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Domenico34 – Alcuni imperativi della Bibbia – Capitolo 4. Testi che parlano della prosperità

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2011 00:54
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Capitolo 4




TESTI CHE PARLANO DELLA ROSPERITÀ




Prosperare

Il sostantivo “prosperare”, nelle varie forme verbali, si incontra 40 volte nella Bibbia, prevalentemente negli scritti dell’Antico Testamento, visto che nel Nuovo ricorre appena 4 volte. Per sapere cosa insegna la Bibbia su quest'argomento, (diventato molto allettante ai nostri giorni) è necessario come sempre passare in rassegna i testi biblici. Così facendo, si conosceranno i contesti, e, nello stesso tempo si eviteranno quelle forzature interpretative, che a volte fanno dire alla Bibbia, quello che essa non vuole dire.

1) Il suo padrone vide che il SIGNORE era con lui e che il SIGNORE gli faceva prosperare nelle mani tutto ciò che intraprendeva (Genesi 39:3).

Il passaggio si riferisce a tutto quello che Giuseppe compiva nella casa di Potifar. Se tutto quello che Giuseppe intraprendeva prosperava nelle sue mani, era perché il Signore era con lui; di conseguenza operava in quel modo. È chiaro quindi che se il Signore non fosse stato con Giuseppe, non solo quella prosperità non ci sarebbe stata, ma neanche il funzionario egiziano ne avrebbe usufruito il beneficio.

2) Il governatore della prigione non rivedeva niente di quello che era affidato a lui, perché il SIGNORE era con lui, e il SIGNORE faceva prosperare tutto quello che egli intraprendeva (Genesi 39:23).

La stessa prosperità che Giuseppe conseguì nella casa di Potifar in tutto quello che egli intraprese, l’ottenne anche in carcere, sotto la direzione del governatore della prigione. Se Giuseppe prosperava in tutto quello che egli intraprendeva, era perché il medesimo Signore che era con lui nella casa dell’egiziano, si manifestava anche nella sua vita mentre si trovava in prigione.

3) Poiché quelle levatrici avevano temuto Dio, egli fece prosperare le loro case (Esodo 1:21).

Se le abitazioni delle due levatrici prosperarono, fu la ricompensa che Dio volle dare loro, per non aver tenuto conto dell’ordine del re d’Egitto di far morire i maschi che partorivano le donne ebree. Le persone che hanno il timore del Signore, non tengono conto di quello che vuole l’uomo; e, anche se si espongono a seri rischi, si mantengono costanti con ferma determinazione al volere di Dio, che viene considerato elemento primario della loro esistenza.

4) Uzzia si diede con diligenza a cercare Dio mentre visse Zaccaria, che aveva l’intelligenza delle visioni di Dio; e finché cercò il SIGNORE, Dio lo fece prosperare (2 Cronache 26:5).

La storia del giovane re Uzzia, (in 2 Re 15:1-2, viene chiamato Azaria) figlio di Amasia, che quando cominciò a regnare aveva sedici anni, è molto interessante, ai fini di quello che stiamo scrivendo. I suoi cinquantadue anni di regno a Gerusalemme, vogliono dire tanto, anche perché di regnanti che si sono succeduti a Gerusalemme di così lunga durata, non ce ne sono tanti. Quello che a noi maggiormente interessa, non è il lungo periodo di regno di Uzzia, ma l’affermazione che fa il testo sacro di lui: ...finché cercò il Signore, Dio lo fece prosperare.

Secondo quello che ci riferisce il Cronista, Uzzia non ebbe solamente successo sopra i Filistei, abbattendo addirittura le mura di Gat, di Iabne e di Asdod (v. 6), ma eseguì anche lavori di fortificazione nella città di Gerusalemme, costruì torri, scavò molte cisterne, visto che amava anche l’agricoltura.

Aveva a sua disposizione un esercito di trecentosettemilacinquecento combattenti, preparati ad entrare in guerra con gran valore, per sostenere il re contro il nemico. A tutto il suo esercito, Uzzia fornì scudi, lance, elmi, corazze, archi e fionde da scagliare sassi. Infine, la sua fama raggiunse paesi lontani, perché egli fu meravigliosamente soccorso, finché divenne potente (vv. 9- 15).

A causa dell’essersi insuperbito, si macchiò di grave infedeltà, quando entrò nel tempio del Signore per bruciare dell’incenso sull’altare dei profumi, cosa che non gli era permesso, visto che l’incenso lo potevano bruciare solamente i sacerdoti, figli d’Aaronne. In conseguenza di questa sua infedeltà, Dio lo colpi di lebbra, e rimase lebbroso fino al giorno della sua morte (vv. 16-21).

Nonostante che la vita di Uzzia si sia CONCLUSA tragicamente, rimane sempre significativo il fatto che: Finché cercò il Signore, Dio lo fece prosperare. Questo significa che la prosperità che questo re ebbe durante il tempo del suo regno a Gerusalemme, è strettamente collegata alla sua fedeltà a Dio, nel fare le cose che piacevano al Signore. Quanto durò questo tempo, non possiamo stabilirlo! È certo però, che Dio non lo fece prosperare mentre era lebbroso, ma prima di essere stato colpito da questa malattia.

5) O SIGNORE, dacci la salvezza! O SIGNORE, facci prosperare! (Salmo 118:25).

Questa specifica richiesta, per quanto riguarda il “prosperare”, si trova nella Bibbia solamente in questo passaggio. Pertanto, non si può, stabilire se la prosperità che il salmista chiedeva al Signore, era quell'economica o riguardava quella della vita spirituale.

6) Di’: "Così parla DIO, il Signore: può essa prosperare? La prima aquila non strapperà forse le sue radici e non toglierà via i suoi frutti al punto che si secchi e si secchino tutte le giovani foglie che metteva? Né ci sarà bisogno di molta forza né di molta gente per strapparla dalle radici (Ezechiele 17:9).

La parola “prosperare”, di cui ci stiamo occupando, nella citazione del profeta Ezechiele, si trova in un contesto della parabola delle due aquile. Di conseguenza il significato è che la seconda aquila, non potrà vincere la prima, perché quest’ultima, senza ricorrere ad una forza straordinaria, riuscirà a strapparla dalle radici.

7) ...il nuovo re si è ribellato a lui; ha mandato i suoi ambasciatori in Egitto perché gli fossero dati cavalli e molti uomini. Colui che fa tali cose potrà prosperare? Scamperà? Ha rotto il patto e potrebbe scampare? (Ezechiele 17:15)

Siccome la parabola delle due aquile, illustrava un avvenimento, ora il profeta, per ordine del Signore, rivolgendosi alla casa ribelle, chiede se avessero capito il significato della parabola. L’avvenimento riguarda la venuta del re di Babilonia a Gerusalemme, il quale prenderà il re e i capi e li condurrà con sé a Babilonia (vv. 11-13).

Nel compiere quest'operazione, il re di Babilonia prende uno di sangue reale, stipola con lui un patto con giuramento, perché il nuovo regnante si mantenga fedele a lui. Però, si precisa che, il nuovo re, invece di rispettare il patto e il giuramento, si ribelli contro il re di Babilonia, e si rivolge all’Egitto per chiedere cavalli e uomini. Davanti ad una simile mossa, giustamente il profeta chiede: Colui che fa tali cose potrà prosperare? La risposta è categorica: no! Infatti, nell’emanare la sentenza, Dio afferma: Egli morirà (v. 16).

8) Allora il re fece prosperare Sadrac, Mesac e Abed-Nego nella provincia di Babilonia (Daniele 3:30).

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23/02/2011 02:50

Davanti al miracolo di salvezza che Nebucodonosor vide nei tre giovani Ebrei, i quali non vennero consumati dal fuoco ardente della fornace; ammirando la fedeltà e la fermezza con cui Sadrac, Mesac e Abed-Nego sfidarono la sua autorità, ora il monarca, addirittura li fa “prosperare” nella provincia di Babilonia. Questa prosperità, naturalmente, riguardava essenzialmente la posizione avvantaggiata che ebbero i tre giovani Ebrei, nello svolgimento della loro attività come funzionari del re Nebucodonosor.

9) Solo sii molto forte e coraggioso; abbi cura di mettere in pratica tutta la legge che Mosè, mio servo, ti ha data; non te ne sviare né a destra né a sinistra, affinché tu prosperi dovunque andrai (Giosuè 1:7).

La promessa di “prosperare”, condizionata a mettere in pratica tutta la legge di Mosè fu fatta a Giosuè. Questo però non significa che da questa promessa, i cristiani di oggi, non possano fare applicazioni per la loro vita.
A questo punto, però, bisogna precisare che, la prosperità promessa, riguardava “dovunque Giosuè sarebbe andato”, cioè alludeva alle varie località della terra di Canaan, in cui avrebbe combattuto contro i suoi nemici, per prendere possesso della terra promessa.

Canaan, in questo contesto, non è il cielo, ma rappresenta una nuova esperienza, nella dimensione della vita spirituale, in cui le battaglie che si affrontano e i nemici che in essa si incontrano, non hanno niente a che vedere col benessere materiale, riguarda la potenza delle tenebre e la forza del male.

10) Questo libro della legge non si allontani mai dalla tua bocca, ma meditalo, giorno e notte; abbi cura di mettere in pratica tutto ciò che vi è scritto; poiché allora riuscirai in tutte le tue imprese, allora prospererai (Giosuè 1:8).

Se il libro della legge del Signore non si deve mai allontanare dalla bocca, ciò vuol significare che si deve parlarne continuamente. La bocca, infatti, serve per parlare, e quando viene usata per la legge del Signore, anziché per la maldicenza, per esempio, la persona ne riceve grandi benefici.

Non si deve parlare ma si deve anche meditare giorno e notte la legge del Signore, avendo cura di metterla in pratica. Adempiendo questa divina condizione, c’è la sicura promessa di riuscire nelle varie imprese e di prosperare. Se le condizioni divine non verranno osservate, neanche la promessa si avvererà.

Quasi tutte le promesse di Dio sono condizionate all’obbedienza e alla fedeltà. Se l’uomo mantiene il suo impegno con Dio, anche Dio mantiene il suo con l’essere umano.

11) Ora, figlio mio, il SIGNORE sia con te, perché tu prosperi e possa costruire la casa del SIGNORE tuo Dio, secondo quanto egli ha detto di te (1 Cronache 22:11).

Nel comunicare il volere di Dio a suo figlio Salomone, a proposito della casa del Signore che dovrà costruirgli, Davide augura al figlio che il Signore sia con lui, in modo che egli possa prosperare nel portare a compimento il progetto della costruzione. Se Davide fa un simile augurio a Salomone, è perché si rende conto che senza il Signore, egli non potrà portare a compimento la progettazione; ma avendo Dio con lui, anche se dovessero sorgere delle difficoltà, potrà superarle facilmente e portare a compimento i lavori.

Quando si tratta di eseguire lavori per l’opera del Signore, non si può fare affidamento alle risorse e alle capacità umane; bisogna saper dipendere da Dio per avere successo e prosperare, perché le risorse umane, anche se sono importanti, non saranno mai sufficienti.

12) Allora prospererai, se ti applichi a mettere in pratica le leggi e i precetti che il SIGNORE prescrisse a Mosè per Israele. Sii forte e coraggioso; non temere e non ti sgomentare (1 Cronache 22:13).

Continuando il suo discorso a Salomone, Davide aggiunge un altro elemento: esorta il figlio di applicarsi a mettere in pratica quello che Dio ha ordinato, perché solo allora potrà avere la certezza di prosperare in quello che dovrà compire.

Sì, è vero che il discorso si conclude nel raccomandare al figlio di essere forte e coraggioso; di non temere e di non sgomentarsi, ma il suo successo in quello che dovrà fare, sarà saldamente collegato alla sua disposizione a mettere in pratica le leggi del Signore. Questo è vero anche per noi, che viviamo in altri tempi e in altri ambienti sociali!

13) L’anziano al carissimo Gaio, che io amo nella verità.
Carissimo, io prego che in ogni cosa tu prosperi e goda buona salute, come prospera l’anima tua
(3 Giovanni 1-2).

L’augurio che l’apostolo Giovanni fa al suo carissimo Gaio, è che egli prosperi in ogni cosa, come prospera l’anima sua. Le due prosperità, di cui fa esplicito riferimento il nostro passo, la prima riguarda la vita umana, sia per quanto concerne la “buona salute” e sia per quanto si riferisce al benessere materiale; la seconda, invece, ha a che fare con l’anima.

Che la prosperità dell’anima sia la più importante, non c’è dubbio; il credente, in modo particolare, dovrebbe maggiormente ricercarla e favorirla. Questo, naturalmente avviene, quando Dio e le Sue cose, occupano il primo posto nella nostra esistenza.

14) ...andrai brancolando in pieno giorno, come il cieco brancola nel buio; non prospererai nelle tue vie, sarai continuamente oppresso e spogliato e nessuno ti soccorrerà (Deuteronomio 28:29).

Il capitolo 28 del libro del Deuteronomio, è quella parte della Scrittura che parla specificatamente delle “benedizioni” e delle “maledizioni”. Non si limita solamente a parlarne, ma fissa anche delle condizioni, sia per le prime come anche le seconde.

Per quanto riguarda le “benedizioni”, che coprono una vasta area della vita, il punto fermo è di ascoltare la voce del Signore e mettere in pratica quello che Egli comanda. Mentre per ciò che riguarda le “maledizioni”, che anche quest’ultime coprono una vasta gamma dell’esistenza umana, le cose non andranno bene, se non si ubbidisce a Dio quindi non ci sarà prosperità. In tutto quello che si intraprenderà, per le varie situazioni che si incontreranno, tutto, sarà buio; si brancolerà nell’oscurità, non mancheranno le oppressioni e il soccorso sarà lontano. Tutto questo, naturalmente, quando non si ubbidisce alla voce del Signore e non si cura di mettere in pratica i suoi comandamenti.

15) Beato chiunque teme il SIGNORE e cammina nelle sue vie!
Allora mangerai della fatica delle tue mani, sarai felice e prospererai
(Salmo 128:1-2).

La promessa contenuta in questo testo riguarda la famiglia. Mangiare della fatica delle proprie mani, essere felice e prosperare, sono gli aspetti più significativi di una persona e di una famiglia in modo particolare. Questo benessere manca nella vita di moltissime famiglie, perché si trascura la parte essenziale che produce la felicità, cioè temere il Signore e camminare nelle sue vie!

16) Quanto a te, te ne andrai in pace presso i tuoi padri e sarai sepolto dopo una prospera vecchiaia (Genesi 15:15).

Questa fu la promessa che Dio fece ad Abramo, quando gli parlò della sua discendenza che sarebbe vissuta come straniera in un paese che non sarebbe stato di loro: fatti schiavi, sottoposti ad essere oppressi per la durata di quattrocento anni, ma dopo di questo, se ne partiranno con grandi ricchezze (v. 14).

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24/02/2011 02:33

La prospera vecchiaia di Abramo, di cui parla il testo, la si può notare dopo la morte di sua moglie Sara, avvenuta quando questa aveva centoventisette anni e lui centotrentasette (Genesi 23:1); nel matrimonio di suo figlio Isacco con Rebbecca e nel secondo matrimonio con Chetura, dalla quale ebbe sei figli.

Della morte di Abramo si afferma che spirò in prospera vecchiaia, attempato e sazio di giorni, e fu riunito al suo popolo, e morì all’età di centosettantacinque anni (Genesi 25:1-2,7-8).

17) Morì in prospera vecchiaia, sazio di giorni, di ricchezze e di gloria. Salomone, suo figlio, regnò al suo posto (1 Cronache 29:28).

Anche se la Scrittura non riferisce che Davide visse lungamente come Abramo, di lui però si afferma che morì in “prospera vecchiaia”, pieno di ricchezze e di gloria.

18) La loro discendenza prospera sotto i loro sguardi intorno ad essi, i loro germogli fioriscono sotto gli occhi loro (Giobbe 21:8).

Nella risposta che Giobbe dà al discorso di Sofar, si riscontre che anche la discendenza degli empi prospera sotto i loro sguardi. Questo però non vuol significare che tutti gli empi e la loro discendenza avranno sempre prosperità; significa semplicemente che anche per loro si profila una simile eventualità.

19) Tu sei giusto, SIGNORE, quando io discuto con te; tuttavia io proporrò le mie ragioni: perché prospera la via degli empi? perché sono tutti a loro agio quelli che agiscono perfidamente? (Geremia 12:1)

Per Geremia si poneva il problema della prosperità degli empi, tanto che egli, essendo perplesso, fa addirittura una domanda al Signore per sapere perché l’empio prosperava. Dalla risposta ricevuta, comprende che quella non è la norma; e che il giusto non può essere giudicato da quello che si passa nella sua vita.

20) Non cercherai mai la loro pace né la loro prosperità, finché tu viva (Deuteronomio 23:7).

Leggendo il contesto di questo passaggio, si rileva che cosa Dio ordinò ad Israele intorno a due popoli: gli Ammoniti e i Moabiti, essi non dovevano entrare nell’assemblea del Signore, neppure alla decima generazione, specificandone il motivo (vv.1-5).

Inoltre, Israele era esortato a non cercare mai la prosperità di questi due popoli. Questo significa che nel vedere quella prosperità, (e senza dubbio qui si parla della prosperità materiale) il popolo di Dio era come spinto a desiderarla, e soprattutto a “cercarla”, per possederla.

Si direbbe: che male c’è nel cercare la “prosperità” che hanno gli altri? Non si tratta di porre la domanda in questi termini; si tratta invece di tener presente l’elemento significativo, cioè che la prosperità di quegli stranieri non era fondata sulla benedizione di Dio.

Tenuto conto che quella prosperità non era il frutto dell’ obbedienza e della fedeltà a Dio e alla Sua legge, ma che probabilmente aveva il suo fondamento su inganni e falsità, Dio esortava il suo popolo a mantenersi alla larga. Questo perché, siccome Israele era il popolo di Dio, scelto per essere diverso dagli altri popoli, veniva esortato a comportarsi diversamente, senza imitare su quelli che non camminavano secondo la legge del Signore.
Nel mondo, ci sono tanti modi per conquistare la prosperità materiale, che rispecchia la disonestà e l’ingiustizia; i cristiani devono fare molta attenzione a questo tipo di comportamento, per non farsi coinvolgere nel traviamento.

21) ...non ci ho creduto finché non sono venuta io stessa e non ho visto con i miei occhi. Ebbene, non me n’era stata riferita neppure la metà! La tua saggezza e la tua prosperità sorpassano la fama che me n’era giunta! (1 Re 10:7).

Che alla regina di Seba le è sembrata una “esagerazione”, le notizie pervenutole della prosperità di Salomone, si comprende dal modo come lei si espresse. Però, quando vide con i suoi occhi, non poté fare a meno di confessare che non era un'esagerazione quello che si diceva di Salomone; addirittura non rispondeva neanche alla metà, dell’effettiva prosperità che aveva quest’uomo.

Per Salomone, la sua prosperità era un sinonimo di ricchezza, e questa, era venuta dal Signore, senza che fosse stata richiesta (cfr. 1 Re 3:13).

22) ...non date le vostre figlie ai loro figli, e non prendete le loro figlie per i vostri figli, e non ricercate la loro prosperità né il loro benessere, e così diventerete voi forti, mangerete i migliori prodotti del paese, e potrete lasciarlo in eredità perenne ai vostri figli (Esdra 9:12).

La stessa esortazione che Dio rivolse ad Israele ai tempi di Mosè (Deuteronomio 23:6), [Cfr. capitolo 3, sezione, 1)] ora viene rivolta da Esdra, aggiungendo la prospettiva di “lasciare in eredità perenne” ai figli, la loro esperienza fatta nel paese promesso.

Come elemento di riflessione, chiediamo: che tipo di eredità si lascia ai nostri figli? Solamente beni materiali? Se questa fosse la nostra risposta, a questa domanda, non sarà certamente quella “eredità” di fedeltà e obbedienza a Dio, dalla quale i nostri figli potranno essere spinti ed incoraggiati a seguirci in questo nobile sentiero, che permetterà loro di fare esperienze significative per la loro vita spirituale.

23) Il disprezzo per la sventura altrui è nel pensiero di chi vive nella prosperità; esso è sempre pronto a colpire, se uno ha il piede che vacilla (Giobbe 12:5).

Se si considera obbiettivamente e seriamente l’affermazione di Giobbe, le sue parole trovano una chiara corrispondenza nella vita pratica degli uomini di tutti i tempi. Si dice in gergo che “chi ha la pancia piena non crede a chi l'ha vuota”.

La prosperità a cui si riferisce il nostro testo, non necessariamente deve riferirsi al benessere materiale; può anche avere il senso di “stare bene in salute”, non “avere sventure nella vita”. Per chi si trova in queste condizioni, non sarà facile comprendere chi soffre a causa di una sventura, di una malattia, o di una prova in genere.

24) «Riconciliati dunque con Dio; avrai pace, ti sarà resa la prosperità (Giobbe 22:21).

Tenuto conto che Elifaz considerava Giobbe un uomo che non era in regola con Dio, lo esortava a “riconciliarsi” con Lui, per avere pace e prosperità. Che il suo giudizio severo non rispondesse a verità, sta nel fatto che Giobbe non era l’uomo che veniva dipinto come una persona che non camminava nelle vie di Dio; era piuttosto un essere umano che aveva il timore di Dio e si ritirava dal male (Giobbe 1:8).

Che le parole di Elifaz contengano una preziosa verità, applicabile a tutti, non si può negare. Se l’uomo vuole veramente avere pace (non importa a quale strato sociale appartenga): se è povero o ricco, se è colto o analfabeta, se è bianco e di colore) la riconciliazione con Dio, è l’elemento indispensabile per averla.

Quando l’essere umano fa pace con Dio, e questo lo può ottenere solamente per mezzo di Gesù Cristo, che è la nostra pace (Efesini 2:14), egli potrà sicuramente godere la vera tranquillità nella sua vita, che gli permetterà di rimanere pacifico e sereno anche in mezzo alle tempeste.

Avere poi la prosperità, non significa necessariamente il benessere materiale (anche se questa non è esclusa) ma può anche significare che la salute e la vita in genere andranno bene e nel giusto verso.

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25/02/2011 00:52

25) Molti van dicendo: «Chi ci farà veder la prosperità?» O SIGNORE, fa’ risplendere su di noi la luce del tuo volto! (Salmo 4:6).

Chi erano questi molti che volevano vedere la prosperità? Non possiamo specificarlo! Può darsi che erano persone che si erano uniti a Davide, quando egli andava vagando a destra e a sinistra, per mettersi in salvo dagli attacchi spietati di Saul.

Il fatto stesso che il salmista invochi che il Signore faccia risplendere la luce del suo volto su di loro, dimostra che se egli non poteva dare una precisa risposta a quell'angosciosa domanda, la luce divina avrebbe aperto gli occhi per far vedere la fonte del bene, perché poi subito aggiunge:

Tu mi hai messo in cuore più gioia di quella che essi provano quando il loro grano e il loro mosto abbondano.
In pace mi coricherò e in pace dormirò, perché tu solo, o SIGNORE, mi fai abitare al sicuro
(vv. 7-8), ciò dimostra che la preghiera che aveva rivolto a Dio è stata esaudita.

26) Quanto a me, nella mia prosperità, dicevo: «Non sarò mai smosso» (Salmo 30:6).

Quello che Davide affermava nella sua prosperità, non si era effettivamente verificato; ed egli ha dovuto prendere atto che la realtà era diversa di quanto egli diceva.

27) a quelli che sono soli Dio dà una famiglia, libera i prigionieri e dà loro prosperità; solo i ribelli risiedono in terra arida (Salmo 68:6).

In questo Salmo Davide mette in risalto quello che compie Dio. Le cose che fa il Signore, l’uomo non le può fare, perché non ha le stesse possibilità che possiede Dio. È bello pensare che al “solitario”, dimenticato da tutti e messo da parte dalla società, c’è qualcuno che si prende cura, dandogli quello che non si aspetta di ricevere. E se Dio fa questo, è per dimostrare quello che Egli sa fare, in modo che si riconosca la Sua grandezza e la Sua bontà.

28) Poiché invidiavo i prepotenti, vedendo la prosperità dei malvagi (Salmo 73:3).

Vedere la prosperità dei malvagi, per Asaf, non era motivo di rallegrarsi, ma mancò poco che i suoi passi scivolassero, per l’invidia che portava ai prepotenti. Questo suo atteggiamento, naturalmente errato, lo comprese quando entrò nel santuario di Dio e considerò la fine di costoro (v.17).

È sempre quando si sta alla presenza di Dio che si riceve illuminazione per comprendere certe cose della vita degli uomini.

29) Il SIGNORE ti benedica da Sion! Possa tu vedere la prosperità di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita (Salmo 128:5).

Il salmo 128 è uno di quelli definiti “canto dei pellegrinaggi” che di solito si cantava quando le persone andavano a Gerusalemme in occasione di feste e ricorrenze particolari. Tenendo presente che i pellegrini erano diretti a Gerusalemme, rientrava nella logica di ognuno di loro, formulare l’augurio più sincero per la città, meta del loro pellegrinaggio.

30) perché ti procureranno lunghi giorni, anni di vita e di prosperità (Proverbi 3:2).

Nell’esortazione a non dimenticare l’insegnamento e di osservare i comandamenti (si intende quelli di Dio), quando viene ricevuta, c’è la prospettiva di ricevere quello che viene promesso, cioè: lunghi giorni, anni di vita e prosperità, sia materiale che spirituale.

31) ...quelli che sanno punire se ne troveranno bene, e su loro scenderanno benedizione e prosperità (Proverbi 24:25).

Trattare l’empio come se fosse giusto, non solo rappresenta una perversione del diritto, ma attira lo sdegno e la rabbia degli uomini retti; mentre quelli che lo sanno punire, cioè che hanno il coraggio di trattare l’empio per quello che egli è, ne troveranno bene e su di loro scenderanno benedizione e prosperità.

32) Nel giorno della prosperità godi del bene, e nel giorno dell’avversità rifletti (Ecclesiaste 7:14).

Rientra nella logica della comprensione dell’autore dell’Ecclesiaste, godere nel giorno della prosperità, perché questa viene considerata un dono di Dio. Tutto quello che Dio ci dona, non lo dà per conservarlo per gli altri, ma per goderne in prima persona.

33) Io ti ho parlato al tempo della tua prosperità, ma tu dicevi: "Io non ascolterò". Questo è stato il tuo modo di fare sin dalla tua adolescenza; tu non hai mai dato ascolto alla mia voce (Geremia 22:21).

La prosperità di cui si parla in questo testo, è sicuramente quello materiale. Non sempre l’uomo sa ascoltare la voce di Dio quando si trova nello stato del benessere. Spesso si rifiuta con determinazione, pensando di non avere bisogno, visto che non gli manca niente, per soddisfare le sue aspirazioni. Questa è, senza dubbio, la peggiore condizione in cui si può trovare l’essere umano davanti d Dio.

34) Il re, Nabucodonosor alle genti di ogni popolo, nazione e lingua, che abitano su tutta la terra: Pace e prosperità vi siano date in abbondanza (Daniele 4:1).

Questo re che ha fatto delle tristi esperienze che gli hanno lasciato segni indelebili nella sua persona, prima di intraprendere il racconto della sua esperienza, sente di formulare ai suoi sudditi, l’augurio di avere pace e prosperità.

Che la prosperità di cui parla il testo, sia quella materiale, non c’è nessun dubbio. Egli vuole condividere con altri la lezione che ha imparata a sue spese, in maniera brusca e crudele.

35) ...O re, accetta il mio consiglio! Metti fine ai tuoi peccati praticando la giustizia, e alle tue iniquità mostrando compassione verso gli afflitti. Forse, la tua prosperità potrà essere prolungata» (Daniele 4:27).

Il consiglio che Daniele diede a Nabucodonosor, davanti alla tragica realtà che si prospettava davanti al monarca, era quella di rettificare il suo modo di vivere e di comportarsi, nella speranza che la sua prosperità, abbastanza elevata, potesse essere prolungata.

36) Il re Dario scrisse alle genti di ogni popolo, nazione e lingua che abitavano su tutta la terra: «Pace e prosperità vi siano date in abbondanza! (Daniele 6:25).

Lo stesso augurio che, anni prima, aveva formulato Nabucodonosor ai suoi sudditi, lo rivolse pure Dario ai vari popoli del suo dominio. Lo scopo dello scritto di Dario, non era solamente di augurare prosperità ai popoli del suo impero, ma portare a conoscenza col suo decreto di temere e rispettare il Dio di Daniele, che lo aveva liberato dalle zampe dei leoni.

37) Riuniti questi e gli altri che esercitavano il medesimo mestiere, disse: «Uomini, voi sapete che da questo lavoro proviene la nostra prosperità (Atti 19:25).

L’intervento dell’orefice Demetrio, davanti al popolo Efesino, mirava a mettere in risalto che, il benessere materiale che loro godevano, era direttamente collegato ai tempietti di argento che si facevano della dèa Diana. Se questa loro dèa veniva screditata, la loro prosperità andava in fumo, cioè svaniva. Ecco perché le sue parole fecero presa negli abitanti di Efeso mentre si rivoltarono contro Paolo che li esortava a convertirsi all’Iddio vivente.

38) Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi, a casa, metta da parte quello che potrà secondo la prosperità concessagli, affinché, quando verrò, non ci siano più collette da fare (1 Corinzi 16:2).

L’ultimo riferimento alla prosperità, è in rapporto con le collette che si raccoglievano ai tempi di Paolo. Il suggerimento dell’apostolo, mira a far comprendere ai cristiani che, ognuno deve offrire, secondo la prosperità concessagli.

Chi dà i beni materiali per offrirli in donazioni, è sempre Dio; e, a misura che si riceve, si deve anche contribuire. Così facendo, si viene incontro ad un bisogno particolare, si può fare fronte alle varie necessità di una comunità; portare a compimento programmi per l’espansione del regno di Dio e l’evangelo di Gesù Cristo per la salvezza dei peccatori.

Conclusione

Qual è la conclusione che possiamo trarre dai vari testi della Bibbia che parlano della prosperità e che abbiamo considerato? Possono essere brevemente racchiusi in alcuni punti:

1) A tutti i testi passati in rassegna, non sempre si può dare il senso del benessere materiale, anche se non si può negare che la loro maggioranza, ne fa esplicito riferimento.

2) Un numero rilevante di questi passi, ha come punto di riferimento: ascoltare Dio e mettere in pratica quello che Egli comanda.

3) Il benessere e la prosperità materiale, non vengono mai presentate come il “saper fare dell’uomo”, ma sempre come una risposta di Dio alla fedeltà dell’uomo al Suo volere e ai Suoi comandamenti.

4) Cercare di possedere la prosperità che hanno quelli che non appartengono alla famiglia di Dio, è qualcosa che il Signore vieta ai Suoi. Il popolo di Dio deve saper dipendere dal suo Signore, per ogni cosa, compreso il benessere materiale e non agire mai spinti dall’invidia.

5) Il benessere materiale, che è anche la fatica del nostro lavoro, bisogna considerarlo come un dono di Dio, dato per goderne nei giorni della vita terrena e anche per farne parte a quelli che si trovano nel bisogno.

6) Infine, non bisogna mai dimenticare la prosperità dell’anima, che vale molto di più di ogni benessere materiale. La prima è destinata all’eternità, mentre la seconda, solo durante il tempo che si vive sulla terra.

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo prontamente
[Modificato da Domenico34 25/02/2011 00:54]
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