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2. IL TEMPO DELLA MISSIONE DI NOÈ E IL SUO RISULTATO

Senza dubbio, la missione di Noè, in favore della popolazione dei suoi giorni, ebbe inizio quando Dio gli rivelò il piano della sua volontà ed ebbe fine quando Noè con sua moglie, i suoi tre figli e con le relative spose, entrarono nell’arca, appositamente costruita per la loro salvezza. Senza entrare nel merito se è vero che Noè impiegò sette anni per costruire l’arca, possiamo dire con tranquillità, senza incorrere in errori d’imprecisione, che la missione di Noè, come “predicatore di giustizia”, durò non meno di cento anni.

Quale fu il risultato di questa lunga attività missionaria? Nessuna conversione, nessun ravvedimento, nessuna persona salvata. Davanti ad un simile bilancio deludente, facendo i calcoli e le valutazioni con la mentalità dei nostri giorni, potremmo considerare Noè come l’uomo di un completo fallimento; un essere umano che non conobbe nessun successo, una persona che non ebbe la gioia di vedere la sua attività missionaria coronata dalle conversioni dei peccatori.

Non si può accusare Noè come un predicatore che non ha saputo essere costante e fedele nel suo lavoro; un uomo che non ha avuto interesse nella sua attività, o un essere umano che soprattutto non ha creduto alla sua missione e risparmiato tempo ed energie.

Di tutto si può parlare e pensare, tranne tacciare Noè come un predicatore che non ha saputo fare le cose bene; uno che ha predicato quando aveva un po’ di tempo libero; uno che ha proclamato il messaggio divino con poca incisività, o uno che andava dicendo in giro: penso che Dio mi abbia parlato; suppongo che egli manderà una distruzione totale in mezzo alla nostra generazione.

Eppure abbiamo un predicatore che durante i suoi cento anni di continua predicazione, non riuscì ad avere con sé, una sola persona che accetta il suo messaggio, per scampare al giudizio divino. Questo è oltremodo deprimente e deludente, non incoraggia né la fede né la perseveranza.
Eppure Noè è lì, in mezzo al suo popolo, non solo con la sua presenza fisica, ma è presente soprattutto con la sua predicazione e con i suoi continui avvertimenti alla conversione e al ravvedimento, senza apparire scoraggiato ed avvilito.

Forse, con la mentalità dei nostri giorni, perché tutto è misurato e valutato da quello che si può vedere e toccare con le mani, in termini numerici, di popolo che si ammassa in una certa località. Forse pensiamo che Noè non era l’uomo mandato da Dio; non c’era su di lui l’unzione dello Spirito Santo, che quello che egli faceva non era il risultato di una chiamata divina al ministero, ma l’esito di un’attività voluta e concepita da una mente umana.

Nulla di tutto questo si può dire di quest’uomo, perché il testo Sacro afferma categoricamente che Noè fu visto giusto dall’Eterno, in quella generazione (Genesi 7:1). Crediamo che dalla storia di Noè, per quanto riguarda l’opera del ministero, ogni ministro impegnato nella predicazione del vangelo, possa ricavare utili indicazioni e seri ammaestramenti.

Di solito si afferma che quando un predicatore dell’evangelo non vede frutti del suo lavoro nel luogo dove egli svolge la sua attività ministeriale, che consiste essenzialmente nella conversione dei peccatori e nella manifestazione miracolosa di Dio, quell’uomo o donna che sia, debba ripensare ed esaminare la sua attività per sapere se ci fosse una vera chiamata divina al ministero.

Non sempre le cose si manifestano nello stesso modo per tutti, e non tutti sono tenuti a copiare quello che uno fa. Non tutti, nell’opera del ministero, possono parlare dell’esperienza di Pietro che, con una sola predicazione, si verificarono tremila conversioni, e neanche chiunque può parlare del successo di Filippo, che col suo predicare Cristo, conquistò la città di Samaria al Signore. Ricordiamoci che ci sono anche nell’opera del ministero gli Ezechieli, che pur avendo ricevuto una chiamata divina alla missione, si sentono dire dall’Eterno:

Quelli ai quali ti mando sono figli dalla faccia dura e dal cuore ostinato, e tu dirai loro: Così dice il Signore, l’Eterno.
Sia che ascoltino o rifiutino di ascoltare, perché sono una casa ribelle, sapranno tuttavia che c’è un profeta in mezzo a loro
(Ezechiele 2:4,5).

La costanza e la fedeltà nell’opera del ministero, indipendentemente dai risultati che si possono ottenere, sono elementi essenziali e importanti, che Dio stesso richiede.

Così l’uomo ci consideri come ministro di Cristo e amministratori dei misteri di Dio.
Ma del resto dagli amministratori si richiede che ciascuno sia trovato fedele
(1 Corinzi 4:1,2).

Il lavoro che si svolge nell’opera del Signore, sia che si tratti di una gran missione con risultati grandiosi e spettacolari e sia che si tratti di una piccola, senza quasi nessun esito, se è svolta all’insegna di una chiamata divina e nella piena consapevolezza di trovarsi nella volontà di Dio, l’uomo che è chiamato a quella missione, deve principalmente preoccuparsi di svolgerla, all’insegna della gloria di Dio e per la proclamazione della Sua volontà.

3. NOÈ COSTRUISCE L’ARCA PER LA SALVEZZA DELLA SUA FAMIGLIA

Per fede Noè, avvertito divinamente di cose che ancora non si vedevano e mosso da santo timore, preparò per la salvezza della sua famiglia l’arca...

Come abbiamo rilevato, la missione di Noè, come “predicatore di giustizia”, si protrasse per cento anni, durante i quali fece del tutto per portare l’umanità dei suoi tempi alla conversione e al pentimento, e sottrarla allo spaventevole giudizio divino. Il tempo della predicazione di Noè, deve essere essenzialmente visto e valutato, come un periodo di opportunità e di grazia, che Dio concedeva a quella generazione corrotta e malvagia per salvarla da una sicura distruzione.

Nonostante che la misericordia e la benignità di Dio, e i suoi buoni propositi e i suoi ripetuti tentativi si fossero prolungati nel tempo, quella generazione, non seppe trarne profitto, e, invece di umiliarsi e ascoltare i ripetuti richiami e gli ammonimenti che venivano loro rivolti, preferì seguire la strada dell’indurimento e della caparbietà.

Un simile atteggiamento prolungato nel tempo, non poteva fare altro che attirare inesorabilmente il severo giudizio di Dio, cosa che venne, quando le piogge del diluvio si versarono con tutta la loro violenza, sopra quella generazione impenitente.

Prima però che il diluvio si abbattesse sulla terra, dato che Noè era il solo che avesse trovato grazia davanti a Dio, egli fu “avvertito di cose che ancora non si vedevano” e gli fu ordinato di fabbricarsi un’arca, da servire per la salvezza e della sua famiglia.

Quell’arca non era stata costruita per accogliere chiunque, ma solamente per salvare la famiglia di Noè, la sola che aveva creduto alla parola di Dio. Il testo precisa inoltre, che Noè fu mosso da santo timore, prima che darà inizio ai lavori. Anche se le cose non si vedevano, vi era un santo timore di Dio, che portò Noè a guardare verso Colui del quale si poteva fidare, Dio.
La fede non si muove basandosi su ciò che vede l’occhio umano, ma su ciò che Dio ha detto. Se il diluvio, da un punto di vista umano, era forse impensabile, imprevedibile, principalmente per le persone al di fuori della famiglia di Noè, non lo era per lui che credeva e si appoggiava sulla divina Parola di Dio. Era Dio che aveva assicurato che avrebbe mandato il diluvio sulla terra; non era stato né Noè ad immaginarlo né qualche altro a supporlo.

Le cose che Dio dice, non importa quanto tempo trascorre, quanti anni passino, tutto si verifica in base alla Sua Parola. Beati quelli che credono alla Suprema Parola di Dio!

Si continuerà il prossimo giorno...