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Domenico34 – Alcuni imperativi della Bibbia – Capitolo 3. Ciò che si ricava dall’osservare quello che Dio comanda

Ultimo Aggiornamento: 21/02/2011 00:53
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19/02/2011 00:34


Capitolo 3




CIÒ CHE SI RICAVA DALL’OSSERVARE QUELLO CHE DIO COMANDA




Osserva e ascolta tutte queste cose che ti comando, affinché tu sia felice, e i tuoi figli dopo di te, quando avrai fatto ciò che è bene e giusto agli occhi del SIGNORE tuo Dio (Dueteronomio 12:28).

“Osservare” e “mettere in pratica”, quello che Dio comanda, si legge frequentemente nella Bibbia, ma che, sfortunatamente ai nostri giorni, molti della cristianità non considerano a sufficienza la sua validità. Viviamo in tempi di grandi mutamenti in tutti i settori della vita; non ci sono livelli dell’esistenza umana, in cui non si è influenzati dall’evoluzione dei tempi.

La vita religiosa, in tutti i suoi aspetti, è continuamente sottoposta ad un serrato bombardamento dalle tante “novità” che vengono sfornate, specie quando si ha la pretesa di essere particolarmente illuminati, specialmente in campo interpretativo della Parola di Dio. Sono queste, “novità” particolarmente, che fanno maggiormente presa nella vita delle persone, specialmente quando si prospetta di conoscere il “segreto” per conseguire il successo.

Nessuno di noi è disposto a rimanere indietro nella conoscenza: ognuno cerca di aggiornarsi quanto più può, per non essere considerato da chi ci circonda, come gente del passato. C’è, poi, anche un detto della Scrittura che afferma che la conoscenza aumenterà (Daniele 12:4). In vista di tutto questo, si presta molta attenzione alle “novità”, correndo il rischio addirittura di mettere da parte e di dimenticare quello che Dio ha comandato di osservare nella Sua Parola.

La felicità

Osservare ed ascoltare le cose che Dio ha comandato, ecco il segreto per avere la felicità. Prima di andare avanti nella nostra meditazione, è importante chiederci: che cos’è la felicità? Trascriviamo il significato letterale del termine:

- «Stato d’animo di chi si sente contento e felice perché possiede o crede di possedere ciò che può soddisfare le sue necessità e appagare tutte le sue aspirazioni.
- Vivo godimento dei sensi o dello spirito; gioia dolce, serena, durevole; immunità da sofferenze fisiche e morali, da ansie e preoccupazioni.
- manifestazione esterna dell’intima gioia; allegrezza, ilarità.
- Prosperità, tranquillità, pace, agiatezza, benessere.
- Ciò che procura un godimento dei sensi e dello spirito, che dà gioia, consolazione, conforto; ciò che rende felice; piacere, delizia, diletto, agiatezza, comodità» [S. Battaglia, GDLI (Grande Dizionario della lingua italiana), Vol. V, pag. 795].

Chi ha pensato per primo alla felicità dell’uomo, è stato Dio; e chi procura i mezzi per ottenerla, è sempre Lui. Cercare, infatti, la felicità fuori del Signore, e della Sua Parola, significa perdere il proprio tempo e trovarsi, come afferma un proverbio mondano: “Con gli occhi pieni e le mani vuote”.

A che vale avere gli occhi pieni di una maestosa prospettiva, quando in pratica non c’è niente di reale e di concreto che permetta di vivere ciò che si vede? Mentre se ciò che si ha davanti con una prospettiva visiva si può ottenere, non idealmente ma concretamente, non sarà più una chimera ingannatrice, ma diventerà una realtà convalidata da una personale esperienza.

Le chimere non le ha inventare Dio, è stato l’uomo che le ha messe in campo. Quando l’essere umano non pone Dio e la Sua Parola come punto fermo di riferimento, si può cadere facilmente nell'inganno e rimanere nella più profonda delusione. Una persona delusa, è l’opposto di essere soddisfatta e appagata nelle sue aspirazioni.

Tenuto conto che la felicità è “uno stato d’animo”, tutto quello che si manifesta esternamente, come: la gioia, la pace, la serenità, la tranquillità, la soddisfazione, l’appagamento delle aspirazioni, il piacere, la delizia, il diletto, il godimento, il conforto e la consolazione, affondano le loro radici nella vita interiore, e saranno il risultato e lo sviluppo di un’accurata relazione con Dio. Se questa relazione di comunione col Signore è veramente reale, nel senso che non è un puro formalismo religioso, i benefici che si ricavano, saranno innegabili dal punto di vista pratico e non puramente ipotetici.

Una persona che vive il suo cristianesimo in conformità con tutto quello che Dio comanda di osservare, è veramente felice, visto che la sua felicità non è basata su elementi umani, ma sulla fedeltà di Dio e della Sua Parola.
Ecco alcuni versetti della Parola di Dio che parlano della felicità.

Che io veda la felicità dei tuoi eletti, mi rallegri della gioia della tua nazione ed esulti con la tua eredità (Salmi 106:5).

I riscattati del SIGNORE torneranno, verranno con canti di gioia a Sion; letizia eterna coronerà il loro capo, otterranno felicità e gioia; il dolore e il gemito fuggiranno (Isaia 51:11).

Invece della vostra vergogna, avrete una parte doppia; invece d'infamia, esulterete della vostra sorte. Sì, nel loro paese possederanno il doppio e avranno felicità eterna (Isaia 61:7).

«affinché tu sia felice e abbia lunga vita sulla terra» (Efesini 6:3).

...chi guarda attentamente nella legge perfetta, cioè nella legge della libertà, e in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato ma uno che la mette in pratica; egli sarà felice nel suo operare (Giacomo 1:25).

La gioia

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20/02/2011 01:08

La gioia è un elemento della felicità. È impossibile concepire la felicità di una persona senza la gioia. Non stiamo alludendo ad una gioia finta e passeggera, ma a quella vera, che è “serena e durevole”.

Le persone che assistono ad una manifestazione di artisti che si esibiscono in uno spettacolo, sia canoro o teatrale, possono provare contentezza in quello che vedono e sentono; però, questa loro allegria, visto che non è durevole, può manifestarsi di solito per tutto il tempo dello spettacolo, o prolungarsi di qualche giorno e poi svanisce; mentre quella causata dalla felicità è stabile, perché riflette “uno stato d’animo”.

Tu mi hai messo in cuore più gioia di quella che essi provano quando il loro grano e il loro mosto abbondano (Salmo 4:7).

Che il contadino provi una certa soddisfazione, quando raccoglie il prodotto agricolo abbondantemente, è indiscutibile; però, questa gioia che prova, messa a confronto con quella che Dio mette nel cuore di un essere umano, non solo è diversa nella quantità, è anche differente soprattutto nella qualità. La prima è basata su elementi terreni, la seconda, invece, è il risultato della donazione divina, quindi celeste.

Quando una persona mette in pratica quello che Dio comanda, in effetti, lo sta onorando, visto che ha creduto a quello che Egli ha detto. Agendo in questo modo, l’uomo onora Dio con la sua obbedienza; a sua volta Dio ricambia l’onore ricevuto con la Sua fedeltà, secondo l’affermazione della Sua Parola: …io (il Signore) onoro quelli che mi onorano... (1 Samuele 2:30).

In conclusione, la felicità di una persona, si conosce dalla gioia, dalla pace, dalla serenità, dalla tranquillità, dalla soddisfazione, dall’appagamento delle aspirazioni, dal piacere, dalla delizia, dal diletto, dal godimento, dal conforto e dalla consolazione che si esternano, poiché sono elementi reali e concreti che tutti possono vedere.

Benessere e prosperità

Siccome nella felicità vi sono inclusi anche il “benessere” e la “prosperità”, sia spirituale che materiale, esaminare alcuni testi biblici, sarà utile per avere le idee chiare.

Ai nostri giorni si parla molto di benessere e di prosperità materiale, non solamente in ambito mondano, ma anche in mezzo alla cristianità. Il benessere materiale è una meta che ognuno cerca di raggiungere, soprattutto per godere e non vivere nella miseria e nella ristrettezza. Che poi non tutti i mezzi e i metodi impiegati vanno a buon fine, si può costatare dal fatto che non tutti raggiungono il traguardo.

A questo punto potremmo chiederci: perché? La risposta dipende a seconda del come si concepiscono le cose; qualcuno direbbe: “I mezzi e i metodi usati non sono stati onesti”; qualche altro potrebbe precisare: “Quello che si è adoperato, è stato sbagliato o addirittura fuori posto”. Ognuno cerca di spiegare il fenomeno a modo proprio e a seconda del come vede le cose e quale interpretazione si dà agli eventi che li determinano.

Poiché stiamo parlando di “prosperità” e di “benessere”, è molto importante rivolgerci alla Parola di Dio, per sapere cosa insegna su quest'allettante soggetto. Diciamo “allettante”, non solo perché è uno di quei soggetti piacevoli ad ascoltare, ma anche perché suscita interesse alla stragrande maggioranza.

I termini: “Benessere, prosperare e derivati, sono riportati nella Bibbia 52 volte, sia negli scritti dell’Antico Testamento come in quelli del Nuovo Testamento [S. Battaglia, GDLI (Grande Dizionario della lingua italiana), Vol. V, pag. 795].

Per sapere in quali contesti questi termini vengono adoperati, è necessario esaminare il testo biblico, cioè tutti i passaggi.

I testi biblici

Benessere

Il sostantivo “benessere” ricorre solamente negli scritti dell’Antico Testamento, precisamente 13 volte, cioè: Esdra 9:12; Giobbe 20:21; 21:23; 36:11; Salmo 25:13; Ecclesiaste 2:4; 3:12; 3:13; 5:18; 6:6; Isaia 45:7; Geremia 5:25 e Lamentazione 3:17.

1) ...non date le vostre figlie ai loro figli, e non prendete le loro figlie per i vostri figli, e non ricercate la loro prosperità né il loro benessere, e così diventerete voi forti, mangerete i migliori prodotti del paese, e potrete lasciarlo in eredità perenne ai vostri figli (Esdra 9:12).

Il capitolo 9 di Esdra, descrive lo stato di sviamento che c’era in mezzo ad Israele, per causa di non aver tenuto presente l’ordine che Dio che vietava i matrimoni con gli stranieri (Deuteronomio 7:3). L’infedeltà non si notava solamente al livello del comune popolo, erano addirittura implicati i sacerdoti, i leviti, i capi e i magistrati che avevano dato un cattivo esempio. Con la loro trasgressione, avevano mescolato la stirpe santa con i popoli di quei paesi (v. 2).

Il divieto di cercare il benessere in mezzo agli stranieri, non era quindi umano, cioè non veniva da Esdra, proveniva da Dio, anche se a ricordarlo era stato il sacerdote Esdra; era quindi Dio che esortava il Suo popolo a rispettare questa Sua direttiva. Potremmo chiederci il perché di questo divieto (Si badi che qui si tratta del benessere materiale).

Il testo suesposto afferma che: il paese nel quale Israele stava per entrare per prenderne possesso, era un paese reso impuro dalla corruzione dei popoli che vi abitavano, dalle pratiche abominevoli con le quali lo avevano riempito da un’estremità all’altra con le loro contaminazioni (v. 11).

Tenuto conto della reale situazione che regnava in mezzo a quei popoli pagani, Dio considerava il loro benessere, ugualmente contaminato, perché appunto faceva parte integrale del loro modo di vivere. Ragion per cui non questo era per il Suo popolo.

2) La sua voracità non risparmiava nulla, perciò il suo benessere non durerà (Giobbe 20:21).

Di chi parlava Zofar nel suo discorso con Giobbe? I vv. 4-5 ci danno la risposta: Non lo sai tu che in ogni tempo, da che l’uomo è stato posto sulla terra,
il trionfo dei malvagi è breve; la gioia degli empi non dura che un istante?


Se il “trionfo dei malvagi è breve e la gioia degli empi dura un istante, anche il loro benessere (si intende quello materiale) subirà la stessa sorte.

3) L’uno muore in mezzo al suo benessere, quand’è pienamente tranquillo e felice (Giobbe 21:23)

Nella risposta che Giobbe diede a Zofar, anche lui parlò degli empi, come persone che arrivano alla vecchiaia e anche crescono di forze (v. 7); la loro casa è in pace, al sicuro da spaventi, la verga di Dio non li colpisce (v. 9).

Quando poi afferma: L’uno muore in mezzo al suo benessere (v. 23); l’altro muore con l’amarezza nel cuore (v. 25), a chi si riferisce Giobbe? Senza dubbio a due categorie di persone. Poiché prima ha parlato dell’empio, probabilmente si riferisce a lui che muore in mezzo al suo benessere; mentre l’altro che muore con l’amarezza nel cuore, niente di strano che si riferisca al pio, cioè a chi cammina nelle vie di Dio.

«Ricchezza o salute non sono i metodi per giudicare il carattere di una persona. Uno può essere malvagio, e morire giovane o vecchio; oppure può essere pio, e morire giovane o vecchio. Questi fatti ovviamente sono più conformi alla realtà che non il rigido punto di vista dei tre chiacchieroni che si oppongono a Giobbe» [Roy B. Zuck, Investigate le Scritture, Antico Testamento, pag. 791].

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4) Se l’ascoltano, se si sottomettono, finiscono i loro giorni nel benessere, e i loro anni nella gioia (Giobbe 36:11).

Leggendo il contesto di questo passaggio, si capisce subito che il riferimento è agli “uomini” che pur trovandosi stretti da catene... presi nei legami dell’afflizione, quando Dio fa conoscere le loro trasgressioni e la loro superbia; aprono i loro orecchi agli ammonimenti e li esorta ad abbandonare il male (vv. 8-10), se ascoltano e si sottomettono a Lui, finiscono i loro giorni nel benessere (cioè quello materiale). Il benessere di questo passaggio biblico, è strettamente collegato ad ascoltare Dio in quello che Egli dice e a sottomettersi a Lui.

5) Egli vivrà nel benessere, e la sua discendenza erediterà la terra (Salmo 25:13).

Leggendo solamente il (v. 12) come contesto, si capisce subito che Davide si riferisce all’uomo che teme il Signore. Questi, vivendo nel timore di Dio, che in pratica significa allontanarsi dal male (Proverbi 3:7); avrà una vita benedetta dal Signore, non solo di benedizioni celesti che arricchiscono l’anima, ma anche materiali che gli permetteranno di vivere nel benessere.

6) Non c’è nulla di meglio per l’uomo del mangiare, del bere e del godersi il benessere in mezzo alla fatica che egli sostiene; ma anche questo ho visto che viene dalla mano di Dio (Ecclesiaste 2:24).

Se l’autore dell’Ecclesiaste riconosce che il “benessere” viene dalla mano di Dio, rientra nella logica goderne in mezzo alla fatica che si sostiene. Ha, infatti, il significato di coerenza di fede, la domanda che fa l’autore sacro: Infatti, chi senza di lui (cioè di Dio) può mangiare e godere? (v. 25).

7) Io ho riconosciuto che non c’è nulla di meglio del rallegrarsi e del procurarsi del benessere durante la loro vita (Ecclesiaste 3:12)

8) ma che se uno mangia, beve e gode del benessere in mezzo a tutto il suo lavoro, è un dono di Dio (Ecclesiaste 3:13).

Se Ecclesiaste 2:24, afferma che il benessere in mezzo alla fatica viene dalla mano di Dio; 3:12 parla invece di rallegrarsi nel procurarsi del benessere durante la vita, visto che non c’è nulla di meglio.

Il (v. 13) parla di un dono di Dio. Che cosa significa ciò? Non si deve considerare dono di Dio, la sola salvezza che si riceve per “grazia” (Efesini 2:8), ma anche il benessere materiale deve essere considerato e valutato in questo senso. Infatti, tutto ciò che viene da Dio, spirituale e materiale, l’uomo non lo riceve per proprio merito, ma sempre per il favore che Dio accorda alla creatura umana. Riconoscere ciò, in pratica significa essergli grati e dargli tutto l’onore e la gloria che gli spetta!

9) Ecco quello che ho visto: buona e bella cosa è per l’uomo mangiare, bere, godere del benessere in mezzo a tutta la fatica che egli sostiene sotto il sole, tutti i giorni di vita che Dio gli ha dati; poiché questa è la sua parte (Ecclesiaste 5:17).

Dal momento che questa è la parte che Dio assegna all’uomo durante la sua vita terrena, goderne i benefici del benessere in mezzo alla fatica che si sostiene, significa non privarsi di quanto Dio concede. A volte l’essere umano, vive la sua esistenza in tante privazioni, pensando soprattutto di accumulare sempre senza sosta, e non si cura di apparire davanti agli altri, come se si trovasse nella ristrettezza.

Questo comportamento non è consone al volere di Dio, il quale vuole che godiamo di quello che Egli ci dà (1 Timoteo 6:17), ma rappresenta un modo di egoismo che si manifesta nella vita pratica. Il benessere che Dio concede serve per goderne mentre si vive sulla terra, visto che non lo si potrà portare nell’altra vita, cioè nell’eternità. Vivere di privazioni, quando si ha la possibilità materiale, non è certamente un modo di rendere onore e gloria al Signore!

10) Anche se questi vivesse due volte mille anni, se non gode benessere, a che scopo? Non va tutto a finire in un medesimo luogo? (Ecclesiaste 6:6)

Con questo passaggio l’Ecclesiaste conclude il suo discorso facendo rilevare che il numero di anni piuttosto abbondanti, non avrebbe senso se si dovesse vivere in questa terra di stenti e di privazioni.

11) Io formo la luce, creo le tenebre, do il benessere, creo l’avversità; io, il SIGNORE, sono colui che fa tutte queste cose (Isaia 45:7).

L’affermazione di questo passaggio, cioè che Dio dà il benessere, si trova in perfetta sintonia con altri testi che abbiamo esaminato.

12) Le vostre iniquità hanno sconvolto queste cose; i vostri peccati vi hanno privati del benessere (Geremia 5:25).

Questo testo stabilisce che il peccato dell’uomo, può causare la privazione del benessere. Una persona che contravviene aglo ordini di dio, perché il peccato è la violazione della legge (si intende quella di Dio) (1 Giovanni 3:4), non può aspettarsi che Dio chiuda gli occhi e faccia finta di non vedere la trasgressione della Sua legge. Il detto del profeta è valido per tutte le epoche e per tutta l’umanità, non importa a quale strato sociale si appartiene.

13) Tu mi hai allontanato dalla pace, io ho dimenticato il benessere (Lamentazione 3:17).

Quest’ultimo passaggio mette in evidenza quello che l’uomo avverte quando si trova in “dolori” a causa dell’imperversare dell’afflizione. Si vede il sentiero sbarrato con blocchi di pietra, sconvolto nei suoi sentieri (v. 9); come se fosse il bersaglio delle frecce (v. 12); si rende conto che è diventato lo scherno di tutto il popolo, la sua canzone di tutto il giorno (v. 14). Davanti a tutto questo, è facile dimenticare il benessere.

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo prontamente
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