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Domenico34 – La fede – XXI. La fede di coloro i cui nomi non sono menzionati nell’elenco del capitolo 11 della lettera agli Ebrei

Ultimo Aggiornamento: 20/01/2011 03:54
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Sesso: Maschile
18/01/2011 02:37

Di questo ardente e tenace servitore di Cristo, si potrebbe parlare a lungo degli scherni che affrontò a causa della sua fede in Cristo.
Le catene e la prigionia che egli subì, sono una chiara evidenza di come si convertì veramente a Cristo, senza avere mai pensato di volersi sottrarre tutti quei travagli e pericoli che andava incontro ogni giorno. Quando poi leggiamo le sue ultime parole alla vigilia della sua morte:

Quanto a me, sto per essere offerto in libagione, e il tempo della mia dipartita è vicino.
Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho serbato la fede
(2 Timoteo 4:6-7),

non si può fare a meno di ammirare la sua perseveranza, la sua fermezza e la sua fedeltà, durante i giorni dei suoi travagli nella vita terrena. In tutte le sue epistole, non leggiamo mai che egli si sia lamentato davanti al Signore, per tutti gli affanni, le persecuzioni e le tante avversità che incontrò, anzi al contrario sapeva incitare i fratelli a rimanere fedeli al Signore, per esempio:

...attraverso molte afflizioni dobbiamo entrare nel regno di Dio (Atti 14:22) e se perseveriamo, regneremo pure con lui... (2 Timoteo 2:12),

per citare solo alcune delle sue parole.
La frase: morirono uccisi di spada, che abbiamo già considerato, ci fa ricordare la sorte che subì Giacomo, allorquando venne fatto morire di spada da Erode (Atti 12:2), mentre Pietro venne liberato dalla prigione e dalla sicura morte che era nei piani di Erode.

Non si può certamente accusare Giacomo per non avere avuto fede, sol perché venne fatto morire con la spada, e lodare la fede di Pietro che venne risparmiato dalla morte; perché sia l’uno che l’altro, erano due uomini di fede. La fede non va misurata in base a quello che uno subisce, ma dalla fedeltà e fermezza che uno manifesta nel giorno della prova e dell’avversità.

Da tutto quello che abbiamo esaminato del capitolo 11 della lettera agli Ebrei, risulta chiaramente che gli uomini di fede, o come vengono comunemente denominati: “gli eroi della fede”, non sono solamente: Abele, Enok, Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe, Sara, Giuseppe, Mosè, la prostituta Rahab, Gedeone, Barak, Sansone, Jefte, Davide, Samuele e i profeti in genere, i quali nella loro vita esperimentarono delle cose grandi e straordinarie e ricevettero strepitose liberazioni e grazie da parte del Signore; ma sono anche eroi della fede tutti gli altri, che non vengono presentati con i loro nomi nei vv. 35-38 di questo stesso capitolo, senza poter dire di loro che “ottennero”, ma ricevettero dal medesimo Signore, quello che i primi esperimentarono.

Nonostante ciò, crediamo fermamente, che la fede di quest’ultimi, debba essere messa alla pari, in qualità e livello, dei primi, senza riservare un particolare elogio ai primi per aver ricevuto e fare quasi scomparire dalla scena i secondi, per non avere ottenuto quello che era loro promesso.

3. CONSIDERAZIONI SUL VANGELO DELLA PROSPERITÀ

Viviamo in tempi in cui viene predicato con forza ed insistenza, (specie in terra americana) il cosiddetto: Vangelo della prosperità, basato essenzialmente sulla fede. Prima d’inoltrarci in questa specifica riflessione, credo sia doveroso domandare: quest’evangelo, è quello della Bibbia, che Cristo e gli apostoli predicarono, o è invece un vangelo di comodo, inventato dagli uomini?

Per rispondere adeguatamente e obiettivamente a questa precisa domanda, è necessario innanzitutto spogliarsi dai preconcetti, per esaminare quello che dice la Bibbia, a proposito della prosperità (e precisamente quella materiale, perché di solito è questo il significato che si dà a questo termine), per vedere se può essere armonizzato, soprattutto con le persone che hanno veramente fede.

Onde evitare un possibile fraintendimento, diciamo subito che la fede in Dio e in Gesù Cristo, è necessaria per affrontare i vari problemi della vita ed uscirne fuori, non da perdenti, ma da vincitori.
Se poi si tiene presente l’importantissima dichiarazione dell’Epistola agli Ebrei, che senza fede è impossibile piacere a Dio (11: 6), si capisce subito il ruolo che ha la fede, soprattutto nelle relazioni tra Dio e l’uomo e con le vicende della vita umana.
Però, quando si afferma che se tu hai fede, puoi avere immancabilmente prosperità materiale nella vita, questo è un certo forzare le cose e fare dire alla Bibbia quello che essa non vuole dire.

Per fare le nostre riflessioni “sul vangelo della prosperità”, prima di ogni altra cosa, diciamo fermamente, che ciò non è l’evangelo della Bibbia e neanche quello che Gesù e gli apostoli predicarono, ma un evangelo di comodo, inventato dagli uomini, per fare presa sulla coscienza delle persone in modo da spingerle sempre più a dare il loro denaro a chi ne ha fatto un dio, che lo hanno posto al centro delle loro attenzioni, (o intenzioni).

Per vedere se le nostre convinzioni sono sostenute dalla Bibbia e se la nostra valutazione è coerente con la realtà della vita pratica, crediamo che non ci sia altro testo migliore di Ebrei 11: 38,39, soprattutto perché questo scritto è in relazione con gli uomini di fede, di quella vera, basata sulle promesse di Dio.
Fatta questa premessa, invitiamo chiunque legge queste pagine, a valutare obiettivamente e seriamente quello che diremo qui di seguito.

Furono lapidati, segati, tentati, morirono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, afflitti, maltrattati (il mondo non era degno di loro), erranti per deserti e monti, in spelonche e grotte della terra.

Anche se questo testo l’abbiamo già esaminato, lo riportiamo ancora per mettere in evidenza la situazione in cui vennero a trovarsi le persone di fede di quel tempo, mentre ora lo esaminiamo dal punto di vista pratico, per vedere se gli uomini di fede dei nostri giorni, possono incontrare situazioni di disagio, di povertà e di miseria, durante la loro vita terrena, e se queste condizioni, sono riservate anche a coloro che s’impegnano nell’opera del ministero. I tre punti che abbiamo indicato sopra sono:

1) Il loro abbigliamento:
2) La condizione economica;
3) L’abitazione
.

Non ha nessun’importanza sapere chi erano le persone che andavano in giro coperti di pelli di pecora e di capra, perché anche se riuscissimo a stabilire che erano delle semplici persone e non di ministri di Dio, quello che va sottolineato è il fatto che erano uomini di fede. Se per i loro abiti, indossavano pelli di pecora e di capra, non è perché probabilmente erano dei pecorai, ma era sicuramente per il fatto che non potendo avere il denaro per comprarsi i normali abiti che le persone di quei tempi indossavano, si coprivano alla meglio di pelli di animali.

Se il testo affermasse che stavano nelle loro abitazioni in quella tenuta, non ci sarebbe tanto da dire; ma dal momento che viene precisato che andavano in giro in quella maniera, c’è da chiedersi se facevano vergogna alle altre persone di fede che non si trovavano nelle loro stesse condizioni, se la loro fede in Dio non era vera, o se il nome di Dio, del quale si fregiavano, era disonorato e vituperato a causa del loro modo di vestirsi.

Per ciò che riguarda la condizione economica, ci viene precisato che erano bisognosi, cioè non avevano tante possibilità, per fare fronte alle necessità della vita. Chissà se non avranno passato intere giornate senza mangiare? Per i sostenitori del “vangelo della prosperità”, è inconcepibile e vergognoso nello stesso tempo per un profeta, ardente e fedele all’Eterno, di nome Elia, andare in giro coperto di una pelle di animale; restare a lungo presso un torrente per bere e mangiare i cibi che i corvi gli portavano, e che in ultimo, per il suo sostentamento quotidiano, dover dipendere da una povera vedova, che a stento tirava avanti, con l’unico figlio che aveva.

Si continuerà il prossimo giorno...
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