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Domenico34 – 2Corinzi 5:21 – Gesù, fatto diventare peccato per noi

Ultimo Aggiornamento: 01/02/2011 00:38
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07/12/2010 11:50


IL GRIDO DI GESÙ: DIO MIO, DIO MIO, PERCHÉ MI HAI ABBANDONATO?


Dio ha fatto diventare peccato colui che non ha conosciuto peccato


Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui (2 Corinzi 5:21) (Nuova Riveduta).

NOTA PRELIMINARE

Questo testo paolino, unico nel suo genere in tutto il N.T., merita un esame approfondito, allo scopo di valutarlo, soprattutto sul piano teologico, per cercare di capirne il significato e la portata che esso ha, soprattutto tenendo presente l’opera della redenzione ideata e programmata da Dio Padre e realizzata da Gesù Cristo, con l’assistenza dello Spirito Santo. Anche se l’esecutore materiale di questo meraviglioso piano è stato Gesù Cristo, tuttavia, l’opera di redenzione, non va solamente ascritta a Lui, è l’opera che coinvolge attivamente le tre persone della Trinità: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Logicamente un tema di questa portata, che coinvolge in pieno tutta la struttura teologica della salvezza, — con le dovute conseguenze per ciò che riguarda la sorte di tutti i peccatori — oltre a richiedere tempo per le riflessioni, richiede anche spazio per la sua trattazione. Trattandosi di un argomento squisitamente teologico, non si può liquidare il testo paolino suesposto, con la semplice espressione: “Gesù ha preso su di sé tutti i peccati dell’umanità e li ha portati sulla croce”. Anche se questa affermazione è verità assoluta e indiscussa, nondimeno, l’affermazione dell’apostolo Paolo vuole dire molto di più di queste semplici parole, ragione per cui un particolare approfondimento, si impone d’obbligo, per poterne cogliere tutti gli elementi che compongono questo meraviglioso mosaico, per meglio valutare ed apprezzare quello che hanno fatto le tre persone della Trinità, per ciò che riguarda l’opera di redenzione per tutto il genere umano.

Per fare ciò, si impone la necessità di cominciare la trattazione a partire dalla formulazione del testo greco, verificare le varie traduzioni (dato che la formula paolina, non è stata tradotta da tutti nella stessa maniera) per capire perché il testo paolino è stato reso nella maniera come i traduttori l’hanno interpretato e concludere con una ponderata riflessione, che miri a mettere in risalto l’azione particolare di Dio, per la riconciliazione dell’intera umanità. L’elemento della non conformità di traduzione, naturalmente, sta a provare, a nostro avviso che, l’affermazione dell’apostolo, non è solamente difficile nella sua interpretazione, ma lo è anche nella sua comprensione. Faremo il nostro meglio, usando un linguaggio accessibile a tutti, — anche se esprimeremo concetti teologici —, ad essere chiari e precisi, affinché la verità del testo biblico appaia nella sua luminosità, coerenza e chiarezza, tenendo presente soprattutto l’insieme di quello che insegna la Bibbia, e precisamente il N.T., intorno a quello che Gesù Cristo venne a compiere su questa terra.

1. LA FORMULAZIONE DEL TESTO GRECO E LA VERIFICA DELLE VARIE TRADUZIONI

Onde facilitare la lettura del testo greco, lo traslitteriamo in carattere latino

ton mē gnonta amartian uper ēmōn amartian epoiēsen, ina ēmeis ghenōmetha dikaiosunē Theou en autō

La prima parte del nostro testo che riguarda la descrizione dell’azione particolare di Dio, non è stata unanimemente tradotta. Ecco come l’hanno resa i vari traduttori:
G. Diodati {
N. Diodati {ha fatto essere peccato per noi
G. Luzzi {
N. Riveduta{ha fatto diventare peccato per noi
CEI lo trattò come peccato in nostro favore
Marietti {lo fece per noi peccato
A. Martini {
G. Ricciotti lo rese peccato in pro nostro
La Sacra Bibbia, Trad. di G. Bonaccorsi, G. Castoldi, G. Giovannozzi, G. Mezzacasa, F. Ramorino, G. Ricciotti, G. M. Zampini lo ha fatto peccato

Le versioni Inglesi sono quasi tutti orientati sul concetto di essere peccato.
Le diversità linguistiche delle summenzionate traduzioni vertono sui termini usati, e cioè: essere, diventare, trattò, fece, fatto, rese.

Se si considerano i termini suesposti dal punto di vista linguistico, si possono meglio valutare i concetti che ogni singola parola esprime.

Essere: = Condizione di ciò che è o può essere, che esiste o può esistere. Stato in cui una persona si trova. Tutto ciò che esiste realmente.

Diventare: = venire a essere, farsi, trasformarsi, e determina la nuova condizione assunta dal soggetto.

trattò: (da trattare) = procedere; condursi con gli altri. Adoperarsi per concludere qualche negozio.

fece: (pass. rem. del verbo fare)

fatto: (Part. pass. del verbo fare)

fare: = Azione, operazione, atto; adempimento (di un dovere), attuazione (di desideri, propositi, progetti, ecc.). Eseguire, mettere in opera, portare a termine (in questo suo valore fondamentale ha per oggetto tutto ciò che può essere compiuto, sia in concreto, sia in astratto, con riferimento non solo a persone, ma anche a cose inanimate o a enti ideali, e, abbracciando un’estensione vastissima di significati, viene genericamente a identificarsi con tutti i verbi che indicano azione.

rese: ( pass. rem. di rendere)

rendere: = Ridare, dare indietro, restituire a qualcuno qualcosa lasciato in prestito. Far diventare, far essere, far giungere o ridurre una persona a una determinata condizione (fisica, materiale, psicologica, spirituale, ecc. che indica la condizione stessa e, talvolta, può essere sostituito con un verbo denominante dell’oggetto espresso).

Le definizioni linguistiche dei termini: essere, diventare, trattò, fece, rese, fatto, sono quelle che dà il (GDLI) “Grande Dizionario della lingua Italiana”, di S. Battaglia.

2. ANALISI DELLE TRADUZIONI A CONFRONTO COL TESTO GRECO

Anche se tutte le traduzioni non riportano il nome di Dio nella parte iniziale di (2 Corinzi 5:21), l’azione che viene descritta nella prima parte del testo, lo lascia benissimo sottintendere, soprattutto pensando al contesto precedente che è verso 20, per non parlare di tutta la sezione che va dai (vv. 11-20). Ecco perché la CEI, Marietti, G. Bonaccorsi ecc. e alcune versioni Inglesi, mettono il nome di Dio in principio del verso, mentre tutte le altre traduzioni adoperano il pronome personale egli. C’è invece unanimità, nel tradurre il termine amartian = “peccato”, e ghenōmetha = “diventassimo”. Siccome il testo greco non ripete per due volte ghenōmetha, come fa per amartian, ecco perché in questa parte i traduttori non sono stati unanimi nell’adoperare lo stesso temine, “diventare”, per esempio. Però, considerando i significati linguistici dei termini che sono stati usati, si deve convenire che il concetto espresso è unico nell’intento di quello che l’apostolo Paolo voleva dire, sia che si adoperi essere, diventare, trattò, fece, rese, fatto, ad eccezione di “trattò”, che esprime un diverso concetto che non è consone a quello che l’apostolo ha voluto dire nel suesposto testo (anche se da un punto di vista particolare e generale possiamo concordare nel convenire che, il ‘trattamento’ che Gesù subì da parte del Padre, sulla croce, fu ben diverso da quello che Egli avrebbe meritato), di questo però, ne parleremo in seguito.

Se si tiene in debito conto il diventare di noi, giustizia di Dio in lui, che dimostra una «stretta connessione dei due ordini: poiché Cristo diviene amartia sostituendosi a noi, noi possiamo diventare dikaiosunē en autō» [Cifr. G. Schrenk, in GLNT, Vol. 2, col. 1283], diventa più facile capire il pensiero dell’apostolo e cosa intendesse dire. Anche se questo autore definisce il testo di (2 Corinzi 5:21) «forma inconsueta», rimane fermo il fatto che egli ha saputo vedere il “diventare di Gesù amartian, e il nostro diventare giustizia di Dio, come esplicita conseguenza del primo, cioè: Se Gesù Cristo non fosse diventato peccato, nessuno di noi sarebbe mai diventato giustizia di Dio.

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08/12/2010 12:03


Davanti a questa chiara constatazione che si può ricavare dalle parole dell’apostolo Paolo, il diventare peccato, era di una necessità insostituibile ed improrogabile, senza il quale tutto il piano di redenzione e di riconciliazione con Dio, non sarebbe stato attualizzato; di conseguenza, nessun peccatore sarebbe stato perdonato e salvato dai suoi peccati, per aver diritto alla vita eterna. Appare quindi subito, quanto sia importante e fondamentale questo testo, ai fini di valorizzare tutta la teologia della salvezza.

3. L’AZIONE PARTICOLARE DI DIO-PADRE

a) Il primo tassello di questo meraviglioso mosaico, è costituito dal fatto che Gesù, venendo su questa terra, nacque come tutti gli altri esseri umani. Nonostante che Egli passò attraverso un canale ‘contaminato’, (quello di Maria, era tate, per il fatto che ella, appartenendo di fatto alla famiglia umana, e come tale aveva ricevuto in eredità la contaminazione di Adamo, perché in Adamo tutti sono peccatori (Rom. 5:12) (anche se la Chiesa Cattolica Romana dice che Maria è la sola del genere umano che fu concepita e nacque senza peccato), resta ferma la verità che Gesù, non contrasse nessuna forma della contaminazione del peccato di Adamo.

Tutti i trentatré anni che Gesù visse in terra, a partire dal giorno della sua nascita fino alla sua morte, li visse senza peccato. L’affermazione dell’apostolo Paolo colui che non ha conosciuto peccato..., deve essere intesa in maniera piena e deve essere anche accettata come verità assoluta. Se si dovesse sospettare una minima ombra di peccato nella vita del Figlio di Dio, la Sua opera compiuta sulla terra, oltre che sarebbe stata seriamente incrinata, anche il valore stesso di tutto quello che Egli disse e fece, sarebbe risultato vano e privo di coerenza.

Quando Gesù, in mezzo ai Giudei, chiedeva con forza e fermezza: Chi di voi mi convince di peccato? (Gioviovanni 8:46), Egli, sicuramente, non voleva dargli il senso di una richiesta ardita e sfidante, ma era semplicemente la consapevolezza di una realtà che, nessuno dei suoi più acerrimi oppositori, aveva il coraggio di contestare. Se in Gesù vi fosse stato una minima ombra di peccato, quella sfida che Egli lanciò, sarebbe stata presa in ballo, non solo per accusarlo, ma soprattutto per screditarlo in tutto quello che Egli faceva. Sì, è vero che i capi religiosi dicevano di Gesù che non era da Dio e che era un uomo peccatore (Giovanni 9:16,24), ma lo affermavano davanti agli uomini, e mai glielo dissero in faccia. Questo prova che se nella vita di Gesù ci fosse stato veramente il peccato, gli scrupolosi farisei, particolarmente, glielo avrebbe rinfacciato apertamente e senza risparmiarlo. Una volta che la verità dell’assenza totale di peccato nella vita di Gesù, è assoluta, (e qui non è il caso di chiedere se in Cristo, in qualità di membro reale della famiglia umana, avesse avuto la ‘possibilità’ di peccare, se Egli l’avesse voluto, per provare la Sua reale umanità), resta fermo, per l’apostolo Paolo che, Gesù non ha conosciuto peccato.

b) Per mettere in risalto l’azione particolare di Dio-Padre, descritta chiaramente nel nostro testo, bisogna subito dire che Paolo non dice che fu Gesù che diventò peccato, ma Dio, il Padre a farlo diventare tale. Si potrà domandare: Che valore ha questa precisazione? Sul piano stilistico, almeno siamo portati a pensare: È un’opera esclusiva del Padre, senza che al Figlio gli si chieda il permesso o il consenso di farlo. Fu in vista di quello che il Padre avrebbe fatto, che Gesù nel Getsemani, prega: «Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice... (Matt. 26:39), sapendo soprattutto che quel calice era il Padre a darglielo? (Giovanni 18:11). Anche se il racconto evangelico non lo dice, neanche non lo si può escludere del tutto.

Il fare diventare peccato, colui che non ha conosciuto peccato, non è un’azione di poco conto; è piuttosto un’azione coraggiosa e pienamente ponderata, pensando soprattutto il fine che si proponeva: affinché noi (peccatori) diventassimo giustizia di Dio in lui. Aggiungiamo anche che, non si tratta solamente di pensare a una azione coraggiosa e ponderata di Dio, è soprattutto il fondamento sul quale si basa tutta la teologia della salvezza.

Il testo di 2 Corinzi 5:21, non dice Dio fece “apparire” davanti a sé Gesù come peccato, (come se si trattasse di una pura messa in scena, priva di una reale realtà), ma lo fece diventare peccato, cioè effettuò una reale trasformazione nella sua vita, talché in Gesù venne a determinarsi una nuova condizione. Naturalmente, questo venire a essere, a farsi, — quello che prima non era mai stato nella vita del Figlio di Dio — non avvenne sul piano esterno della vita del Cristo, ma su quello interno, cioè nella sua natura. Quando si parla della natura di Gesù, che è quella di Dio fatto carne, di Colui che non conosce peccato, e lì che sta la difficoltà di capire quello che l’apostolo vuole dire; è su quel lato dell’argomento che bisogna pensare, per potere meglio capire tutta la portata teologica che ha l’affermazione di Paolo.

c) Davanti a una simile puntualizzazione, è estremamente importante sapere ‘quando’ il Padre fece diventare peccato Gesù. Non certamente alla nascita e neanche in tutto il tempo della vita terrena in cui Gesù espletò il suo ministero, durante il quale non solo proclamò il Regno di Dio e le tante manifestazioni miracolosi che Egli compì nel guarire i tanti ammalati e liberare i tanti indemoniati, ma senza dubbio alla croce. Fu lì che avvenne la trasformazione, che si determinò una nuova condizione nella vita-natura del Figlio di Dio. Se consideriamo attentamente tutto il tempo della crocifissione di Gesù, da quello che ci dicono gli evangelisti, si sa con precisione che la crocifissione cominciò alle 9 del mattino (l’ora terza (Marco 15:25). All’ora sesta = mezzogiorno, cioè alle 12, si fece buio su tutto il paese fino all’ora nona = le 3 pomeridiane.
All’ora nona, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lammà sabactanì?». Che, tradotto vuol dire: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Marco 15:33,34).

Luca dice che Gesù, gridando con gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito. E detto questo, rese lo spirito (Luca 23:46); mentre Giovanni, dal canto suo si limita a riferire che prima che Gesù morisse, disse: «È compiuto». E, chinato il capo, rese lo spirito (Giovanni 19:30). Davanti alla precisazione che fanno gli evangelisti, si può dire con certezza che Gesù morì sulla croce, alle tre pomeridiane. Tutto il tempo della crocifissione, dunque, durò appena sei ore.

La cosa che a noi interessa maggiormente, ai fini di conoscere il tempo quando Dio fece diventare peccato Gesù, è il grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato»? Che le parole di Gesù debbono essere interpretate nel senso realistico, cioè una vera e netta separazione tra Lui e il Padre, se non si vogliono travisare le Sue parole e farlo apparire come uno che non stesse dicendo la verità. Questo naturalmente non è possibile, quando soprattutto si tengono presente le stesse parole di Gesù:

Io sono la via, la verità e la vita (Giovanni 14:6); sono venuto nel mondo; per rendere testimonianza alla verità (Giovanni 18:37).

Che testimonianza Egli avrebbe potuto rendere alla verità (che poi Lui stesso è la verità), se in quel grido che Gesù fece, non stava dicendo il vero? Accettando per verità assoluta che quando il Cristo parlava (anche per le parole del grido) erano sempre verità, non c’è un’altra conclusione logica e coerente: un attimo prima della sua morte, Gesù avverte in sé, qualcosa che non aveva mai avvenuto tra Lui e il Padre: una netta e recisa separazione.

Sì, è vero che, le parole: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato, erano l’adempimento letterale di quello che Davide aveva detto nel Salmo 22:1, profeticamente parlando, ma in quel particolare momento, assumevano un significato e una coloritura tutta particolare: rappresentavano infatti, la prova più eloquente del fatto che il Padre aveva abbandonato il Figlio, in senso reale e non fittizio. È stato proprio in quel momento, secondo noi, che Il Padre faceva diventare il Figlio peccato, cioè trasformando la sua natura e determinando una nuova condizione, cioè, non quella di ‘peccatore’, ma bensì quella di peccato.

Non ci sono parole nel linguaggio umano che possono descrivere adeguatamente cosa ha provato Gesù quando il Padre lo ha fatto diventare peccato, Lui che non aveva mai conosciuto peccato! Solo nell’eternità, quando non avremo limitazione di conoscenza, intorno ai grandi misteri (e l’essere fatto peccato del Figlio di Dio, è uno di quelli), sapremo dalla bocca di Gesù, cosa provò Egli quando in Lui si determinò quella nuova condizione.

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09/12/2010 12:06

4. LA CONSEGUENZA DEL “DIVENTARE PECCATO”

Una volta che alla croce Gesù Cristo diventò peccato, il trattamento riservatogli dal Padre, doveva essere adeguato alla nuova condizione in cui si trovava. Abbiamo detto che Cristo non diventò peccato in maniera fittizia, ma reale; ragione per cui, non poteva essere trattato benevolmente come il prediletto Figlio, ma doveva essere trattato come un essere che personificava il peccato, non di una sola persona, ma di tutta l’umanità.

Ha perfettamente ragione G. Ricciotti, quando scrive:

«(Iddio) rese il Cristo peccato, che è il contrapposto al seguente diventassimo giustizia. Perciò, a rigore, peccato non significa qui vittima del peccato (questo potrà essere un significato conseguente), ma indica piuttosto la condizione giuridica di chi ha commesso il peccato» [Cifr. G. Ricciotti, Gli atti degli apostoli e le lettere di S. Paolo, pag. 428].

A questo punto è anche molto importante considerare un altro testo di Paolo:
Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione per noi (poiché sta scritto: «Maledetto chiunque è appeso al legno (Galalati 3:13)
Tenendo presente questo concetto teologico, l’abbandono del Padre, rappresentava l’inizio e la prima conseguenza del trattamento legale di Dio nei confronti di Gesù diventato peccato. Qualcuno della chiesa, dopo avermi sentito predicare su questo soggetto, mi ha detto: «Il Padre ha dovuto chiudere gli occhi per fare quello che fece». Ed io aggiunsi: «Non ha dovuto chiudere solamente gli occhi, ha dovuto anche serrare i denti».
Assumendo questa nuova condizione, Gesù doveva subire un tremendo castigo su di sé: Il castigo dell’ardente ira di Dio. La giustizia di Dio esigeva una severa punizione sul peccato. Il profeta Isaia, profetizzando sulle sofferenze del servo dell’Eterno, figura del Messia, Gesù Cristo, aveva predetto che l’Eterno in persona lo avrebbe percosso (Isaia 53:10). La N. Riveduta ha tradotto “stroncare”; G. Luzzi e G. Diodati “fiaccare”; la CEI e Marietti “prostrato”; mentre A. Martini “consumarlo”. Le versioni Inglesi si sono dichiarati alcuni per “Bruise” = contusione, ammaccatura, percuotere, frantumare e “crush” = pigiatura; schiacciamento; oppressione. Schiacciare, far scricchiolare, frantumare; gualcire; reprimere. Più tardi l’apostolo Paolo scriverà che Dio non ha risparmiato il suo proprio Figlio (Romani 8:32).
Le parole del profeta e quelle di Paolo, non sono parole comuni, e neanche sono espressioni verbali solo per riempire lo spazio di una pagina; sono piuttosto parole forti che ci parlano chiaramente del trattamento che Gesù subì alla croce, in conseguenza di essere diventato peccato. Dal momento che l’ira divina si era abbattuta con la sua violenza sulla vita di Gesù, e che la giustizia di Dio era stata soddisfatta in pieno, ora Dio, può riconciliale il mondo a sé in Cristo, non imputando agli uomini i loro falli o come dice la N. Riveduta “le loro colpe” (2 Corinzi 5:19) e giustificare l’empio, cioè dichiararlo giusto, (Rom. 4:5), che è più del semplice perdono. Ecco, la manifestazione del grande amore di Dio, che mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Rom. 5:8).

Ritornando alla morte di Gesù, qualcuno ha detto che Cristo non morì dissanguato; morì invece di crepacuore. Noi invece, pensando alla brevità in cui Cristo rimase vivo sulla croce, e, soppesando la tremenda realtà dell’ira divina che si è abbattuta su di Lui, con tutta la sua violenza, in conseguenza del fatto di essere diventato peccato, crediamo fermamente che Egli, non potendo resistere a lungo a quella tremenda percossa, cessò di vivere. Cristo non muore in croce come Figlio di Dio che non ha conosciuto peccato, ma come Colui che è diventato peccato, affinché noi peccatori, diventassimo giustizia di Dio in Lui. Gloria e onore per sempre, nei secoli dei secoli, siano resi a Gesù Cristo, per non essersi opposto quando Dio-Padre lo fece diventare peccato. Siano resi gloria e onore al Padre e allo Spirito Santo, per avere il primo compiuta un’opera di trasformazione nella vita-natura di Gesù e il secondo per avergli dato forza di sopportare la tremenda percossa dell’ira divina.

Tutto quello che abbiamo scritto in questa nostra riflessione, mira unicamente ad affermare e a mettere nel contempo in evidenza che, l’opera di redenzione e di riconciliazione dell’intera umanità, è stata l’opera del Padre, del Figlio e dello spirito Santo. Amen!
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10/12/2010 22:37

Domenico34, 08/12/2010 12.03:

Il testo di 2 Corinzi 5:21, non dice Dio fece “apparire” davanti a sé Gesù come peccato, (come se si trattasse di una pura messa in scena, priva di una reale realtà), ma lo fece diventare peccato, cioè effettuò una reale trasformazione nella sua vita, talché in Gesù venne a determinarsi una nuova condizione. Naturalmente, questo venire a essere, a farsi, — quello che prima non era mai stato nella vita del Figlio di Dio — non avvenne sul piano esterno della vita del Cristo, ma su quello interno, cioè nella sua natura. Quando si parla della natura di Gesù, che è quella di Dio fatto carne, di Colui che non conosce peccato, e lì che sta la difficoltà di capire quello che l’apostolo vuole dire; è su quel lato dell’argomento che bisogna pensare, per potere meglio capire tutta la portata teologica che ha l’affermazione di Paolo.


Ho letto tutto con interesse caro Domenico, ma ovviamente posso arrivare fino ad un certo punto in termini di comprensione; verrebbe di fare qualche domanda, ma al momento rimando, la stanchezza si fà largo, vedrò se riesco domani

Pace Roberto [SM=g6818]
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12/12/2010 00:21

Domenico34, 08/12/2010 12.03:

Il testo di 2 Corinzi 5:21, non dice Dio fece “apparire” davanti a sé Gesù come peccato, (come se si trattasse di una pura messa in scena, priva di una reale realtà), ma lo fece diventare peccato, cioè effettuò una reale trasformazione nella sua vita, talché in Gesù venne a determinarsi una nuova condizione. Naturalmente, questo venire a essere, a farsi, — quello che prima non era mai stato nella vita del Figlio di Dio — non avvenne sul piano esterno della vita del Cristo, ma su quello interno, cioè nella sua natura. Quando si parla della natura di Gesù, che è quella di Dio fatto carne, di Colui che non conosce peccato, e lì che sta la difficoltà di capire quello che l’apostolo vuole dire; è su quel lato dell’argomento che bisogna pensare, per potere meglio capire tutta la portata teologica che ha l’affermazione di Paolo.


Intanto riporto il quote sopra..

Dunque, io non mi sono mai soffermato a quanto andrò a scrivere tra un pò, non sò perchè, forse perchè già intravedevo la difficoltà (o il mio limite) nel comprendere quello che adesso andrò a scrivere, e quello che andrò a scrivere sono tutte domande, anche se non c'è il punto interrogativo

Aridunque, Gesù è stato concepito nel corpo di Maria, Maria discende da Adamo, e noi possiamo leggere

"Perciò, siccome per mezzo d’un sol uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato v’è entrata la morte, e in questo modo la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato…" Romani 5:12

dunque anche Maria era soggetta a quella natura ribelle che si trasmette 'di essere umano in essere umano', nessuno escluso.

Ora però si tatta si capire se Maria è servita per dare la forma umana a Gesù con i suoi limiti (5 sensi, essere in un posto alla volta, spostarsi ad una velocità consentità dal corpo, stanchezza fisica, etc) ma che però non fu trasmessa la natura ribelle 'umana' a causa dell'opera di concepimento dello Spirito Santo; se così è, è proprio per questo che Gesù non peccò? Presumo che sia così

Inizialmente avrei voluto scrivere altro, ma poi nel formulare lo scritto mi sono reso conto di essere andato a scrivere quello che non pensavo, e all'inizio la mia 'idea' era che Gesù da Maria avesse acquisito la natura umana 'ribelle' (e questo me lo faceva vedere come 'vero uomo') ma che non era schiavo a questa natura a causa dell'opera dello Spirito Santo che li aveva conferito le Sue virtù (e questo me lo faceva vedere come 'vero Dio'), era su questo che volevo andare a fare chiarezza, ma è meglio che almeno per ora non aggiungo altro, liberi però, chi vorrà, di aggiungere del proprio.

Un'altro punto è quello che Gesù "..è stato fatto peccato.."; e si è parlato di un 'divenire' peccato, riferendoci ad una 'natura' (vedere il grassettato in quote n.d.r il grassettato l'ho fatto io appositamente), verrebbe spontaneamente da chiedersi: "Ma allora Gesù ha peccato?" eppure sappiamo di no, ma se è stato detto che la Sua natura divenne 'peccato', viene di pensare che Lui stesso era peccato, eppure sappiamo che non peccò, è su questo punto che qualcosa mi sfugge; certo, io di mio su due piedi potrei dire che Gesù nella natura 'umana' divenne peccato, ma non peccò perchè la 'virtù' dello Spirito Santo era in Lui.

Mi fermo qui

Pace [SM=g6818]
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13/12/2010 00:22



Ora però si tatta si capire se Maria è servita per dare la forma umana a Gesù con i suoi limiti (5 sensi, essere in un posto alla volta, spostarsi ad una velocità consentità dal corpo, stanchezza fisica, etc) ma che però non fu trasmessa la natura ribelle 'umana' a causa dell'opera di concepimento dello Spirito Santo; se così è, è proprio per questo che Gesù non peccò? Presumo che sia così



Per quanto riguardava Maria, visto che lei era un membro della famiglia umana, nel senso che era una vera discendente di Adamo, la natura “ribelle” che Adamo trasmise ai posteri, includeva anche Maria. La natura umana che Gesù aveva, gli veniva da quella di sua madre. Il fatto però che Gesù, era anche Dio, cioè aveva anche la natura divina, visto che era stato lo Spirito Santo a generarlo nel seno di Maria, questa natura divina, non solo lo preservava dal peccato, ma neanche poteva peccare.


se così è, è proprio per questo che Gesù non peccò? Presumo che sia così.



Esattamente!



all'inizio la mia 'idea' era che Gesù da Maria avesse acquisito la natura umana 'ribelle' (e questo me lo faceva vedere come 'vero uomo')



La natura umana “ribelle” che Maria aveva, perché figlia di Adamo, non poteva trasmetterla a Gesù, perché Egli non era figlio di Adamo, bensì Figlio di Dio. La natura peccaminosa di Adamo, non poteva oltrepassare la natura umana e colpire quella divina, quale Gesù possedeva. Questo però non vuol affermare che a Gesù gli manca qualcosa per essere un vero uomo. Egli era un vero uomo, nel senso che la sua umanità non era fittizia ma reale. Infatti, i segni che vediamo in Lui di stanchezza, di sonno, di fame, di angoscia, sono caratteristiche della vera umanità.



Un'altro punto è quello che Gesù "..è stato fatto peccato.."; e si è parlato di un 'divenire' peccato, riferendoci ad una 'natura' (vedere il grassettato in quote n.d.r il grassettato l'ho fatto io appositamente), verrebbe spontaneamente da chiedersi: "Ma allora Gesù ha peccato?" eppure sappiamo di no, ma se è stato detto che la Sua natura divenne 'peccato', viene di pensare che Lui stesso era peccato, eppure sappiamo che non peccò, è su questo punto che qualcosa mi sfugge; certo, io di mio su due piedi potrei dire che Gesù nella natura 'umana' divenne peccato, ma non peccò perchè la 'virtù' dello Spirito Santo era in Lui.



Nella mia esposizione ho precisato che Gesù “è stato fatto diventare peccato”, alla croce, cioè un attimo prima della sua morte. Infatti, l’ora “nona”, è esattamente l’orario in cui Gesù spirò. Fu a quell’ora che Gesù gridò: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”. L’abbandono del Padre avvenne, nel preciso istante in cui Gesù veniva fatto “diventare peccato”. Fu proprio in quel momento che si verificò una netta separazione tra Gesù e il Padre. Questo però non significa che Gesù, con quel suo “gridare”, compia un’azione peccaminosa. Esternamente Gesù era rimasto, né più né meno nella sua umanità, esattamente com'era, quando cominciò la crocifissione. Quindi, il cambiamento non avvenne nella sua natura umana, (visto che Gesù fino alla morte, non fece nessun peccato) bensì nella sua natura divina. Nella sua natura umana, Gesù non poteva avvertire una netta separazione tra Lui e il Padre, perché non era in virtù della sua umanità che Egli comunicava con Suo Padre, ma mediante la sua divinità. Infatti, quando Gesù fu fatto diventare peccato, nel grido che Egli emanò, non usa il termine “Padre”, ma “Dio”. Nel giardino del Getsemane, Gesù nella sua angoscia, chiama Dio “Padre”, (perché ancora non c’era stato nessun cambiamento), mentre sulla croce, nel momento che Egli grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”, Gesù è stato fatto diventare, non un peccatore, ma peccato. È in quel momento che si abbatte su Gesù uomo l’ira punitiva di Dio sul peccato, e non sul peccatore.
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13/12/2010 09:57

Re:
Pace
Domenico34, 13.12.2010 00:22:



Ora però si tatta si capire se Maria è servita per dare la forma umana a Gesù con i suoi limiti (5 sensi, essere in un posto alla volta, spostarsi ad una velocità consentità dal corpo, stanchezza fisica, etc) ma che però non fu trasmessa la natura ribelle 'umana' a causa dell'opera di concepimento dello Spirito Santo; se così è, è proprio per questo che Gesù non peccò? Presumo che sia così



Per quanto riguardava Maria, visto che lei era un membro della famiglia umana, nel senso che era una vera discendente di Adamo, la natura “ribelle” che Adamo trasmise ai posteri, includeva anche Maria. La natura umana che Gesù aveva, gli veniva da quella di sua madre. Il fatto però che Gesù, era anche Dio, cioè aveva anche la natura divina, visto che era stato lo Spirito Santo a generarlo nel seno di Maria, questa natura divina, non solo lo preservava dal peccato, ma neanche poteva peccare.


se così è, è proprio per questo che Gesù non peccò? Presumo che sia così.



Esattamente!


Devo ammettere che leggendo i Post di Domenico, non ci avevo fatto caso, ma dalle risposte che Domenico dà a Roberto, mi sorgono delle perplessità.

Certamente è un'argomento complicato e di non facile comprensione per la mente (e la natura) umana, però ho l'impressione che cercando di "spiegarlo", si corra il rischio di scendere a compromessi e inciampare in contraddizioni.

Trovo alquanto dubbia l'affermazione che Gesù non solo era preservato dal peccato, ma "neanche poteva peccare".
Un'affermazione del genere annulla la volontà del Gesù uomo, e la conseguente possibilità di scegliere di fare tutta la Volontà del Padre.

"Peccare" dopotutto, altro non è che il non ritrovarsi nella Volontà di Dio, il non fare la Volontà di Dio.
E come sappiamo, Gesù scelse di fare tutta la Volontà del Padre, e questo, non solo da uomo, ma anche da Dio. Infatti fu La Parola stessa che si è fatta carne, fu "Gesù" stesso che per adempiere la Volontà di Dio (di Sè stesso) "annichilì Sè stesso" e prese "forma di servo rendendosi simile agli uomini".
Filippesi 2
5 Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù; 6 il quale, essendo in forma di Dio non riputò rapina l'essere uguale a Dio, 7 ma annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini; 8 ed essendo trovato nell'esteriore come un uomo, abbassò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte della croce.

Da notare la formulazione: " prendendo forma di servo" e " divenendo simile agli uomini"
Dunque, in primo luogo Egli prese forma di servo, e poi divenne simile agli uomini. "....facendosi ubbidiente fino alla morte...".

L'Ubbidienza presuppone la "possibilità" della disubbidienza, tant'è vero che è scritto che "Egli imparò l'Ubbidienza", e l'imparò in quanto uomo, perchè in quanto Dio, questa non sarebbe più "Ubbidienza", ma Fedeltà alla propria parola, che è fra l'altro una delle caratteristiche fondamentali di Dio.
Ma Dio non è "ubbidiente a Sè stesso", ma è Fedele a Sè stesso e alla Sua parola.

Gesù Cristo Uomo dunque, dovette imparare l'ubbidienza, perchè era "soprattutto" servo, prima di "essere uomo".
Dire che Gesù "non poteva peccare" dunque, equivale ad annullare quel "imparò l'ubbidienza" e quel "facendosi ubbidiente fino alla morte", in quanto quel "non poteva peccare" vuol dire che non aveva altra scelta.

Eppure, la "scelta" ce l'aveva eccome.
Scelse infatti da Sè stesso di "prendere forma di servo"! ...e lo fece non perchè "ubbidiente" al Padre, ma perchè Fedele alla Sua Parola.
Scelse poi di "fare tutta la volontà del Padre", in quanto uomo! E questo lo vediamo soprattutto nel Getsemani, ma pure "nel deserto", quando Satana lo tentava. E se "non poteva peccare", che lo tentò a fare Satana?

La questione della "natura ribelle" dell'uomo dunque, non è da attribuire alla "disubbidienza", ma alla stessa "natura" dell'uomo, del "primo Adamo" in generale, anche dell'Adamo nel giardino.

Il "primo Adamo" infatti, non era "servo", e non "imparò" affatto l'ubbidienza, anzi, alla prima occasione, scelse di "emanciparsi" e "divenire simile a Dio", decidendo da e per sè stesso sul da farsi, prendendo insomma "le redini" sulla sua propria vita.

Il "secondo Adamo" invece, era "cosciente" della sua condizione di "servo", e questo lo rendeva "predisposto" per imparare l'ubbidienza, fare tutta la Volontà del Padre, e deporre la Sua intera vita nelle mani del Padre. Niente infatti nella e della vita di Gesù "apparteneva" a Sè stesso, ma tutto proveniva dal Padre ed era "diretto" al Padre.

In tutto questo naturalmente, era "aiutato" dal Padre.
Luca 2:40
E il bambino cresceva e si fortificava, essendo ripieno di sapienza; e la grazia di Dio era sopra di lui.
Non "il Suo Spirito" dunque, ma la grazia di Dio.
Lo Spirito di Dio infatti, scese su di Lui solamente al tempo del Battesimo. Da quel momento in poi, Egli fu "ripieno dello Spirito Santo". (Luca 4:1)

Lo Spirito Santo dunque, non lo preservava dal peccato, ma lo rendeva libero di fare la Volontà del Padre, e questo, dopo che Egli aveva imparato l'ubbidienza, rendendosi "gradito al Padre". (Luca 3:22)
Egli infatti, era cresciuto e si era fortificato, certamente nella conoscenza di Dio (e della Legge), era ripieno di sapienza e la grazia di Dio era sopra lui.
Luca 2:49
... Non sapevate ch'io dovea trovarmi nella casa del Padre mio?

La natura peccaminosa di Adamo, non poteva oltrepassare la natura umana e colpire quella divina, quale Gesù possedeva. Questo però non vuol affermare che a Gesù gli manca qualcosa per essere un vero uomo. Egli era un vero uomo, nel senso che la sua umanità non era fittizia ma reale. Infatti, i segni che vediamo in Lui di stanchezza, di sonno, di fame, di angoscia, sono caratteristiche della vera umanità.


Caro Domenico, secondo me ci sarebbe da "rivedere" il come intendiamo la "natura peccaminosa di Adamo".
Quei "segni" (stanchezza, sonno, sonno, fame, angoscia, etc...) secondo me non sono "segni di umanità", altrimenti, sarebbero stati presenti anche nell'Adamo del giardino, ma sappiamo che non è così. Eppure, Adamo era "vero uomo".
In questo senso dunque, Gesù (il secondo Adamo) fece quasi quasi "un passo indietro", e si ritrovò in una condizione che nemmeno Adamo conosceva, nel Giardino.
Adamo infatti, prima della disubbidienza, non "portava" questi "segni di umanità", eppure "peccò".

Gesù invece, pur essendo sottoposto alla "natura umana" (Adamo non era umano?) portando su di sè quei "segni" (frutto della disubbidienza?), non disubbidì mai, e rinunciando a sè stesso, fece tutta la Volontà del Padre.
E la preghiera nel Getsemani, ci mostra chiaramente che Egli non era "obbligato" ad ubbidire (non peccare), ma scelse: "Sia fatta la Tua Volontà".

Questo sentimento, questa attitudine, era assente, nel Giardino, nel primo Adamo.

Con tutto questo mio discorso, non voglio certo "sottovalutare" la natura divina di Gesù Uomo, ma cercare di "ri-stabilire" un certo equilibrio tra natura divina e natura umana, visto che quest'ultima sembrava essere compromessa fortemente da determinate affermazioni, almeno a mio parere.

(Roberto)

"Ma allora Gesù ha peccato?" eppure sappiamo di no, ma se è stato detto che la Sua natura divenne 'peccato', viene di pensare che Lui stesso era peccato, eppure sappiamo che non peccò, è su questo punto che qualcosa mi sfugge; certo, io di mio su due piedi potrei dire che Gesù nella natura 'umana' divenne peccato, ma non peccò perchè la 'virtù' dello Spirito Santo era in Lui.


Di certo, Gesù non ha peccato, però, Egli ha "preso su di sè" il peccato dell'uomo, e lo ha "portato alla Croce".

Secondo me, è il concetto di "peccato", che ci sfugge...
Sicuramente, io non sono nè in grado nè all'altezza di "spiegare" tutto questo, ma credo che il tutto si riduce ad una semplice parolina: Ubbidienza.
Può sembrare semplicistico, ma Gesù fino all'ultimo, fece tutta la Volontà del Padre.
Fino all'ultimo minuto infatti, Egli avrebbe potuto "salvare Sè stesso", pur essendo "uomo", e "scendere dalla Croce":
"Se tu sei il Re dei Giudei, salva te stesso!" (Luca 23:37)
"S'è confidato in Dio; lo liberi ora, s'Ei lo gradisce, poichè ha detto: Son Figliuol di Dio!" (Matteo 27:43)

Si potrebbe quasi dire, che fu questa "l'ultima tentazione" del Cristo, eppure, Gesù rimase sulla Croce, e continuò a confidare nel Padre e a fare la Sua Volontà, nell'ubbidienza.
E solo allora, "si fecero tenebre per tutto il paese...", ed Egli, fu "fatto peccato".
Attraverso la Sua ubbidienza dunque, Egli pagò per la disubbidienza degli uomini.
Egli ubbidì, e con questo pagò il prezzo della disubbidienza, la separazione da Dio sulla propria persona di uomo, sconfiggendo così la morte e il peccato (la disubbidienza), perchè in quanto Dio, la morte non avrebbe potuto trattenerlo, e in quanto uomo-Dio, avrebbe potuto "salvare sè stesso" e non morire affatto per una colpa non commessa: la disubbidienza degli uomini!

Naturalmente, questo non pretende di "spiegare" quel "è stato fatto peccato".

Scusate se sono stato un po' prolisso... [SM=g7986]

[Modificato da eliseo. 16/12/2010 12:58]
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13/12/2010 10:48

Re:

Nel giardino del Getsemane, Gesù nella sua angoscia, chiama Dio “Padre”, (perché ancora non c’era stato nessun cambiamento), mentre sulla croce, nel momento che Egli grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”, Gesù è stato fatto diventare, non un peccatore, ma peccato. È in quel momento che si abbatte su Gesù uomo l’ira punitiva di Dio sul peccato, e non sul peccatore.


Nei Vangeli, mi pare di rilevare che le ultime parole di Gesù furono:
"è compiuto" (Giov. 19:30)
"Padre, nelle Tue mani rimetto lo spirito mio. E detto questo spirò." (Luca 23:46)

E questo avvenne dopo che Gesù ebbe gridato: "Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?"; Cioè, dopo essere stato fatto peccato.
Infatti, Gesù non morì a causa dell'abbandono da parte del Padre, ma fu Egli stesso, che depose "il suo spirito", spirando. E lo fece chiamando Dio "Padre".

Come si chiarisce che dopo essere stato "abbandonato" in quanto "peccato", Gesù si rivolge al Padre, deponendo la Sua vita?
Nel senso che comunque, Gesù restava in comunione col Padre, e continuava ad avere potestà sulla propria vita.



[Modificato da eliseo. 13/12/2010 10:53]
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13/12/2010 20:39

Le due nature che Gesù aveva, quella divina e quella umana, (a parte che fu l’unico essere in tutto il creato ad averle) non erano state assunte per puro caso o per vera coincidenza. Per l’opera che Egli avrebbe dovuto compiere, erano necessarie, senza le quali non sarebbe stato possible portare a compimento l’opera di redenzione. Le due nature in questioni, benché differenti l’una dall’altra, erano insieme fuse da renderlo (usando un paragone che qualcuno ha portato, come un cavo che, nel suo interno aveva un filo d’acciaio e all’esterno rivestito di canapa) diverso da tutti gli esseri umani in tutto il creato.

L’umanità di Gesù era completa e perfetta, nel senso che non mancare niente. Inoltre, l’umanità di Gesù, era perfetta, per il semplice fatto che non era stata conteggiata dal peccato di Adamo. In questo senso, la Sua umanità, (unica in tutto l’universo), non può essere paragonata a quella di un qualsiasi essere umano. Se si dovesse paragonare l’umanità di Gesù, a quella di un comune uomo, cioè con la possibilità di commettere il peccato, se l’avesse voluto, Gesù non sarebbe stato la persona ideale per compiere l’opera di riscatto. Il Suo sacrificio espiatorio, avrebbe dovuto riguardare, prima d’ogni cosa, la Sua persona: togliere la contaminazione del peccato di Adamo dalla Sua vita, per poi pensare al riscatto dell’umanità.

Una simile idea, appare in netta contraddizione con il detto della Scrittura che, definisce Gesù: L’agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo (non quello di sé stesso) (Giovanni 1:29).

La piena “ubbidienza” di Gesù, al volere del Padre, e, l’avere "imparato" l’ubbidienza, non implica per Lui, la possibilità, se Egli voleva, di disubbidire alla volontà del Padre. Ragionare in questo modo, significa mettere alla pari l’umanità di Gesù con quella di un comune essere umano. Se si accetti che la Sua umanità non è stata conteggiata dal peccato di Adamo, rientra nella logica pensare che in Gesù, uomo-Dio, non ci sia nessuna possibilità di peccare. D’altra parte, Paolo è molto preciso nell’affermare: Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui (2Corinzi 5:21).

Se Gesù non ha “conosciuto peccato”, (e questo riguarda la Sua vita umana vissuta sulla terra, ed è un punto fermo della teologia della persona e dell’opera che Egli compì) questo significa che nella Sua umanità, non c’era la minima possibilità di peccare. Inoltre, pensare alla possibilità di peccare, (se Gesù l’avesse voluto), per provare la Sua vera umanità, significa paragonarlo ad un comune peccatore. Questo tipo di ragionamento è assurdo e blasfemo.

L’abbandono del Padre sulla croce, avvenne nel momento che Gesù fu “fatto diventare peccato”. In quel preciso momento, Gesù personificava “il peccato”, allo scopo di salvare il peccatore. Nessun essere umano avrebbe potuto sopportare su di sé, il tremendo giudizio di Dio sul peccato; se Gesù è stato capace di affrontarlo fino al momento in cui pronunciò tutto è compiuto, Gli veniva dal fatto che Egli, con la piena accettazione della volontà divina nella Sua vita, per la nuova situazione che si era determinata in sé, per l’esplicita volontà del Padre, portava a compimento la Sua missione per la redenzione del genere umano.
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14/12/2010 00:30

Scusate se intervengo senza aver letto prima quanto scritto da Eliseo e poi da Domenico dopo di lui, appena scritta questa mia 'solo e semplice supposizione' andrò a leggere i vari interventi (sperando di non essere interrotto.. [SM=g27990] )

Dunque ..[SM=g8192]..

Se Gesù avesse acquisito da Maria la natura 'ribelle' dell'uomo (oltre che il corpo) come avrebbe potuto Gesù non peccare visto che Paolo dice:

Romani 7: "15 Perché io non approvo quello che faccio; poiché non faccio quel che voglio, ma faccio quello che odio....17 e allora non son più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me. 18 Difatti, io so che in me, vale a dire nella mia carne, non abita alcun bene; poiché ben trovasi in me il volere, ma il modo di compiere il bene, no."

Mi sembra di capire che la natura ribelle prevale sulla volontà ..............anche se..............

potremmo aggiungere del Cristo che è detto di essere il 2° Adamo, ed Adamo era libero di scegliere, anche Gesù sarebbe stato libero di scegliere se avesse avuto una natura ribelle?

In Romani 5:19 è scritto: "Poiché, siccome per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’ubbidienza d’un solo, i molti saran costituiti giusti."

Una possibile 'conclusione' potrebbe essere che Gesù è nato con una natura ribelle ma che per virtù dello Spirito Santo è nato in una condizione dove, come Adamo, era libero di scegliere ... un pò come il 'nato di nuovo' per intenderci

In questo modo si possono comprendere anche le parole

Ebrei 4:15 " Perché non abbiamo un Sommo Sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre infermità; ma ne abbiamo uno che in ogni cosa è stato tentato come noi, però senza peccare."

Ebrei 2:18 "Poiché, in quanto egli stesso ha sofferto essendo tentato, può soccorrere quelli che son tentati."


Gesù è stato tentato, ma senza peccare, ma come si è tentati?...dalla propria concupiscenza...!!

Giacomo 1:12-13 "13 Nessuno, quand’è tentato, dica: Io son tentato da Dio; perché Dio non può esser tentato dal male, né Egli stesso tenta alcuno; 14 ma ognuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo adesca."

Diciamo che per adesso mi fermo qui, raccimolo un pò le idee, poi vedrò se è il caso di aggiungere altro [SM=g6818]
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14/12/2010 11:32

Re:
Con tutto il rispetto, caro Domenico, devo dire che resto ogni volta stupito, considerando come nonostante tutti gli sforzi e i sacrifici per acquistare conoscenza e sapienza attraverso gli studi, alla fine ci si ritrovi a sostenere certe posizioni e ad affermare determinate "verità".
Anche se devo ammettere, che lo stupore si mantiene nei limiti ....del prevedibile.
Domenico34, 13.12.2010 20:39:

Inoltre, pensare alla possibilità di peccare, (se Gesù l’avesse voluto), per provare la Sua vera umanità, significa paragonarlo ad un comune peccatore. Questo tipo di ragionamento è assurdo e blasfemo.


Caro Domenico, già considerando solo i 2 versi citati da Roberto (Ebrei), diventa palese quali siano i ragionamenti assurdi e blasfemi.
Anche se io personalmente non avrei usato termini così "pesanti". Ma sei tu a farlo, e questo, per sostenere che Gesù non era un uomo come tutti gli altri.

Il nostro "esempio perfetto" così, diventa per noi un qualcosa di irraggiungibile, e che in fondo, non ha nulla a che fare con noi e la nostra natura.
Se con Paolo una certa affermazione ha causato una levata di scudi, trattandosi di Gesù, possiamo certamente dire: "Certo, Gesù era Gesù, ma noi chi siamo?"

Da esempio perfetto, lo abbiamo trasformato in un alibi perfetto.

Che cosa, chi è un "comune peccatore"?

Giobbe 25:4
Come può dunque l'uomo essere giusto davanti a Dio?
Come può essere puro il nato di donna?


Cos'è che distingue i "nati di donna" e il Gesù nato di donna?

È il seme, mio caro Domenico, il seme. E nient'altro.

Davide, era "tutto quanto nato nel peccato", e non perchè lui, sua madre o suo padre avessero commesso chissà quale abominio, ma semplicemente perché nati da seme corruttibile, ignobile, debole. Polvere, fango, insomma.

Gesù il Cristo, non portava questa "matrice".
Egli, non è stato generato dal seme d'Adamo. Egli, non è stato tratto dalla polvere, ma è stato generato da Dio, dallo Spirito di Dio.

Si ama spesso dire, magari forse "ripetere a pappagallo", che il peccato non è un "fattore genetico", magari perchè riconoscere questo, sarebbe la più grande sconfitta per l'uomo, e gli toglierebbe definitivamente ogni speranza di "autoredenzione".
Si ritroverebbe nudo, sconfitto, costretto all'arresa, ...oppure ad una "cosciente" autodistruzione.
Ma questo è un'altro discorso....

Tornando a Gesù e al suo essere "nato di donna" dunque, l'unica differenza con gli altri "comuni peccatori", altro non è che il seme con il quale è stato seminato.

Il Gesù nato da Maria dunque, "non ha conosciuto peccato", perchè non è stato "generato nel peccato" (che non è "il sesso"), non è stato seminato da un seme corruttibile, ma è nato da Dio.

Ora, possiamo noi o no, identificarci nel Cristo, se siamo veramente nati da Dio?

Quale ruolo gioca in noi, "il corpo", o quel "seme corruttibile" che ci ha un tempo "generati"?
Esattamente "il ruolo" che vogliamo fargli giocare!

Noi infatti, ci riempiamo la bocca con parole (e versetti) come "lo Spirito di Dio è libertà", "lo Spirito ci rende liberi", "noi siamo Liberi!", ...in Cristo, s'intende...
E a pensarci bene, non abbiamo nemmeno la più pallida idea, di che cosa voglia dire essere ripieni dello Spirito di Dio.

Gesù il Cristo però, al contrario di noi, era ripieno dello Spirito di Dio, e dunque, era veramente LIBERO ... di non peccare, come spesso ripetiamo, forse, sempre "a pappagallo", in quanto alla fine, invece di "confidare" sul seme (della Parola) nel quale siamo stati RI-generati, ci culliamo volontariamente e intenzionalmente col fatto che siamo "uomini", e in fondo, "non proprio" come Gesù!
Gesù si che era "fortunato", Egli non poteva peccare, nemmeno se "avesse voluto"! Ma noi invece, seppure siamo nati da Dio, quasi non abbiamo altra scelta o possibilità. Lo "dice" anche Paolo, dopotutto: "quello che non voglio lo faccio, quello che voglio no!" ....e il mondo continua a girare, e tutto è in ordine, e soprattutto, tutto resta tale e quale com'era prima.

Che quel Gesù "superuomo" poi, preferiva sudare sangue piuttosto che cedere alla tentazione e disubbidire, ...per questo magari, abbiamo parata magari una lunga e complicata "spiegazione esegetica", che alla fine, ci distrae al punto che non sappiamo più di cosa stavamo parlando, o cosa stavamo "studiando"....

Ah..., era del Gesù che sudava sangue, nel Getsemani, pur di fare la Volontà del Padre, che stavamo parlando.

Dunque, non solo Gesù "non ha conosciuto peccato" perchè seminato da un seme incorruttibile (nato da Dio), ma pure perchè durante tutta la sua vita, preferiva "sudare sangue", piuttosto che cedere alle tentazioni, che erano tali e quali alle nostre, di tentazioni.

A volte mi chiedo, quanto seriamente prendiamo le Scritture, quanto veramente crediamo ciò che è scritto, e ciò che "predichiamo", fra l'altro...

Scusate se il tono può sembrare un po' duro, magari "non compatibile con lo spirito del Forum", ma onestamente, proprio mi chiedo dov'è che dovrebbero portare, certe "verità teologiche" studiate a tavolino...
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14/12/2010 13:37

Sono andato a leggere i due posts che non avevo ancora letto, non ho capito bene però quanto riporto in quote qui sotto:

eliseo., 13/12/2010 9.57:

In tutto questo naturalmente, era "aiutato" dal Padre.
Luca 2:40
E il bambino cresceva e si fortificava, essendo ripieno di sapienza; e la grazia di Dio era sopra di lui.
Non "il Suo Spirito" dunque, ma la grazia di Dio.
Lo Spirito di Dio infatti, scese su di Lui solamente al tempo del Battesimo. Da quel momento in poi, Egli fu "ripieno dello Spirito Santo". (Luca 4:1)

Lo Spirito Santo dunque, non lo preservava dal peccato, ma lo rendeva libero di fare la Volontà del Padre, e questo, dopo che Egli aveva imparato l'ubbidienza, rendendosi "gradito al Padre". (Luca 3:22)


Quello che non mi è del tutto chiaro è questo che leggo: 'lo Spirito Santo rendeva libero Gesù di fare la Volontà del Padre', però noi sappiamo che Gesù la Volontà del Padre l'ha sempre fatta, anche prima di ricevere lo Spirito Santo al battesimo, che libertà aveva bisogno Gesù di avere se già il Padre lo serviva?

Forse mi sfugge qualcosa o non ho capito il senso di ciò che si voleva dire [SM=g8080]
[Modificato da Info. 14/12/2010 14:17]
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14/12/2010 14:05

@Domenico

Domenico, solo per capire meglio...

Mi sembra che tu hai di Gesù una figura umana 'perfetta' nel senso di incontaminata 'in tutti i sensi' (anche nella natura umana) e citi anche il verso che conosciamo

"Colui che non ha conosciuto peccato, Egli l’ha fatto esser peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui." 2°Corinzi 5:21

ma la perfezione non stà proprio nel fatto che avendo la libertà di peccare o meno, Gesù si sia astenuto contrariamente a quanto hanno fatto Adamo ed Eva?

perfetta ubbidienza
perfetta sottomissione

mi viene di pensare che se Gesù non avesse la natura di Maria non sarebbe mai morto, sarebbe stato come immortale anche come uomo, però questo lo discosta ancora di più dal 'vero uomo'

Stò scrivendo queste cose perchè si è accennato a Colui che doveva sacrificarsi, ma che a me è sembrato che si dica che questo che doveva sacrificarsi (Gesù) doveva essere di una perfezione 'assoluta'

Gesù a me pare che era perfetto proprio per il fatto che non venne mai meno, e per questo era 'giusto', 'il giusto', e questo lo rendeva idoneo per il sacrificio; tutto quello che Gesù pensava, desiderava, diceva, faceva...era tutto secondo la Volontà del Padre...perfetto! insomma

Voglio dire che secondo me il fatto che abbia preso la natura di Maria non rende inefficace o da meno la Sua 'perfezione' ma che anzi ha superato la prova vestendo quei 'panni*' che il primo uomo (Adamo) indossava; e dunque idoneo anche per il sacrificio, un sacrificio perfetto perchè Gesù lo era in ogni cosa


* = intendo dire: quella stessa libertà

***


ps Mi viene una domanda (spero di formularla bene): non pensate che Gesù doveva farsi carico della natura umana (ribelle a Dio) appunto perchè è rivestendosi di questa stessa natura ma camminando 'secondo Dio' e portandola fino alla croce che avrebbe dovuto 'riscattare' l'uomo, cioè che era questo che rientrava nel piano di Dio e che ora in Cristo ci rende 'giusti'?
[Modificato da Info. 14/12/2010 14:17]
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14/12/2010 14:29



eliseo., 13/12/2010 9.57:
In tutto questo naturalmente, era "aiutato" dal Padre.
Luca 2:40
E il bambino cresceva e si fortificava, essendo ripieno di sapienza; e la grazia di Dio era sopra di lui.
Non "il Suo Spirito" dunque, ma la grazia di Dio.
Lo Spirito di Dio infatti, scese su di Lui solamente al tempo del Battesimo. Da quel momento in poi, Egli fu "ripieno dello Spirito Santo". (Luca 4:1)

Lo Spirito Santo dunque, non lo preservava dal peccato, ma lo rendeva libero di fare la Volontà del Padre, e questo, dopo che Egli aveva imparato l'ubbidienza, rendendosi "gradito al Padre". (Luca 3:22)

Quello che non mi è del tutto chiaro è questo che leggo: 'lo Spirito Santo rendeva libero Gesù di fare la Volontà del Padre', però noi sappiamo che Gesù la Volontà del Padre l'ha sempre fatta, anche prima di ricevere lo Spirito Santo al battesimo, che libertà aveva bisogno Gesù di avere se già il Padre lo serviva?

Forse mi sfugge qualcosa o non ho capito il senso di ciò che si voleva dire



Quando si cita la discesa dello Spirito Santo su Gesù, al suo battesimo, per affermare che in quel giorno (e non prima) Gesù fu ripieno dello Spirito Santo, si dimentica un particolare come riferimento a quell’avvenimento. L’evangelista Giovanni precisa, riportando la testimonianza del Battista:

Questi è colui del quale dicevo: "Dopo di me viene un uomo che mi ha preceduto, perché egli era prima di me".
Io non lo conoscevo; ma appunto perché egli sia manifestato a Israele, io sono venuto a battezzare in acqua».
Giovanni rese testimonianza, dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere dal cielo come una colomba e fermarsi su di lui.
Io non lo conoscevo, ma colui che mi ha mandato a battezzare con acqua, mi ha detto: "Colui sul quale vedrai lo Spirito scendere e fermarsi, è quello che battezza con lo Spirito Santo".
E io ho veduto e ho attestato che questi è il Figlio di Dio»
(Giovanni 1:30-34).

Davanti alla specificazione che ha fatto il testo citato, la discesa dello Spirito Santo su Geù, nel giorno in cui venne battezzato, aveva lo scopo di far conoscere al Battista, chi sarebbe stato il Figlio di Dio, tra i tanti che arrivarono al suo battesimo. Dopo che Giovanni vide che lo Spirito Santo era disceso su Gesù, in forma di colomba, egli ebbe la conferma che, quel personaggio che aveva da poco battezzato, non era un uomo qualsiasi: era appunto di Figlio di Dio. Il “segno” che gli fosse stato dato da chi gli aveva affidato la missione (cioè Dio) si era letteralmente verificato. Quindi, la discesa dello Spirito Santo su Gesù, non era per “riempirlo di Spirito”, o come qualche altro ha affermato che Gesù, nel giorno del suo battesimo, fu battezzato nello Spirito Santo, (perché Egli era stato concepito dallo Spirito Santo), ma per dare la conoscenza al Battista.

Se il passo in questione si valutasse in questo modo, una diversa argomentazione che non tenga presente questo elemento, non è spiegazione della verità, è semplicemente fraintendere la verità.
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14/12/2010 14:35

In breve chiarirò quello che dice Eliseo e quello che dice Roberto.
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