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Domenico34 – Le parabole di Gesù – Capitolo 20. PARABOLE CHE PARLANO DELL’AGIRE DECISAMENTE

Ultimo Aggiornamento: 12/05/2011 00:13
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12/05/2011 00:13

L’uomo del v. 8a ha saputo afferrare la criticità della situazione: «Non ha lasciato correre le cose, egli ha agito all’ultimo minuto, prima che la sventura incombente precipitasse su di lui, certo ha agito fraudolentemente senza alcuno scrupolo, Gesù non lo nega, ma non è questa la questione: egli ha agito audacemente, con decisione e intelligenza, e si è rifatto una vita. Essere avveduti, questo è l’imperativo dell’ora anche per noi! Tutto è in gioco» [Ibidem, pag. 223].

Poi, per rafforzare il valore dell’avvedutezza, Gesù passa ad affermare che i figli di questo mondo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce. Questo è vero! A volte, certi comportamenti delle persone di questo mondo sono ammirevoli rispetto a certe manifestazioni di chi (credente, s’intende) dovrebbe risplendere in questo mondo come un luminare, tenendo alta la parola della vita (Filippesi 2:15).

L’esortazione a farsi degli amici con le ricchezze ingiuste è stata a lungo dibattuta per cercare di capire che cosa intendesse Gesù con quel modo d’esprimersi. Quasi tutti i commentatori, antichi e moderni, per ricchezza ingiusta non intendono quella guadagnata con frode o inganno, ma quella che Dio ci dona per usarla, non solo per goderne, ma anche per venire incontro ai bisogni degli altri. La ricchezza viene definita ingiusta perché serve ai bisogni terreni, e non è da confondere con quella vera, cioè quella spirituale, che vale per la vita presente e anche per l’eternità. Per quanto riguarda la ricchezza terrena, ascoltiamo l’esortazione dell’apostolo Paolo:

di far del bene, d’arricchirsi di opere buone, di essere generosi nel donare, pronti a dare,
così da mettersi da parte un tesoro ben fondato per l’avvenire, per ottenere la vera vita
(1Timoteo 6:17-19).

Il testo

«C’era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e di bisso, e ogni giorno si divertiva splendidamente;
e c’era un mendicante, chiamato Lazzaro, che stava alla porta di lui, pieno di ulceri,
E nel soggiorno dei morti, essendo nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abraamo, e Lazzaro nel suo seno;
ed esclamò: Padre Abraamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro ad intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché sono tormentato in questa fiamma.
Ma Abraamo disse: Figlio, ricordati che tu nella tua vita hai ricevuto i tuoi beni e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato.
Oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una gran voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di là si passi da noi.
Ed egli disse: Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre,
Abraamo disse: Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli.
Ed egli: No, padre Abraamo; ma se qualcuno dai morti va a loro, si ravvedranno.
Abraamo rispose: Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita
» (Luca 16:19-31).

NOTA INTRODUTTIVA

La parabola del ricco e del mendicante Lazzaro non è altro che la continuazione della precedente parabola: la prima, del fattore infedele, mira a far vedere l’agire tempestivo e avveduto dell’amministratore, davanti ad una particolare situazione concernente il licenziamento dall’incarico e la prospettiva del futuro; la seconda mostra il modo di vivere sia del ricco che del mendicante durante la loro esistenza terrena, nonché la sorte che avranno nell’altra vita, cioè dopo la morte, i due personaggi in questione. Inoltre, nella prima parabola si parla di come usare la ricchezza e nella seconda di come comportarsi con i bisognosi.

L’episodio della parabola del ricco e del mendicante Lazzaro, che riferisce solo Luca, non è un’allegoria, ma il racconto di un fatto realmente accaduto. Nell’utilizzare questa storia, Gesù ha voluto far comprendere ai Suoi ascoltatori il comportamento del ricco e del mendicante mentre hanno vissuto la loro esistenza terrena. Il fatto che in nessuna delle parabole di Gesù si faccia il nome di una persona sta a significare che Lazzaro non sia un nome fittizio, una figura rappresentativa, ma una persona reale che visse la sua vita in mezzo agli uomini al pari di quella del ricco epulone. Infine, la parabola in questione solleva il velo che avvolge il futuro, cioè l’oltretomba, permettendoci di vedere la sorte che toccò all’uno e all’altro dei due personaggi in questione.

Esame della parabola

Il ricco viene presentato con particolari accorgimenti, sia per quanto riguarda il suo abbigliamento e sia per ciò che concerne il suo modo di passare le giornate. In qualità di persona ricca, egli poteva disporre dell’abbigliamento che si addiceva al suo rango. Infatti, l’abito di porpora e di bisso non era un capo di vestiario che potesse indossare chiunque; solo la categoria dei ricchi poteva permettersi di comprarlo per l’abbondanza di denaro che disponeva. Non si fa alcun riferimento se il modo di vivere del ricco fosse dissoluto e licenzioso o se egli vivacchiasse in modo onesto e rispettoso. L’unica notizia che il racconto ci fa intravedere è il fatto che questo ricco non si interessava dei poveri. Viveva la sua vita in modo egoista, cioè pensava solamente a se stesso, a come trascorrere le giornate nel lusso e nel divertimento. Da questo ritratto che ci fornisce la parabola è facile intuire che il ricco pensasse solamente a vivere la sua esistenza terrena, e forse nei suoi pensieri non c’era posto per la vita futura, cioè quella dell’oltretomba, e probabilmente neanche per il giorno della sua morte.

Del povero Lazzaro non si afferma solo che fosse povero, mancante del cibo quotidiano, ma anche malaticcio, con delle piaghe addosso e con pochi vestiti che lo coprissero. Il fatto che i cani gli leccavano le ulcere denota che il suo corpo era seminudo. Nondimeno, egli stava alla porta del ricco a chiedere l’elemosina, e avrebbe voluto sfamarsi con le briciole che cadevano dal tavolo del ricco, ma nessuno gliene dava. Le immagini che ci offrono i due personaggi non solo sono diverse l’una dall’altra, ma si frappongono anche per ciò riguarda l’opulenza da una parte e la miseria dall’altra.

Con l’arrivo del giorno della morte, la scena si capovolge sia per il ricco come anche per il povero mendicante. Perché muoia prima il povero Lazzaro e poi il ricco benestante non ha alcuna importanza; quello che invece ha valore è il fatto che la morte venne sia per l’uno che per l’altro. Con il decesso, terminano le sofferenze e le miserie di Lazzaro, mentre per il ricco hanno fine l’agiatezza e il divertimento. Si precisa che Lazzaro fu portato dagli angeli nel seno d’Abraamo, mentre il ricco fu seppellito. Perché Gesù tralascia la descrizione riguardante il funerale del ricco, che senza dubbio sarà stato sontuoso, adatto al suo rango di appartenenza, e si limitata solamente a parlare della sua sepoltura? Per Gesù, quello che conta è parlare della destinazione dei due personaggi. Riguardo a questo aspetto, Gesù fa una descrizione dettagliata.

Che cos’è il seno d’Abraamo? Non è sicuramente il cielo, intesto come luogo definitivo di godimento, come alcuni pensano; è semplicemente il luogo intermedio tra la morte e la risurrezione, dove vengono accolti i santi. Non si trova nell’oscurità: è un posto in cui i suoi abitanti godono. Non è certamente il luogo definitivo del godimento, come il cielo, ma il luogo intermedio, dove i salvati attendono la risurrezione in vista di entrare, definitivamente, nel godimento eterno, cioè in cielo [Per un maggiore approfondimento, si veda la trattazione di R. Meyer del termine greco Kolpos in GLNT (Grande lessico del Nuovo Testamento), Volume V, colonne 761-768].

Poi si precisa che il ricco, trovandosi nell’Ades tra i tormenti, alzò gli occhi e vide Lazzaro che era nel seno d’Abraamo. Nel vederlo, egli riconobbe che era la stessa persona che chiedeva l’elemosina alla porta del suo palazzo. Ora, però, egli si trovava in un luogo di godimento, mentre lui stava tra i tormenti. Rivolgendosi al padre Abraamo, gli fece una prima richiesta: di mandare Lazzaro ad intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescargli la lingua, perché si trovava tormentato nella fiamma. Al che Abraamo rispose: Figlio, ricordati che tu nella tua vita hai ricevuto i tuoi beni e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato.

Il ricco implora pietà, ma la sua richiesta non viene esaudita, non solo per la voragine che c’è tra i due luoghi, ma anche perché ormai è troppo tardi, visto che egli, nel tempo della misericordia divina, quando era sulla terra non ha saputo approfittarne, e ora deve raccogliere il frutto di quello che ha seminato.

A questo punto, il ricco, comprendendo che per lui non ci sarà più niente da fare per cambiare la sua sorte, visto che è stato lui stesso a determinarla con le scelte che ha fatto quando era sulla terra, pensa ai suoi cinque fratelli: «Se non è possibile che Lazzaro venga da me, almeno mandalo a casa di mio padre, dove ci sono i miei cinque fratelli, affinché attesti loro queste cose, e non vengono anche loro in questo luogo di tormento».

È bizzarra, per non usare un altro termine, l’interpretazione che dà Girolamo ai cinque fratelli del ricco; per lui rappresentano i cinque sensi dell’uomo:
«Dal momento che quello era tuo padre, tu hai cinque fratelli: hai la vista, hai l’odorato, hai il gusto, hai l’udito, hai il tatto» [La Bibbia commentata dai padri, Nuovo Testamento 3, Luca, pag. 376].

Neanche quest’altra preghiera venne esaudita, con la specificazione che quelli che vivono sulla terra, per evitare di andare nel luogo di tormento dopo la morte, devono ascoltare Mosè e i profeti. Al che il ricco, incalzando, rispose: No, padre Abraamo; ma se qualcuno dai morti va a loro, si ravvedranno. Abraamo rispose: se non ascoltano Mosè ed i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita.

La risurrezione di un morto è uno dei maggiori miracoli. Spesso si afferma che, davanti ad un miracolo, le persone si convertono e accettano Gesù Cristo come loro personale Salvatore. Questo però non è vero, dal punto di vista generale, anche se non si può negare che davanti ad una manifestazione di vero miracolo ci possano essere delle conversioni. La risurrezione di Tabita produsse un grande effetto nella popolazione di Ioppe: Ciò fu risaputo in tutta Ioppe, e molti credettero nel Signore (Atti 9:42).

In conclusione, quando l’essere umano si ostina a non ascoltare la Parola di Dio, cioè a riceverla nel suo cuore, sarà molto difficile che pervenga alla salvezza, per il semplice motivo che la fede per essere salvati viene dall’ascoltare la Parola di Cristo (Romani 10:17).

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo prontamente
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