È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

Ragionando...

Domenico34 - La fede - VI di Abrahamo

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Domenico34
    Post: 1.112
    Età: 90
    Sesso: Maschile
    00 02/12/2010 12:18

    Capitolo 6



    LA fede DI ABRAHAMO



    Per fede Abrahamo, quando fu chiamato, ubbidì per andarsene verso il luogo che doveva ricevere in eredità; e partì non sapendo dove andava.
    Per fede Abrahamo dimorò nella terra promessa, come in paese straniero, abitando in tende con Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa, perché aspettava la città che ha i fondamenti, il cui architetto e costruttore è Dio.
    Per fede Abrahamo, messo alla prova, offrì Isacco e chi aveva ricevuto le promesse offrì il suo unigenito,
    anche se Dio gli aveva detto: in Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome, perché Abrahamo riteneva che Dio era potente da risuscitarlo anche dai morti; per questo lo riebbe come per una specie di risurrezione
    (Ebrei 11:8,9,17-19.

    La storia di Abrahamo, così come viene tracciata dallo scrittore agli Ebrei, ampia nelle sue linee, è anche ricca di spunti che ci permettono di vedere le sue varie esperienze che si susseguirono una dietro l’altra. A cominciare dalla sua chiamata fino il giorno in cui gli venne chiesto di offrire suo figlio Isacco, e finisce col parlarci della speranza che aveva intorno alla città celeste che ha i fondamenti, il cui architetto e costruttore è Dio.

    In tutta quest’ampia panoramica, si collocano, tutte le esperienze di quest’uomo, che poi sono quelle che maggiormente danno valore ed importanza alla vita di questo nobile patriarca.

    Più tardi l’apostolo Paolo, parlando diffusamente di Abrahamo, non solo lo presenterà come un uomo di fede eccezionale, ma addirittura lo chiamerà il padre della fede. Con questa caratteristica che contraddistingue la vita di questo patriarca, Abrahamo viene additato come il padre di tutta la cristianità, non solo per la fede che seppe manifestare ai suoi giorni, ma anche per quello che egli fece.

    Da parte sua, Giacomo, parlando di Abrahamo, non ha nessuna difficoltà a classificarlo un uomo che viene: Giustificato per mezzo delle opere (Giacomo 3:21). Ovviamente, la tematica che snoda lo scrittore agli Ebrei, intorno ad Abrahamo, vale la pena di esaminarla, anche e soprattutto perché noi pure, alla distanza di tanti millenni, possiamo imparare come avere fede in Dio, in mezzo alle mille difficoltà della vita, quale è il suo valore e le sue implicazioni, in riferimento alla vita cristiana. Lo schema che ci fornisce la lettera agli Ebrei è il seguente:

    1) La chiamata di Abrahamo
    2) La maniera di vivere di Abrahamo
    3) L’offerta di Abrahamo

    1. LA CHIAMATA DI ABRAHAMO

    Il Dio della gloria apparve ad Abrahamo, nostro padre, mentre egli era in Mesopotamia, prima che abitasse in Carran, e gli disse: Esci dal tuo paese e dal tuo parentado e va’ nel paese che io ti mostrerò (Atti 7:2).

    Così cominciò Stefano il suo discorso, davanti al sommo sacerdote e agli altri, che lo stavano processando. Per sapere esattamente la storia di questa chiamata, ovviamente, bisogna rivolgersi al libro della Genesi, che c’indica la città di Ur dei Caldei, quale residenza di Abrahamo all’epoca di quell’evento.

    Dal racconto della Genesi conosciamo che Abrahamo era figlio di Terah, fratello di Nahor e Haran, e che abitando in Ur dei Caldei, sposò una donna di nome Sarai, la quale era sterile. Dopo la morte di Terah, avvenuta nella località di Carran, Abrahamo si sposta da quel luogo per andarsene in un paese, che l’Eterno stesso gli ha mostrato. Questo fu ha seguito di una speciale apparizione da parte di Dio, che gli aveva detto:

    Vattene dal tuo paese, dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre, nel territorio che io ti mostrerò.
    Io farò di te una gran nazione e ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai una benedizione.
    E benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà; e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra
    (Genesi 12:1-3).

    Il libro della Genesi ci assicura che Abrahamo dopo aver ricevuto questa chiamata divina partì, e l’Epistola agli Ebrei aggiunge che Abrahamo “partì non sapendo dove andava”. Se questo particolare viene messo in evidenza con una speciale accentuazione dallo scrittore agli Ebrei, bisogna subito affermare che ciò avvenne “per fede”. In altre parole se Abrahamo non avesse avuto fede = fiducia - a quello che Dio gli aveva detto, non sarebbe stato facile per lui, accettare quel messaggio. Il messaggio relativo della chiamata di Abrahamo, la Bibbia lo ricorda in tre passi:

    Poi l’Eterno gli disse: Io sono l’Eterno che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei, per darti questo paese in eredità (Genesi 15:7);

    Tu sei l’Eterno, il DIO che ha scelto Abramo; lo hai fatto uscire da Ur dei Caldei e gli hai dato il nome di Abrahamo (Neemia 9:7);

    Il Dio della gloria apparve ad Abrahamo, nostro padre, mentre egli era in Mesopotamia, prima che abitasse in Carran, e gli disse: Esci dal tuo paese e dal tuo parentado e va’ nel paese che io ti mostrerò (Atti 7:2,3).

    L’elemento fede che caratterizza la vita di Abrahamo, ha più valore quando si pensa:

    1) Abrahamo non era scapolo, era già ammogliato ed aveva i suoi settantacinque anni quando partì da Carran (Genesi 12:4). Per uno che è scapolo, non è difficile spostarsi da un luogo all’altro, non deve rendere conto a nessuno; mentre per uno che è legato da un vincolo matrimoniale, non è cosa facile lasciare un luogo per andare altrove, specie quando la destinazione è ignota.

    Noi non conosciamo la reazione di Sarai, moglie di Abrahamo, quando seppe da suo marito che dovevano lasciare la Mesopotamia per andarsene in un luogo che l’Eterno stesso gli avrebbe detto, che poi fu la terra di Canaan. Ammesso che Sarai avesse detto a suo marito che non era d’accordo con quello che gli veniva detto, sicuramente Abrahamo avrà fatto opera di persuasione, perché la moglie si convincesse di accettare lo spostamento.
    In fin dei conti, quello spostamento non doveva essere interpretato come un capriccio del marito, (anche se in quei tempi la moglie aveva un particolare rispetto e sottomissione nei suoi confronti), si trattava invece di obbedire a Dio.

    2) Abrahamo aveva raggiunto una certa posizione economica in Mesopotamia (Genesi 12: 5); era bene piazzato, economicamente parlando, diremmo oggi. Lasciare un ambiente che già conosceva per dirigersi verso un’altra destinazione ignota, non era certo una cosa ideale e facile nello stesso tempo. Ma siccome in quest’uomo c’era la “fede”, non fu un problema affrontare lo spostamento con tutto quello che esso implicava.

    Fare delle applicazioni spirituali e pratiche nello stesso tempo, sulla scorta dell’esperienza di Abrahamo, giovano anche ai nostri giorni, perché la “fede”, non è qualcosa che ha da fare con le persone dell’antichità solamente, è richiesta anche a noi che viviamo nel ventesimo secolo, nonostante l’enorme distanza di millenni che ci separa dalla vita e dai tempi di Abrahamo. Ebrei 11:6 dice chiaramente:

    Ora senza fede è impossibile piacergli (a Dio), perché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che egli è il rimuneratore di quelli che lo cercano.

    Si continuerà il prossimo giorno...
  • OFFLINE
    Domenico34
    Post: 1.112
    Età: 90
    Sesso: Maschile
    00 03/12/2010 12:16
    Non possiamo certamente stabilire una regola di carattere generale che tutto quello che Abrahamo fece ai suoi giorni, deve essere fatto da noi nella stessa maniera. Una cosa è però certa che il principio di “obbedienza” a Dio, quando Egli ci chiama a fare qualcosa, sia di portata “universale”, applicabile per tutte le persone di ogni epoca, valevole per essere messo in pratica nella maniera più completa ed assoluta.

    Se è Dio che ci chiama a fare una determinata cosa, non importa se si tratta di una piccola missione, con impegni relativi, o piuttosto di una grand’attività che c’impegna intellettualmente e fisicamente, la cosa importante, è l’obbedienza a Dio. Il principio di Dio che:

    L’ubbidienza è migliore del sacrificio, e ascoltare attentamente è meglio del grasso dei montoni (1 Samuele 15:22),

    non conosce confini di tempo, di persone e di circostanze e non tramonta mai. L’obbedienza a Dio, non può essere realizzata e concretizzata nella nostra vita senza la fede. Con la fede in Dio, sapremo affrontare le più difficili situazioni, le cose più impensabili, le assurdità più marcate, umanamente parlando, come partire senza sapere dove andare. Ma è anche con la fede in Dio che si può esperimentare le cose più stupende nella vita, a proposito delle promesse di Dio.

    Non si tratta qui ovviamente di esporre alla vista degli altri, una vita altamente spirituale, si tratta invece di dimostrare quanto sia vero il detto della Scrittura: Fedele è Dio (1 Corinzi 1:9; 10:13; 2 Corinzi 1:18; 2 Tessalonicesi 3:3). Anche se non sempre tutto quello che è promesso viene ricevuto sulla terra (cfr. Ebrei 11:13), rimane sempre fermo il fatto, che in mancanza della fede, oltre a non essere grati a Dio (Ebrei 11:6), non si possono conseguire nella vita cristiana quei traguardi che umanamente parlando sono irraggiungibili. E che dire poi della domanda di Gesù:

    Quando vi ho mandato senza borsa, senza sacca e senza sandali, vi è mancata qualche cosa?.

    La risposta senza dubbio sarà la stessa: Nessuna (Luca 22:35). Quando, con il pretesto di una premurosa e sollecita preoccupazione, per i vari bisogni di un missionario, di uno che è impegnato nell’opera del ministero, un’organizzazione religiosa (che ha in cura il sostentamento economico della vita del missionario), cerca in tutti i modi, l’approvvigionamento di tutto innanzi tempo, finisce, non solo col non esperimentare la fedeltà della Parola di Dio, si rischia anche di prospettare una diversa realtà intorno all’immutabilità di Dio.

    Se Dio è fedele e non è venuto mai meno ai suoi impegni durante i millenni, perché dovrebbe venir meno ai nostri giorni? Perché non dovrebbe prendere cura di tutti quelli che hanno messo la loro vita nelle Sue mani? Se tutto cambierà sulla terra, tra gli uomini e le cose, non c’è nessun motivo di credere che lo stesso fenomeno si verifichi in Dio. No! Egli è fedele! E tutti coloro che sapranno camminare per fede, e non per visione (2 Corinzi 5:7), avranno modo di dire a tutti e a voce alta:

    Dio stesso ha detto: Io non ti lascerò e non ti abbandonerò. Il Signore è il mio aiuto, e io non temerò (Ebrei 13:5-6).

    Ritornando alla chiamata di Abrahamo, rileviamo che il messaggio di Dio suonava come un comando bene specificato, e non come un consiglio:

    a) Vattene dal tuo paese
    b) dal tuo parentado
    c) dalla casa di tuo padre.

    Si potrebbe chiedere: perché mai Dio diede un simile comando ad Abrahamo? Non avrebbe Egli potuto portare a compimento quello che fosse nel piano della Sua volontà per quanto riguardava la vita e la discendenza di Abrahamo, restando nel paese di Ur dei Caldei? Anche se non riusciamo a capire tutte le cose e a darne una giusta spiegazione, specie quando non ci vengono chiaramente specificate, rimane sempre vero il fatto che Dio è sovrano nelle sue scelte e nei suoi piani. E, quando Egli avrà portato a termine quello che ha stabilito secondo la Sua volontà, sarà tutto chiaro e tutto corrisponderà al bene di chi gli ha prestata fede, ubbidendo alla Sua voce.

    Dal momento che Dio aveva stabilito che il paese nel quale Abrahamo sarebbe stato benedetto di una particolare benedizione, era Canaan, e, che questa terra, stillante latte e miele, sarebbe stata assegnata com’eredità alla sua progenie, era più che logico che Dio chiamasse Abrahamo ad andarsene dal paese di Ur dei Caldei. C’è un certo parallelismo, profeticamente parlando, tra la chiamata di Abrahamo e le parole del Salmo 45:10,11:

    Ascolta fanciulla, guarda e porgi l’orecchio; dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre, e il re desidererà grandemente la tua bellezza; prostrati davanti a lui, perché egli è il tuo Signore,

    che si possono bene applicare ad ogni credente, alla Chiesa di Cristo in genere. Da un punto di vista prettamente spirituale, ogni persona che fa parte della Chiesa di Gesù Cristo, viene chiamata ad uscire dal suo paese.

    Spiritualmente parlando, si potrebbero definire: usanze e tradizioni mondane; amicizie e compagnie non sane; la casa del proprio padre = interessi e scopo di vivere -, per potersi dedicare a quello che Dio dice nella Sua parola. Allacciare rapporti di amicizia e di comunione fraterna con chi ama Dio e vivere la propria vita cristiana, secondo le norme del vangelo.

    Una simile applicazione spirituale, risulterà immancabilmente benefica per ogni persona, ai fini di un sempre più arricchimento spirituale da parte di Dio.

    2. LA MANIERA DI VIVERE DI ABRAHAMO

    Lo scrittore agli Ebrei afferma che:

    Per fede Abrahamo dimorò nella terra promessa, come in paese straniero, abitando in tende con Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa.

    Descrivendo così la cosa, il testo sacro ci presenta il modo come visse Abrahamo, quando lasciò il suo paese natale. Anche se è certo che Abrahamo partì senza sapere dove andasse, sappiamo però che Dio guidava la vita di questo suo servitore.

    Infatti, quando Abrahamo arrivò nella località di Sichem, già in terra di Canaan, l’Eterno gli apparve e gli disse: Io darò questo paese alla tua discendenza (Genesi 12:7). Abrahamo come prova della sua riconoscenza verso l’Eterno che lo stava guidando nel modo giusto, costruì un altare all’Eterno che gli era apparso (v. 7).

    E quando poi si spostò verso Bethel, oltre a costruire un altare all’Eterno, ivi invocò il nome dell’Eterno (v. 8). Queste precise indicazioni bibliche, sono più che chiare per affermarci che da un lato Dio si manteneva in contatto con Abrahamo, e dall’altro, Abrahamo curava il suo rapporto personale con Dio.

    In conseguenza di questo rapporto che intercorreva tra Abrahamo e Dio, non è possibile ignorare le caratteristiche del modo di vivere di Abrahamo. Lo scrittore agli Ebrei ci afferma che Abrahamo dimorò nella terra promessa, come in paese straniero.

    Pur sapendo che la terra di Canaan nella quale stava vivendo era sua e della sua discendenza, secondo la precisa promessa fattagli dall’Eterno, Abrahamo si considerava uno straniero, uno che era di passaggio, perciò “abitava in tende”. Non possiamo pensare che Abrahamo abiti in tende, perché gli mancassero le possibilità economiche di costruirsi una bella casa. Genesi 13:2 afferma che: Abrahamo era molto ricco di bestiame, di argento e di oro.

    Si continuerà il prossimo giorno...
    [Modificato da Domenico34 05/12/2010 12:22]
  • OFFLINE
    Domenico34
    Post: 1.112
    Età: 90
    Sesso: Maschile
    00 04/12/2010 12:03
    Di conseguenza, il modo di vivere di Abrahamo in quella maniera, non era privo di significato. Se lui sapeva che era uno straniero nella terra di Canaan, l’abitare in tende, rappresentava una perfetta coerenza della sua fede in Dio. Quest’elemento acquista più significato alla luce della specificazione che lo scrittore agli Ebrei fa, quando afferma che Abrahamo aspettava la città che ha i fondamenti, il cui architetto e costruttore è Dio.

    Davanti ad una simile speranza che non era terrena ma celesti, tutti i dettagli di vivere al modo di questo patriarca, sono significativi e possono darci degli insegnamenti utili per la nostra vita cristiana.

    Tutte le applicazioni che si possono fare, sono adattabili sia per la vita del missionario, dell’evangelista e in genere di chi è impegnato nell’adempimento del suo ministero come anche per il semplice credente che rimane in casa. La cosa che accomuna il credente con un altro fedele e lo rende diverso dagli altri, è la speranza per una vita “migliore”. Non ci sono parole più belle e significative nello stesso tempo, di quello che leggiamo:

    Tutti costoro sono morti nella fede, senza aver ricevuto le cose promesse ma, vedutole da lontano, essi ne furono persuasi e le accolsero con gioia, confessando di essere forestiero e pellegrini sulla terra.
    Coloro, infatti, che dicono tali cose dimostrano che cercano una patria,
    e se avessero veramente avuto in mente quella dalla quale erano usciti, avrebbero avuto il tempo per ritornarvi.
    Ma ora ne desiderano una migliore, cioè quella celeste; perciò Dio non si vergogna di essere chiamato il loro Dio, perché ha preparato loro una città
    (Ebrei 11: 13-16).

    3. L’OFFERTA DI ABRAHAMO

    Per fede Abrahamo, messo alla prova, offrì Isacco e colui che aveva ricevuto le promesse offrì il suo unigenito,
    anche se Dio gli aveva detto: In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome,
    perché Abrahamo riteneva che Dio era potente da risuscitarlo anche dai morti; per cui lo riebbe come per una specie di risurrezione
    (Ebrei 11:17-19).

    Leggendo il racconto riguardante l’offerta di Abrahamo nel libro della Genesi, capitolo 22, si possono conoscere tutti quei particolari che rendono più vistosa e significativa la fede che quest’uomo.

    Dopo queste cose DIO mise alla prova Abrahamo e gli disse:.. (Genesi 22:1).
    Quello che non specifica la lettera agli Ebrei, lo specifica il libro della Genesi: Dio stesso metteva alla prova Abrahamo. Parlare di Dio, conoscitore di ogni cosa, che mette alla prova, è come mettere in discussione la Sua Onniscienza. Se Dio, in virtù della Sua onniscienza sa le cose della fine fin dal principio (Isaia 46:10), quale bisogno c’era di mettere alla prova Abrahamo? Gli mancava forse a Dio la conoscenza delle reali intenzioni del suo servitore, da giustificare la prova?

    Questo ragionamento, non è forse in contrasto con la natura di Dio, che sa la cosa prima che la parola dell’uomo glielo dica? Ma è proprio vero che l’onniscienza di Dio viene seriamente minata e compromessa, dall’episodio della prova di Abrahamo? Se la dottrina dell’onniscienza di Dio viene giustamente intesa, nell’episodio della prova di Abrahamo, possiamo acquisire nuovi elementi che ci fanno maggiormente valutare quest’attributo divino.

    Diciamo subito che Dio non mette alla prova Abrahamo per sapere, per conoscere qualcosa che non conosce della vita di quest’uomo. Se dovessimo impostare il discorso in questi termini, già in partenza l’onniscienza di Dio sarebbe seriamente minata e compromessa.

    Ma se invece pensiamo che Dio attraverso la prova si proponeva di far conoscere allo stesso Abrahamo quello che egli stesso forse non conosceva, la verifica in se stessa, non sarà soltanto di beneficio allo stesso Abrahamo, ma servirà principalmente a far conoscere a tutti gli uomini, e, particolarmente a tutti i lettori della Bibbia, quali saranno le effettive intenzioni di Abrahamo nei confronti del suo Dio.

    Accettando questa premessa, possiamo maggiormente apprezzare e comprendere la disponibilità di Abrahamo, fin dall’inizio che Dio gli parla, pur non conoscendo esattamente quello che l’Eterno gli avrebbe chiesto.

    1) Dio chiama Abrahamo

    Dio chiama personalmente

    Dopo queste cose DIO mise alla prova Abrahamo e gli disse: Abrahamo! Egli rispose: eccomi.
    E DIO disse: Prendi ora tuo figlio, il tuo unico figlio, colui che tu ami, Isacco, va’ nel paese di Moriah e là offrilo in olocausto sopra uno dei monti che io ti dirò
    (Genesi 22:1,2).

    La risposta di Abrahamo: “Eccomi”, mette in evidenza la piena disponibilità di quest’uomo a tutto quello che Dio gli dice. L’elemento della disponibilità di Abrahamo, ha un gran valore, non solo davanti a Dio, ma soprattutto ci permette di valutare la vera portata della fede di questo patriarca. Quando l’uomo non è disposto a prendere sul serio la chiamata di Dio, non sarà neanche pronto ad obbedirgli.

    Ma se l’uomo è disponibile per Dio, non sarà un problema obbedirgli in tutto quello che Egli dirà. Fu di notte, nel sogno, che Dio parlò ad Abrahamo? Anche se non è detto chiaramente nel testo quando Dio parlò al suo servitore, la frase: così Abrahamo si alzò di mattino presto, ci autorizza a pensare che fu di notte. Non ha tanta importanza sapere quando Dio chiamò Abrahamo, quanto prendere nota che è stato sicuramente chiamato.
    Da questo preciso momento che Dio lo chiama, non solo Abrahamo viene a conoscere quello che Dio voleva da lui, ma comincia anche la fase della sua responsabilità nei confronti della chiamata divina.

    Dio chiese specificatamente:

    Prendi ora tuo figlio, il tuo unico discendente, chi tu ami, Isacco, va’ nel paese di Moriah e là offrilo in olocausto sopra di uno dei monti che io ti dirò (v. 2).

    Prima di ogni altra considerazione sulla specificità di Dio va sottolineato il fatto che Dio usa il termine: “Ora”. Questa piccola parolina è quasi sempre in opposizione a quella che spessissimo l’uomo usa, quando rispondendo alla chiamata divina, usa il termine: “Domani”.

    Ora, no Signore! Sono impegnato, non posso; non ho tanto tempo a disposizione; più tardi, domani, potrò facilmente rendermi disponibile. Il domani dell’uomo, spessissimo finisce col tradursi in “mai”. Ecco perché la Bibbia dice categoricamente:

    Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori (Ebrei 3: 7,8);
    Ecco ora il tempo accettevole, ecco ora il giorno della salvezza (2 Corinzi 6:2).

    Il figlio che devi prendere per offrirmelo in olocausto, deve essere Isacco. La specificazione di Dio, sicuramente aveva di mira evitare che, Abrahamo prendesse Ismaele al posto d’Isacco. Una volta che Abrahamo sa esattamente quello che Dio gli aveva chiesto, è sua precisa responsabilità, adeguarsi alla parola del Signore. Abrahamo avrebbe avuto la possibilità di respingere la richiesta di Dio; preferisce però scegliere la via dell’obbedienza anziché quella della logica e della protesta.

    Si continuerà il prossimo giorno...
    [Modificato da Domenico34 05/12/2010 12:20]
  • OFFLINE
    Domenico34
    Post: 1.112
    Età: 90
    Sesso: Maschile
    00 05/12/2010 12:26

    2) L’atteggiamento di Abrahamo

    a) La prima cosa che Abrahamo prende in seria considerazione è la certezza che Dio gli ha parlato. Tutti gli altri passi successivi, sono strettamente legati e sono una chiara conseguenza di questa presa di coscienza, circa la convinzione di quello che Dio gli ha chiesto specificatamente e lo sorreggono nella sua determinazione di obbedire a Dio. Se Abrahamo avesse chiesto: ma è proprio vero che Dio mi ha parlato, o è stata una mia allucinazione? Con ogni probabilità avrebbe assunto un diverso atteggiamento nei confronti di Dio, e la conseguenza più immediata sarebbe stata quella di fare diversamente di quello che Dio aveva chiesto.

    È molto importante, ai fini di una vera obbedienza a Dio, sapere quello che Egli ci dice ed avere la certezza dentro di noi, che Dio ha parlato.

    Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in svariati modi ai nostri padri per mezzo dei profeti,
    in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del suo Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, per mezzo del quale ha anche fatto l’universo
    (Ebrei 1:1,2).

    b) Se Abrahamo non avesse accettato il preciso messaggio datogli da parte di Dio, non solo si sarebbe opposto a quello che Dio gli chiedeva, (perché inaccettabile dal punto di vista della logica umana), ma sicuramente avrebbe fatto il seguente ragionamento:

    1) Tu sai o Eterno, che mia moglie Sara, rimasta per tanti anni sterile, non avrebbe potuto avere un figlio, se tu non fossi intervenuto nella sua vita. Da quando tu hai fatto una precisa promessa al tuo servitore di dargli una progenie attraverso Sara, mia moglie, ho aspettato 25 anni, perché questa parola data si avverasse.

    2) Questo figlio Isacco, non solo è venuto all’esistenza, tramite il tuo intervento nella vita di mia moglie, ma è soprattutto il discendente della promessa. In riferimento a quello che tu hai chiaramente detto, cioè che la mia progenie, sarebbe stata così numerosa da paragonarla alla sabbia che è sul lido del mare e alle stesse stelle del cielo.

    3) Come se tutto ciò non bastasse, che cosa dirà mia moglie quando gli prenderò suo figlio Isacco e gli annuncerò che tu me l’hai chiesto per offrirtelo in olocausto? Non mi affermerebbe che sono un pazzo, un credulone, che scambio un’emozione della mia vita con la tua voce?

    3) Perché Abrahamo offrì Isacco

    a) La prima parola che si potrebbe dire come risposta a questa precisa domanda è perché Dio glielo aveva chiesto. Dal momento che Abrahamo era più che certo che Dio gli aveva chiesto di offrirgli in olocausto Isacco suo figlio, l’unico, che amava, egli non tiene più conto di niente.

    Né l’attesa dei 25 anni, né che quest’Isacco era il figlio della promessa, su cui Dio avrebbe operato per adempiere la Sua parola e tanto meno dell’indisponibilità di Sara a concedere suo figlio. Se poi si ammette per un’ipotesi che, Sara ha detto a suo marito: Io non sono d’accordo con quello che tu mi dici; non credo affatto che Dio t’abbia detto di offrirgli Isacco in olocausto).

    Tutto quello che possiamo pensare e quant’altro aggiungere a quanto sopra, trova la sua piena giustificazione nella frase:

    Così Abrahamo si alzò il mattino presto, mise il basto al suo asino, prese con sé due dei suoi servi e Isacco suo figlio...(v. 3).

    Tutto è chiaro nella mente di Abrahamo: la sola cosa che seriamente lo preoccupa e lo impegna, è la sua determinazione ad essere ubbidiente in pieno al suo Dio.

    b) La verità che preme allo scrittore agli Ebrei è sottolineare la fede di Abrahamo. Infatti, egli dice chiaramente: Per fede Abrahamo... offrì Isacco (Ebrei 11:17). Se Abrahamo non avesse avuto fede, non avrebbe offerto a Dio Isacco. Anche se il libro della Genesi precisa che al posto di Isacco venne offerto un “montone” a Dio, non toglie che per Abrahamo e per lo scrittore agli Ebrei, il figlio Isacco venne realmente offerto. La cosa più bella e di maggior valore che l’Epistola agli Ebrei rileva di Abrahamo è:

    Anche se Dio gli aveva detto: In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome,
    perché Abrahamo riteneva che Dio era potente da risuscitarlo anche dai morti; per cui lo riebbe come per una specie di risurrezione
    (Ebrei 11:18,19).

    Ecco il valore della fede di Abrahamo: un uomo che preferisce credere fermamente all’intervento miracoloso di Dio, anziché far prevalere la ragione che dice, quando arriva la morte, cessa ogni cosa, svanisce ogni speranza. No! Non è così! Se io offro mio figlio Isacco all’Eterno in olocausto, e quindi morirà, la promessa di Dio rimane ancora valida: egli è “potente da risuscitarlo”, per portare a compimento la sua parola data.

    4) Applicazioni spirituali

    a) Dio non ci chiede mai quello che noi non abbiamo. Se Egli dovesse agire diversamente, non avrebbe nessun diritto di chiederci la nostra ubbidienza. Tutto quello che noi abbiamo, anche se è vero che gliel’ha dato il Signore, è nostro, nel senso che ci appartiene, e come tale lo può dare, se veramente siamo animati dal desiderio di ubbidire a Dio, se glielo chiede.

    b) Dio potrebbe chiederci “tutto” quello che noi abbiamo, senza che per questo la veracità della Sua parola e delle Sue promesse, verranno meno. Chi si basa sulla Scrittura e la crede come Parola di Dio, sa che è scritto, non solamente che: ogni cosa è possibile a Dio (Marco 10:27, ma anche: Tutto è possibile a chi crede (Marco 9:23).

    c) Solo la fede, che è certezza di cose che non si vedono, può condurci a compiere certe azioni e vedere il potere miracoloso di Dio manifestarsi nella sua potenza e nella sua maestà.

    Tutto quello che abbiamo detto, principalmente come riferimento alla lettera agli Ebrei della vita e della fede di Abrahamo, ha un solo scopo: farci apprezzare e valutare la fede di quest’uomo, sapendo che la fede, non è solamente qualcosa che ha da fare con le persone del lontano passato, che vissero la loro vita in altri ambienti e in altri tempi; ma è valida anche per noi che viviamo nel ventesimo secolo, in altri ambienti e in altri tempi.

    In mancanza della fede, che non è essenzialmente basata colla razionalità e sulla coerenza della logica umana, l’uomo di ogni tempo, non potrà mai vedere ed esperimentare nella sua vita, quello che fu la realtà per tanti del passato. Iintorno alla fedeltà di Dio e della sua parola, non giova tanto ripetere a memoria tanti versi della Bibbia, per mettere in risalto questa importante verità. Rimane perciò vero, per tutti i tempi e per tutti gli uomini, il detto della Scrittura:

    Ora senza fede è impossibile piacergli (a Dio), perché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che egli è il rimuneratore di quelli che lo cercano (Ebrei 11: 6).

    PS: Se ci sono domanda da fare, fatele liberamente; da parte nostra saremo felici di rispondere.