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Domenico34 – Profeti e profezia nel Nuovo Testamento – Capitolo 10. PROFEZIA E PROFETIZZARE

Ultimo Aggiornamento: 04/06/2011 00:20
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03/06/2011 00:19


Capitolo 10




PROFEZIA E PROFETIZZARE




La profezia, nell’insegnamento dell’apostolo Paolo, è presentata come un dono. I seguenti passi sono chiari e non lasciano nessun'incertezza.

Avendo pertanto doni differenti secondo la grazia che c'è stata concessa, se abbiamo dono di profezia, profetizziamo conformemente alla fede (Romani 12:6).

Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla (1Corinzi 13:2).

Desiderate ardentemente l’amore, non tralasciando però di ricercare i doni spirituali, principalmente il dono di profezia (1Corinzi 14:1).

Il concetto di dono, prima d’ogni altra cosa, esclude il merito personale; in secondo luogo esalta principalmente la libera scelta della volontà del donatore, cioè lo Spirito Santo. Che è lo Spirinto Santo a distribuire i nove doni elencati in (1Corinzi 12:1-11), a tra questi c’è la profezia, è elemento assodato che non può essere smentito da nessuno, (almeno tra quelli che credono ed accettano la veracità della Parola di Dio). Detto questo, non sarà facile spiegare il criterio che lo Spirito Santo adotta nel fare la scelta e nel distribuire i doni a ciascuno in particolare come vuole, soprattutto perché il testo sacro tace in maniera totale e poi perché non c'è dato da sapere.

Qui, ovviamente, non si tratta di pensare a certe caratteristiche umane, come di solito noi umani siamo abituati, nel fare le nostre scelte per certi incarichi particolari, quali per esempio l’intelligenza e la cultura, come se questi elementi costituissero la base su cui far dipendere la scelta dello Spirito Santo. Con questo non vogliamo affatto negare o mettere in ombra la cultura e l’intelligenza, perché sappiamo che, in certi settori della vita, possono essere utili. Quando però parliamo della profezia, che non ha niente a che vedere con l’umano, nel senso che non richiede o dipende dalla capacità dell’uomo, ma esclusivamente dallo Spirito di Dio, il discorso è tutto diverso. Tenuto conto che su questo campo, cioè per quanto riguarda la scelta che lo Spirito Santo fa nel distribuire i suoi doni, tutto quello che si potrebbe affermare in merito, si ridurrebbe ad una semplice ipotesi. Conviene, pertanto fermarsi e passare a riflettere su quello che ci riferisce il testo sacro per cercare di comprenderlo.

Il testo di Romani 12:6

Nel testo di (Romani 12:6-8), Paolo elenca diversi doni spirituali, come fa anche nel testo (1Corinzi 12:1-11), con la differenza che alcuni doni menzionati in (Romani 12:6-8), non si trovano elencati in 1Corinzi 12. Siccome il nostro scopo è di parlare del dono della profezia, tralasciamo gli altri doni per concentrarci su di lei.

Che il dono della profezia è diverso, nel valore e nell’importanza, degli altri doni, oltre che i commentatori sono unanimi in questo, è messo in evidenza dalla frase avendo pertanto carismi differenti...

«Il ricevimento di un dono di alto profilo non comporta con questo alcun diritto di considerarsi, o di essere considerati dagli altri, come personalmente superiori al proprio confratello o consorella in fede, i quali ne abbiano ricevuto soltanto uno di livello inferiore. Mentre i doni differiscono tra loro in dignità, per la misura di fede, le persone riceventi sono di pari dignità, essendo tutte oggetto dello stesso giudizio e della stessa misericordia. Nella misura in cui il credente è un vero credente, non dimenticherà mai che il suo dono è il dono libero di Dio e, mai, in nessun caso qualcosa per cui egli abbia ben meritato» [C. E. B. Cranfield, La lettera di Paolo ai Romani, (Capitoli 9-12), pagg. 106-107].

Non ci stancheremo mai di ripetere che, tutti i doni dello Spirito Santo, non vengono dati per il beneficio di chi li riceve, ma essenzialmente per servire di edificazione alla collettività, cioè la chiesa.

«Paolo prende la profezia come primo esempio di un dono. L’alto onore che ha assegnato a questo, fra i tanti doni spirituali, è indicata da 1Corinzi 14:1-39. Per quanto ciascun credente possa, di volta in volta, essere ispirato a profetizzare, c’erano alcune persone che lo erano così di frequente che venivano considerate come se fossero profeti, costituendo così un gruppo separato. Il loro numero includeva alcune donne (Atti21:9). Il profeta si distingueva dall’insegnante (dottore) dall’immediatezza della sua ispirazione: ciò che diceva era il risultato di una rivelazione specifica. Poteva essere una predizione sul futuro della comunità o di una singola persona, oppure l’annuncio di qualcosa che Dio richiedeva di fare. Era una caratteristica della profezia che essa fosse in riferimento diretto ad una situazione concreta specifica. Per quanto fosse indipendente da rivelazioni particolari, la mente del profeta — diversamente da colui che parlava in lingue — era impegnata pienamente e il suo messaggio era rivolto alla comprensione della chiesa. Mediante questo, la chiesa veniva istruita, edificata, confortata o ripresa. Ma Paolo ha riconosciuto la necessità che la proclamazione profetica fosse ricevuta con discernimento. Per questo ha dato le istruzioni contenute in 1Corinzi 14:29, per cui, mentre il profeta profetizza, il resto della comunità deve «giudicare». In 1Corinzi 12:10 il dono del «discernimento degli spiriti» viene significativamente elencato immediatamente dopo il dono della profezia. C’era, infatti, la possibilità della falsa profezia; c’era anche la possibilità che la vera profezia fosse adulterata da addizioni derivate da fonti diverse dall’ispirazione dello Spirito Santo. Da qui la necessità di esortare gli stessi profeti a profetizzare secondo gli standard della fede» [Ibidem, pag. 107].

Il testo di 1Corinzi 12:8-10

Infatti, a uno è data, mediante lo Spirito, parola di sapienza; a un altro parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito;
a un altro, fede, mediante il medesimo Spirito; a un altro, doni di guarigioni, per mezzo del medesimo Spirito;
a un altro, potenza di operare miracoli; a un altro, profezia; a un altro, il discernimento degli spiriti; a un altro, diversità di lingue e a un altro, l’interpretazione delle lingue
.

In questo testo vengono elencati nove doni dello Spirito. Siccome nell’elenco di questo testo non figurano tutti i doni dello Spirito, per completarlo, bisogna aggiungere quello che viene riferito in (Romani 12:6-8).

Nel passo di (1Corinzi 12:8-10) ci sono due frasi che Paolo adopera, ad uno è data... e, ad un altro..., che ha la loro importanza, specialmente la seconda che viene ripetuta per ben sette volte. Da qualche parte si afferma che ogni credente possiede i nove doni menzionati nel nostro passo. Se questo fosse vero, le due frasi che l’apostolo adopera, specie la seconda, non avrebbero senso. Che un credente possa avere più di un dono, nessuno lo nega; questo però non autorizza ad affermare che ogni credente possiede i nove doni dello Spirito. Infine, se questo fosse vero, anche la frase terminale: distribuendo i doni a ciascuno in particolare come vuole, non avrebbe senso di logicità. Mentre se si pensa, come noi crediamo debbano intendersi le parole di Paolo, cioè che non tutti i credenti posseggono i doni dello Spirito, specificati nei due testi riportati, i termini impiegati dall’apostolo per spiegare quest’argomento, appaiano chiari nella sua luminosità e chiarezza.

Il testo di 1Corinzi 14:1

Il ricercare i doni spirituali, principalmente il dono della profezia, non significa che il credente con la sua ricerca, possa determinare o condizionare la scelta da parte dello Spirito Santo; vuole semplicemente far capire al credente, quanto sia importante dimostrare interesse e premura per le cose di Dio. Se il credente si dimostra disponibile per Dio, come per esempio, quando Dio lanciò un appello: Poi udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò? E chi andrà per noi?» Allora io risposi: «Eccomi, manda me!» (Isaia 6:8), la risposta a questa disponibilità fu, «Vai, e di’ a questo popolo… (v. 9). Quando il credente si mette a completa disposizione del Signore ed è disposto ad accettare i piani della Sua volontà per la sua vita, sarà molto più facile, che Dio, possa usare quel credente nell’opera del ministero.

Si continuerà il prossimo giorno...
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Prendere il testo di Numeri 11:29, come se fosse un testo profetico, in cui Mosè espresse un vivo desiderio che tutto il popolo fosse profeta, per affermare che «potenzialmente, ogni cristiano è profeta (realizzando così il desiderio di Mosè» [J.P. Baker, Dizionario Biblico GBU, pag. 1279], significa fare dire alla Bibbia quello che assulutamente non vuole affermare, senza considerare con dovuto rispetto, l’immediato contesto.

Infatti, se si considera il contesto di Numeri 11:29 seriamente nella sua forma linguistica come ci è stato tramandato, si scopre che se Mosè si espresse in quel modo, fu in riferimento a quello che un ragazzo, (senza precisare il nome), riferì a Mosè intorno a Eldad e Medad. Questi due uomini, infatti, erano stati selezionati per fare parte di settanta anziani che, avrebbero dovuto portare il carico del popolo assieme a Mosè, ma che non erano andati alla riunione che Mosè aveva indetto nella tenda di convegno.

Quando lo Spirito del Signore scese sui selezionati che si trovavano con Mosè nella tenda di convegno, scese anche sopra Eldad e Midad, nonostante fossero rimasti nell’accampamento. Il ragazzo che li sentì profetizzare, pensava che questi due uomini si dovevano fermare e impedire loro di profetizzare. Giosuè, che si trovava vicino a Mosè, sentendo quello che riferiva quel giovane, rivolgendosi a Mosè, gli disse:

Mosè, signor mio, non glielo permettere. A queste parole Mosè rispose: «Sei geloso per me? Oh, fossero pure tutti profeti nel popolo del SIGNORE, e volesse il SIGNORE mettere su di loro il mio spirito!» (Numeri 11:28-29).

Il condizionale che viene usato, Oh, fossero pure tutti profeti nel popolo..., non ha il senso di una predizione, come se un domani potesse servire come una norma da applicare, ma solamente esprimeva un desiderio da parte di Mosè. Certamente, se il desiderio che Mosè formulò in quel giorno si fosse adempiuto, avrebbe avuto nemo problemi e, nessuno, avrebbe più contestato la sua autorità.

La durata del tempo della profezia

L’amore non verrà mai meno. Le profezie verranno abolite; le lingue cesseranno; e la conoscenza verrà abolita;
poiché noi conosciamo in parte, e in parte profetizziamo;
ma quando la perfezione sarà venuta, quello che è solo in parte, sarà abolito
(1Corinzi 13:8-10).

Tutti i doni dello Spirito e i ministeri, senza eccezione, non dureranno per sempre. La loro durata è limitata al tempo della permanenza della chiesa sulla terra. È, infatti, assodato che i doni spirituali sono distribuiti per l’edificazione della chiesa, una volta che questa sarà portata in cielo, non ha più senso l’esercizio dei carismi da parte di coloro che li hanno ricevuti. In questo senso bisogna interpretare le parole di Paolo, del nostro testo. L’abolizione delle profezie, cui parla il nostro testo, si verificherà appunto, quando la chiesa, non sarà più sulla terra, e non al completamento della stesura del Nuovo Testamento, come è stato affermato da qualcuno.
Se questo non fosse vero, dovremmo pensare che nel cielo, cioè nell’eternità, i doni e i ministeri, dovessero avere un regolare esercizio, cosa che nessun serio studioso della Bibbia sarebbe disposto a sottoscrivere.

Le profezie fatte per Timoteo

Ti affido quest'incarico, Timoteo, figlio mio, in armonia con le profezie che sono state in precedenza fatte a tuo riguardo, perché tu combatta in virtù di esse la buona battaglia,
conservando la fede e una buona coscienza; alla quale alcuni hanno rinunziato, e così, hanno fatto naufragio quanto alla fede
(1Timoteo 1:18-19).

Lasciando da parte la questione riguardante la paternità della lettera, se considerarla di Paolo o no, visto che non tutti gli studiosi l’attribuiscono a lui, quello che si può affermare, in conformità a questo testo è: lo scrittore di quest'epistola, conosceva (direttamente o indirettamente?), le profezie che erano state fatte a riguardo di Timoteo. La forma plurale di profezie, indica che non c’è stata una singola profezia nei confronti di Timoteo, ma più di una. Da che parte sono venute queste profezie, se sono state pronunciate da una sola persona e tutti in una volta o in diverse occasioni, non possiamo dirlo. La cosa più verosimile da pensare è che, saranno stati credenti riconosciuti con il carisma di profeta, che hanno pronunciato la profezia.

Che il termine profezie, in questo passo, ha il senso di predizioni, nessuno lo può contestare, visto si trova in perfetta armonia con il contesto e in piena coerenza esegetica. Quindi, tutta la frase si potrebbe rendere: In armonia con le predizioni che sono state in precedenza fatte a tuo riguardo. Un diverso significato, oltre a non trovarsi in armonia con il contensto, non è neanche sostenibile dal punto di vista della coerenza logica. Le predizioni riguardante Timoteo, riguardavano appunto l’incarico ministeriale che egli avrebbe assunto nella comunità, prima ancora che avesse ricevuto l’investitura. L’altro testo, riguardante sempre Timoteo è:

Non trascurare il dono che è in te e che ti fu dato mediante la parola profetica insieme all’imposizione delle mani dal collegio degli anziani (1Timoteo 4:14).

La Nuova Diodati, traduce: Non trascurare il dono che è in te, che ti è stato dato per profezia, con l’imposizione delle mani da parte del collegio degli anziani.

Mentre la CEI, lo rende: Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito per indicazioni di profeti, con l’imposizione delle mani da parte del collegio dei presbiteri.

Crediamo che la CEI abbia colto meglio il significato del termine profezia, menzionando “l’indicazione dei profeti”. D’altra parte, concepire la profezia, senza il profeta, strumento che generalmente viene usato per pronunciarla, ci troviamo in contrasto con l’affermazione di Pietro, il quale precisò:

Abbiamo inoltre la parola profetica più salda: farete bene a prestarle attenzione, come ad una lampada splendente in luogo oscuro, fino a quando spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori.
Sappiate prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura proviene da un’interpretazione personale;
infatti, nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo
(2Pietro 1:19-21).

È fuori d’ogni dubbio che per parola profetica, l’apostolo Pietro intendeva quella che i profeti dell’Antico Testamento avevano proclamato nelle loro varie predizioni, e, gli uomini che hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo, erano proprio loro.

Il libro dell’Apocalisse

Infine, il libro dell’Apocalisse, nel suo insieme è definito profezia. Beato chi legge e beati quelli che ascoltano le parole di questa profezia e fanno tesoro delle cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino! (Apoclaisse 1:3);

«Ecco, sto per venire. Beato chi custodisce le parole della profezia di questo libro». Poi mi disse: «Non sigillare le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. Io lo dichiaro a chiunque ode le parole della profezia di questo libro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo libro;
se qualcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dell’albero della vita e della santa città che sono descritte in questo libro
(Apocalisse 22:7,10,18-19).

La domanda più semplice è: perché l’Apocalisse di Giovanni è definita profezia? Perché contiene una serie di predizioni riguardante i vari castighi che si abbatteranno sull’umanità; parla dell’anticristo e di tutto quello che farà quando entrerà nel pieno dei suoi poteri; del severo giudizio sulla grande Babillonia; della risurrezione dei morti e del giudizio universale; del destino di Satana, del falso profeta e dell’anticristo; del regno millenniale di Cristo sulla terra e dello stato di beatitudine di quelli che entreranno nella nuova Gerusalemme, e rimarranno per l’eternità con Gesù Cristo.

Il profetizzare dei due testimoni dell’Apocalisse

Io concederò ai miei due testimoni di profetizzare, ed essi profetizzeranno vestiti di sacco per milleduecentosessanta giorni.
Questi sono i due olivi e i due candelabri che stanno davanti al Signore della terra.
Se qualcuno vorrà far loro del male, un fuoco uscirà dalla loro bocca e divorerà i loro nemici; e se qualcuno vorrà offenderli bisogna che sia ucciso in questa maniera.
Essi hanno il potere di chiudere il cielo affinché non cada pioggia, durante i giorni della loro profezia. Hanno pure il potere di mutare l’acqua in sangue e di percuotere la terra con qualsiasi flagello, quante volte vorranno.
E quando avranno terminato la loro testimonianza, la bestia che sale dall’abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà.
I loro cadaveri giaceranno sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il loro Signore è stato crocifisso.
Gli uomini dei vari popoli e tribù e lingue e nazioni vedranno i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non lasceranno che siano posti in sepolcri.
Gli abitanti della terra si rallegreranno di loro e faranno festa e si manderanno regali gli uni agli altri, perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra.
Ma dopo tre giorni e mezzo uno spirito di vita procedente da Dio entrò in loro; essi si alzarono in piedi e grande spavento cadde su quelli che li videro.
Ed essi udirono una voce potente che dal cielo diceva loro: «Salite quassù». Essi salirono al cielo in una nube e i loro nemici li videro
(Apocalisse 11:3-12).

Il tempo della durata dell’attività profetica dei due testimoni dell’Apocalisse, sarà di milleduecentosessanta giorni, cioè tre anni e mezzo che corrisponde al periodo della grande tribolazione. Come si chiameranno questi due testimoni, non possiamo dirlo con esattezza. L’interpretazione di questo passo scritturale attraverso i secoli, non è stata unanime, verte essenzialmente su tre nomi: Enoc, Elia e Mosè.

Quelli che pensano che saranno Enoc ed Elia, si basano su un testo dell’epistola agli ebrei, che afferma: Com'è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio (Ebrei 9:27). Tenendo presente che gli unici, nella storia dell’umanità, che non hanno visto la morte sono Enoc ed Elia, si conclude che, siccome i due testimoni dell’Apocalisse saranno messi a morte, così questi due uomini, se saranno Enoc ed Elia, saranno al pari di tutti gli uomini. Però, quest'argomento della morte, non è rilevante e importante per il semplice motivo che ci sarà una grande schiera di credenti che saranno trovati vivi al ritorno di Cristo, i quali saranno rapiti, di conseguenza non passeranno attraverso la morte.

Mentre se si tengono presenti le caratteristiche che manifesteranno i due testimoni durante il tempo del loro profetizzare sulla terra, che poi sono chiaramente definiti profeti (Apocalisse 11:10) che, avranno il potere di chiudere il cielo affinché non cada pioggia, durante i giorni della loro profezia. Hanno pure il potere di mutare l’acqua in sangue e di percuotere la terra con qualsiasi flagello, quante volte vorranno, queste caratteristiche li manifestarono Elia e Mosè, mentre erano nel numero dei viventi. Se poi si aggiunge che questi due uomini comparvero sul monte della trasfigurazione e parlarono con Gesù, è molto probabile che saranno loro i due testimoni dell’Apocalisse. In conclusione, dei tre menzionati, Enoc, Elia e Mosè, uno di loro, sarà senza dubbio Elia.

In che consisterà il loro profetizzare

Anche se il testo non specifica in che consisterà il profetizzare di questi due testimoni, non sarà difficile comprendere quello che diranno agli uomini, nel tempo della loro missione. Che il loro profetizzare sarà prevalentemente esortativo, nel senso che chiameranno gli uomini al ravvedimento e all’accettazione del vangelo di Gesù Cristo, si potrà intuire, sia dal vestimento che indosseranno vestiti di sacco (simbolo di penitenza) e in vista di quello che accadrà sulla terra dopo la loro dipartita.

In ogni epoca della storia dell’umanità, sia per quanto riguarda singoli individui, come anche riguardanti nazioni e popoli pagani, Dio ha sempre avvertito gli uomini, tramite i suoi servitori profeti, prima che si sono abbattuti i giudizi e i castighi. Siccome il tempo della grande tribolazione sarà un periodo costellato di avvenimenti tragici per l’umanità, e, massimamente per Israele, sarà un tempo di grand'angoscia, gli avvertimenti che proclameranno di due testimoni, durante i giorni della loro missione, avrà lo scopo di condurre le persone al pentimento e alla conversione, per ricevere la salvezza di Dio, in Cristo Gesù.

Purtroppo, nonostante la tenace persistenza dei due messaggeri a richiamare gli uomini al ravvedimento, questi, invece di umiliarsi per riconoscere il loro peccato, faranno festa, quando la bestia che sale dall’abisso farà guerra a due testimoni e li metterà a morte. Per accentuare la loro crudeltà e l’indurimento dei loro cuori, nessuno di quelli che vedranno i cadaveri dei due messaggeri esposti sulla piazza, manifesterà un minimo d'interessamento per farli seppellire.

Passati i tre giorni e mezzo, di grandi festeggiamenti per la morte dei due predicatori, lo spirito della vita procedente da Dio, entrerà nei due cadaveri e li riporterà alla vita. Sarà un evento che procurerà grande spavento in chi vedrà risorgere i due testimoni. L’epilogo più inaspettato e spaventevole nello stesso tempo, dopo che i due risorti saliranno in cielo in una nube alla vista dei loro nemici, sarà che un terremoto, di vasta proporzione, farà morire settemila persone.

CONCLUSIONE



Avendo passato in rassegna tanti testi biblici del Nuovo Testamento, in maniera particolare, abbiano notato che il tema di profeti e profezie, sia stato ampiamente presentato con dei precisi chiarimenti e specificazioni, da non lasciare nessun'incertezza.

Certo, il Nuovo Testamento parla in maniera diversa dell’Antico Testamento per quanto riguarda i profeti e le profezie. Non usa, per esempio, le stesse espressioni: Così dice l’Eterno, il Signore; si limita solamente alla frase questo dice lo Spirito Santo. Però, lo spirito che unisce i due Testamenti è lo stesso, cioè lo Spirito di Dio o come viene chiamato comunemente lo Spirito Santo.

In un ambiente, qual è il Nuovo Testamento, i profeti, a differenza dell’Antico Testamento, si muovevano in maniera diversa. Quelli dell’Antico Testamento, prevalentemente erano invogliati a predire vari avvenimenti, sia per la nazione Ebraica, come anche per i popoli pagani, e, particolarmente per l’evento del Messia, Gesù Cristo, la salvezza di Dio per l’intera umanità. I profeti del Nuovo Testamento, invece, svolgono la loro attività a favore dell’edificazione, dell’esortazione e della consolazione dei credenti, cioè della chiesa, senza però eliminare del tutto certe predizioni. Anche se queste predizioni non hanno la stessa valenza di quelli dell’Antico Testamento, sono sempre predizioni ispirate dallo Spirito Santo.

Nella chiesa, Dio non ha posto solamente gli apostoli; affianco a loro ha messo anche i profeti (1Corinzi 12:28), che, assieme agli apostoli, costituiscono il fondamento, sul quale la chiesa viene edificata (Efesini 2:20). Gesù Cristo, da parte sua, ha dotato la Sua chiesa di ministeri, quali apostoli, profeti, evangelisti, pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo (Efesini 4:11) Inoltre, lo Spirito Santo, elargitore di doni spirituali, li ha distribuiti come ha voluto, sempre con lo scopo dell’edificazione del corpo di Cristo, che è la chiesa. Si può notare, quindi che, in quest’opera meravigliosa, le tre persone della Trinità, sono pienamente coinvolti.

Profezie e il profetizzare, ampiamente documentati nel Nuovo Testamento, non rappresentano solamente l’adempimento della profezia di Gioele, sono anche una promessa divina per il tempo della grazia, che coinvolgerà uomini e donne, vera ricchezza spirituale nelle pubbliche riunioni di culto. Infine, il profetizzare, ben diverso dalla comune predicazione, può rivelare anche segreti nascosti del cuore, che induce il peccatore a riconoscere la presenza di Dio e aprirsi a adorarlo (1Corinzi 14:24-25).

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PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo prontamente. Inoltre, visto che siamo al termine dello studio, se qualcuno lo vorrà avere anche su carta stampata, lo invitiamo a visitare il mostro sito: www.parolaevangelica.og dove troverà tutte le indicazioni per ordinare il libro. Grazie!
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