Dio e odia suo fratello, è bugiardo; chi non ama, infatti, il proprio fratello che vede, come può amare Dio che non vede? (1 Giovanni 4:20).

Si afferma che il trascorrere degli anni, conduce l’uomo a riflettere, a ripensare. Non fu però così per Esaù. Nonostante fossero trascorsi venti anni, durante i quali, Esaù, non aveva rivisto una sola volta Giacobbe, quello che si legge nel libro della Genesi, non fu soltanto sconvolgente e preoccupante per Giacobbe, lo è anche per ogni anima sensibile.

Giacobbe si trova sulla strada di ritorno, alla volta di Canaan, dopo aver trascorso venti anni presso Labano, in Paddan-Aram. Siccome non si sentiva l’animo in pace, per tutto l’inganno e l’imbroglio che aveva fatto a suo fratello Esaù,

mandò davanti a sé alcuni messaggeri al fratello Esaù, nel paese di Seir, nella campagna di Edom.
E diede loro quest’ordine: Direte così ad Esaù, mio signore: Così dice il tuo servo Giacobbe: Io ho soggiornato presso Labano e vi sono rimasto finora;
ho buoi, asini, greggi, servi e serve; e lo mando a dire al mio signore, per trovare grazia ai suoi occhi.
I messaggeri tornarono quindi da Giacobbe, dicendo: Siamo andati da tuo fratello Esaù; ed ora sta venendo egli stesso ad incontrarti e ha con lui quattrocento uomini
(Genesi 32:3-6).

I quattrocento uomini presi con sé per incontrare suo fratello Giacobbe, parlano da soli; ci fanno vedere chiaramente quali erano le sue reali intenzioni nei confronti di Giacobbe. Se Esaù non mise la sua mano addosso a suo fratello e su tutto quello che egli aveva, non fu perché il suo cuore venne “ammorbidito” dalle parole: Tuo servo Giacobbe, mio signore Esaù, ma fu perché Dio, rispondendo alla preghiera accorata di Giacobbe, aveva cambiato tutte le cose (Genesi 32:9-11).

Tutto quello che si legge in questi due capitoli 32 e 33 della Genesi, è una chiara descrizione di quello che Dio fece in quel giorno, quando i due fratelli si riconciliarono, e non vi fu nessuno spargimento di sangue. Quello che ha valore nella nostra vita, non è tanto quello che noi “sappiamo fare” quanto quello che “sa fare “Dio”. A lui sia la gloria, nei secoli dei secoli! Tutto quello che abbiamo detto, descrivendo le varie scene della vita di Giacobbe e di Esaù, a partire da quando erano nel grembo della madre fino al giorno della loro riconciliazione, l’abbiamo fatto in accordo con Ebrei 11:20: Per fede Isacco benedisse Giacobbe ed Esaù, riguardo a cose future.

Ps: Se ci sono domanda da fare, sentitevi liberi di farlo e sarà una gioia da parte nostra, rispondere ai vostri quesiti.