in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale ha pure creato l’universo (Ebrei 1:1-2).
Stabilito che Dio ha sempre parlato all’uomo durante i secoli, anticamente per mezzo dei profeti, anche se Egli non è stato sempre ascoltato e ubbidito, bisogna avere le idee chiare per sapere come parla ai nostri giorni. Il passaggio dell’epistola agli Ebrei che abbiamo riportato, precisa che
in questi ultimi giorni (Dio)
ha parlato a noi per mezzo del Figlio. Quest'affermazione, però, per essere compresa giustamente, ha bisogno di una specificazione.
Quando Gesù venne sulla terra, portò agli uomini la “Parola di Dio”, essendo Egli stesso la “parola incarnata”, la “verità” personificata (Giovanni 14:6). Il Padre attraverso il Figlio, si rivolgeva agli uomini e li invitava, sia al ravvedimento e soprattutto a credere in Gesù per quello che Egli insegnava, e, principalmente, per l’opera di redenzione che avrebbe compiuto, nel dare la sua vita
come prezzo di riscatto per molti (Matteo 20:28).
Anche se è vero che non tutto quello che Gesù fece, (le opere miracolose in maniera particolare) durante la sua permanenza sulla terra venne scritto (Giovanni 21:25), nondimeno quello che gli scrittori sacri hanno registrato di Lui nel Nuovo Testamento, i suoi insegnamenti, il Suo operato, sono più che sufficienti per conoscere la “volontà di Dio”.
Ai Giudei che volevano sapere che cosa avrebbero dovuto fare per compiere
le opere di Dio, Gesù rispose:
«Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato»
Poiché questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figlio e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Giovanni 6:29,40).
Siccome la parola di Gesù è valida per tutti e in ogni tempo, ne consegue che leggendo quello che dice il Nuovo Testamento di Lui, è come se l’uomo ascoltasse Dio. Se non si ascolta Gesù Figlio, non si ascolterà neanche il Padre, visto che Egli parla per mezzo di Lui.
A quale conclusione possiamo arrivare da quello che abbiamo succintamente esposto? Dio parla ai nostri giorni agli uomini, attraverso la parola scritta, cioè la Sacra Scrittura. Se si accetta che la Bibbia è la “completa rivelazione di Dio agli uomini”, tutto quello che l’essere umano deve conoscere di Lui, della Sua volontà, dei Suoi piani, si trova nelle sacre pagine delle Scritture. Di conseguenza, non c’è nessun bisogno di andare in cerca di nuove rivelazioni, per sapere quello che Dio vuole da noi.
Accettando come verità ferma che le Sacre Scritture sono la norma della nostra fede e della nostra condotta, dobbiamo accettarle, crederle in pieno e metterle in pratica; così facendo, si ascolta e si obbedisce a Dio.
Quelli che vanno in cerca di “nuove rivelazioni”, dimostrano di non accettare la Bibbia come la “completa rivelazione di Dio”; e, nello stesso tempo si espongono a seri pericoli di essere ingannati, da ciò che è falso, visto che la tendenza umana è incline ad accettare qualunque cosa che si accorda col proprio desiderio e la propria volontà.
Per fornire la dimostrazione pratica della nostra affermazione, prenderemo in esame un episodio biblico, tratto dal libro del profeta Geremia.
Tutti i capi degli uomini armati, Iocanan, figlio di Carea, Iezania, figlio di Osaia, e tutto il popolo dal più piccolo al più grande, si avvicinarono
e dissero al profeta Geremia: «Ti sia accetta la nostra supplica, e prega il SIGNORE, il tuo Dio per noi, per tutto questo residuo (poiché, di molti che eravamo, siamo rimasti pochi, come lo vedono i tuoi occhi)
affinché il SIGNORE Dio tuo, ci mostri la via per la quale dobbiamo camminare, e che cosa dobbiamo fare».
Il profeta Geremia disse loro: «Ho inteso; ecco, io pregherò il SIGNORE, il vostro Dio, come avete detto; tutto quello che il SIGNORE vi risponderà ve lo farò conoscere, non vi nasconderò nulla».
Quelli dissero a Geremia: «Il SIGNORE sia un testimone verace e fedele contro di noi, se non facciamo tutto quello che il SIGNORE, il tuo Dio, ti manderà a dirci.
Sia la tua risposta gradevole o sgradevole, noi ubbidiremo alla voce del SIGNORE nostro Dio, al quale ti mandiamo, affinché bene ce ne venga, per aver ubbidito alla voce del SIGNORE nostro Dio» (Geremia 42:1-6).
Continuando la lettura di questo capitolo, si apprende che dopo dieci giorni, Geremia ricevette dal Signore la risposta alla sua richiesta, compreso il messaggio che avrebbe dovuto trasmettere al popolo.
«Così parla il SIGNORE, Dio d’Israele, al quale m’avete mandato perché io gli presentassi la vostra supplica:
"Se continuate ad abitare in questo paese, io vi ci stabilirò e non vi distruggerò; vi pianterò e non vi sradicherò; perché mi pento del male che vi ho fatto.
Non temete il re di Babilonia, del quale avete paura; non lo temete, dice il SIGNORE, perché io sono con voi per salvarvi e per liberarvi dalla sua mano;
io vi farò trovar compassione davanti a lui; egli avrà compassione di voi e vi farà tornare nel vostro paese (vv. 7,9-12).
Quale fu la reazione dei capi al messaggio divino? Non accettarono quello che il profeta riferì loro, per il semplice fatto che, secondo loro, quello non era il messaggio di Dio; erano piuttosto le parole del profeta. Ma perché quei capi si espressero in quel modo? Non avevano promesso a Geremia che avrebbero fatto tutto quello che il Signore avrebbe detto, sia che la risposta fosse stata gradevole o sgradevole? Certamente! Siccome però nell’intimo dei loro cuori c’era la volontà e la determinazione di andare in Egitto, per sottrarsi al dominio dei Caldei, il messaggio del profeta non venne accettato. Non si trattava solamente di respingere le parole di Geremia, arrivando addirittura a definirlo “falso”, ma lo consideravano anche un puro incitamento di Baruc contro di loro (vv. 13-22; 43:1-3).
Quando non si accetta la Scrittura, perché non combacia con i nostri desideri e le nostre determinazioni, con la scusa di voler conoscere più a fondo Dio e la Sua volontà, e si va in cerca di altre rivelazioni, si finisce con l’essere sedotti, principalmente dalla durezza del nostro cuore.
Camminare in tutte le vie del Signore
La seconda parte dell’esortazione di Geremia 7:23 riguarda il camminare in tutte le vie del Signore. Dio non esorta il Suo popolo a camminare in “alcune” delle Sue vie, ma in “tutte”. Questo significa, prima di ogni cosa che, Egli non si accontenta delle mezze misure, come spesso facciamo noi; no, Egli vuole una completa ubbidienza e una totale sottomissione alla Sua volontà. In secondo luogo significa anche che non sta a noi fare la selezione, per sapere quale “scegliere” e quale eliminare; quale prendere e quale lasciare.
Le vie di Dio sono tutte diritte, (Ezechiele 18:29 ) nel senso che non contengono nessuna distorsione; sono tutte percorribili, e, soprattutto, conducono tutte a Lui. Se qualcuno non cammina nelle vie di Dio, il motivo principale è perché non le conosce:
Quarant’anni ebbi in disgusto quella generazione, e dissi: «è un popolo dal cuore traviato; essi non conoscono le mie vie» (Salmo 95:10; Ebrei 3:10).
Inoltre, dobbiamo tener presente che le vie di Dio non sono quelle nostre e i Suoi pensieri come i nostri, visto che il Suo modo di pensare è più alto del nostro e le Sue vie sono più alte delle nostre (Isaia 55:8-9). Infine, tutto quello che Dio promette, è strettamente condizionato alla disponibilità dell’uomo a camminare in tutte le Sue vie (1 Re 3:14; 11:38; Zaccaria 3:7 e Geremia 7:23).
La stessa “felicità” di cui fa esplicito riferimento il nostro testo, rappresenta, in ultima analisi, il risultato della fedeltà dell’essere umano quando si dispone ad ascoltare la voce del Signore e a camminare in tutte le Sue vie.
PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo prontamente
[Modificato da Domenico34 02/03/2011 00:14]