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Domenico34 – Gedeone... Un conduttore scelto da Dio – Capitolo 1. COME GEDEONE CONSIDERAVA SE STESSO

Ultimo Aggiornamento: 08/06/2011 00:11
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07/06/2011 00:12


Capitolo 1




COME GEDEONE CONSIDERAVA SE STESSO




La storia di Gedeone, così come viene narrata nel libro dei Giudici, è molto interessante. Non è solamente interessante dal punto di vista narrativo, lo è principalmente per le verità che ci può insegnare. Seguendo il testo biblico, si possono notare i vari sviluppi e apprezzare principalmente l’intervento di Dio in favore d'Israele.

La situazione d’Israele ai tempi di Gedeone

La situazione del popolo d’Israele ai tempi di Gedeone era molto penosa: a causa della sua infedeltà, esso era stato consegnato nelle mani di Madian dall’Eterno stesso (Giudici 6:1). In questa particolare situazione, non solo gli Israeliti vivevano in paura, ma anche le loro attività lavorative, consistenti nella semina, non venivano ricompensate. Il motivo di questo loro disagio consisteva nel fatto che, quando arrivava il tempo della raccolta, i Madianiti e gli Amalechiti accampandosi, distruggevano tutti i prodotti del paese fino a Gaza e non lasciavano in Israele né viveri, né pecore, né buoi, né asini (Giuidici 6:4).

Durante tale periodo, che si protrasse per ben sette anni, gli Israeliti ormai impoveriti, trovarono il modo di gridare al Signore la propria disperazione, implorando il Suo intervento divino affinché fossero liberati.
Sotto l’aspetto puramente teologico è sempre vero: quando l’uomo si rivolge al Signore in cerca di aiuto, Dio si dimostra sempre disponibile a venire in soccorso a colui che Lo implora. A questo punto, è opportuno ricordare le parole della Scrittura:
Invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai» (Salmo 50:15).

«Il nemico di cui qui si tratta è Madian. Nella prima storia d’Israele i Madianiti hanno una certa parte. Dal punto di vista genealogico vengono fatti risalire ad Abramo (Genesi 25:2), e particolarmente Mosè ha legami personali ed effettivi con loro (Esodo 2:15ss, ecc.). Mentre di conseguenza, col gruppo meridionale della grande tribù del deserto intercorrono, come si narra, rapporti amichevoli, evidentemente ciò non è vero per quanto riguarda la parte che dimora in Transgiordania, come si evince dalle tradizioni conservate in Numeri 25 e 31 (cfr. Genesi 36:35)» [Hans Wilhelm Hertzberg, Giosuè, Giudici, Rut, p. 292].

Il profeta anonimo che Dio mandò si limitò a ricordare al popolo quello che il Signore aveva fatto per loro. La nota conclusiva che venne messa in risalto fu che il popolo non aveva dato ascolto alla voce del Signore (Giudici 6:8-10).
Potrebbe sembrare strano che il Signore, per mezzo del suo profeta, non promettesse liberazione dalla tirannia dei Madianiti. Però, il fatto stesso che Dio mandi un profeta al popolo che si era rivolto a Lui, deve essere interpretato di buon auspicio. La nostra interpretazione è convalidata, sulla base della descrizione che l’autore del libro dei Giudici fa seguire.

Dio chiama Gedeone per affidargli una missione

Poi venne l’angelo del SIGNORE e si sedette sotto il terebinto d’Ofra, che apparteneva a Ioas, abiezerita; e Gedeone, figlio di Ioas, trebbiava il grano con il torchio, per nasconderlo ai Madianiti (Giudici 6:11).

È molto importante notare come la sezione che va da 11-24 inizi con: Poi venne l’angelo del Signore... che sicuramente rappresenta l’apertura di una nuova prospettiva. L’angelo del Signore, nei moltissimi passi in cui esso è menzionato, non indica mai un comune angelo di Dio, ma di solito si identifica col Signore stesso.

Lo scopo dell’apparizione dell’angelo del Signore è far sapere a Gedeone che Dio lo ha scelto per affidargli una particolare missione. Dio vuole affidare a quest’uomo la missione di liberare Israele dalla tirannia dei Madianiti.
Il saluto con il quale l’angelo del Signore si presenta a Gedeone: «Il SIGNORE è con te, o uomo forte e valoroso!» (Giudici 6:12), suscita una certa perplessità, tanto che Gedeone risponde:

«Ahimè, mio signore, se il SIGNORE è con noi, perché c'è accaduto tutto questo? Dove sono tutte quelle sue meraviglie che i nostri padri ci hanno narrato dicendo: "Il SIGNORE non ci ha forse fatto uscire dall’Egitto?" Ma ora il SIGNORE ci ha abbandonato e ci ha dato nelle mani di Madian».
Allora il SIGNORE si rivolse a lui e disse: «Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non sono io che ti mando?»
(Giudici 6:13-14).

Visto lo stato di tirannia in cui si trova Israele, per Gedeone è inconcepibile che il Signore possa essere dalla parte degli Israeliti.
Mettere in dubbio la veridicità della parola del Signore non significa solamente non comprenderla, ma anche ragionare con la logica umana. Quando le cose di Dio si affrontano con la logica umana non è facile capire quello che Dio promette. Diversamente se interviene la fede, che è essenzialmente e sempre certezza di cose che non si vedono... (Ebrei 11:1), la veridicità della parola del Signore sarà messa in evidenza.

Per un Gedeone che si considerava il più piccolo nella casa di suo padre» (Giudici 6:15), era inconcepibile sentirsi definire uomo forte e valoroso (Giudici 6:12). Però, se egli avesse considerato che Chi lo definiva tale non era un uomo, ma Dio stesso, avrebbe certamente risposto in modo diverso. Il Signore definiva Gedeone in quel modo in conformità a quello che egli avrebbe fatto per la libertà di Israele.

Comunque, le parole di Gedeone ci permettono di fare qualche considerazione a beneficio di tutti noi e per una maggiore comprensione dei piani divini.

I grandi uomini che sono stati usati da Dio attraverso i secoli hanno sempre messo in evidenza la loro incapacità. Però Dio, il conoscitore di tutto e di tutti, ha sempre convinto i prescelti ad accettare il piano della Sua volontà per loro.

Prendiamo per esempio Mosè. Questi aveva già ottant’anni quando Dio gli apparve nel deserto mentre egli pascolava il gregge di suo suocero. Quarant’anni li aveva trascorsi in Egitto, alla corte del faraone, vivendo come figlio della figlia del Faraone. Fu durante questo periodo che Mosè fu istruito in tutta la sapienza che l’Egitto disponesse, tanto che Stefano lo poté definire uomo potente in parole ed opere (Atti 7:22). In quel tempo Mosè, (facendo un paragone con i nostri tempi) poteva essere qualificato come un professore universitario.

Quando il Signore lo chiamò dal pruno che ardeva in fiamme e gli comandò di andare in Egitto per fare uscire dal quel luogo il Suo popolo, le prime parole che Mosè pronunziò, furono: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire dall’Egitto i figli d’Israele?» (Esodo 3:11).

Allora, il Signore rispose: «Va’, perché io sarò con te. Questo sarà il segno che sono io che ti ho mandato: quando avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, voi servirete Dio su questo monte» (Esodo 3:12).

Non era sufficiente questa divina assicurazione? Certo che lo era! Però, per Mosè, che era un abile e razionale pensatore, non bastava. Nonostante Dio avesse risposto alle tante obiezioni che Mosè aveva sollevato, quest’ultimo ebbe il coraggio di risponderGli: «Ti prego, Signore, manda il tuo messaggio per mezzo di chi vorrai!». Allora l’ira del SIGNORE si accese contro Mosè... (Esodo 4:13-14).

Si proseguirà il prossimo giorno...
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Per tutte le argomentazioni che Mosè fece con Dio e le risposte che ricevette, si può leggere (Esodo 3:13-22; 4:1-17).

Geremia, il gran Profeta del Signore. Di lui si legge nella Scrittura:
«Prima che io ti avessi formato nel grembo di tua madre, io ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo, io ti ho consacrato e ti ho costituito profeta delle nazioni» (Geremia 1:5). E subito si legge la risposta che quest’uomo diede al Signore:
«Ahimè, Signore DIO, io non so parlare, perché non sono che un ragazzo» (Geremia 1:6).

Queste semplici parole non riferiscono solamente dell’età di Geremia, ma vogliono soprattutto farci notare che egli, pur essendo uno dei sacerdoti che stavano ad Anatot, nel paese di Beniamino (Geremia 1:1), non si considerava all’altezza del compito che Dio gli aveva assegnato.

Se poi consideriamo Paolo, il grande Apostolo delle genti, il più istruito di tutti gli scrittori della Bibbia, si rimane senza parole per quello che ha scritto:
Non già che siamo da noi stessi capaci di pensare qualcosa come se venisse da noi; ma la nostra capacità viene da Dio (2 Corinzi 3:5).

Davanti a queste parole, dobbiamo forse pensare che Paolo sia un ritardato mentale, un menomato fisico che non disponeva neanche della facoltà di pensare? Sarebbe veramente da sciocchi pensare una simile cosa. No, non sono parole di un ritardato mentale, di un menomato fisico; è piuttosto un'espressione che mette in evidenza come quest’uomo, in quello che egli compiva, faceva completo affidamento nella capacità che Dio gli conferiva.

Quando poi, davanti a quelli che contestavano la sua apostolicità, egli affermava di non essere stato inferiore ai sommi apostoli (2 Corinzi 11:5) e di avere faticato più di tutti loro, poteva apparire davanti ai suoi oppositori come un uomo pieno di sé. Ma, in realtà non era questo il motivo della sua apparente superbia, infatti non esitò a precisare:
Per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato; non io però, ma la grazia di Dio che è con me (1 Corinzi 15:10).

Paolo si considerava com'esperto architetto nel porre le fondamenta, secondo la grazia di Dio che gli era stata data (1 Corinzi 3:10). Quando affermava di poter fare ogni cosa, non esitava a precisare: In colui che mi fortifica, cioè Cristo (Filippesi 4:13).

E' pertanto chiaro che tutto quello che Paolo compì nello svolgimento del suo ministero non fosse il risultato del suo saper fare, ma l’evidenza della grazia di Dio, che si manifestava in suo favore.

Come per Gedeone, non ha nessun'importanza quello che noi pensiamo di essere o che altri potrebbero dire di noi; ha piuttosto valore quello che Dio afferma di noi.

Allora il SIGNORE si rivolse a lui e gli disse: «Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non sono io che ti mando?»
Egli rispose: «Ah, signore mio, con che salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manasse, e io sono il più piccolo nella casa di mio padre».
Il SIGNORE gli disse: «Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo»
(Giudici 6:14-16).

In un primo momento l’angelo del Signore aveva definito Gedeone Guerriero valoroso; ora gli ordina di andare a salvare Israele dalla mano di Madian, con la sua forza. Davanti a queste parole, non riuscendo a comprenderne il giusto significato, Gedeone pensa alla sua famiglia e alla casa di suo padre, come se la forza, di cui ha parlato il Signore, derivi da essa.

Gedeone, giustamente, sapendo che la sua famiglia è la più povera della tribù di Manasse e che lui è il più piccolo nella casa di suo padre, non riesce a comprendere com'egli possa attuare il piano così ambizioso di salvare Israele dalla tirannia dei Madianiti. Dio, che sa in quale situazione si stia dibattendo Gedeone, chiarisce tutta la faccenda e nello stesso tempo lo rassicura: Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti. Ecco il segreto per avere la vittoria, per riuscire nell’impresa! Questa è una buona lezione che tutti dobbiamo imparare, soprattutto quelli che sono impegnati nell’opera del ministero.

È scritto che il Signore non si compiace del vigore del cavallo né della forza delle gambe dell’uomo (Salmo 147:10). Se il cavallo (animale che anticamente veniva usato in campo di battaglia) è pronto per il giorno della battaglia, la vittoria (però) appartiene al SIGNORE (Proverbi 21:31).

Di cavalli, in mezzo al popolo di Dio, ce ne sono tanti, come anche sono numerose le gambe di uomini; ma Dio, nel dare nelle mani del Suo popolo certi nemici, non si servirà né dell’uno né dell’altro; infatti, sarà la Sua presenza che assicurerà la vittoria al Suo popolo.

«Gedeone, davanti all’esigenza di diventare un salvatore, manifesta il medesimo atteggiamento critico di Mosè o di Geremia davanti alla loro vocazione. I messaggeri di Dio non si dimostrano affatto sempre consenzienti e disponibili. Ma ciò che ai suoi occhi rappresenta un fattore negativo, la piccolezza della sua famiglia e la sua giovane età, è agli occhi di Dio un fattore positivo: egli sceglie la debolezza del mondo per far apparire ciò che avviene per opera sua, affinché nessuna carne si vanti al suo cospetto (1 Corinzi 1:29)» [Hans Wilhelm Hertzberg, Giosuè, Giudici, Rut, p. 298].

Gedeone chiede un segno

Per assicurarsi che Colui gli ha parlato sia davvero il Signore, Gedeone chiede un segno:

«Se ho trovato grazia agli occhi tuoi, dammi un segno che sei proprio tu che mi parli.
Ti prego, non te ne andare di qui prima che io torni da te, ti porti la mia offerta e te la metta davanti». Il SIGNORE disse: «Aspetterò finché tu ritorni».
Allora Gedeone entrò in casa, preparò un capretto e, con un efa di farina, fece delle focacce azzime; mise la carne in un canestro, il brodo in una pentola, gli portò tutto sotto il terebinto e glielo offrì.
L’angelo di Dio gli disse: «Prendi la carne e le focacce azzime, mettile su questa roccia, e versavi su il brodo». Egli fece così.
Allora l’angelo del SIGNORE stese la punta del bastone che aveva in mano e toccò la carne e le focacce azzime; e dalla roccia uscì un fuoco che consumò la carne e le focacce azzime; e l’angelo del SIGNORE scomparve dalla sua vista.
Allora Gedeone vide che era l’angelo del SIGNORE e disse: «Misero me, Signore, mio DIO, perché ho visto l’angelo del SIGNORE faccia a faccia!»
Il SIGNORE gli disse: «Sta’ in pace, non temere, non morirai!»
(Giudici 6:17-23).

Gedeone dopo aver assistito a quella scena, si rese conto di aver visto la divinità. In base alla comune credenza che vigeva a quel tempo, Gedeone credeva che sicuramente sarebbe morto. Dio, però, ancora una volta lo rassicura, lo invita a stare in pace e a non temere, perché non morirà.
Si proseguirà il prossimo giorno...

Quello che Gedeone deve fare prima di liberare Israele dai Madianiti

Quella stessa notte, il SIGNORE gli disse: «Prendi il toro di tuo padre e il secondo toro di sette anni, demolisci l’altare di Baal che è di tuo padre, abbatti l’idolo che gli sta vicino, e costruisci un altare al SIGNORE, al tuo Dio, in cima a questa roccia, disponendo ogni cosa con ordine; poi prendi il secondo toro e offrilo come olocausto usando il legno dell’idolo che avrai abbattuto (Giudici 6:25-26).

Dio aveva dato Israele nelle mani di Madian perché gli Israeliti si erano allontanati e servivano Baal. Prima di liberare Israele dai Madianiti, era necessario che Gedeone rimuovesse l'ostacolo, cioè l’idolatria che vigeva in Israele.

«Il Signore sottopone Gedeone ad una prova di ubbidienza. Se Gedeone doveva liberare Israele dai Madianiti, doveva non solo ottenere la vittoria militare sui nemici, ma anche rimuovere la causa dell’idolatria che inizialmente aveva spinto il Signore a dare il suo popolo in mano ai nemici. Perciò, Dio ordinò a Gedeone di distruggere l’altare di Baal di suo padre con l’idolo (un oggetto di culto che rappresentava probabilmente Ascerah, la dea ugaritica del mare, che gli era accanto. Gedeone doveva poi costruire un altare al Signore, accendere il fuoco con il legno dell’idolo, e offrire un toro di suo padre (probabilmente destinato in origine a Baal come animale sacrificale) come olocausto al Signore» [F. Duane Lindsei, Investigate le Scritture, Antico Testamento, p. 417].

Per Gedeone non era facile eseguire un simile ordine, perciò preferì agire di notte. Ci si potrebbe domandare perché Gedeone demolì l’altare di Baal di notte e non di giorno. La risposta la dà la stessa Scrittura:

Allora Gedeone prese dieci uomini tra i suoi servitori e fece come il SIGNORE gli aveva detto; ma non osando farlo di giorno, per paura della casa di suo padre e della gente della città, lo fece di notte (Giudici 6:27).

Se Gedeone avesse compiuto il lavoro di demolizione dell’altare di Baal di giorno, non sarebbe stato facile vincere la resistenza degli adoratori della divinità pagana, i quali sicuramente sarebbero intervenuti. Mentre, facendolo di notte (anche se lo fece con l’aiuto di dieci uomini), poté agire facilmente e senza impedimenti.

Ne seguì una protesta generale del popolo, interessato a sapere chi avesse fatto un simile gesto. Saputo che era stato Gedeone a demolire l’altare di Baal, esso si inferocì talmente da voler uccidere Gedeone. Questi, però, non venne ucciso grazie ad un saggio intervento di suo padre.

Ioas rispose a tutti quelli che insorgevano contro di lui: «Volete difendere la causa di Baal? Volete venirgli in soccorso? Chi vorrà difendere la sua causa sarà messo a morte prima di domattina; se esso è un dio, difenda egli stesso la sua causa, visto che hanno demolito il suo altare» (Giudici 6:31).

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura
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