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Domenico34 - 1 Pierto 3:18-20 - Esegesi di 1 Pietro

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2010 04:07
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Sesso: Maschile
01/12/2010 12:30


Apocalisse 1:17,18:
«... Non temere! Io sono il primo e l'ultimo, e il vivente; io fui morto, ma ecco sono vivente per i secoli dei secoli, amen; e ho le chiavi della morte e dell'Ades».

Per quanto riguarda il testo di 1 Pietro 3:19, si è cercato di sapere che cosa significa fulaké [Per il concetto di fulaké, cfr. G. Bertram, in GLNT, Vol. XV, col. 187-194] dove Cristo andò. Per Calvino si tratta di un «luogo d'osservazione in cui stanno i pii per scorgere la salvezza, o anche se si traduce fulaké con `carcere’, la legge che circonda come un carcere i credenti». Invece, S. Agostino dà a fulaké un senso spirituale: «animae, quae tunc erant in carne atque ignorantiae tenebris velut carcere claudebantur».

Secondo K. Gschwind, dato che il soggiorno degli spiriti non si trova nel mondo sotterraneo, va ricercato nei cieli che si sovrastano l'un l'altro. Secondo G. Bertram, fulaké, nel passo di 1 Pietro 3:19, «ricorre nel significato di prigione quale luogo di custodia degli spiriti segregati» [Cfr. G. Bertram, GLNT, Vol. XV, col. 194]; mentre secondo K. H. Schelkle si tratti «prigione di punizione per una disobbedienza caparbia» [Cfr. K. H. Schelkle, Le lettere di Pietro la lettera di Giuda, pag. 182]. Infine, per G. Friedrich, «è probabile che fulaké indichi uno speciale carcere nell'Ade» [Cfr. G. Friedrich, GLNT, Vol. V, col. 453].

È bene ricordare a questo punto che una cosa è parlare della discesa di Cristo nel soggiorno dei morti, conosciuta da tutti come l'Ades, e usare i summenzionati testi, e fare tutte le relative riflessioni, ivi compresa la parte riguardante i giusti dell'A.T. e un'altra cosa è parlare dell'andata di Cristo "agli spiriti che erano in carcere", dei quali ci stiamo occupando e dei quali 1 Pietro 3:19 parla. Considerando la dovuta specificità che Pietro ne fa, non è fuori logica accogliere quello che G. Friedrich suggerisce circa la «probabilità di una sezione speciale di carcere nell'Ade».

Siccome il nostro scopo non è di parlare della discesa di Cristo nel soggiorno dei morti, perché il testo di 1 Pietro 3:19 non è il passo ideale per parlarne, e dato che il summenzionato testo sta in stretta relazione con i tempi della predicazione di Noè, e siccome ci siamo proposti di esaminare quel periodo, e dato che 1 Pietro 3:19 si riferisce specificatamente a quel tempo, ne parliamo, non solo per valutare la portata della missione che Noè svolse, ma soprattutto per sapere come deve essere inquadrata e valutata l'andata di Gesù a quegli spiriti carcerati.

La parte che maggiormente gioca un ruolo determinante in tutta la faccenda del testo di 1 Pietro 3:19 e dà un peso all'attività di Cristo nel regno dei morti, è senza dubbio la sua presenza e la sua predicazione che ivi fece. Trattandosi di Cristo, Colui che procurò la salvezza all'intera umanità, con la sua morte e risurrezione, e che agli stessi suoi apostoli, prima che ascendesse al cielo, comandò loro di andare per tutto il mondo e predicare l'evangelo, è estremamente importante sapere il senso della sua predicazione nel carcere dove si trovavano gli spiriti ribelli ai giorni di Noè.

Conosciamo già il nome del predicatore di cui 1 Pietro 3:19, ma non conosciamo il messaggio del predicatore, perché Pietro non ce lo fa conoscere, dato che egli stesso, con ogni probabilità, non lo sa. Si potrebbe domandare: che valore ha un predicatore senza il messaggio, o che senso ha una predicazione, senza un messaggio? Qui ovviamente non si tratta di conoscere il modo, la mimica che usa il predicatore; si tratta invece di conoscere quello che deve dire, per giustificare il suo ruolo di proclamatore. Per gli apostoli di Gesù Cristo e per l'intera Sua Chiesa, si sa che il messaggio che doveva essere predicato in tutto il mondo, era il Vangelo, «potenza di Dio per la salvezza di ogn'uno che crede» (Rom. 1:17).

Si sa anche, che la predicazione, è essenzialmente proclamazione di un evento, di un'opera divina, portata a termine per la salvezza dell'uomo.

Di Cristo, nel summenzionato testo di Pietro, è detto che predicò agli spiriti in carcere. Tradurre come fa la CEI: «E in ispirito andò ad annunziare la salvezza», significa capovolgere il testo di Pietro per adattarlo in favore di un dogma della Chiesa Cattolica, qual'è la dottrina del Purgatorio, che insegna che dopo la morte c'è ancora speranza di salvezza. A parte che il termine «salvezza» non si trova nel testo greco, neanche lo stesso concetto di salvezza può essere ravvisato nella parola ekérucsen. Infatti, è saputo con estrema certezza, che kérussó significa:

1. essere araldo, esercitare l'ufficio di araldo.
2. bandire, proclamare, annunziare, notificare.
3. celebrare, encomiare pubblicamente.
4. intimare, ordinare.
5. far vendere all'asta.
6. invocare (gli dèi).
7. predicare [Cfr. per altra documentazione e storia del concetto e il suo relativo sviluppo, G. Friedrich, GLNT, Vol. V, col. 424-482].

Che poi nella predicazione cristiana kérussó significa «proclamare il messaggio della salvezza», non vuol dire affatto che nel testo di 1 Pietro, debba avere lo stesso significato. Se dobbiamo essere coerenti col testo di 1 Pietro 3:19, la proclamazione di questo messaggio (chiamiamolo di salvezza), fu rivolto esclusivamente agli "spiriti che erano in carcere" denominati "ribelli" e circoscritti ai giorni di Noè, precisamente, «mentre si fabbricava l'arca», allo scopo di portare la salvezza a tutti quelli che la volevano (cosi dicevano Giustino, Clemente, Origene, Ippolito, Lattanzio ed altri). Ciò equivaleva, oltre al fatto che il messaggio non era rivolto a tutti gli occupanti dell'Ades, che a tutti gli altri, che vissero in altri tempi e in altre generazioni, non venne dato lo stesso privilegio e la stessa opportunità che venne concessa agli spiriti carcerati.

Questo stato di cose, mette in seria difficoltà la spiegazione dell'imparzialità di Dio. Dal momento che si sà con estrema certezza che non è possibile pensarla in questo modo, perché Dio non tratta gli uomini nella stessa maniera come fanno gli uomini tra di loro, non è scritturale pensare che Dio concede la grazia a uno e la rifiuta a l'altro. Ci vuole forse tanta fatica per scorgere l'assurdità di una simile interpretazione, che è anche in contrasto con Ebrei 9:27 che afferma:

«E come è stabilito che gli uomini muoiano una sola volta, e dopo ciò viene il giudizio»?

Mentre se il ekérucsen di 1 Pietro 3:19 viene inteso nel senso di "proclamare, annunziare" un'opera compiuta, cioè fare sapere a tutti, anche nelle carceri dell'Ade dove si trovano spiriti ribelli del tipo di quelli della generazione di Noè, che Cristo con la sua morte e con la sua risurrezione ha portato a termine tutta l'opera della redenzione. Se la spiegazione che abbiamo dato, non sembra molto soddisfacente, specialmente per quanto riguarda lo scopo della predicazione di Cristo, e il suo relativo risultato, specie quando si è d'accordo di trovarsi davanti a un testo estremamente difficile per quanto riguarda la sua interpretazione, almeno abbiamo evitato di commettere errori, come: l'incoerenza di far dire al testo una cosa che non dica; di non fare entrare in conflitto una pagina ispirata con un'altra pagina ispirata e insegnare una dottrina a danno di un'altra dottrina rivelata.
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