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Domenico34 – La fede – XXI. La fede di coloro i cui nomi non sono menzionati nell’elenco del capitolo 11 della lettera agli Ebrei

Ultimo Aggiornamento: 20/01/2011 03:54
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17/01/2011 12:25


Capitolo 21



LA fede DI COLORO I CUI NOMI NON SONO MENZIONATI

NELL’ELENCO DEL CAPITOLO 11 DELLA LETTERA AGLI EBREI



Nota preliminare


Dopo aver passato in rassegna i vari personaggi men-zionati nel capitolo 11 della lettera agli Ebrei, questa sezione la dedichiamo a tutti coloro i cui nomi non appaiono nell’elenco di questo testo, dei quali però sono chiaramente manifestate le loro azioni, da meritare ugualmente di comparire nel numero degli eroi della fede, non solo per fare giustizia a loro, ma soprattutto per valutare giustamente la loro fede e per sapere se la fede di questi sconosciuti, era una fede diversa, in qualità, da quella di chi vengono chiamati con i loro nomi.

Pensando soprattutto a quello che la Bibbia dice a proposito di certi credenti, specie nell’ambito dell’Antico Testamento, probabilmente lo scrittore di questa Epistola si riferiva a loro, nei vv. 35-39. Però, dato che i versi in questione hanno un carattere generico, non possiamo essere categorici nell’indicare una persona, anziché un’altra. Quando poi pensiamo a quello che dice il N.T., fare certi confronti si impone, se non altro per meglio valutare la fede e le persone che la manifestarono.
Non mancheremo, inoltre, di fare certe riflessioni su l’andamento della vita pratica dei nostri giorni, nonché qualche rilievo in riferimento e certe correnti di pensiero, che hanno cambiato il volto del vangelo che predicarono Gesù e i suoi apostoli.

1. ESAME DEL TESTO BIBLICO

Le donne riebbero per risurrezione i loro morti; altri invece furono distesi sulla ruota e martoriati, non accettando la liberazione, per ottenere una migliore risurrezione (v. 35).

Il riferimento alle donne che riebbero per risurrezione i loro morti, senza dubbio si riferisce alla vedova di Sarepta (1 Re 17:17-23) e alla Sunamita (2 Re 4:14-36), miracoli di risurrezioni operati da Elia e da Eliseo.

Per quanto riguarda invece la seconda parte del testo che parla di coloro che furono martoriati, distesi sulla ruota, dato che non accettarono la liberazione che veniva loro offerta, non abbiamo nel testo biblico canonico, riferimenti a questo episodio; mentre lo è chiaramente specificato nel libro apocrifo di 2 Maccabei e Apocalisse 6 e 7, con la descrizione della tortura inflitta ad Eleazaro e ai sette fratelli con la loro madre, ad opera di Antioco Epifane.
Infatti, la stessa motivazione che adduce lo scrittore agli Ebrei, per ciò che riguardava una migliore risurrezione, la fa anche il testo del libro dei Maccabei summenzionato. Pertanto, possiamo affermare che, probabilmente lo scrittore della lettera agli Ebrei, si riferiva a quegli avvenimenti, senza voler dar loro il valore della canonicità.

Per quanto riguarda coloro che subirono scherni e flagelli, e anche catene e prigionia (v. 36), pur trovandosi chiari riferimenti di queste scene, nel primo e secondo libro dei Maccabei, non possiamo pensare che lo scrittore faccia esclusivamente riferimento ad essi, dato che nei testi canonici, si fa menzione di catene e prigionia di Giuseppe, (Genesi 39:20); Hanani (2 Cronache 16:7,10); Mikaiah (1 Re 22:26,27) e di Geremia (Geremia 20:2; 37:15).

La specificazione che viene fatta di coloro che furono lapidati, (v. 37), può riferirsi a Geremia che, secondo la tradizione fu lapidato a morte in Egitto, ma è più probabile che l’autore pensasse a Zaccaria, figlio di Jehoiada (2 Cronache 24:20,21) alla cui uccisione si riferì il Signor Gesù (Matteo 23:35-37).
Segati, allude ad un tipo di esecuzione della quale non vi è esempio né nell’Antico Testamento né negli scritti Apocrifi; molto probabilmente il riferimento qui è a quella ben conosciuta tradizione giudaica secondo la quale Isaia venne segato in due durante il regno di Manasse.

Uccisi di spada, può riferirsi tanto a Uria che fu assassinato da Jeoakim (Geremia 26:23) e ai figliuoli di Israele che hanno ucciso con la spada i loro profeti (quelli di Dio) (1 Re 19:10), quanto al massacro che avvenne dei Giudei in un giorno di sabato all’inizio delle guerre dei Maccabei (1 Maccabei 2:38). La seconda parte del (v. 37) descrive la condizione in cui vennero a trovarsi alcuni fra il popolo di Dio.

a) Per ciò che riguardava il loro abbigliamento: andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, anche se il più conosciuto che andava in giro in quella maniera è Elia (2 Re 1:8), non fu sicuramente il solo a vivere in quella maniera.

b) Riguardo alla loro condizione economica, erano bisognosi, cioè non vissero nell’abbondanza, e, probabilmente, mancava loro il necessario per andare avanti di fronte alle necessità della vita; afflitti, maltrattati, descrive eloquentemente quello che affrontarono per rimanere fedeli al loro Dio e alla Sua legge.

c) Per quanto riguarda le loro abitazioni, erano erranti per deserti e monti, in spelonche e grotte della terra (v. 38), come i cento profeti nei giorni di Achab e Jezebel (1 Re 18:4-13) o come i Maccabei, specialmente Giuda e i suoi uomini che furono costretti a rifugiarsi sulle colline (2 Maccabei 5:7).

Davanti a questa scena desolante che viene dipinta, lo scrittore ci tiene a concludere che quelli che si trovarono nelle condizioni esposte nei vv. 35-38, erano persone che avevano avuto buona testimonianza mediante la fede (v. 39). Non condividiamo la conclusione a cui è arrivato Thomas Hewitt, quando dice che tutti costoro, è “un riferimento a tutti gli eroi della fede menzionati a partire dal versetto 4” [Thomas Hewitt, L’epistola agli Ebrei, pag. 224], anziché a quelli che vengono presentati nei vv. 35-38), condivisa invece da diversi.

2. CONFRONTI COL NUOVO TESTAMENTO


A proposito di coloro che furono lapidati, notiamo che il Nuovo Testamento, presenta Stefano, che morì in quel modo e Paolo che sopravvisse miracolosamente (Atti 7:58; 14:19). Per quanto riguarda Stefano, viene detto chiaramente che era uomo ripieno di fede (Atti 6:5,8); nonostante ciò, non venne risparmiato di fare una morte crudele, come se avesse commesso un grave peccato: la bestemmia, per esempio, come sanciva la legge di Mosè.

Coloro che meditano sulla fede di questo valente servitore di Cristo, non hanno niente da rimproverargli, come se egli, davanti a quella crudele morte, non fosse rimasto fedele al suo Signore fino alla fine. Neanche si può affermare che di fronte ai suoi spietati e furibondi nemici, abbia avuto paura, o pensato per un attimo di abbandonare la sua fede in Cristo o che abbia avuto momenti di ripensamento. La storia che Luca ci presenta di questo servo del Signore, per ciò che riguarda gli ultimi momenti della sua vita, è il racconto di uno che muore da vero eroe per rimanere fedele al suo Signore Gesù Cristo, comprovando nel contempo che veramente stava seguendo le pedate del suo Salvatore, specialmente quando pronuncia: Signore, non imputare loro questo peccato (Atti 7:60).

L’amore e la compassione che Stefano manifestò in quella circostanza per i suoi accaniti persecutori, meritano di essere presi come esempio da imitare da ognuno di noi.
Per quanto riguardava l’apostolo Paolo, nonostante fosse stato lapidato, creduto morto e trascinato fuori della città di Listra, dove aveva subito quel crudele trattamento, egli miracolosamente sopravvisse, talché l’indomani poté ripartire alla volta di Derbe (Atti 14: 19,20), per proseguire la sua attività ministeriale e compiere il mandato che gli era stato affidato da Gesù Cristo.

Si continuerà il prossimo giorno...
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