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Domenico34 – Alcuni imperativi della Bibbia – Capitolo 3. Ciò che si ricava dall’osservare quello che Dio comanda

Ultimo Aggiornamento: 21/02/2011 00:53
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20/02/2011 01:08

La gioia è un elemento della felicità. È impossibile concepire la felicità di una persona senza la gioia. Non stiamo alludendo ad una gioia finta e passeggera, ma a quella vera, che è “serena e durevole”.

Le persone che assistono ad una manifestazione di artisti che si esibiscono in uno spettacolo, sia canoro o teatrale, possono provare contentezza in quello che vedono e sentono; però, questa loro allegria, visto che non è durevole, può manifestarsi di solito per tutto il tempo dello spettacolo, o prolungarsi di qualche giorno e poi svanisce; mentre quella causata dalla felicità è stabile, perché riflette “uno stato d’animo”.

Tu mi hai messo in cuore più gioia di quella che essi provano quando il loro grano e il loro mosto abbondano (Salmo 4:7).

Che il contadino provi una certa soddisfazione, quando raccoglie il prodotto agricolo abbondantemente, è indiscutibile; però, questa gioia che prova, messa a confronto con quella che Dio mette nel cuore di un essere umano, non solo è diversa nella quantità, è anche differente soprattutto nella qualità. La prima è basata su elementi terreni, la seconda, invece, è il risultato della donazione divina, quindi celeste.

Quando una persona mette in pratica quello che Dio comanda, in effetti, lo sta onorando, visto che ha creduto a quello che Egli ha detto. Agendo in questo modo, l’uomo onora Dio con la sua obbedienza; a sua volta Dio ricambia l’onore ricevuto con la Sua fedeltà, secondo l’affermazione della Sua Parola: …io (il Signore) onoro quelli che mi onorano... (1 Samuele 2:30).

In conclusione, la felicità di una persona, si conosce dalla gioia, dalla pace, dalla serenità, dalla tranquillità, dalla soddisfazione, dall’appagamento delle aspirazioni, dal piacere, dalla delizia, dal diletto, dal godimento, dal conforto e dalla consolazione che si esternano, poiché sono elementi reali e concreti che tutti possono vedere.

Benessere e prosperità

Siccome nella felicità vi sono inclusi anche il “benessere” e la “prosperità”, sia spirituale che materiale, esaminare alcuni testi biblici, sarà utile per avere le idee chiare.

Ai nostri giorni si parla molto di benessere e di prosperità materiale, non solamente in ambito mondano, ma anche in mezzo alla cristianità. Il benessere materiale è una meta che ognuno cerca di raggiungere, soprattutto per godere e non vivere nella miseria e nella ristrettezza. Che poi non tutti i mezzi e i metodi impiegati vanno a buon fine, si può costatare dal fatto che non tutti raggiungono il traguardo.

A questo punto potremmo chiederci: perché? La risposta dipende a seconda del come si concepiscono le cose; qualcuno direbbe: “I mezzi e i metodi usati non sono stati onesti”; qualche altro potrebbe precisare: “Quello che si è adoperato, è stato sbagliato o addirittura fuori posto”. Ognuno cerca di spiegare il fenomeno a modo proprio e a seconda del come vede le cose e quale interpretazione si dà agli eventi che li determinano.

Poiché stiamo parlando di “prosperità” e di “benessere”, è molto importante rivolgerci alla Parola di Dio, per sapere cosa insegna su quest'allettante soggetto. Diciamo “allettante”, non solo perché è uno di quei soggetti piacevoli ad ascoltare, ma anche perché suscita interesse alla stragrande maggioranza.

I termini: “Benessere, prosperare e derivati, sono riportati nella Bibbia 52 volte, sia negli scritti dell’Antico Testamento come in quelli del Nuovo Testamento [S. Battaglia, GDLI (Grande Dizionario della lingua italiana), Vol. V, pag. 795].

Per sapere in quali contesti questi termini vengono adoperati, è necessario esaminare il testo biblico, cioè tutti i passaggi.

I testi biblici

Benessere

Il sostantivo “benessere” ricorre solamente negli scritti dell’Antico Testamento, precisamente 13 volte, cioè: Esdra 9:12; Giobbe 20:21; 21:23; 36:11; Salmo 25:13; Ecclesiaste 2:4; 3:12; 3:13; 5:18; 6:6; Isaia 45:7; Geremia 5:25 e Lamentazione 3:17.

1) ...non date le vostre figlie ai loro figli, e non prendete le loro figlie per i vostri figli, e non ricercate la loro prosperità né il loro benessere, e così diventerete voi forti, mangerete i migliori prodotti del paese, e potrete lasciarlo in eredità perenne ai vostri figli (Esdra 9:12).

Il capitolo 9 di Esdra, descrive lo stato di sviamento che c’era in mezzo ad Israele, per causa di non aver tenuto presente l’ordine che Dio che vietava i matrimoni con gli stranieri (Deuteronomio 7:3). L’infedeltà non si notava solamente al livello del comune popolo, erano addirittura implicati i sacerdoti, i leviti, i capi e i magistrati che avevano dato un cattivo esempio. Con la loro trasgressione, avevano mescolato la stirpe santa con i popoli di quei paesi (v. 2).

Il divieto di cercare il benessere in mezzo agli stranieri, non era quindi umano, cioè non veniva da Esdra, proveniva da Dio, anche se a ricordarlo era stato il sacerdote Esdra; era quindi Dio che esortava il Suo popolo a rispettare questa Sua direttiva. Potremmo chiederci il perché di questo divieto (Si badi che qui si tratta del benessere materiale).

Il testo suesposto afferma che: il paese nel quale Israele stava per entrare per prenderne possesso, era un paese reso impuro dalla corruzione dei popoli che vi abitavano, dalle pratiche abominevoli con le quali lo avevano riempito da un’estremità all’altra con le loro contaminazioni (v. 11).

Tenuto conto della reale situazione che regnava in mezzo a quei popoli pagani, Dio considerava il loro benessere, ugualmente contaminato, perché appunto faceva parte integrale del loro modo di vivere. Ragion per cui non questo era per il Suo popolo.

2) La sua voracità non risparmiava nulla, perciò il suo benessere non durerà (Giobbe 20:21).

Di chi parlava Zofar nel suo discorso con Giobbe? I vv. 4-5 ci danno la risposta: Non lo sai tu che in ogni tempo, da che l’uomo è stato posto sulla terra,
il trionfo dei malvagi è breve; la gioia degli empi non dura che un istante?


Se il “trionfo dei malvagi è breve e la gioia degli empi dura un istante, anche il loro benessere (si intende quello materiale) subirà la stessa sorte.

3) L’uno muore in mezzo al suo benessere, quand’è pienamente tranquillo e felice (Giobbe 21:23)

Nella risposta che Giobbe diede a Zofar, anche lui parlò degli empi, come persone che arrivano alla vecchiaia e anche crescono di forze (v. 7); la loro casa è in pace, al sicuro da spaventi, la verga di Dio non li colpisce (v. 9).

Quando poi afferma: L’uno muore in mezzo al suo benessere (v. 23); l’altro muore con l’amarezza nel cuore (v. 25), a chi si riferisce Giobbe? Senza dubbio a due categorie di persone. Poiché prima ha parlato dell’empio, probabilmente si riferisce a lui che muore in mezzo al suo benessere; mentre l’altro che muore con l’amarezza nel cuore, niente di strano che si riferisca al pio, cioè a chi cammina nelle vie di Dio.

«Ricchezza o salute non sono i metodi per giudicare il carattere di una persona. Uno può essere malvagio, e morire giovane o vecchio; oppure può essere pio, e morire giovane o vecchio. Questi fatti ovviamente sono più conformi alla realtà che non il rigido punto di vista dei tre chiacchieroni che si oppongono a Giobbe» [Roy B. Zuck, Investigate le Scritture, Antico Testamento, pag. 791].

Si continuerà il prossimo giorno...
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